Fumetto e critica web: l’età dei pionieri – La genesi

Fumetto e critica web: l’età dei pionieri – La genesi

Inizia qui un viaggio tra le realtà che dettero il via alla critica, divulgazione e informazione web sul fumetto tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo.

In questa edizione 2017, il tema del Napoli Comicon sarà Fumetto & Web. Per tale motivo, a noi de Lo Spazio Bianco è sembrata l’occasione giusta per celebrare un “piccolo” ma importante anniversario. Circa 20 anni fa, a cavallo tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, si diffondeva internet nelle case degli italiani e nascevano i primi siti di critica, divulgazione e informazione fumettistica. Vedevano cioè la luce gli “antenati” di molte delle realtà web che oggi conosciamo: alcuni di quei siti pionieri sono scomparsi, altri sono ancora attivi, magari trasformati o cambiati.
Siamo andati così alla ricerca di coloro che dettero vita a quella prima stagione di critica fumettistica nella rete, per ricordare con loro quegli anni e il loro significato.

Esistono delle tappe fondamentali che hanno segnato il percorso della critica e della divulgazione fumettistica nel nostro Paese. Alcune di esse sono “ufficiali”, come la data che segna la nascita di questo movimento che – nel bene o nel male, comunque la si pensi – non poco ha contribuito alla diffusione e alla conoscenza del linguaggio fumettistico in Italia: il 1965, l’anno d’esordio del Salone Internazionale dei Comics a Bordighera (e anche l’anno di nascita di linus, per decenni la rivista di fumetto e sul fumetto per eccellenza).
Altre invece le potremmo definire “ufficiose” ma non meno importanti. Come l’ultimo lustro a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale, gli anni tra il 1995 e il 2000 – più o meno – che, in conseguenza dello sviluppo e della diffusione di internet tra la popolazione italiana, videro la nascita e l’affermarsi dei siti web dedicati al fumetto.

Dalle fanzine alle webzine

Intorno al fumetto (ma lo stesso si potrebbe dire per altre arti, come la musica), anche in Italia, si è sempre coagulato e mosso un folto gruppo di appassionati – lettori, ma anche studiosi – che dalla metà degli anni ’70 iniziò a dare vita a una serie di pubblicazioni – alcune più amatoriali, altre più vicine a forme professionali – conosciute con il nome di fanzine (contrazione di fan magazine, cioè riviste fatte da e per appassionati). Intorno alla metà degli anni ’90 in Italia si potevano contare all’incirca 300 fanzine dedicate al fumetto (Per farsi un’idea del mondo delle fanzine, un buon punto di riferimento è il sito www.fanzinoteca.it). Che fossero in principio pochi fogli battuti a macchina e ciclostilati e successivamente all’arrivo dei personal computer piccole riviste scritte con gli word processor e poi fotocopiate (o nel migliore dei casi stampate), su alcune di esse si stava formando una serie di figure che proprio nel mondo fumettistico italiano avrebbe trovato uno sbocco professionale.

Proprio alcuni di quei fanzinari – ancora semplici appassionati lettori o già professionisti dell’editoria a fumetti – andarono a formare il nucleo di quei pionieri che intuirono immediatamente e con lungimiranza le potenzialità che la diffusione di internet racchiudeva in sé, e decisero di continuare la loro esperienza spostando il loro impegno dalla creazione di fanzine cartacee a quello di mettere on line delle webzine – siti e newsletter dove continuare a scrivere e parlare di fumetto, magari rivolgendosi a una platea potenzialmente più ampia.

Una storia di pionieri virtuali 

Schermata di AF News del 1997

Gianfranco Goria in quegli anni era già un professionista nell’ambito giornalistico e anche nell’ambito informatico. Appassionato di fumetti e cartoonist lui stesso, aveva dato vita nel 1982 all’associazione Anonima Fumetti, messa in piedi con Vittorio Pavesio e altri appassionati, nel cui ambito aveva sviluppato un notiziario informativo fumettistico.
Naturale conseguenza di tutto quello che con l’Anonima Fumetti aveva fatto, nel 1995 Goria fa nascere afNews, in un web ben diverso da quello attuale:

«All’inizio non c’era il web di adesso. Anzi, non c’era proprio il web, diciamo. Man mano che la tecnologia ha offerto nuove possibilità, le ho usate: afNews era “un’araba fenice” che ogni volta ristrutturavo completamente.  Sono passato dalla prima versione digitale del nostro bollettino che viaggiava su BBS (bullettin board system: sistema con connessioni dirette uno a uno, da computer a computer, via linea telefonica, con un accoppiatore acustico) ad appoggiarmi alle prime reti disponibili, quindi ad aggregati esteri, quindi a spazi gestiti da entità informatiche di punta, e infine al web vero e proprio, quando è stato disponibile anche in Italia.»

