Nel mondo alla rovescia di Daw i dottorandi sono dei semidei che possono permettersi di “trattenere” sotto il camice tipe come Kobe Tai1 e non dei precari sottopagati costretti a fuggire dall’Italia con il cervello al seguito come tristemente accade nella realtà di Davide Berardi.
I cartoons per bimbi sono popolati da psicopatici ed esibizionisti, non esistono lupi mannari ma “pieni” (e alla loro vista ci si tramuta in tante lune), i supereroi si reclutano tra gli emo, i conigli senza zampe portano più jella della Signora in Giallo, nessuno teme l’aikido di Steven Seagal, mentre i più letali ninja tremano di fronte ad un papero, gli amici immaginari sono più reali (e più fighi) di coloro che li immaginano e l’amore è un’illusione che solo gli sciocchi si possono permettere. Forse l’ultima è in comune con il mondo reale…
In questo pianeta alla rovescia i genitori sperano che il loro figlio studi per diventare un fumettista, invece che coltivare l’illusione del posto fisso: basterebbe questo a rendere la Terra immaginata in A come Ignoranza un bel posto dove vivere, o almeno passare delle lunghe vacanze dalla grigia realtà.
In questa chiacchierata con il bergamasco Davide Berardi entriamo ed usciamo di continuo da questo universo parallelo dominato dalla demenzialità vitale di Daw e della sua lunga processione di buffi e irresistibili personaggi che dal 2006 su carta, e prima ancora sul web, regalano tanto buonumore ad un numero crescente di fedeli lettori e semplici curiosi.
Nasci sul web e per insistenza di Brullonulla, un tuo amico al quale in qualche modo t’ispirerai per creare l’omonimo protagonista di molte tue avventure lunghe. Dai banchi di scuola alla popolarità del web, con i suoi pro e i suoi contro…
Dai banchi di scuola nasce la passione. Come tanti ho iniziato a disegnare fumetti che facevo girare in classe, ma poi ho smesso – perché non è che ci credessi molto – e mi sono dedicato a fare altro.
Una delle poche cose che guardavo sul web (a parte i porno ovviamente) era il blog del mio amico Brullonulla.
Stiamo parlando di un epoca ormai lontana, quando non esisteva ancora facebook, e così, a commento di un post del suo blog, inserì una striscia intera e su insistenza anche del dott. Psycho, un altro bloggher, mi sono deciso a mettere sul web le mie cose.
Non ero troppo convinto della cosa, più che altro per via dell’ansia da prestazione – che ancora oggi mi porto dietro quando produco qualcosa – che mi spinge a cancellare e a rifare di continuo le vignette. Non a caso quando mi venne proposto di stampare una raccolta del materiale pubblicato su web, lo ridisegnai tutto.
Devo ammettere che ho avuto un attimo di culo al momento di aprire il blog dato che in quel periodo la moda passeggera dei blog stava calando, ma non troppo da renderli superati. Oggi più che altro sono su facebook, che è il mezzo ideale per diffondere i propri fumetti.
Parlando del grosso successo delle vignette di LOV, che ti hanno lanciato in questo mondo non solo sul web, ti sei lamentato più volte di essere tra l’incudine e il martello: da un lato vittima di pirateria da parte di tuoi fan disonesti, dall’altro stretto da un contratto ventennale con i tipi della Gazzenda. Insomma in un modo o in un altro non riesci a monetizzare la tua creatività – nonostante il grosso successo – e il merchandising della ProGlo in questo senso non ti aiuta…
MONETIZZARE… no guarda io i soldi non li ho mai capiti bene… sono rimasto ancora al baratto. Tutt’ora continuo a mettere online materiale in maniera gratuita per il senso di libertà che mi viene dal non dover produrre qualcosa per compiacere qualcuno o da realizzare in vista di un film.
In fin dei conti il fumetto è una forma di linguaggio e per certi versi chi fa fumetti, secondo me, cerca di esprimere in questa forma quel che attraverso un’altra gli riesce meno. Ad esempio con le parole: io parlo male, mi mangio le parole, ho un forte accento bergamasco e magari alcune volte con i fumetti riesco ad esprimere come voglio certi concetti. Ok, ci sto girando un po’ intorno comunque ultimamente a ‘sta storia del guadagnare ci sto pensando più seriamente… più che altro perché ho scoperto che nessuno mi regala niente, nessuno mi lancia cibo gratis per strada e pian piano mi sto anche facendo convincere, nonostante le mie ostilità, a buttarmi sul merchandising. Ricordo a questo proposito che realizzammo delle magliette “tua madre” che vendettero davvero un botto, anche tra coloro che non avevano mai letto A come Ignoranza.
