Blame! & Noise: Il rumore della solitudine

Blame! & Noise: Il rumore della solitudine

Un'opera particolare e sui generis in cui l'autore, Tsutomu Nihei, contrappone un'estrema capacità grafica a una storia dai molti interrogativi irrisolti.

Blame! è un manga atipico e lo è a partire dal nome. Infatti, quello che ad un lettore poco attento può sembrare la traduzione inglese di Colpa è in realtà, per stessa ammissione dell’autore, un suono onomatopeico che richiama il rumore prodotto da una pistola (che il protagonista usa a profusione). Blame! andrebbe infatti letto come BLAMM!

BLAME! E NOISE:
IL NON RACCONTO E IL PREQUEL

Leggendo questo manga non si può non argomentare sull’apparente assenza di una vera e propria trama. Quando uscì il primo volume i punti interrogativi che durante la lettura si accavallavano pagina dopo pagina sortirono l’effetto di un’attesa che non poteva essere giustificata soltanto dagli straordinari disegni. Se chiedete in giro molti vi riveleranno di aver comprato i volumi successivi sicuramente per gustarsi le meraviglie grafiche di Tsutomu Nihei, ma con la speranza recondita che la trama del primo volume si sviluppasse in una delle direzioni possibili. Tanti sono stati ben presto delusi ed hanno abbandonato la serie, altri impavidi invece si sono fatti trascinare fino in fondo nel vortice delle architetture impossibili di Nihei.

Il sottotitolo (Maybe on Earth, Maybe in the Future) rimanda alla possibilità di un angoscioso futuro e mette in chiaro come tutto ciò che si sta leggendo possa probabilmente accadere sulla terra, ma sin dall’inizio si capisce che si tratta di qualcosa di più di una semplice distopia. L’impressione è che tutta la storia si svolga in un territorio neutro come potrebbe esserlo il cyberspazio e l’occhiello di copertina (Adventure-seeker Killy in Cyber Dungeon quest!) avverte che la ricerca di Killy avviene in una città sotterranea.
Al lettore non sono concesse altre spiegazioni. Non è semplice stare dietro a Killy, non è semplice riuscire a comprendere i perché delle sue azioni, del suo mondo o semplicemente della sua esistenza. Forse una volta girata la copertina bisogna solo lasciarsi trascinare dagli eventi e dalle percezioni che scaturiscono dal tratto tagliente e personalissimo di Nihei. Ed è da suoi volti disegnati con l’inespressività delle bambole di porcellana che inverosimilmente trasuda l’angoscia e l’ansiosa attesa di qualcosa che non si sa assolutamente se accadrà. Non bisogna cercare l’essenza di Blame! nei pochi e striminziti dialoghi ma piuttosto nelle atmosfere inquietanti di un mondo così vasto ed alienante. Il siliceo sguardo di Killy diventa così più interiore di quanto non sarebbe lecito aspettarsi.

Blame! non è una di quelle opere in cui tutti i pezzi trovano un loro posto e non vuole nemmeno esserlo. Difatti quando Nihei decide di spiegarci qualcosa riguardo al mondo di Killy lo fa in un modo del tutto particolare: non si inventa capitoli specifici come avrebbe fatto un qualsiasi autore, ma piuttosto un fumetto vero e proprio che esce in contemporanea con esso. Noise infatti non è nient’altro che il prequel di Blame!.
Nihei non lo dice chiaramente, ma già il nome richiama IL RUMORE (Noise appunto) e cos’é Blame! se non un’onomatopea? Tutto collega le due opere, dagli ambienti ai simboli “esoterici”. Ma inserire tutte queste spiegazioni (la genesi dell’universo di Blame!) in Blame! avrebbe rotto l’incantesimo che così sottilmente è stato creato pagina dopo pagina, architettura dopo architettura, silenzio dopo silenzio, nulla dopo nulla.
In definitiva Blame! è un non racconto nel senso classico del termine, in quanto è un susseguirsi infinito di passi di un personaggio che vaga per i livelli di una città sotterranea come in un immenso videogioco le cui scene, a lungo andare, si assomigliano tutte. Blame! racconta con le sensazioni e con le immagini e l’oscurità, la solitudine e l’isolamento sono i suoi capisaldi.
Il fatto è che non sempre è fondamentale trovare un senso; alle volte è più interessante provare sensazioni, visive e non.

LE SENSAZIONI E LA TRAMA

Bastano poche pagine, poche vignette perché il silenzio che pervade un mondo troppo vasto per essere muto risucchi il lettore in praterie di cemento e metallo. Ci si vorrebbe guardare in giro, sbirciare negli anfratti, aguzzare la vista verso l’orizzonte nella speranza di intravedere qualcuno. In tal senso il silenzio e l’assenza di movimento si fanno quasi protagonisti imprescindibili della storia ed aiutano a creare una sensazione di angoscia che è tipico delle letteratura e della cinematografia horror: qualcosa accadrà, ma non sappiano quando e non sappiamo quanto positivo possa essere l’avvenimento. In effetti, molto spesso è un rumore lontano (quasi sempre un’esplosione) a rompere il silenzio spostando automaticamente l’attenzione altrove. Qualche volta, addirittura non c’é un suono ad accompagnare una colonna di fumo che “improvvisa” si leva da un angolo della vignetta indicando in modo angosciosamente quieto il luogo di un’azione che potrà essere solo tragica.
Sono queste le sensazioni maggiori: l’attesa e la consapevolezza di tragedia imminente.