Goria faceva tutto da solo all’inizio, poi quando l’esperienza di gestione del sito e delle notizie ha iniziato a crescere, trasformando di fatto afNews in un’agenzia giornalistica indipendente che offre un servizio gratuito, è stato affiancato da una serie di collaboratori che, per periodi più o meno lunghi, hanno contribuito al sito.

A Roma, in quei primi anni ’90, c’era un gruppo di amici. Francesco Moriconi, Giorgio Pedrazzi e Dario Magini erano già figure professionali in campo fumettistico, per la precisione sceneggiatori; Francesco Argento e Pasquale Martello erano giornalisti, mentre Riccardo Corbò che all’epoca non aveva ancora una specializzazione, sarebbe diventato un giornalista della RAI.
Insieme, nel 1994, fecero nascere Utopia Comics Magazine. Ricorda, Moriconi:

«L’idea di realizzare un magazine fumettistico digitale mi è venuta dopo essere entrato in contatto con le prime rudimentali reti telematiche. Inizialmente l’intenzione era quella di creare la versione digitale di una fanzine già esistente ma per varie vicissitudini il progetto si è sviluppato quasi subito in un’altra direzione e ha assunto il nome di Utopia Comics Magazine. I più attenti avranno già capito che il nome, oltre a riferirsi all’opera di Tommaso Moro, cita ovviamente anche il cinema di New York presentato in Watchmen

La prima versione di Utopia

Tanto afNews che Utopia Comics non avevano peculiarità editoriali precise, se non quella – come rimarcato dai loro creatori – di esistere in quella sorta di “preistoria pioneristica informatica”. C’era in Goria, Moriconi e negli altri la volontà di fare un giornalismo fumettistico sincero, da condividere con il maggior numero di persone possibili.

«Spesso i comics costituivano solo un punto di partenza per condividere le nostre passioni o per trattare un argomento che al momento ci incuriosiva particolarmente. Per questo potevi benissimo trovare dentro Utopia recensioni sugli albi dell’Uomo Ragno o Tex accanto ad articoli sulla storia del flipper, sui Kinks o sulla pena di morte. Eravamo molto abili a trovare i collegamenti giusti e questo ci permetteva di affrontare qualsiasi tematica.» (Francesco Moriconi)

C’era un’altra caratteristica che accomunava queste due realtà, legate al fatto di essere tra le prime a esplorare l’allora nuova frontiera del web.

«[afNews] Ha ospitato i primi passi di parecchie altre realtà che, allora, non avrebbero potuto facilmente stare nella rete (per mancanza di mezzi o di competenze specifiche). Mi limito a citare il Centro Belga del Fumetto (CBBD, oggi Museo), ma diverse realtà italiane hanno potuto partire col web grazie alla mia ospitalità (inizialmente sul mio dominio fumetti.org). Una volta fatti i primi passi, han preso il volo per conto proprio: era bello dare ad altri la possibilità di partire e crescere.» (Gianfranco Goria)

Similmente, Utopia Comics aveva creato una sorta di galassia di siti satelliti, ideando il primo spazio web dedicato a Nathan Never – realizzato con la collaborazione diretta degli stessi autori del personaggio – ma anche spazi virtuali che omaggiavano personaggi come Druuna, Ken Parker e Rivan Ryan.
Oltre a un museo virtuale con tanto di ticket di ingresso (gratuito) che ogni mese presentava qualcosa di nuovo ai lettori.

Una schermata del 2000 di uBC Fumetti

Il 1996 vede anche la nascita di uBC Fumetti, direttamente sul web, senza nessuna precedente esperienza fanzinara:

«uBC nasce come sito “non ufficiale” dedicato ai fumetti Bonelli. La rete allora era una vera “frontiera” bazzicata da pochi pionieri. Insieme a un paio di amici da me conosciuti in pensammo di dare vita ad uBC dato che allora non c’erano siti in italiano dedicati alla critica fumettistica e, tantomeno, siti ufficiali degli editori.
La nascita di uBC ebbe all’epoca un certo risalto e subito si unirono altri volenterosi ben oltre le aspettative iniziali. Così il sito si estese in breve anche al fumetto non bonelliano e demmo vita anche ad una sezione di schede “enciclopediche” (Wikipedia è nata solo nel 2001). Nessuno degli staffer aveva esperienze precedenti nella redazione di fanzine cartacee, che già nei primi anni ’90 erano al crepuscolo.» (Giovanni Gentili)

Fin dall’inizio, Giovanni Gentili e i suoi collaboratori hanno in mente due obiettivi di fondo per uBC:

«Sperimentare la critica fumettistica sul web, cercandone anche nuove forme e un confronto tra autori, appassionati e semplici lettori. Nel fare critica abbiamo sempre puntato a evitare “bias” ovvero nessuno dei redattori nello staff ha mai lavorato con le case editrici, o era coinvolto in attività con gli autori, in modo da offrire un punto di vista sempre indipendente.
E poi essere, nel nostro piccolo, un mezzo di promozione del fumetto italiano verso gli stranieri (e uBC ha realizzato traduzioni in 18 lingue dei suoi pezzi), ma anche promozione del fumetto in generale per coloro che magari non si sono mai avvicinati ad un albo.»