Alla ProGlo interessa fondamentalmente vendere libri, il resto è un di più.
Riguardo ai plagi ho una serie di raccontini interessanti: ad esempio le magliette di LOV girano grazie ad una catena di negozi (non ricordo il nome). Preciso che sono abusivissimi e quando quelli della Gazzenda li hanno denunciati questi in risposta hanno cancellato dalle magliette la mia firma! Pensa te…
Facebook e web in generale stessa cosa: pullulano le vignette di LOV con la firma cambiata, i testi cambiati, alcuni modificano lievemente i disegni…quel che mi fa più imbestialire sono quelli che usano solo i miei testi e li inseriscono in altre cose, orrende.
A Lucca di qualche anno fa vidi un volumetto… ora non ricordo bene il titolo forse “cento frasi d’amore” o “cento modi di dire ti amo”, comunque era palesemente copiato da LOV con tanto di coppietta, l’uno con la frase d’amore e l’altra con la risposta (caustica, nel mio stile) solo che realizzata con i disegni di un altro: tutte le battute al di fuori del plagio facevano cagare.
Poi c’è quella dell’artista che dipingeva dei quadri con due figure, una diceva “ti amo”, l’altra rispondeva “cazzi tuoi”: sono venute delle persone a chiedermi se avessi copiato da lui!
Purtroppo in questo campo è davvero difficile difendere il diritto d’autore…non ci sono riuscite le major discografiche con i cd taroccati, figurati quel che può fare uno squattrinato fumettista come me.
Sul discorso Gazzenda: si è vero ma da una parte loro sono stati molto chiari e dall’altra non è che mi sia messo a far le pulci al contratto… quindi ci sta.
La prima raccolta di “A come Ignoranza” vendette a Lucca di quell’anno (2006) più del noto saggio “Writing for comics” di Alan Moore – edito tra l’altro dal tuo stesso editore (l’Associazione ProGlo) – ed è stato più volte ristampato andando regolarmente esaurito. C’è di che andarne fieri… sai quanto ha venduto complessivamente? Nonostante la scarsa diffusione e la promozione praticamente nulla del tuo piccolo editore quanto vendi a ogni uscita?
Sì, con il primo volumetto siamo al quarta o alla quinta ristampa. Complessivamente abbiamo superato le tremila copie di venduto per il primo, mentre con il secondo abbiamo raggiunto le mille/milleduecento, quindi credo che il venduto dei successivi si sia assestato a quella cifra… non seguo molto queste cose, dovrei dedicarmici di più.
Il Pinky di Mattioli ti ha battuto nella categoria “Miglior serie dal disegno non realistico” dei premi Micheluzzi dell’ultimo Napoli Comicon, e dire che te la sei giocata tra il Rat-Man di Ortolani, una saga di Topolino firmata da Casty e una delle protagoniste dei fumetti di Silvia Ziche. Insomma non sei così piccolo, così sconosciuto come lamenti di essere…
Beh, sai, mi fa piacere ma magari mi hanno incluso giusto per far numero. Quando mi hanno chiamato per comunicarmi la candidatura non ho esultato con uno “yeeee” perché non ho nemmeno lontanamente sperato di vincere, basta vedere gli anni precedenti. Chi vuoi che vinca? Quello più popolare, no? Però mi ha fatto strano leggere tra i nomi Pinky, che ha almeno vent’anni… insomma è chiaro che in quella categoria Rat-Man vincerà ancora per parecchio tempo. In questo ambito Rat-Man è il più venduto in Italia, Pinky francamente non pensavo nemmeno che uscisse ancora. (gli faccio notare che i premi Micheluzzi sono assegnati dalla critica, quindi non automaticamente dettati dalle vendite ma, si spera, motivati dalla qualità intrinseca dell’opera) In effetti… mettiamola così: quando riguardo i miei lavori trovo tanti difetti e quindi non ritengo di potermela ancora giocare con certi titoli, con i BIG.
Difetti non tanto legati ai disegni, che sono funzionali al mio tipo di comicità, quanto ai testi. Sto cercando di ritrovare quella “spinta iniziale” che un tempo era facile avere e che adesso raggiungo solo attraverso complicati “artifici” mentali. Ho perso un po’ di vista l’Essenziale, quindi aspetto di ritrovarlo per cominciare a giocarmela davvero con questa concorrenza.
