Brina: intervista “felina” a Giorgio Salati e Christian Cornia

Brina: intervista “felina” a Giorgio Salati e Christian Cornia

In occasione dell'uscita di "Brina e la banda del sole felino" per Tunuè abbiamo intervistato gli autori, Giorgio Salati e Christian Cornia.

Giorgio Salati, classe 1978, è uno sceneggiatore di fumetti noto soprattutto per il suo lavoro su Topolino.
Dopo avere frequentato nel 2003 la Scuola di Fumetto sotto la guida di Riccardo Secchi, l’autore comincia a lavorare sul settimanale Disney scrivendo a oggi più di un centinaio di storie, tra le quali alcuni progetti di rilievo come la saga Ultraheroes, una collaborazione al progetto Topolinia 20802 e la lunga storia Zio Paperone e la sfida da 50 $, per i disegni di Emilio Urbano.
Fuori dalla Disney ha co-ideato e co-sceneggiato insieme a Davide Caci la miniserie legal-thriller in 6 numeri Law – Il lato oscuro della legge, pubblicata tra il 2012 e il 2013 da Star Comics, e più recentemente Bookbugs, serie ideata insieme al disegnatore Donald Soffritti che è diventata parte del progetto SmartComix, edita da Shockdom.

Christian Cornia, classe 1975, frequenta negli anni 1996-1997 la scuola di fumetto La Nuova Eloisa di Bologna e nel 2011, insieme ad altri disegnatori, fonda l’associazione culturale Dr. Ink con cui autoproduce libri illustrati.
Collabora con l’agenzia internazionale di illustratori Advocate Art ed è insegnante di anatomia e character design nel corso di animazione della Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia.
Inoltre fa parte della comunità italiana di Urban Sketchers.
Lavora in digitale e realizza fumetti, illustrazioni e character per editori, pubblicità, videogiochi e giochi di ruolo, tra cui Piemme Edizioni, Banca Intesa, Danone, Raven Distribuzione, Giochi Uniti.
Ha lavorato come colorista per il mercato francese con editori come Soleil, Delcourt, Dargaud e come inchiostratore per la Marvel USA sulle testate Marvel Adventure Iron Man, Marvel Adventure The Avengers e Daken.
È uno degli artisti che lavora a Scooby Doo in Italia per la Piemme Edizioni, mentre per il mercato americano lavora a diversi libri con personaggi Warner Bros., tra cui lo stesso Scooby Doo.
(biografia liberamente tratta da qui)

I due autori si sono incontrati nella realizzazione di Brina e la banda del sole felino, fumetto appena uscito per Tunué nella collana Tipitondi: ne abbiamo approfittato per far loro qualche domanda sull’opera e sul loro lavoro.

Ciao Giorgio, e grazie per aver accettato quest’intervista.
Brina e la banda del sole felino è il tuo ultimo lavoro, edito da Tunué. Da dove nasce l’idea di raccontare la storia di un gattino? Qual è il dietro le quinte di questo progetto?
Era l’estate del 2013. Vagavo per il bosco alla ricerca della mia gatta, che era fuggita. Pensai: “Se la ritrovo, ci scrivo sopra una storia”. Come puoi intuire, la ritrovai.
Era da tempo che gli amici di Tunué mi chiedevano di scrivere qualcosa per quella bella collana che è Tipitondi, ma non mi ci ero mai messo: mi sembrava di non avere mai l’idea adatta.
Quell’anno però, a Lucca, andai da Max Clemente e gli dissi: “Ho l’idea”.