E nel suo voler essere indipendente dal mondo professionistico del fumetto e non solo si riscontra forse la maggiore peculiarità di uBC:

«La peculiarità è aver cercato una via per la critica fumettistica sul web quando internet era un mezzo ancora tutto da scoprire, e averlo fatto tenendo in modo particolare all’indipendenza di uBC da tutte le realtà editoriali o fieristiche.
Una indipendenza, cercata per scelta, che ha fatto di uBC una creatura totalmente elettronica, che quindi non ha prodotto pubblicazioni cartacee dai suoi pezzi e non ha partecipato a fiere o simili (tranne l’esperienza del premio INCA portato avanti come premio della rete insieme con altri siti).» (Giovanni Gentili)

Fumetti stupefacenti e luoghi virtuali glamazonici

Una schermata di Glamazonia

Il mondo delle fanzine cartacee fu la fucina di molti di quei primi pionieri del web. Nel maggio 1990 Marcello Vaccari e alcuni amici avevano pubblicato il primo numero di Glamazonia: quell’esperienza durò sei numeri per poi approdare, nel 1996, sulla rete.

«Siamo sbarcati sul web con la gentile concessione dello spazio gratuito sui server del Comune di Modena, previo accreditamento come “associazione culturale”, e in un paio di anni eravamo diventati la pagina più visitata di tutto il portale del comune. Il passaggio dalla carta al web lo facemmo perché pubblicare una rivista su carta era diventato molto dispendioso, ed era estremamente difficile trovare poi il modo di distribuirla, e venderne a sufficienza anche solo per rientrare dei costi.» (Marcello Vaccari)

Glamazonia.it riscosse un immediato successo che portò alla nascita di due siti satelliti quali Made in Japan e X-Men World. Peculiarità di Glamazonia erano gli approfondimenti, corredati di minuziose cronologie di testate e autori, e un altro aspetto che in certa parte i primi siti web avevano ereditato dalle fanzine cartacee:

«Un’altra nostra particolarità era il fatto di essere una palestra per nuovo autori, soprattutto disegnatori, che ha visto partecipare parecchi artisti che sono poi arrivati al professionismo come Raffaele Marinetti, Alessandro Borroni, Elena Mirulla, Luca Golinelli, Vincenzo Riccardi, Francesco Bonanno, Sofia Borgia, Miriam Blasich e tanti altri.» (Marcello Vaccari)

Anche Matteo Losso, sin dal 1989, aveva dato vita alla fanzine Amazing Comics, per poi approdare nel 2002 sulla rete con l’omonimo sito:

«Sin dall’inizio mi è risultato chiaro che il futuro fosse la rete. È bastato inserire un contatore di visite sul sito per rendermi conto che attraverso il web era possibile entrare in contatto in una sola giornata con molte più persone di quante riuscivo a raggiungerne nei quattro mesi di lavoro necessari per far uscire un singolo numero della fanzine. La ‘zine, infatti, nei suoi momenti di massimo splendore aveva periodicità trimestrale e una tiratura di 500 copie. Quasi tutte distribuite, durante le convention e per posta, che anche oggi mi sembra un risultato soddisfacente. Ma dopo aver verificato che il sito agli esordi faceva tranquillamente più di 500 visitatori unici al giorno (e poi le cose sono anche migliorate parecchio), non c’è voluto molto a capire in quale direzione andare.»

Schermata di Amazing Comics del 2003

Lo scopo di Losso, fin dall’inizio, è sempre stato di entrare in contatto con altri appassionati del fumetto, fornendo uno strumento di informazione sul mondo del fumetto. In un web che ancora non conosceva gli strumenti del social networking, ma neppure offriva la semplice possibilità di condivisione dei documenti, occuparsi dei contenuti di una fanzine cartacea prima e di un sito web poi, era un lavoro lungo:

«So che queste modalità potranno sembrare assurde a chi sta leggendo e ha meno di 30 anni, ma i primi collaboratori della fanza, ad esempio, erano i miei “amici di penna”. Lettori di fumetti come me, che avevo conosciuto tramite annunci pubblicati nelle rubriche della posta dei “giornalini” e con cui intercorreva uno scambio epistolare tipico di quella “lontana epoca” precedente alle email: roba di lettere scritte a mano, buste e francobolli… con i lunghi tempi delle poste nel mezzo. Era così che mi spedivano i primi articoli. Poi dovevo anche ribatterli con il “primitivo” editor di testi installato sul PC di mio padre!»

