18 days: Grant Morrison e la mitologia indù

18 days: Grant Morrison e la mitologia indù

il Mahabharata riletto in chiave fantascientifica per un racconto epico e complesso in un volume molto introduttivo e fumettisticamente statico.

Sono strani i contorni del progetto 18 Days. Alcuni anni fa, nel 2010, Rizzoli-Lizard pubblica un volume cartonato orizzontale. Non è un fumetto, ma una sorta di artbook (è definito scriptbook in quarta di copertina) dedicato a una serie animata in produzione, 18 Days appunto, una reinterpretazione del poema epico orientale Mahabharata a opera di Grant Morrison.

Il volume contiene un apparato testuale con parti di sceneggiatura, appunti di plot, schede personaggi e una bellissima serie di illustrazioni e studi di Mukesh Singh, disegnatore indiano che ha realizzato alcune cover per Marvel Comics e il fumetto Gamekeeper per la Virgin Comics, parte di un progetto che prevedeva la realizzazione di alcune miniserie a fumetti basate su idee di registi cinematografici come Guy Ritchie (Gamekeeper appunto), John Woo e Shekhar Kapur.

Sulla carta il progetto sembra piuttosto attraente, soprattutto per l’impatto grafico, ma negli anni successivi se ne perdono le tracce e non se ne hanno ulteriori informazioni. Ricercando online, l’unica cosa che si trova in termini di animazione sono alcuni video su youtube, che si limitano a trasporre, con animazioni molto fittizie e minimali e l’ausilio di doppiatori, le vignette del fumetto. L’idea che traspare è che il progetto di animazione sia sfumato e che il materiale prodotto sia stato convertito nella sola miniserie a fumetti realizzata da Liquid, che nella realtà avrebbe dovuto rappresentare solo una delle sfaccettature di una proposta crossmediale che prevedeva anche lo sviluppo di un videogame.

I primi cinque episodi della serie arrivano in Italia proposti in un volume dall’associazione culturale Manfont. A coadiuvare l’autore scozzese alla sceneggiatura si affiancano altri sceneggiatori Gotham Chopra, Sharad Devajaran e Ashwin Pande mentre i disegni sono affidati a Jeevan J. Kang e, per il terzo capitolo, all’italiano Francesco Biagini.

La storia è un archetipo del racconto di guerra stesso: il mondo creato dagli dei attraversa diverse ere dove il male e il bene si confrontano. Nasce così la guerra e con essa una razza di superguerrieri, esseri semidivini e semi-immortali dotati di capacità straordinarie. La terza era sta per chiudersi, con un epica battaglia che mette al confronto due eserciti composti da milioni di guerrieri. Tra le fila di entrambi gli schieramenti dei, mostri, giganti e superguerrieri. Uno scontro che metterà uno contro l’altro persino fratelli e amici.

Fondamentalmente la prima parte di 18 Days è un fumetto molto statico. Il ritmo e lo storytelling delle tavole sono azzerati da una sequenza di vignette orizzontali. Mediamente tre per tavola e, come uniche variazioni sul tema, qualche vignetta (sempre orizzontale) al vivo e splash page, spesso su due tavole. Anche le inquadrature che troviamo all’interno di questa sequenza di vignette/strisce hanno variazioni limitate: tolto il prologo, il resto del fumetto è caratterizzato quasi totalmente dall’alternanza tra primi piani e piani medi più o meno larghi.

Il disegno finisce però per rivestire spesso un ruolo accessorio, a tratti perfino didascalico. Accade in certe lunghe sequenze, la cui lettura e comprensione funzionerebbe anche se eliminassimo le immagini. È ai testi infatti, anche nella forma di fitti dialoghi i cui balloon si addensano sulla tavola, a farsi carico di trasmettere il senso dell’epica e il fascino della mitologia.

Un peccato per i bei disegni di Kang, caratterizzati da uno stile pulito e dettagliato che ben si adatta al racconto. In pratica assistiamo ad una lunga carrellata, un prologo. Forse l’episodio più “fumetto” è il terzo capitolo, che presenta un flashback sulle circostanze della nascita di uno dei protagonisti, Duryodhana, e lo fa con toni più cupi e oscuri, al limite dell’orrorifico, sia nei disegni di Biagini che nei colori di Lee Loughridge, in contrapposizione con i colori diurni e luminosi di S. Sundarakannan nei restanti capitoli 3 capitoli.

C’è un leggero cambio di tono a partire dal capitolo cinque. La gabbia rimane rigidamente legata alla sequenza di vignette orizzontali, anche se qui e lì qualche variazione c’è, ad esempio quando alcune di queste si dividono in due vignette. I colori di Sesha Sainan Devarajan si fanno meno luminosi di quelli di Sundarakannan, senza arrivare alla cupezza del capitolo tre, e più sfumati, aumentando il dettaglio del disegno. Ma, soprattutto, i dialoghi perdono un poco della “pomposità” esplicativa e didascalica dei toni mitologici tenuti fin’ora e diventano più presenti e legati all’azione del momento, anche se non particolarmente brillanti.

L’episodio si chiude con un grosso cliffhanger, ma questi cinque capitoli non hanno offerto grandi appigli per farsi un idea sul possibile prosieguo del progetto, così che la curiosità non ne è stuzzicata quanto ci si aspetterebbe.

Diventa difficile esprimere un giudizio compiuto sull’opera, perché l’impressione è quella di non averne ancora viste le piene potenzialità. Cinque capitoli di prologo possono risultare un’attesa in grado di scoraggiare parecchi lettori, soprattutto quando alla chiusura del cliffhanger scopriamo che “si chiude il primo giorno”. Considerando che la serie è 18 days si fa presto ad immaginare di avere davanti altre diciassette miniserie (anche se in realtà al momento non è dato sapere se è così). Un investimento (anche economico) che può lasciare parecchio in dubbio alla chiusura del volume.

L’influsso di Morrison inoltre non è così evidente: se qui e lì se ne intuisce la presenza nella costruzione dell’idea (con la trasposizione sci-fi, una certa ricerca di complessità e le reinterpretazioni di armi e capacità), è difficile riconoscerlo nella stesura finale, nonostante il suo nome sia il traino più importante del progetto.

In definitiva il volume si presenta come unincognita, un fumetto che non ha sfruttato appieno le sue potenzialità e un preludio a una storia molto articolata e complessa le cui qualità però (o eventualmente la mancanza di), danno l’impressione di poter essere comprese meglio a partire dal suo prossimo capitolo. Vista inoltre la particolarità del progetto, non avrebbe guastato a corredo del volume un apparato editoriale, anche minimo, come a esempio un introduzione, per offrire un minimo di contestualizzazione e linee guida al lettore.

Abbiamo parlato di:
18 Days
Grant Morrison, Jeevan Kang, Francesco Biagini
Traduzione e Lettering sono a cura della ManFont Service.
Manfont, novembre 2017
144 pagine, brossurato, colori – 14,50€
ISBN: 978-8899587567

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