Cronache belghe: il Centre Belgique de la Bande Desinée

Cronache belghe: il Centre Belgique de la Bande Desinée

Il resoconto di una gita al Centre Belge de la Bande Dessineé, uno dei più importanti musei del fumetto al mondo. Esposizione permanente, un ricco calendario di esibizioni temporanee e una biblioteca fornitissima, all'interno di un meraviglioso edificio liberty nel centro di Bruxelles.

Una delle cose che più apprezzo del mio lavoro sono i numerosi viaggi che sono riuscito a fare in questi anni in tutta Europa. E ovviamente, ogni volta che mi trovo in un paese straniero, se ho abbastanza tempo faccio ciò che ogni bravo lettore di fumetti dovrebbe fare: cerco una fumetteria o altri luoghi legati al mondo della nona arte. Per la gioia del mio spirito e la disperazione delle mie tasche.
Quando mi è stato detto che avrei dovuto spendere qualche mese a Gent (Gand per i francofoni), in Belgio, per il mio progetto di ricerca, non ho potuto fare a meno di esultare.

Infatti il Belgio, oltre che per le ottime birre, le patatine fritte1 e la sua peculiare struttura politica, etnica e culturale, è conosciuto in Europa e nel mondo intero come una delle nazioni più importanti a livello fumettistico. Non mi stupirei se fosse il paese con più produzione fumettistica pro-capite dopo il Giappone: l’offerta di titoli, volumi, riviste, sia in fiammingo che in francese, è sterminata. A Gent ci sono cinque fumetterie, ognuna con un tipo di proposte e una clientela diversa. Una, il World’s End, è aperta ogni giorno fino all’una, ha un pub al suo interno e offre la possibilità di giocare a  svariati giochi da tavolo! Ed esiste pure un pub a tema supereroi, il Comic Sans, con serate a tema geek e fumetti! Insomma, il paradiso!

Ma soprattutto a Bruxelles si trova uno dei posti più importanti d’Europa, quando si parla di cultura del fumetto e della sua diffusione: il Centre Belge de la Bande Dessinée (CBBD).

Bello fuori, fantastico dentro
Il CBBD si trova in centro a Bruxelles, a meno di dieci minuti a piedi dalla stazione centrale e dai più importanti monumenti e musei cittadini. Indicato da una statua di Gastone Lagaffe che si affaccia su Boulevard Pacheco e posizionato in una stradina, Rue de Sables, che a dire il vero non gli rende giustizia, il Museo del fumetto di Bruxelles colpisce ancor prima di entrare per la sua estetica liberty. L’edificio infatti è stato progettato dal famoso architetto Victor Horta, uno tra i piú grandi rappresentanti dell’Art Nouveau belga e europea. Nato come grande magazzino per volere dell’industriale Charles Waucquez, l’edificio si inserisce nel solco di altre decine di palazzi sparsi per la capitale del Belgio, caratterizzati da forme sinuose e morbide, motivi floreali e l’uso di strutture in ferro e acciaio. All’interno della struttura, una mostra permanente racconta della nascita del luogo, della sua trasformazione e abbandono nel corso degli anni e della sua rinascita come sede del museo del fumetto nel 1989. Si viene così a creare fin da subito un contatto tra passato e presente, un dialogo tra esterno e interno, tra arti diverse, andando a sottolineare quanto il fumetto sia importante per la storia del Belgio e per l’arte in generale.

Una volta entrati, ci si trova catapultati in un mondo multicolore, con la presenza di statue di Tin Tin (il vero idolo di casa), di Spirou, di Paperone e di altri personaggi che compaiono qua e là nelle sale della mostra. Prima di avviarsi sulla scalinata che porta ai piani superiori (sede della mostra), ci si può fermare al pian terreno, dove sono presenti un negozio di BD e accessori, che vende i fumetti messi in evidenza dalle mostre temporanee, un bar/ristorante e soprattutto un’immensa libreria, luogo non solo di lettura, ma anche di studio, accessibile a prezzo modico per una volta o anche con abbonamento annuale: una smisurata collezione di fumetti dai formati e dalle dimensioni più disparate, insieme a importanti opere internazionali in edizione originale, tutto raccolto in un catalogo che aiuta a navigare tra i titoli e a vere e proprie postazioni studio. Sin dall’ingresso si capisce quindi l’approccio al fumetto, considerato sia per il suo valore commerciale che per quello culturale, in un’ottica di promozione delle opere e degli autori in un contesto esaustivo e completo.

Ce n’è per tutti i gusti!
Questa sensazione iniziale è confermata dallo spazio espositivo, che si snoda nei restanti due piani del palazzo. Nelle mie due visite al museo, tra giugno e gennaio, ho avuto il piacere di assistere alle monografiche dedicate a Gipi e Zidrou, alla mostra sui fumettisti contemporanei del Belgio, a quella sull’arte delle cover, sull’informazione nei fumetti e su Asterix.
Ciò che colpisce è prima di tutto la professionalità di questi allestimenti. Ognuna delle mostre, pur nella propria diversità, si distingue grazie a una linea narrativa chiara e scorrevole, supportata da un’ampia e attenta selezione di materiale originale fatto di sceneggiature, bozzetti, studi, tavole di prova, fino a quelle complete, distribuite in un ambiente abbastanza spazioso e ben organizzato.

