Gianfranco Manfredi: riflessioni su Adam Wild

Gianfranco Manfredi: riflessioni su Adam Wild

Abbiamo approfondito con Gianfranco Manfredi che cosa ha significato per lui e la SBE l’esperienza editoriale di Adam Wild, conclusasi da poco.

A novembre 2016, con l’uscita in edicola del ventiseiesimo episodio, si è conclusa l’avventura editoriale di Adam Wild, personaggio creato da Gianfranco Manfredi le cui storie, per la maggior ambientate nel continente africano, sono state improntate alla classica avventura in stile bonelliano.
Chiusa questa esperienza, abbiamo posto a Manfredi alcune domande su che cosa abbia significato per lui e per la SBE questa serie, che tra le altre cose ha fatto esordire numerosi disegnatori italiani e stranieri e ha riportato in edicola un certo tipo di avventura, che per molti aspetti manca dai tempi della chiusura di
Mister No.

Hai recentemente dichiarato che il percorso narrativo e “di vita” di Adam Wild è stato deciso poco tempo dopo il suo debutto. Ormai è un dato di fatto che anche in Bonelli si cominci a ragionare per cicli, per stagioni, nei nuovi progetti che si decide di mettere in cantiere. Ciò è dettato da motivazione economiche ma anche da un cambiamento nelle abitudini dei lettori. Fermiamoci sulle seconde: quali pensi possano essere le ragioni di questo mutamento nel pubblico e, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, che potenzialità future potrebbe offrire al fumetto bonelliano?
Interrogarsi sulle ragioni è complicato, e a mio avviso riguarda di più i critici o gli analisti di mercato, che i creativi.  Per i creativi, anzitutto la cosa importante è cercare di sfruttare i cambiamenti al meglio invece di inseguirli , altrimenti non si è abbastanza creativi.  Cioè bisogna concentrarsi sui cambiamenti fondamentali e di tendenza, non solo nei gusti del pubblico, ma anche nei moduli produttivi. Più che sulle cause dei cambiamenti, che sono molteplici, bisogna interrogarsi sulle conseguenze e sulle prospettive durevoli, non quelle occasionali e di passaggio.  Uno dei cambiamenti fondamentali di cui si parla pochissimo è per esempio il fatto che tutti i mercati nazionali, da anni, si vanno restringendo e il mercato internazionale è l’unico che dia delle chance a lungo termine. Dunque fin dalla fase progettuale bisogna pensare a cose che possano avere mercato estero. Questo tipo di progettualità, da noi, si vede ancora molto poco. Per tradizione, noi pensiamo, da sempre, alla solita strategia delle cover (già applicata un tempo nelle canzoni) cioè fare versioni casalinghe e imitative di quanto si fa all’estero (nel fumetto, nel cinema o nelle serie TV). Invece il problema è come sviluppare cose nostre e originali che tengano ben presenti i cambiamenti , ma che riescano anche a imporsi sui mercati esteri con un proprio linguaggio. Insomma… il gioco è duro, e prevede giocatori duri.

Nel presentare Adam Wild, Davide Bonelli parlò di un nuovo personaggio appartenente al fumetto bonelliano “classico”. Quanto è classico, per te, Adam Wild?
Parliamo di avventura classica e in particolare di esplorazione. Ovviamente ripensata in modo nuovo. Questo lo si può fare anche a partire da moduli un po’ dimenticati, al punto da poter apparire “vecchi”. Ad esempio Indiana Jones riprendeva esplicitamente temi e modi avventurosi battezzati negli anni 30 , e lo faceva con spirito nuovo. Detto questo c’è un problema di base che ammetto di aver sottovalutato e che aveva sottolineato (nel 1962) il celebre autore di fantascienza Arthur C. Clarke. Lo cito: “In tutta la lunga storia umana, la nostra è la prima epoca che non abbia nessuna nuova frontiera da esplorare sulla terra e sul mare; e proprio da questo fatto hanno origine molti dei nostri guai.” I viaggi oggi nella più parte dei casi, non sono viaggi verso l’ignoto, ma viaggi turistici verso aeroporti, resort turistici, alberghi di catene identiche in tutto il mondo, cioè viaggiare vuol dire alla fine partire da casa nostra e arrivare a casa nostra. Il paese che visitiamo è una vetrina “esotica” dove tutto è comunque organizzato a nostra misura.  Dunque è difficilissimo, se non impossibile, restituire ai turisti che viaggiano in massa, il senso vero dell’esplorazione. Il personaggio stesso dell’esploratore terrestre che penetra in territori neppure mappati, ci è diventato misterioso ed estraneo. Sergio Bonelli amava le storie di esplorazione perché lui stesso aveva affrontato viaggi esplorativi, per esempio in Amazzonia quando ancora non ci andava nessuno e bisognava essere davvero spericolati per andarci.  Questa radice di esperienza vissuta oggi manca alle nuove generazioni. In Adam Wild ho cercato, dunque, di mostrare la radice storica di problemi prepotentemente riemersi nell’attualità contemporanea, per esempio lo schiavismo. Infatti Adam Wild non è un normale esploratore, è un liberatore di schiavi che poi si trova implicato nelle guerre coloniali. Adam Wild è quindi una serie che in qualche modo (anche se non ripetitivo) ha continuato il discorso avventuroso e storico (ma mescolato con il fantastico) che avevo cominciato con Volto Nascosto e Shanghai Devil.  Resta il fatto che il senso dell’esplorazione (terrestre) si è parecchio perso nelle nuove generazioni perché ormai tutto il pianeta è casa nostra.