Recentemente Star Comics ha pubblicato in Italia Leonid, di Brrémaud e Turconi, un fumetto francese su un micio coraggioso che affronta un’avventura rischiosa insieme ai suoi amici, mentre nell’animazione Disney ricordiamo negli anni Settanta Gli Aristogatti e a fine anni Ottanta il protagonista di Oliver & Company.
Sono solo alcuni esempi tra i tanti, come spunto per capire: che cosa trasmette di così potente l’animo dei gatti per suggerire di raccontare storie per i più giovani?
Quando uscì Leonid in Francia ebbi un mezzo coccolone: stavo lavorando da tempo all’idea di Brina, e loro uscivano con qualcosa che – a primo acchito – poteva apparire simile! Poi Frédéric e Stefano sono amici (Brrémaud ha anche scritto la bella prefazione a fumetti di Brina, disegnata da Federico Bertolucci) e non ci fu vera invidia. Però decisi di non leggere Leonid per non rischiare di rimanerne influenzato. Quello che mi viene da dire è che forse rientra nello zeitgeist attuale: i gatti vanno forte!
Non fu però un calcolo “commerciale”: semplicemente volevo raccontare in modo costruttivo la paura di perdere qualcuno cui vuoi bene e soprattutto provare a spiegare – prima di tutto a me stesso – il punto di vista dell’altra persona, quella che decide di allontanarsi per inseguire la propria indipendenza.
L’animo dei gatti è potente perché è elementare e allo stesso tempo contraddittorio. Sono teneri ma anche crudeli (basta vedere come giocano con le prede). Sono indipendenti ma in realtà senza di te non possono stare. Sono in grado di amare moltissimo il proprio umano di riferimento, e il loro modo di dimostrarlo è mordicchiandoti i polpacci e distruggendo i tuoi soprammobili. Sono complicati, sono… persone. Ergo, hanno personalità.
Credo che i ragazzi si immedesimino molto negli animali, ed è uno dei motivi per cui ho voluto raccontare questa vicenda in una storia adatta a tutti: come la gatta Brina, tanti bambini si sentono limitati dalle regole di casa, e sognano di aprire la porta e vivere delle avventure. Ho cercato di raccontare loro cosa può succedere, come ci si può confrontare con certi eventi, e qual è il motivo per cui esistono certe regole.

Qual è il tuo rapporto con i gatti?
Io amo indistintamente cani e gatti (ma non solo), con cui ho generalmente un buon rapporto. Ogni gatto però ha una personalità molto definita. Bisogna rispettare i loro spazi e i loro tempi. Dei felini amo il loro bisogno di libertà e di indipendenza, motivo per cui la mia gatta crescendo non è diventata come tanti suoi simili, non è una specie di peluche obeso e mammone. Non si lascia accarezzare da tutti, ama giocare, puoi coccolarla solo quando lo decide lei, e passa più tempo possibile sul balcone a prendere il sole. Ma mi ama!

Dagli animali antropomorfi disneyani, di lunga tradizione, ai gatti pensanti e parlanti di Brina: quali similitudini e quali differenze hai trovato nelle due esperienze di scrittura?
Non ci sono state moltissime differenze. Se faccio questo mestiere lo devo principalmente a Topolino, per cui è fisiologico che molto di quello che ho imparato in questi anni lo abbia applicato anche a Brina. C’è da considerare poi che – in linea con la collana in cui sarebbe stata pubblicata – volevo scrivere una storia che fosse fruibile da lettori di tutte le età, un po’ come accade per le storie Disney.
La vera differenza sta nel fatto che i personaggi di Brina non esistevano prima di questa storia, e che c’è uno spunto autobiografico, un po’ in linea con le caratteristiche delle graphic novel.
Un’ulteriore differenza può essere individuata nel fatto che se Topolino è un fumetto principalmente umoristico, in Brina ho messo poche gag. In questo senso, volevo avvicinarmi alla sensibilità delle opere di amici come Radice & Turconi e Sualzo.

Oltre a Brina, quali altri tuoi progetti dobbiamo aspettarci nell’immediato futuro? Stai lavorando a qualche storia particolare per Topolino?
Tutte le storie per Topolino sono particolari! Prossimamente arriverà una nuova storia con protagonista Battista. È già la terza, non escludo di provare a scriverne altre. Battista è un personaggio che mi piace molto.
Parlando di extra-Disney, prossimamente ci sarà una mia ospitata su Nathan Never disegnata da Guido Masala. Inoltre sto lavorando a un nuovo romanzo a fumetti, disegnato da quella gran persona – in senso fisico, artistico e umano – di Armin Barducci.

 

Ciao Christian, e grazie per aver accettato quest’intervista.
Come sei stato contattato per disegnare Brina e la banda del sole felino? Conoscevi già Giorgio Salati?
Ho conosciuto Giorgio ai tempi dell’uscita del terzo volume, BADASS, che avevo prodotto con il collettivo Dr. Ink. Giorgio ci diede una grossa mano nella finta campagna pubblicitaria che facemmo al tempo per annunciare l’uscita del volume. Tempo dopo Cristina Giorgilli, inchiostratrice Disney nonché membro di Dr. Ink, mi disse che Giorgio stava cercando un disegnatore per un fumetto e siccome io dopo anni di illustrazione, avevo voglia di tornare a “narrare”, mi sono proposto.