Riguardo la (auto) promozione del tuo lavoro: le pubblicità nelle fiere e le tante dediche che hai realizzato nei frontespizi delle tue antologie hanno fatto più volte il giro della rete e, in minima parte, sono state raccolte nel numero “quattro e mezzo”. Visto il gradimento, non c’è in cantiere il progetto di includerle in maniera più massiccia in una prossima antologia?
Ne ho inserite la maggior parte, tenendone fuori qualcuna che non ritenevo essere valida ma probabilmente pubblicherò anche quelle. È un po’ quello che succede con LOV che avrò prodotto in un numero superiore alle cinquecento vignette. Me ne piace il 20% circa ma poi quando – in un momento di debolezza – pubblico una di quelle che ritengo tra le peggiori ecco che arrivano lettori che postano “Daw questa è la tua migliore in assoluto”… quindi alla fine occorre chiudere un occhio e accettarsi.
Nel nuovo A come Ignoranza, per il quale avevo poco tempo, avevo in mente d pubblicare un po’ di questo materiale per riempire le pagine ma alla fine le storie che han preso tutto lo spazio possibile (stabilito prima per esigenze di stampa). Chissà forse lo utilizzerò per un altro “e mezzo”, anche solo per riempire pagine vuote tra una storia e l’altra: ho sempre cercato di riempire con quanto più materiale potevo le pagine di A come Ignoranza ed è stato difficile accettare anche la pagina necessariamente vuota perché mi dico sempre “cavolo costo un puttanaio” ben sapendo che, essendo una piccola produzione, i costi son quelli. Essendo stato sempre squattrinato capisco il punto di vista di chi si guarda con moooooolta attenzione le tasche prima di “comprarmi”. Ah!Ah!Ah! Questo non dovrei dirlo vero?
Rari i tuoi ammiccamenti alla cultura pop delle serie tv e delle pellicole americane. Giusto la mortifera Signora Fleccier, l’obeso Stiven Sigà e la coppia della saga-tormentone Twilight. Scarso interesse per le parodie o paura di finirne un po’ schiavo?
Quel che va per la maggiore è o parlare di personaggi che già esistono o concentrarsi su se stessi ed io faccio un po’ entrambe, sia attraverso le parodie che tu hai citato e sia perché c’è ovviamente un po’ di me disseminato qua e là tra le vignette. Però sono ambedue scorciatoie e io preferisco puntare a creare un mondo isolato, che è più difficile, ma certamente più stimolante, quello che voglio fare. Un mondo a sé come quello dei Simpsons ad esempio, o nei fumetti penso a Ranma che ammiro anche perchè praticamente non ha riferimenti temporali a parte quelli riscontrabili dall’abbigliamento. L’idea è quella di creare da zero dei personaggi e costruirli un passo alla volta al punto da renderli familiari ai lettori, come degli amici di lunga data. Di nuovo penso ad una serie della Takahashi, Lamù, che uno alla fine conosceva i difetti dei personaggi come se fossero i propri compagni di classe.
Qualcosa che non sia schiavo del suo tempo e che uno possa rileggere tra cinque o dieci anni trovandolo sempre fresco e soprattutto senza aver bisogno della guida che ti spiega i riferimenti a fianco.
Parlando di cultura pop nel fumetto comico, come non pensare alla satira sul personaggio politico di turno, che poi spesso e volentieri è uno sfottò che serve a dare idealmente una gomitata d’intesa a chi appartiene alla tua stessa parte della barricata, costringendoti a fare quello “di sinistra” o quello “di destra”, e ci sarà anche qualcuno che arriverà a definirti un fottuto genio, ma… beh parti avvantaggiato, ecco tutto.
Stesso dicasi per l’uso dei personaggi televisivi. Io con la Signora Fleccier cerco di non abusare di queste scorciatoie e punto più a partire da queste parodie per fare altro, raccontare le mie storie, a renderla un essere mitologico anche per chi ne sia a digiuno.
Da Brullonulla, che detiene il dottorato e per questo può togliersi qualsiasi sfizio, ai vari malvagi dottori della serie Sick Sick Sick si percepisce come una sorta di beffarda antipatia verso una categoria più volte oggetto delle tue “attenzioni”, quella dei post-laureati…
Antipatia per nulla, è solo che quei personaggi mi permettono dei giochi maggiori.