Rileggendo interamente la serie ora che è terminata, ci sono cose che cambieresti (anche singoli dettagli in alcuni episodi)? Pensi, in particolare, che qualche modifica avrebbe garantito alla serie una più lunga vita editoriale?
No, non lo penso. Ha forse pesato la poca chiarezza all’inizio, nel presentare la serie ai lettori, perché nemmeno noi sapevamo se sarebbe diventata una serie lunga oppure no, dunque nella fase iniziale non si sapeva bene , da parte dei lettori, come prenderla. Mentre con Volto Nascosto tutti avevano capito subito che era una miniserie. Andò bene e se ne fece un’altra.

Se ci fosse stata la possibilità di andare avanti con Adam Wild, puoi dirci che cosa avevi in mente di raccontare?
In Adam Wild appaiono una quindicina di paesi dell’Africa sub sahariana . Il Congo solo di sfuggita, il Sudan per allusioni indirette, l’Angola nemmeno sfiorata. Insomma ci sarebbe stato ancora molto da raccontare. C‘era poi il tema parallelo dell’altrove assoluto (Odwina, provincia di Atlantide) che nella narrativa avventurosa e di esplorazione è sempre stato presente, anch’esso tema “classico” che mi sarebbe piaciuto rivisitare. Nelle avventure di esplorazione il fantastico c’è SEMPRE.

L’approccio sperimentale ai disegni, con il contributo di tanti talenti esordienti in Bonelli, è stato tra gli aspetti maggiormente caratterizzanti per la serie. Quali sono state le difficoltà incontrate nel reclutare e nel lavorare fianco a fianco con disegnatori dallo stile spesso così distante dai canoni “classici”?
E’ stato un piacere. Un’esplorazione nell’esplorazione. E questa è una cosa che mi resterà e che ha costruito le basi di cose nuove che ho fatto e che sto facendo. Le difficoltà sono con il pubblico perché di fronte a stili nuovi a volte si fa un po’ di fatica ad accettarli. Bisogna prenderci dimestichezza.

Che cosa ha significato per te e per la casa editrice lavorare con questi nuovi autori, alla luce anche del fatto che la SBE stessa sottolinei la propria forza sia reclutando i migliori talenti italiani (e limitrofi) del disegno e sia coinvolgendo autori lontani dal fumetto seriale e potenzialmente “ostici” per il lettore abituale”?
Questo è uno sforzo che in Bonelli si è sempre fatto, in molte testate. A partire da Tex che è la nave ammiraglia, e dove all’interno della continuità costituita dal personaggio e dal taglio delle sue avventure, il rinnovamento del cast dei disegnatori è costante, direi persino più di quanto non sia stato notato dai suoi lettori. Tex non avrebbe potuto durare così a lungo se non avesse sempre saputo rinnovarsi a partire dallo stile del disegno e proponendo sempre i migliori su piazza, perché su Tex non debutta chiunque. Bisogna essersi fatte robuste ossa prima.

Quali altri nuovi disegnatori avresti coinvolto, se la serie fosse continuata?
Ne ho trovato di bravissimi , però non molto adatti ad Adam Wild. In progetti di ambientazione e di taglio diversi, spero di poterci collaborare.