Anche Amazing Comics aveva una serie di peculiarità che lo distinguevano: oltre allo spazio offerto ad alcuni disegnatori che sulla fanzine e il sito hanno cominciato a muovere i loro primi passi, va segnalata l’attenzione prestata alle realtà indipendenti, l’estrema varietà dei contenuti e la periodicità degli aggiornamenti:

«Negli anni di massima notorietà del sito, mi ero prefissato di realizzare update quotidiani e per un bel po’ credo che Amazing Comics sia stato l’unico spazio web italiano dedicato ai comics ad offrire ogni giorno qualcosa di nuovo.»

Siti ultrafumosi, sciacalli elettronici e fumetti di carta

Anche Ultrazine.org, che nasce nel 2000, è il naturale approdo sul web per smoky man dopo l’esperienza cartacea di Clark’s Bar (il nome era preso dal pub presente nella run di WildC.A.Ts di Alan Moore), iniziata a metà anni ’90 e conclusasi dopo cinque/sei numeri e l’uscita anche di un numero 0 in versione prozine. Smoky man ricorda:

«Non ero più convinto della direzione presa e volevo fare qualcosa di nuovo: la rete sembrava una possibilità intrigante da esplorare e consentiva anche la giusta flessibilità per gestire i contenuti e le collaborazioni.»

Smoky man era “il cuore” del sito, coadiuvato alla parte tecnica e grafica da Angelo Secci e alla supervisione e ai contributi da Fabrizio Lo Bianco, oltre ai contributi di alcuni collaboratori di Clark’s Bar e di alcuni esperti di fumetto.

«Nel sito c’era una certa condivisione ma la linea editoriale era un po’ “sfumata”: volevamo produrre dei contenuti di qualità, dei pezzi di approfondimento ben scritti e con competenza senza perdere d’occhio l’attualità e magari piazzare qualche “scoop”. […] Cercavamo un equilibrio tra passione, qualità, divertimento e il fatto che, comunque, non ci guadagnassimo una lira. Non avevamo obiettivi o ambizioni particolari. Era comunque un mondo digitale completamente diverso da quello attuale.» (smokyman)

Schermata de Lo Sciacallo Elettronico del 2004

Marco Feo con il suo Lo Sciacallo Elettronico, approda sul web nel 1995, dopo un precedente percorso “analogico” diverso da quello delle fanzine, ma non di meno interessante:

«Nei primi anni ’90 non esisteva una palestra che permettesse ai giovani autori di farsi conoscere, di farsi le ossa. Io e alcuni amici da poco usciti dall’Accademia di Belle Arti sognavamo di lavorare nel mondo del fumetto.
Partecipammo al concorso di Prato (una delle più importanti manifestazioni fumettistiche in quegli anni) e fummo selezionati finalisti. In occasione della mostra conoscemmo John Buscema e Luca Boschi che ci diedero ottimi consigli. […] Ci venne allora l’idea di organizzare una mostra di fumetti in una galleria d’arte di Vigevano (l’intento era quello di dare un valore artistico ad una forma letteraria ancora troppo spesso considerata come di sola pura evasione).
Radunammo un gruppo di giovano fumettisti che si stavano distinguendo per il loro lavoro. Cito solo alcuni nomi: Leo Ortolani (che si stava auto-producendo i primi albi di Rat-Man), Giuliano Piccininno (oggi al lavoro per Sergio Bonelli Editore), Alberto Lavoradori, Alessandro Gottardo e Stefano Intini (Walt Disney), David Selvaggio e Massimo Caccia (BD). L’iniziativa ebbe un grande successo e così replicammo l’esposizione in altre città italiane e ripetemmo l’edizione per alcuni anni. Nel frattempo conoscemmo la ditta Assioma di Torino che si stava movendo nel web, un mondo ai suoi albori in quel momento. Ci proposero di pubblicare on-line i nostri fumetti e noi inventammo una rivista vera e propria, con copertina, redazionali e fumetti, ma tutta digitale e da leggere tramite internet: era nato Lo Sciacallo Elettronico!»

In parte forse per la forte vicinanza che Feo e gli altri de Lo Sciacallo avevano con il mondo del fumetto professionale, quest’ultimo si rivelò da subito molto interessato all’esperienza web della rivista. Tanto che da subito iniziarono a collaborare con il sito una serie di autori, tra cui Giampiero Ubezio e Claudio Stassi.