Brullonulla, ce lo siam detti prima, esiste ed è un ricercatore. Quando il suo blog era attivo si dedicava a delle polemiche contro coloro che scrivevano della scienza in maniera sbagliata, ma non come un vecchio bacucco che lancia strali contro il mondo agitando il bastone. Brullonulla riesce a distribuire candidamente sfottò a destra e a manca essendo nel contempo una delle persone più ciniche e realiste che mi sia mai capitato di conoscere. Questo è un elemento che ho cercato d’infondere nel Brullonulla dei fumetti.
Molti lo vedono come una persona cattiva (anche perché io porto all’estremo certi lati del suo carattere) ma in realtà è semplicemente un tipo curioso, interessato, analitico e un po’ freddo, distaccato se vuoi. Sai, ho conosciuto diversi ricercatori, Dott.Psycho compreso, e sono un po’ tutti così: analizzano la realtà e la spogliano di quella moralità con la quale di base conviviamo e copriamo ogni argomento. Dicono le cose per come sono, senza inutili giri di parole. Essendo anch’io cinico non posso che apprezzare questo modo di porsi e di conseguenza amo molto il “mio” Brullonulla.
Nel caso del malvagio dottore, anzi DEI malvagi dottori, beh lì il nome dice già tutto: loro agiscono a scapito del prossimo per interessi personali, per il piacere di fare del male o… così per fare cazzate. Il caso del Malvagio Dottore è la dimostrazione di come a volte i personaggi riescono a stupirti: l’avevo creato giusto per fargli porgere una battuta, invece i lettori l’hanno apprezzato molto, alcuni lo preferiscono in assoluto tra tutti i personaggi che ho creato (che sono una trentina ad occhio e croce) e così…
Ho spostato l’ironia dal medico al giudice semplicemente poiché entrambi esercitano un potere che può avere effetti (solitamente nefasti) nel prossimo, dandomi l’occasione d’ironizzare sull’uso del potere.
Per essere un fumetto demenziale raccontato originariamente con un segno trascurato, essenziale ma efficace nel narrare la brutalità, la violenza e la volgarità delle prime storie, negli anni ti sei preso – da un punto di vista squisitamente tecnico -molto sul serio arrivando a ridisegnare numerose vecchie tavole. Credi di aver raggiunto il “segno” che volevi ottenere? Ritieni il tuo stile pienamente maturato o punti a una maggiore personalizzazione?
Credo di non essere arrivato nemmeno a metà del percorso che mi porterà a raggiungere lo stile che cerco. Vorrei cavalcare un mezzo veloce per raggiungere questo traguardo ma non la tavoletta grafica che è ancora troppo scomoda. Penso più ad una Cintiq.
La tavoletta mi permette di essere veloce ma paradossalmente la mancanza di attrito con la carta si vede nel tratto o comunque io la noto. Noto la vignetta fatta al pc rispetto a quella fatta su carta, un segno troppo fluido che spersonalizza molto il tratto. È vero che sto portando avanti tante serie e altre ne ho in mente da tirar fuori e quindi quel mezzo potrebbe giocoforza rivelarsi quello più adatto in questo momento, per portare a casa velocemente questa massa di lavoro (arretrato).
Per me il segno che mi ha sempre soddisfatto e quello al quale sono più legato è quello dato col semplice pennarello, quello da scuola per intenderci anche se dovrei acquisire molta più tecnica per usare uno strumento che da dei risultati così spartani. Devo quindi cercare di portare avanti un lavoro sullo strumento contemporaneamente a uno sulla tecnica. Le quattro serie che sto producendo sono state pensate e realizzate con quattro tecniche diverse, per diversificare il segno e conferire ad ogni striscia un carattere differente.
Facciamo un gioco: definisci con una parola ogni tua striscia.
LOV: fluido, veloce. Anche se “veloce” in realtà non è, dato che sono vignette che realizzo completamente al pc con un programma di grafica vettoriale e segni dati con “colpi di polso” su una piccola tavoletta grafica. L’imprevedibilità di questa procedura mi costringe a “linea+ctrl+z” , “linea+ctrl+z”, “linea+ctrl+z”…
Sick-Sick-Sick: geometrico.
Animaletti crudi: pacioccosi. Ero partito con l’idea di adottare uno stile veloce, non troppo costruito invece alla fine il fatto di aver guardato in quel periodo alcuni libri di grafici mi ha spinto a tirar fuori questo stile più complesso da realizzare.
