L’incipit alla base de La città più fredda, fumetto creato da Antony Johnston e disegnato da Sam Hart da cui è stato tratto il film Atomica Bionda, è molto semplice.
Nei giorni precedenti alla caduta del Muro di Berlino, l’MI6 (agenzia di spionaggio estero della Gran Bretagna) invia uno dei suoi agenti migliori, la veterana Lorraine Broughton, a recuperare una lista contenente alcune informazioni vitali per l’intelligence britannica.
Fin dalle prime pagine vediamo quindi la protagonista muoversi per le vie di Berlino facendo attenzione praticamente a chiunque; ogni singolo personaggio con cui interagisce costituisce infatti una potenziale minaccia e in brevissimo tempo il confine che separa gli alleati dai nemici diventa nebuloso.
Lorraine è un personaggio dal carattere forte, temprato dalle varie missioni a cui ha partecipato in passato. Lo sceneggiatore Antony Johnston ha voluto modellare la personalità della protagonista in modo netto e definito, giocando con l’archetipo della donna guerriera, fredda e spietata, riuscendo comunque a non cadere in nessun cliché. L’intera opera è stata costruita basandosi su di lei, ponendo una grande enfasi anche sul suo carisma capace di non farla mai risultare debole o indifesa di fronte ai suoi avversari.
Dal punto di vista delle tematiche, Antony Johnston ha puntato al massimo sul concetto di isolamento e straniamento, esacerbato dai molti momenti in cui vediamo la protagonista immersa in un ambiente che non conosce davvero a fondo e a cui non vuole in nessun modo avvicinarsi.
In più di un’occasione, infatti, vari personaggi fanno presente a Lorraine che il suo tedesco è davvero pessimo, esortandola a parlare esclusivamente in inglese, particolare in grado di ribadire in modo ferreo l’incapacità della protagonista di integrarsi in un contesto sociale che a lei non interessa minimamente.
Emblematiche da questo punto di vista anche le varie sequenze in cui alcuni personaggi parlano tra loro esclusivamente in tedesco senza alcuna traduzione consultabile dal lettore, così da incentivare ancora di più il senso di straniamento in cui si trova la protagonista.
Il titolo dell’opera, da questo punto di vista, oltre a rimandare all’immaginario della guerra fredda, racchiude in sé anche un messaggio forse più profondo, che in un certo senso descrive la freddezza d’animo di tutti i personaggi protagonisti della vicenda.
Tutti gli agenti segreti coinvolti nell’intrigo politico, provenienti da varie parti del mondo, sono infatti costretti per forza di cose a reprimere le loro emozioni in favore della missione affidatagli, regalando all’intera opera un tono di generale apatia emozionale in cui ogni singolo individuo sembra agire solo ed esclusivamente per il proprio tornaconto eliminando dalla propria coscienza qualsiasi barlume di moralità.
L’opera cartacea, al contrario della controparte cinematografica, punta tutto su una moltitudine di dialoghi ben costruiti e capaci, nella maggior parte dei casi, di richiamare alla mente del lettore il vero fulcro del termine guerra fredda; nell’opera infatti si combatte a colpi di elaborati stratagemmi tattici in grado di mettere in difficoltà gli avversari piuttosto che con il piombo.
Il ritmo si attesta su ottimi livelli per quasi tutta l’opera, anche per merito dei numerosi flashfoward in cui vediamo la protagonista spiegare ai propri superiori perché non è riuscita a portare a termine la missione, spingendo il lettore a voler proseguire nella lettura. L’unico punto debole del fumetto risiede nella parte finale, che risulta in linea generale meno scorrevole per via delle molte informazioni, a tratti condensate, che i vari personaggi si scambiano tra loro per risolvere definitivamente il mistero dietro alla lista sparita nel nulla.
Il disegnatore Sam Hart, con un tratto semplice e a tratti stilizzato, è riuscito a donare ai vari personaggi un vero e proprio senso di distacco riguardo l’ambiente circostante. Nonostante varie didascalie che fanno capire al lettore il preciso momento storico in cui si svolgono le vicende, in realtà gli ambienti risultano quasi sempre spogli, spesso rarefatti e mai accoglienti.
In più di un’occasione ci si dimentica di trovarsi a Berlino, complice anche uno stile di disegno a tratti sfuggente ed etereo che rimarca la volontà dell’autore di disegnare una città quasi metafisica; molto spesso le linee che delineano le sagome dei personaggi risultano interrotte, quasi a rimarcare il destino flebile e incerto di tutti loro. Molto ben realizzati anche i volti, dotati di un’espressività magnetica e suggestiva accentuata da un sapiente utilizzo delle ombre. Grazie poi a un contrasto nettissimo dato dal bianco e nero, Hart è riuscito a caricare ogni pagina di un’atmosfera a tratti cupa e disorientante, simile in alcuni frangenti a opere come Sin City.
In conclusione si può tranquillamente affermare che La città più fredda è un noir in piena regola che basa la sua forza su un plot lineare e privo di grossi colpi di scena in grado, pur senza innovare e svecchiare nulla, di raccontare una solida storia di spie e intrighi in maniera soddisfacente.
Abbiamo parlato di:
La città più fredda
Antony Johnston, Sam Hart
Traduzione di Andrea Antonazzo
Magic Press Edizioni, novembre 2017
180 pagine, brossurato, bianco e nero – 15,00€
ISBN: 9788869133343