«L’obiettivo dello Sciacallo Elettronico è sempre stato quello di valorizzare il linguaggio del fumetto: dalle sperimentazioni più insolite e innovative, fino al fumetto più tradizionale, per sviluppare una comunicazione aperta a ogni contatto, come cultura, che proponga dei temi, delle discussioni, delle linee di ricerca. Il suo scopo è quello di promuovere l’espressività e la comunicazione artistica, in particolare quella giovanile, attraverso i mezzi linguistici più vicini ai ragazzi come fumetto, cinema, graffiti, multimedialità e nuovi mezzi di comunicazione.» (Marco Feo)

Schermata di Fumetti di Carta del 2005

Orlando Furioso approda sul web nel 2000 con il suo Fumetti di Carta dopo l’esperienza di lettore appassionato e collaboratore di fanzine:

«Fumetti di Carta nacque perché stavano morendo tutte le mie fanzine preferite (Made in USA, Fumettando, Underground, Beyond e molte altre) e non accettando di non poter più leggere quelle pubblicazioni, decisi di crearne una io sul web.»

Dopo gli inizi nei quali gestiva tutto da solo, Furioso dette vita a una corposa redazione da lui coordinata che portò il sito (e il forum a esso legato) a occuparsi di tutto: dai fumetti al cinema, dalla letteratura alla politica.
Peculiarità di Fumetti di Carta e del suo creatore è sempre stata l’assoluta libertà:

«Per quanto riguarda la “linea editoriale” di Fumetti di Carta, è sempre stata molto semplice: chiunque scrive ciò che vuole. Ma se le cose che intende scrivere sono sessiste, omofobe, razziste o fasciste le va a scrivere da un’altra parte. Per il resto: mai stato un wannabe, di questo me ne vanto abbastanza. Solo un fan del fumetto che ha piacere di commentare ciò che legge.»

Tra spazi bianchi e stanze orwelliane, macchie di Rorschach e comics USA

Marco Rizzo nella sua città di origine, Trapani, tra i 14 e i 16 anni aveva dato vita ad alcune fanzine dalla vita breve, ovviamente a tema fumettistico. Navigando poi tra i primissimi siti web italiani, Rizzo si era poi reso conto che non c’era nessuno che dedicasse spazio abbondante ai comics americani, di cui era appassionato lettore.

«Dunque mi sono rimboccato le maniche e ho creato un “sitarello” e soprattutto ho cominciato a studiare saggi di storia del fumetto e manuali, e ad ampliare le mie letture oltre i fumetti Marvel e DC. Di lì a poco si è aggregata una conoscenza allora solo virtuale, Carlo Coratelli: ufficialmente la nascita di Comicus risale alla fine del 2000. La nostra esperienza ha iniziato a diventare più “seria” e metodica quando, oltre al gruppo di collaboratori saltuari (reclutati sulle chat, nei newsgroup o nel primo forum del sito Panini), si stabilì un trio composto da me, Francesco “Firpo” Farru e Carlo Del Grande che si divideva i compiti e si alternava nella gestione del grosso del sito e Davide Morando che si occupava della parte tecnica.»

Schermata di Comicus del 2006

Proprio Carlo Coratelli ricorda come venne “reclutato” da Rizzo:

«Ricordo che allora frequentavo un gruppo di discussione aperto da Fox Italia inerente il film degli X-Men diretto da Bryan Singer (all’epoca, un vero e proprio evento). Mi contattò in quel frangente “tale” Marco Rizzo, che mi delineò la sua idea di creare un sito che potesse diventare un punto di riferimento per gli amanti dei fumetti supereroistici. Tra il 1998 e il 1999 avevo già avuto delle collaborazioni abbastanza interessanti con Altrimondi e Cut-Up ma anche con una misconosciuta fanzine napoletana, per i quali scrissi articoli sul fumetto in generale, e quindi accettai anche per via della proposta di Marco di curare una rubrica incentrata sui film tratti dai fumetti.»