Misterioso Papero del Giappone: bizzarro, alieno. Realizzandolo penso ad Adventure Time, il cartone animato che trasmettono su CartoonNetwork che per certi versi è davvero la perfezione a livello di binomio disegni/colori: credo sia nato sulla scia di Sponge Bob, ovvero per un certo target, ma è riuscito a ritagliarsi una grossa fetta di fans di gente tra i venti e i trenta. Anzi ormai è andato verso questo tipo di pubblico anche a livello di storie influenzando diversi autori e creando la sua brava scia di cloni. Vedendolo ho trovato qualcosa di me o dell’impressione che volevo dare (il Papero del Giappone è stato creato quando ancora non conoscevo il cartone)… a grandi, annebbiate linee, eh…
Nella tradizione dello splatter-pop dei cartoons “rivisitati”in salsa porno o gore come lo Squeak The Mouse e il Joe Galaxy di Mattioli, i Grattachecca e Fichetto di Groening o l’ Hyawatha Petee e l’ Helter Skelter della Ghermandi, i tuoi Animaletti Crudi guardano al lato oscuro dei personaggi di un certo Ualt Disgney. Come nascono? Ne hai altri nel cassetto?
Si ce ne son parecchi. La serie degli Animaletti Crudi nasce per “ingannare” quelli della Gazzenda cercando di proporre altre serie modificando però lo stile nel tentativo di non essere immediatamente riconoscibile. Ero un po’ stufo, dopo anni, di proporre materiale sempre politically correct e volevo tornare a quella comicità greve, terra-terra, da bar per intenderci. La serie è nata con tanti personaggi di contorno che non ho ancora introdotto perché ho bisogno di accumulare ancora molte strisce per tirarli fuori un po’ alla volta. Ho una mia filosofia su quando introdurre nuovi personaggi, ad esempio trasportando dal web alla carta le strisce di A come Ignoranza, nel ridisegnarle le ho cambiate di ordine per conferire a ciascuna serie più respiro, più spazio per svilupparsi. Il prossimo personaggio che introdurrò nella serie è un’attrice famosa che interpreta il personaggio della Principessa. Gli Animaletti Crudi infatti sono degli attori che recitano dei ruoli (tipo “Chi ha incastrato Roger Rabbit?”) pucciosi in film per bambini e che i lettori seguono anche al di fuori del set. Ho tante strisce su di lei che conservo da anni e sono arrivato al punto in cui dovrò inserirle.
In una tua intervista2 di un paio d’anni fa circa il mestiere del fumetto la pensavi così: “C’è questa cosa che ci tengono tantissimo da queste parti a ricordarti che il fumetto è un’arte: siamo tutti artisti sì, il fumetto come se fosse arte contemporanea, come no […]In Italia il fumetto è un campo in cui siamo tutti bene o male con le pezze al culo, e per farcela o vai a Bonelli o va in Francia, ma delle pezze al culo qua ne han fatto stemma di artista troppo avanti… come faccio ad interessarmi a questa gente?” e ragionavi su quanto fosse difficile dare al pubblico momenti di comicità che funzionino piuttosto che proporre “rapporti interpersonali, la vita dura, un po’ di politica che non sta mai male, temi sociali e bla bla bla, tutta roba che fa artista impegnato”. Sei sempre di questo avviso?
Nel rispondere ad una tua precedente domanda ti dicevo di come ho l’impressione che in Italia vada per la maggiore un fumetto, anche ben scritto per carità, di gente che mi racconta cosa ha mangiato per pranzo o del suo programma televisivo preferito. Aprendo il blog naturalmente anch’io ho accettato di raccontarmi, ma sempre in maniera spietata, autocritica e per lo più negativa.
Aggiungici il fatto che ho ancora il difetto di avere pensieri “puri” sul fumetto…svincolati dai soldi, per intenderci.
Ora permettimi di contestualizzare quello sfogo: l’intervista mi è stata strappata in uno dei rarissimi momenti di pausa dalle intense giornate lucchesi passate seduto sul banchetto a far dediche su dediche sulle raccolte che vendo. Pensa che praticamente ci pranzo su quel banchetto perché essendo Lucca l’unico “teatro” , l’unico momento di grande visibilità che ho, mi vengono le ansie ad allontanarmici anche per poco tempo. Questo non per voler rinnegare lo sfogo, sia chiaro.