I curatori dimostrano di essere non solo preparati e competenti, ma anche e soprattutto appassionati: questo sentimento permette loro di condensare il senso di ogni esposizione in maniera ottimale, donandole un taglio particolare. La mostra dedicata a Gipi, ad esempio, è riuscita a ripercorrere con cura e con grande precisione la carriera e la vita dell’autore, riuscendo a creare empatia con i visitatori, laddove quella dedicata alle cover ha mostrato una evoluzione storica e tecnica, condita con descrizioni per “addetti ai lavori”, fornendo al tempo stesso un retroscena interessante per i visitatori meno addentro alle questioni tecniche e stilistiche. Le mostre di Asterix o quella permanente dedicata a Peyo sono invece più interattive e adatte ad un pubblico di bambini: la ricchezza di modellini, giochi e spazi per farsi foto divertenti crea una atmosfera allegra e adatta alle famiglie.

Ed è questa la seconda cosa che colpisce, ovvero la capacità dei curatori di sapersi rapportare a ogni tipo di pubblico, riuscendo in un colpo solo ad intrattenerlo e a formarlo, a divertirlo ma anche a educarlo. Importante, in questo senso, l’allestimento permanente che spiega la storia del fumetto per poi addentrarsi nella parte più tecnica della creazione, nella quale il visitatore viene guidato attraverso le varie fasi del lavoro di un fumettista (o di un team creativo) grazie alla grande quantità di materiale prestato o donato da vari professionisti nel corso degli anni, permettendo in questo modo di venire in contatto con vari stili e varie idee del fumetto.

Ed essendo il fumetto non solo un bene culturale, ma anche commerciale, uno spazio del museo (“La galleria”) è dedicato di volta in volta all’esposizione di tavole originali e di libri in libera consultazione di opere uscite da poco: un piccolo angolo che condensa sapientemente la pubblicità con l’approfondimento culturale.
Tutto questo viene premiato da un successo enorme di pubblico, con migliaia e migliaia di visitatori che affollano ogni anno questo luogo: il consiglio è di visitarlo con calma (magari non d’estate, perché le temperature al suo interno possono farsi roventi), di prendersi del tempo (anche per le code che si possono trovare all’ingresso) e di soffermarsi sulle tavole, di leggere le descrizioni e di perdersi nella magia del fumetto.

Fidatevi, il tempo sarà ben speso: il CBBD non teme il confronto con altri musei di Bruxelles, ed è un esempio (anche per l’Italia) di come il fumetto possa essere un richiamo culturale costante, un bene non solo artistico ma anche economico, che se curato può dare frutti importanti e duraturi.

Una piccola digressione
Per sottolineare la stretta connessione tra Bruxelles e fumetto, tra fine del 2017 e inizio del 2018 si è svolta, presso la Bibliotheca Wittockiana, la mostra “The indonesian comic strip dal 1929 al 2017”. In questo edificio, al tempo stesso biblioteca e museo dedicato all’arte della rilegatura dei libri, sono stati esposti numerosi esemplari di cergam, il fumetto indonesiano, forse una delle più grandi e dettagliate mostre mai organizzate su questo tema.

I curatori hanno svolto un ottimo lavoro storiografico, partendo dalla sua nascita con Put on di Kho Wang Gie, considerato il padre del fumetto indonesiano insieme a Abdoel Salam e Nasjah Djamin, primo “graphic novelist” dell’arcipelago asiatico. Attraverso il grandissimo successo del genere silat (ovvero di arti marziali),  del fumetto romantico e di quello supereroico, fino ad arrivare alle produzioni underground degli anni ’90 e quelle online degli anni 2000 (con l’affermazione dei travelogue di Tita Larasati) la mostra è riuscita a coprire in maniera esaustiva un universo interessante, inaspettato, sconosciuto e ricchissimo.
Anche in questo caso, Bruxelles potrebbe fare da scuola e spingere altre biblioteche, già da tempo luoghi non solo di cultura letteraria ma globale, a organizzare più eventi e esposizioni dedicate alla nona arte.

 


  1. Sulle patatine fritte e la loro invenzione, la questione è lunga e la diatriba tra francesi e belgi è sempre aperta. Per alcuni storici le patatine francesi furono le prime ad essere propriamente chiamate French Fries, dopo che furono offerte al presidente degli USA Thomas Jefferson da una delegazione transalpina. Altre storie raccontano che il nome venne erroneamente dato dai soldati statunitensi durante la Prima Guerra Mondiale, quando si trovavano sul fronte Vallone, quindi in terra belga dove si parla francese. 

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