Comicus da subito si distingue, oltre che per il focus incentrato sul fumetto statunitense, per un approccio “professionale” alla creazione e gestione dei contenuti del sito:

«Avevamo una stanza privata nel forum di Comicus dove i redattori si confrontavano, dove si potevano consultare le norme redazionali, dove venivano postati articoli e recensioni prima della pubblicazione per un controllo da parte degli altri e dei “capiredattori”. Alcune cose più delicate, come alcuni scoop, venivano ovviamente vagliati da me o Carlo o Gennaro. C’è stata per anni anche una correttrice di bozze, Annamaria Bajo, che tra l’altro grazie all’esperienza su Comicus poi iniziò a farlo da professionista. Ma il gruppo, prima piccolo, poi un po’ più grande, di redattori si confrontava sui contenuti. C’erano scambi anche molto accesi, nella nostra redazione virtuale, quando un redattore postava una recensione con cui qualcun altro non concordava: a volte la cosa portava l’autore dell’articolo ad argomentare meglio la propria opinione o persino a cambiare idea. C’era lo scambio, sebbene virtuale, che avviene in una normale redazione.» (Marco Rizzo)

Ma la maggiore peculiarità di Comicus è stata quella di avere forse creato la prima community virtuale di grandi dimensioni che si muoveva intorno al fumetto:

«I confronti con il sito arrivavano soprattutto tramite il forum, da cui scaturivano anche raduni alle fiere dove si arrivava ad essere una cinquantina. Una cosa curiosa: certi distratti (per usare un eufemismo), in un momento in cui il forum era molto popolare, ignoravano esistesse il sito. Abbiamo dovuto “spingere” il sito sul forum che esso stesso aveva generato, che è una cosa un po’ paradossale.»

A Sassari, nel 1999, un gruppo di giovani appassionati, decide di passare dall’esperienza cartacea delle fanzine al web. Tra loro, Emiliano Longobardi – oggi anche autore di fumetti, come il webcomic Rusty Dogs –  Antonio Solinas, editor e traduttore per Panini Comics e Simone Satta:

«Rorschach nasce per una follia di Fabio Lanza, uno dei collaboratori di un gruppo che si era già cementato con l’esperienza della fanzine cartacea Storie e Disegni e che, oltre a Emiliano e al sottoscritto, comprendeva anche Simone Satta, Manuel Seu e Alessandro Pinna. All’epoca, agli albori di internet, la localizzazione dominava, e quindi eravamo tutti di Sassari.
Chiusa l’esperienza di Storie e Disegni, Emiliano e io stavamo pensando più alla scrittura “attiva” che non alla critica, che ci sembrava una pagina chiusa. Invece, contro ogni probabilità, la proposta di Fabio Lanza fu appoggiata da Alessandro Pinna (il braccio “tecnico” del gruppo) e dagli altri, e le energie che non sembravano più esserci, tornarono. E quindi nacque una newsletter settimanale andata avanti per 150 numeri che poi è diventata sito.» (Antonio Solinas)

Il tempo gioca brutti scherzi e puntualmente Emiliano Longobardi rettifica leggermente e approfondisce la genesi della nascita dell’esperienza on line sassarese:

«In realtà, le cose sono andate in maniera un poco diversa: dopo l’esperienza di Storie e Disegni è vero che Antonio ed io avevamo cominciato a scrivere fumetti più che di fumetti, ma la proposta di ricominciare con la critica e l’informazione fu in realtà di Simone Satta, che ci propose di creare un’altra fanzine. Incassato a sorpresa l’ok di Alessandro Pinna, ci rimettemmo quindi a lavoro, ma ci scontrammo subito con mancanza di idee, stimoli veri, non riuscivamo a focalizzare modalità e veicoli, fermi e abituati com’eravamo a ragionare in termini di prodotto cartaceo, che allora aveva dei costi per noi insostenibili. Facemmo una riunione in cui decidemmo di lasciar perdere e ci salutammo. Alla fine di quell’incontro, rimanemmo Alessandro ed io a rammaricarci della mancata occasione, ma fra una chiacchiera e l’altra ci venne invece l’idea di migrare dal fisico/cartaceo all’immateriale/digitale e lui parlò dello strumento newsletter, che poteva fare al caso nostro.
Riprendemmo così entusiasmo, studiammo un primo abbozzo di progetto e da lì partimmo per lavorare a quella che successivamente è diventata Rorschach. 150 numeri dopo, già da un po’ stentavamo a stare dietro alla settimanalità, per non parlare del sito che aveva bisogno di una risistemata strutturale, tanto dal punto di vista dei contenuti che della grafica: Rorschach era figlia di uno sguardo-sintesi perfetta di varie istanze e teste e decidemmo allora che era il momento di ripartire con qualcosa che ci desse nuovi stimoli: Comics Code è nato così.» (Emiliano Longobardi)

Editoriale de primo numero di Rorschach

Simone Satta aggiunge:

«Ricordo che le riunioni di Rorschach erano dei deliri: iniziavano a tarda sera nella libreria di Emiliano e finivano spesso a notte fonda, fra pizze, panini e zero alcool (sempre stati tutti bravi ragazzi) e sei teste in pieno fermento, che anche se spesso andavano in direzioni completamente differenti, riuscivano sempre a partorire qualcosa, penso di poterlo affermare senza problemi, di grande valore.
La squadra era composta da me, Emiliano, Antonio, Alessandro Pinna, Fabio Lanza e Manuel Seu. Quando Fabio decise di lasciare per dedicarsi ad altre cose, fu davvero naturale chiudere l’esperienza di Rorschach per reinventarci in qualcosa che, pur viaggiando sullo stesso binario, potesse essere qualcosa di diverso o, comunque, di più evoluto, e così nacque Comics Code