Guardando il lato della scrittura, pare invece esserci più difficoltà nel trovare e nel far entrare nuovi sceneggiatori all’interno della casa editrice. Vedi uno sbilanciamento in tal senso?
Questo non è un mio problema, purtroppo. Dico purtroppo perché mi sarebbe molto piaciuto poter favorire dei debutti, ma fin da quando avevo iniziato a lavorare in Bonelli, Sergio aveva insistito sul fatto che mi considerava un autore e dunque, al di là del fatto di poter fare da sceneggiatore per altre serie, le serie ideate da me, dovevo scriverle da solo. Un po’ è un privilegio, un po’ è una condanna. Ma ormai è così.

Che cosa è stato per la SBE Adam Wild, come processo produttivo, come esperimento, come allargamento della proposta? Che cosa di positivo potrà trarre da questa esperienza?
Bisognerebbe chiederlo a Michele Masiero. So che il personaggio gli è piaciuto. Quali lumi abbia tratto dall’esperienza non lo so perché in genere parliamo di progetti nuovi, con largo anticipo,  e anche perché il direttore editoriale ha sempre un quadro più complessivo che riguarda l’andamento di tutte le serie e dunque è ovviamente portato per mestiere a valutare una serie nel contesto delle altre e del momento editoriale. Valutazioni più complesse e delicate . Per un autore la valutazione è più facile perché deve pensare soltanto alla serie sua.

Adam Wild #5 – Disegni di Antonio Lucchi

Proprio con uno dei giovani talenti che hai presentato su Adam Wild, Antonio Lucchi, stai realizzando sempre per la SBE una storia “dipinta” ambientata nella Spagna del periodo storico della Grande Inquisizione. Ce ne vuoi parlare un po’? Per quando è prevista l’uscita?
Per me è una bomba, ma non voglio gridare evviva, né svelare nulla prima dell’uscita e a lavori in corso. Prima fare, poi parlare. Ugh!

Hai annunciato di essere al lavoro su nuove storie di Magico Vento: allo stesso modo, intravedi qualche possibilità di riprendere Adam Wild in qualche forma in futuro?
La possibilità in teoria c’è sempre, in pratica bisogna vedere. Non prevedevo che Ned sarebbe tornato. Adesso ne sono molto felice. Ma sul ritorno hanno pesato moltissimo i lettori.

Hai una grande passione per la Storia e per i personaggi di stampo storico. Andando a ritroso: Adam Wild, Shangai Devil, Volto Nascosto, Magico Vento, Tex. Da dove deriva questa tua preferenza?
In realtà avevo proposto in passato anche cose molto diverse, per esempio un paio di idee di ambientazione del tutto contemporanea, ma i progetti approvati sono stati questi. Tex è un altro discorso. E’ un fumetto che ho sempre letto. Sono nato nello stesso anno di Tex. L’ho seguito come semplice lettore, mese per mese, nel corso degli anni, non tutti i numeri, né mi ricordo tutti quelli che ho letto, ma insomma… mi era capitato di citare Tex anche nelle mie canzoni. E’ un onore per me scrivere storie di Tex. Credo che quasi ogni lettore di Tex abbia pensato di poter scrivere in futuro una storia di Tex, ma è capitato a pochissimi di poterlo fare. Io non lo avevo neanche sognato. Dunque onore doppio.

Intervista realizzata via mail a dicembre 2016

2 Commenti

1 Commento

  1. Giovanni

    16 Dicembre 2016 a 23:11

    Che intervista interessante! Apprezzo molto l’ottimismo concreto e lo sguardo rivolto al futuro, di Manfredi. Non si fa rimpianti, ma solo progetti e sogni. Sogno dopo sogno, ci regala avventure splendide. Sono curioso di leggere la nuova storia ambientata al tempo dlela inquisizione e sono felice del ritorno di Magico Vento, che ho amato tantissimo. Grazie a MV ho apprezzato lo stile del suo papà e ho preso volentieri e con fiducia tutte le sue serie bonelliane.

    • la redazione

      21 Dicembre 2016 a 14:35

      Concordiamo, le risposte di Manfredi sono molto interessanti e con uno sguardo positivo e attivo. Se hai apprezato Adam Wild, presto proporremo un approfondimento sulla “seconda annata” dopo quello dedicato ai primi docici numeri, che puoi leggere sul nostro approfondimento: Il primo anno di Adam Wild

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