In realtà c’é poi da considerare che un accenno di trama sembra presente nel racconto. Il protagonista (Killy) compie quello che potremmo definire un percorso di crescita interiore, percorso che rispecchia in un qualche modo il suo cammino verticale lungo i livelli della città sotterranea. Man mano che procede, avanza, sale, il personaggio aumenta la consapevolezza del mondo che lo circonda e soprattutto di sé, sino a scoprire la sua vera natura di essere siliceo e non di carne. Il tutto cercando una rete dei geni terminali che sembra quasi un po’ il Santo Graal di questo fumetto.

La sua ricerca non è ciò che i lettori si aspettavano, non si tratta di ritrovare un oggetto o una connessione particolare alla RETE.
A ben vedere si tratta piuttosto di una ricerca di umanità intesa in senso interiore, intimo, quasi segreto. Tanto che alla fine tutto si trasforma nella protezione di un oggetto che appare quasi un utero e, per questo motivo, può essere paragonato all’uovo alchemico (la forma è poi la stessa) dal quale ci si attende la rinascita del genere umano (invece che la rinascita dello spirito).
Forse è questo il significato di un finale che appare più metafora che racconto, con il protagonista che finalmente trova l’uscita dalla città in fondo ad uno stagno stagno (unico esempio di “naturale” in tutta l’opera), per quanto questa uscita si trovi al livello più alto della città, quasi ad intendere una ripartenza dal basso, un ritorno alla natura più o meno vergine ed incontaminata. E come un novello Mosé anche Killy non potrà vedere la rinascita: egli è alla fin fine un rappresentante del passato. Il suo sacrificio è il primo passo del nuovo inizio.

Dopo tutto ciò non dovrebbe essere difficile capire come non si possa parlare propriamente di una trama, bensì di un’interpretazione personale, di una SENSAZIONE.

L’ARCHITETTURA COME PERSONAGGIO
E L’OCCIDENTE COME PUNTO DI RIFERIMENTO

L’espressione grafica dei disegni di Tsutomu Nihei è veramente stupefacente e sicuramente molto lontana dagli stilemi del manga che tradizionalmente si pongono come esempi classici di stile.
Non è un segreto che Nihei simpatizzi per la scuola fumettistica occidentale ed in particolar modo quella franco-belga. Non è nemmeno una novità che ami le architetture e trovi facile il disegnarle, essendo un architetto mancato. Quello che è interessante sapere è che l’effetto finale è superiore a quanto ci si possa aspettare. Che si tratti di bianco e nero o di colore Nihei è capace di creare delle situazioni che riescono a sostenere la fragilità di una narrazione quasi priva di “sonoro”: solo le onomatopee sembrano rimbombare tra le vignette, grazie all’assenza di dialoghi e alla vastità degli spazi.

Dalle matite di Nihei fuoriescono creature che non è sempre facile definire umane, le cui anatomie tendono a creare distacco nel lettore. I suoi esseri di silicio, e tutte le altre creature sembrano scaturite dalla più oscura fantasia di uno scrittore Cyberpunk. E certamente il nostro conosce molto bene l’opera di H.R. Giger, perché non si può non pensare ai suoi esseri biomeccanici ed ai suoi mostri di metallo vivo ogni volta che entrano in scena safeguard, governatori e quant’altro Nihei sparge per le silenziose pagine del suo manga.

Come nelle opere del pittore/scultore svizzero Nihei infonde la vita nella materia più fredda; provate a guardare negli occhi di Killy: l’unica scintilla di vita che ne scaturisce è dovuta ai display ed alle scritte che vi si affollano nel tentativo di analizzare l’ostile ambiente esterno.

IN FIN DEI CONTI

Blame! è un’opera che attrae per la grafica e che indispone per il non racconto e per l’assenza di un finale, quasi che l’autore fosse pieno di idee ma incapace di esprimerle o di plasmarle. Un autore che ha cominciato a fare fumetti con Noise ma che si è reso inconfondibile grazie alla capacità grafica superiore espressa in Blame!.

Abbiamo parlato di:

Blame! #1/10 (completo)
Tsutomu Nihei
Panini Comics, 2016/2017 (nuova edizione)
216/240 pagine circa, brossurato, bianco e nero – 5,50€ cada

Noise
Tsutomu Nihei
Panini Comics, 2015 (nuova edizione)
192 pagine, brossurato, bianco e nero – 6,50€

Riferimenti:
PaniniComics – www.paninicomics.it
Studio KRuM’s, interessante sito su Blame – www.studiokrum.com/blame

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