“Ne so qualcosa della vita… chi più di me ne ha studiato il nucleo? E so che anche se ci si illude di codificarla, per l’ottanta per cento è composta dall’irrazionale. Funziona in modo sorprendente se si perseguono gli obbiettivi, se si hanno davanti agli occhi soltanto le proprie motivazioni.”
Xabaras
Ritorna l’appuntamento annuale con la “serie nella serie” Dylan Dog – Il pianeta dei morti, creata e fin’ora interamente sceneggiata da Alessandro Bilotta.
Come dice il curatore Roberto Recchioni nella seconda di copertina: “Adoriamo il complesso e raffinato lavoro che il creatore di Mercurio Loi ha infuso in questa saga, ma detestiamo il fatto di poterne leggere solamente un capitolo annuale.”
Il pianeta dei morti infatti, con questo nuovo Nemico pubblico n.1, si conferma come una delle serie più interessanti e innovative di casa Bonelli.
Questo terzo episodio raccolto nello Special (ne erano già apparsi altrettanti precedentemente in altri formati) sembra raccogliere nella narrazione lo stile che il suo autore sta sperimentando sulla sua serie Mercurio Loi. Una narrazione pacata, dove le cose succedono fra le righe, o meglio fra le vignette, dove il tempo dell’ascolto e della scoperta viene a sostituire quasi completamente a quello dell’azione e dei colpi di scena mozzafiato, permettendo alla storia di evolvere pienamente verso il suo culmine e dare al lettore, come in un’esplosione controllata, il brivido della paura e l’estasi dello stupore.
In questo episodio, decisamente il più particolare della saga, in quanto il vero protagonista non è Dylan bensì il suo arcinemico e mezzopadre Xabaras, Bilotta è affiancato ai disegni da Sergio Gerasi, già suo complice nel quarto episodio di Mercurio Loi, Il cuoco mascherato, piccolo capolavoro innovativo, come abbiamo raccontato qui.
Gerasi qui mette in scena la sua abilità in maniera ancora più completa nella rispetto alla prova precedente, e il bianco e nero sembra essere il suo ambiente prediletto.
Il segno tremante e graffiato (con chine che sembrano biro) lascia il posto in alcune scene finali, quando Xabaras riprende finalmente le sembianze con cui lo conosciamo, ad un pesante tratto stile “pennarello scarico” riportando il folle biologo alle sembianze scheletriche e allucinate che gli donò il suo creatore grafico Angelo Stano.
Non stupirebbe se la citazione visiva fosse voluta, poiché l’intera saga di Bilotta si regge proprio sul richiamare le atmosfere originali dei memorabili episodi scritti da Tiziano Sclavi, inserendosi in una continuity mai troppo perseguita dal creatore di Dylan Dog ma che per i nuovi autori del personaggio (un tempo solo fan) sembra essere un punto fondamentale.
Là dove ad esempio Recchioni spinge sulla sensazionalità e l’ammiccamento al lettore, Bilotta trova invece un metodo tutto suo e silenzioso per omaggiare l’eroe e il suo passato. Le tavole sceneggiate dal romano infatti suggeriscono invece di mostrare e suggestionano invece che dire.
La stessa tecnica narrativa, sperimentata più compiutamente in Mercurio Loi e accennata anche nei precedenti Dylan Dog – Il pianeta dei morti, rende questo Nemico pubblico N.1 l’episodio più interessante dell’intera saga. Senza fare paragoni eccessivi, si potrebbe avvicinare l’operazione che fecero Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo su Ken Parker, ovvero eliminare le didascalie e portare nel fumetto d’avventura tematiche a forte sfondo sociale, fino a raggiungere la narrazione muta di storie come Il respiro e il sogno, alla “rivoluzione silenziosa” che sta operando Bilotta nei suoi fumetti contemporanei.
Una sostanziale marcia indietro, una direzione “delicata e contraria” che propone, nell’epoca dei montaggi sempre più serrati, della spettacolarità e degli effetti speciali, una narrazione costruita sulle sensazioni, sui non detti e sulle ellissi narrative interrotte, legate fra loro da suggestioni visive o di sentimento.
Ciò che racconta Bilotta è sempre interessante e coinvolgente ma la particolarità del suo lavoro oggi sta proprio nel modo, nel come lo racconta.
Anche grazie alla bellissima mise-en-scène di Gerasi, riusciamo a seguire il vecchio Xabaras, malato, claudicante e schiavo dei vizi (gli stessi della nostra società occidentale di oggi: il cibo spazzatura, la dipendenza da farmaci, il bingo) per più di un terzo del racconto senza mai vedere o “ricordarci” di Dylan Dog e quasi, alla fine, a parteggiare per il pazzo creatore del virus che ha reso zombie la popolazione mondiale.
Probabilmente per la prima volta nella storia della serie, riusciamo ad empatizzare con Xabaras, capiamo le sue motivazione, leggiamo i suoi sentimenti, restituendo finalmente il personaggio al cuore dell’archetipo che lo ha partorito, dandogli una profondità di carattere e una tridimensionalità che da tempo meritava.
Anche qui il lavoro di Gerasi è notevole: la maestria con cui modella il volto del diabolico dottore, inizialmente mettendone in evidenza la debolezza e la rassegnazione e poi, improvvisamente, quando il demone “Xabaras” si manifesta in lui, riuscendo a deformargli il volto e l’espressione anche per una sola vignetta, rendendo perfettamente la rabbia e la frustrazione del suo desiderio di dominio. In alcuni momenti sembra di assistere ad un’ottima prova d’attore più che ha una sequenza disegnata.
Lo scontro finale ha un sapore epico, forse eccessivo in alcune battute (soprattutto se comparate al resto del testo) ma assolutamente convincente e degno di essere ricordato negli annali di Dylan; ancora una volta il tratto di Gerasi, sospeso fra pennello e pennarello ne è componente fondamentale.
Dylan Dog – Il pianeta dei morti è certamente fra le proposte migliori che il fumetto seriale italiano sta producendo: una narrazione desueta, colma di pause e respiri innestata sulle fobie e la decadenza contemporanea. Quasi come la camminata di uno zombie.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog Special #31 – Il pianeta dei morti – Nemico pubblico N.1
Alessandro Bilotta, Sergio Gerasi
Sergio Bonelli Editore, Settembre 2017
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,80€
ISBN: 9771123659000