La tua carriera è costellata di collaborazioni internazionali: colorista per il mercato francese, inchiostratore per Marvel, disegnatore per i personaggi Warner Bros. e in particolare per Scooby Doo. Ci puoi raccontare qualcosa di queste esperienze? Quanto hanno influito sul tuo stile e sul tuo metodo di lavoro?
Ogni lavoro e ogni mercato mi hanno dato qualcosa che mi sono portato dietro.
L’esperienza Marvel è stata un bel periodo, l’unico problema, a parte i tour de force di lavoro per le strette consegne era che non stavo portando avanti la mia ricerca stilistica di disegno, perché fermo a inchiostrare il lavoro di altri.
Stessa cosa per il mercato francese: mi trovavo a colorare lavori non miei e non con lo stile di colorazione che sarebbe potuto tornarmi utile nei miei lavori.
Quindi ho deciso di abbandonare questi lavori per dedicarmi solo ai miei disegni e li sono spuntati i lavori in ambito Warner Bros., essendo il mio stile più vicino all’ambiente cartoon che a quello realistico.
Purtroppo anche questo lavoro ha i suoi difetti, in quanto costringe a essere molto fedeli alle style guide dei personaggi e non lascia molto spazio alla libera interpretazione. Ma in alcuni casi ho potuto divertirmi con gli sfondi, cercando di riprodurre quelli che si potevano trovare nei classici cartoni degli anni Sessanta/Settanta e questo sì che mi ha dato modo di sviluppare una ricerca di un disegno con masse di colore e usando poche linee.

Come hai sviluppato il character design di Brina e degli altri personaggi del libro?
Il primo passo è stato realizzare dei gatti vicini al mio stile. Devo confessare che fino a questo momento non mi ero mai cimentato con animali a quattro zampe che dovessero avvicinarsi a delle proporzioni reali.
Dopo i primi studi, ho deciso di documentarmi un po’ guardando i vari lavori che avevano fatto al tempo Milt Kahl e Ken Anderson per la lavorazione di Gli Aristogatti. Inoltre ho osservato pure i miei gatti, anche riprendendoli con video.
Riguardo ai personaggi umani la cosa è stata più immediata, essendo abituato per lavoro a creare e sviluppare character. Devo confessare di essere molto affezionati ai coniugi Steiner per quanto riguarda lo sviluppo.

Qual è il tuo rapporto con i gatti?
Ho tre gatti in casa (Otto, Samantha e Nicole) e un cane (Leo), che essendo cresciuto con i gatti assume atteggiamenti felini… può andare come risposta? Inoltre ho la compagna gattara, quindi si vive sempre in una dimensione gatto.
Ad esempio in questo momento mentre sto scrivendo, ho sul tavolo con me Samantha che sonnecchia… quindi sono presenze sempre costanti.

Com’è, dal punto di vista dell’espressività stilistica di un artista, lavorare su personaggi che devono mantenere un’alta dose di riconoscibilità e fedeltà al modello?
Quando lavori a una serie di illustrazioni o a un fumetto devi per forza mantenere una riconoscibilità dei personaggi: è fondamentale per la riuscita narrazione sia attraverso sequenze che attraverso immagini. Quindi questo non deve essere un ostacolo, per me se un disegnatore non riesce o non vuole mantenere la riconoscibilità dei personaggi in nome di un’espressività artistica, va a danneggiare la narrazione e quindi il fumetto stesso.
Io mi sono trovato a riprendere in mano le prime tavole e a ridisegnarle perché mi ero accorto che con il passare del tempo e con l’aumento di confidenza con i character, il mio stile era mutato e quindi ho preferito cercare di omologare il tutto.

Quali maggiori libertà ti offre il disegno digitale, e quali strumenti usi per il tuo lavoro?
Il disegno digitale può essere una via più veloce nel realizzare le opere, soprattutto nelle prime fasi di correzione e modifica. Inoltre permette di velocizzare il lavoro, in quanto fa saltare tutti quei passaggi di scansione e pulizia del disegno che spesso portano via molto tempo. Questo però non toglie il piacere di realizzare a matita sui vari sketchbook i primi studi di tutti i lavori, in quanto rimango un amante dell’approccio materico al disegno.
La cosa buffa è che pur lavorando totalmente in digitale, per Brina ma anche per i miei lavori personali, mi ritrovo però a cercare di simulare un approccio materico, come se dovessi disegnare e colorare tramite matite e pastelli.
Riguardo agli strumenti di lavoro sono al 100% Cintiq dipendente, usando Photoshop e Clip Studio come programmi.

Ringraziamo Giorgio Salati e Christian Cornia per il tempo dedicatoci.

Intervista condotta via mail il 26 marzo 2017

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