L’esperienza cartacea precedente è un rodaggio che permette ai ragazzi di Rorschach/Comics Code di trovare da subito una linea editoriale comune:

«Tutti insieme ci eravamo già rodati su Storie e Disegni, creando un gruppo che de facto aveva una linea editoriale comune, come visione e ambizioni. In questo senso, poi, come letture e gusti eravamo tutti abbastanza complementari, cosa che favoriva la nostra voglia di coprire il fumetto a 360 gradi.» (Antonio Solinas)

Tra le peculiarità della creatura sassarese, spicca sicuramente quella di aver marcato un piccolo grande record:

«Rorschach è stata la prima “pro-zine” d’Italia distribuita per email, letta da buona parte degli addetti ai lavori del periodo. Nel numero d’esordio, fummo i primi a dare la notizia dell’uscita del seguito del Cavaliere Oscuro.
Comics Code è stata una sorta di versione “raffinata” di quell’esperienza. Avevamo già oliato i meccanismi e avevamo creato una linea editoriale che, a distanza di anni, continua a essere unica: il focus era tutto sulla parte di critica fumettistica. Non c’era nessun interesse a stare dietro all’attualità, e quindi nessuna notizia in tempo reale, né voglia di crossover con altri media, almeno in forma “ufficiale”, come facevano altri siti con rubriche sul cinema e i fumetti etc.
Noi facevamo un aggiornamento mensile bello corposo e stop. Era una vera e propria rivista. A distanza di anni, sono ancora convinto sia stata la scelta giusta: c’era già chi copriva bene le notizie di attualità e chi gestiva i forum per i lettori.» (Antonio Solinas)

«Rorschach è stata un unicum nel mondo del fumetto italiano, ci siamo inventati un oggetto strano e inimitato, ma seguito e apprezzato. Comics Code ha settato degli standard qualitativi e di mentalità, di linguaggio di cui vado ancora oggi orgoglioso.» (Emiliano Longobardi)

«L’onestà intellettuale è stata il fondamento su cui abbiamo basato tutta la nostra collaborazione, malgrado i gusti personali e le letture fossero le più diverse. Ed è una cosa che comprende i collaboratori che sono venuti dopo, come Nicola Peruzzi. Un approccio poco trasparente non avrebbe avuto spazio in nessuna delle nostre diverse incarnazioni.» (Simone Satta)

Massimo Bonati nel 2000 dà il via a un sito che è stata una piccola ma importante meteora nel panorama dei siti web dedicati al fumetto: Stanza 101, soltanto due anni di esistenza, ma che gli valsero nel 2001 il premio dell’Anonima Fumetti quale “Miglior sito di critica/informazione”:

«Le porte della Stanza si aprirono nel 2000 ed era un one man show, facevo tutto io. Era una specie di blog ante litteram camuffato da sito serio. Scrivevo gli articoli, le recensioni, le notizie e me le impaginavo in HTML da solo. Poi via, un bell’upload con il modem a 56k! Fin da piccolo ero appassionato di fumetti, ma quella fu la mia prima esperienza sul campo.»

Dopo un avvio in solitaria arrivarono però collaborazioni “eccellenti”:

«Con il passare del tempo e la notorietà ormai acquisita, mi aprii a qualche supporto esterno. Ricordo con un pizzico di nostalgia le recensioni di Alessandro Bilotta (proprio lui), gli articoli di Marco Arnaudo (che più tardi per Tunué ha pubblicato Il fumetto supereroico: Mito, etica e strategie narrative), la “ultrazine connection” con l’immarcescibile Smokyman. Tutte persone che avevano un sentire comune.»

