A seguito degli eventi raccontati il mese scorso (Dylan Dog #349 – La Morta non dimentica), ritroviamo Dylan far visita a Bloch ancora convalescente. Con stupore dell’indagatore dell’incubo, l’ex ispettore si è innamorato di Crispille, un’avvenente ragazza portoghese con un oscuro passato e un ancor più torbido presente.
La normalità di essere speciali
Sembra che uno dei diktat di Sergio Bonelli fosse che gli albi speciali dovessero essere i più normali tra tutti, in quanto indirizzati al lettore occasionale. In queste occasioni quindi non era (è?) permesso di allontanarsi troppo dai canoni della testata. Lacrime di pietra si inserisce perfettamente in questa filosofia e approfitta della specialità dell’evento (il raggiungimento del 350° numero) per sottolineare i punti fondamentali del nuovo corso della testata inaugurato proprio un anno fa con Spazio Profondo, guarda caso anche quello a colori.
Back to the basics
Sebbene la gestione Roberto Recchioni di Dylan Dog sia stata recepita e magari pubblicizzata come “rivoluzionaria” (in tutte le declinazioni positive o negative che questo termine comporta), altro non è che un dichiarato ritorno alle origini del personaggio cercando di disancorarlo dagli anni ‘90 e allo stesso tempo di riportarlo in un ambito di contemporaneità. L’obiettivo principe di questo numero è quindi quello di dare un saggio esemplare di questa “originalità rinnovata” cominciando dallo svecchiamento del linguaggio inteso come binomio testo/immagini. In quest’ottica risulta particolarmente indovinata la scelta di affidare questo compito al veterano Carlo Ambrosini che sembra aver recepito e interiorizzato al meglio le direttive date dal curatore.
Una questione d’immagine
Ambrosini offre, come c’era da aspettarsi, un’eccellente prova alle matite adattando il suo stile alla presenza dei colori di Giovanna Niro, che a sua volta non si limita a “riempire le parti bianche” ma regala un determinante contributo narrativo: un esempio su tutti, l’uso delle tonalità seppia durante la narrazione della leggenda di Santa Crispille.
Il disegnatore sa che molto può essere narrato tramite le immagini e che, come troppo spesso succede negli albi Bonelli, aggiungere dialoghi o didascalie che spieghino ciò che è già mostrato nelle vignette ha il solo effetto di appesantire la lettura. Fatta eccezione per la sequenza introduttiva, tanto necessaria quanto verbosa, Ambrosini opera un lavoro di sintesi sui testi limitandosi a far parlare i personaggi solo quando strettamente necessario, rendendoci così una lettura agevole e attentamente calibrata. L’uso di diverse sequenze mute e di qualche deroga alla gabbia – a pagina 87 la più ardita – assolvono allo scopo di rendere la narrazione più cinematografica dando al complesso una piacevole leggibilità.
Interessante l’uso dell’elemento soprannaturale nella trama: anche qui si preferisce mostrare più che spiegare e molto viene lasciato alla interpretazione di chi legge, tanto che questo stesso elemento risulta ininfluente ai fini della risoluzione della trama.
“Se un giorno dovessi diventare un moralista ossessivo… uccidimi, ragazzo”
Lo dice Bloch a Dylan nella parte finale dell’albo. Anche questo sintetizza una delle caratteristiche fondamentali del Dylan Dog di Sclavi e di quello che vuole tornare a essere il “nuovo” Dylan. Molti autori in passato hanno ridotto l’Old Boy a un vecchio giovane che dispensa lezioni di morale a destra e a manca. Non è questo il compito di Dylan Dog o del fumetto cosiddetto popolare, bensì è quello di essere onesto con il lettore e raccontare una storia. Compito assolto da Ambrosini con stile ed eleganza.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #350- Lacrime di pietra
Carlo Ambrosini
Sergio Bonelli Editore, ottobre 2015
98 pagine, brossurato, bianco e nero – € 3,20