Bonati per certi versi ebbe il merito di capire con anni di anticipo tanto le abitudini che col tempo sarebbero diventate tipiche dei fruitori del web, quanto la visione che il fumetto avrebbe acquisito di se stesso negli anni a venire, maturando come medium e prendendo coscienza del proprio valore:

«Avevo essenzialmente due obiettivi con l’apertura di Stanza 101.
Per prima cosa volevo semplicemente trasmettere le sensazioni che le letture mi suscitavano.
Le mie recensioni erano estremamente emozionali. […] Ero convinto – oggi più di allora – che internet fosse uno strumento meraviglioso, ma ero anche conscio che la soglia di attenzione di un lettore sul web rasentasse i pochi minuti, forse anche secondi. Quindi volevo dire pochissime cose ma mettendoci il cuore, facendo “sentire” quello che avevo provato.
[…] E poi avevo una sorta di “manifesto”. Era un’epoca nella quale si faceva ancora una puerile distinzione tra fumetto d’avanguardia, d’autore e popolare. […] Io non avevo alcun timore nel parlare di Uomo Ragno, Jason Lutes e Adrian Tomine sulle stesse pagine. Ero convinto – e lo sono tutt’ora – che ci fosse il tempo per Dragonball e quello per Mattotti. Per farsi due risate su Topolino o Rat-Man e poi riflettere sulla narrativa di Daniel Clowes. Era necessario un percorso educativo che – senza mettere le opere sullo stesso livello – facesse conoscere certe proposte più impegnate al lettore mainstream, senza mettergli paura, senza intimorirlo con lo spettro di narrazioni eteree o complesse e con tavole dalla costruzione ardita come uno schema per il montaggio di un mobile.»

La prima schermata de Lo Spazio Bianco (2002)

È il 2002 invece quando Ettore Gabrielli, insieme a Michele Bracci e Raffaele “Cipo” Cipollini, fa nascere Lo Spazio Bianco, all’inizio semplice costola di un altro sito:

«Uniti dalla passione per il fumetto anche se divisi dalle letture preferite, Michele mi propose di aprire uno spazio all’interno del suo sito Against What – che raccoglieva racconti e poesie di chi cercava una piccola vetrina online – nel quale scrivere recensioni di fumetti, coinvolgendo il terzo ramo del gruppo primevo di quello che sarebbe diventato Lo Spazio Bianco: il Cipo, alias Raffaele Cipollini. Ben presto il numero di articoli che pubblicavamo superarono quelli del sito Against What, e Lo Spazio Bianco si divise e divenne una creatura autonoma con un proprio dominio e un sito creato orgogliosamente “interamente con Blocco Note” da Michele.»

Al nucleo originario presto si affiancano altre persone che aiutano Gabrielli a definire cosa sarà il sito:

«Mano a mano il sito si fece conoscere ed evidentemente colpì persone lontane geograficamente da noi tre. Si unirono a noi in tanti e nacque un’amicizia che resiste tutt’oggi anche con coloro che non partecipano più al sito: Alberto Casiraghi, Michele Quitadamo, Ilaria Mauric, Fabio Postini, Andrea Leggeri, Guglielmo Nigro, Davide Occhicone e tanti altri che hanno fatto parte del nucleo storico. Con questa prima squadra il sito è cresciuto e ha acquisito credibilità e notorietà, con loro abbiamo definito “cosa” fosse Lo Spazio Bianco.»

Peculiarità de Lo Spazio Bianco è sempre stata una propensione all’approfondimento e alle corpose interviste con autori e addetti ai lavori, con uno sguardo che fosse il più ampio possibile:

«Alla nascita la tagline del sito era “dove in fumetti sono tutti uguali”, lo spazio bianco inteso come zona franca tra una vignetta e l’altra che accomuna tutti i fumetti, una dichiarazione della volontà di parlare di fumetto senza barriere o preconcetti, e di conseguenza a tutti i lettori capaci di “sopportare” articoli e interviste di lunghezza forse poco adatte alla fruizione online.
Credo ci siano stati dei contributi importanti da parte nostra, non ultimo aver portato in Italia il 24 Hour Comics ideato da Scott McCloud e averne organizzate diverse edizioni. Credo che il sito si sia costruito una sua credibilità di base e che abbia sempre conservato la sua predisposizione agli approfondimenti, alle interviste “generose” nella lunghezza, alla collaborazione con gli autori, alla ricerca di un equilibrio di giudizio che eviti le sparate in un senso o nell’altro.»

Fine prima puntata. Nella prossima vedremo quali erano, in quei primi tempi della rete lontani dall’era social, i rapporti dei vari siti con i propri lettori e con il mondo professionistico del fumetto.

2 Commenti

2 Comments

  1. Nicola D'Agostino

    12 Aprile 2017 a 11:28

    Mi permetto di segnalare l’esperienza – nel 1996/1997– di City Lights, che, oltre a una versione digitale interattiva da scaricare e consultare su Windows e Macintosh, sbarcò sul web e divenne VirCL: http://web.archive.org/web/19970415203021/http://www.metro.it/vircl/prifram.htm

    • la redazione

      12 Aprile 2017 a 15:42

      Grazie della segnalazione! Sicuramente ne abbiamo dimenticati altri, ma questi possono essere spunti per tornare sull’argomento in futuro, ci sono certamente tante altre storie da scoprire e raccontare.

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