Vedi io sono un po’ amareggiato perché arrivo in questo ambiente con delle idee, anche un po’ infantili se vuoi: faccio un fumetto, lo pubblico e poi vediamo quanti lo comprano. In realtà il sistema è molto più complesso perché oltre alla questione “distribuzione” che ha il suo bel peso, il mio lavoro circola nelle fumetterie che, come sai, non hanno il diritto di resa come le edicole e quindi c’è da affrontare le perplessità o comunque l’oculatezza di imprenditori che rischiano in prima persona, pagando in anticipo fumetti che, se invenduti, gli restano sul groppone. Poi c’è quel “circuito” che serve a far conoscere le proprie cose… i passaparola, i siti come il vostro che parlano del medium, etc… e qui entra in gioco la seconda fase del sistema: il prendersi sul serio e il chi prende sul serio cosa. Ora soprattutto qua in Italia se qualcuno continua a ripetere che è un genio prima o poi ci sarà gente che comincerà a credere che sia vero… noi italiani abbiamo Sgarbi non a caso, abbiamo fior di politici che ce lo ripetono… ora non vorrei sembrarti snob o “quello Kontro con la K” eppure a volte non riesco a spiegarmi il successo di uno rispetto alle scarse vendite di un altro. Non me lo spiego semplicemente con l’equazione più talento uguale più vendite. Degli autori italiani viventi che operano nel settore e che mi piacciono pare davvero non se li fili nessuno.
Rimanendo in ambito di comicità e quindi di fumetti comici o comunque “brillanti” Davide Berardi cosa ama leggere, cosa lo diverte e quali colleghi consiglia a Daw?
La risposta a questa domanda in genere suscita sempre qualche diatriba perché salta fuori questa contrapposizione tra chi legge manga e chi legge comics. Io leggo principalmente fumetti popolari e ho una certa allergia per termini come “graphic novel”, fumetti che ho iniziato a leggere recentemente più che altro perché me li regalano dato che solitamente non hanno un prezzo abbordabile. Tra i fumetti popolari preferisco di gran lunga i manga che, pur se aumentati notevolmente di prezzo negli ultimi anni, continuano ad avere un rapporto prezzo/foliazione onesto, rispetto ai comics, per dirne una. Oltre al fatto di non essere ongoing, quindi di avere una conclusione certa rispetto ai supereroi che puntualmente, per ragioni commerciali (la tomba della creatività), necessitano di rivitalizzazioni ad hoc e mai di un finale che sia uno. A tal proposito recentemente ho visto su web un critico che apprezzo che esprimeva il suo desiderio di veder morire (televisivamente parlando) i Simpson, pur amandoli. Dopo ventitré anni (e ventitré stagioni) insomma sarebbe anche l’ora, giusto per preservare i bei ricordi (le ultime stagioni non son certo paragonabili alle prime)… è un po’ l’effetto Matrix (i due sequel che sono riusciti a distruggere quanto di buono fatto nel primo film fino a farcelo cancellare dalla memoria). Tornando ai fumetti: One Piece e Naruto che sono, non a caso, dei grossi successi. Come strisce comiche assolutamente Dilbert di Scott Adams,un mito: l’assurdità dei certi suoi personaggi è un qualcosa che ho studiato per cercare di riprodurla a modo mio.
Un’altra striscia fondamentale è Calvin & Hobbes che ho letto “tardi” rispetto alla mia formazione fatta di tanti cartoni animati visti e qualche puntata in biblioteca a leggere la Mafalda di Quino.
Ancora: penso a Kaz e al suo “Mondo Boia” che al liceo mi ispirò una striscia intitolata “Piccole scene di violenza quotidiana” che magari prima o poi mi deciderò a ripescare. Ovviamente Rat-man che nelle battute “che capisci meglio dopo un po’” è davvero un maestro.
Recentemente il fumetto che mi ha colpito di più è Scott Pilgrim e infine, per tornare in ambito italiano, i “Fumetti della Gleba” del Dr.Pira che non è conosciuto come meriterebbe. Il suo lavoro è a metà strada tra Arte e Fumetto ed è davvero grandissimo.
Poi leggo tantissimi libri ed è forse questo che determina una mia certa avversità per i “fumetti impegnati”… quando leggo certi autori che si sforzano di scrivere delle mezze poesiuole (solitamente infilando tantissimo testo nelle vignette), delle cose apparentemente profondissime ma che in realtà fanno cadere i co…vabbè ci siam capiti.
Questo riguarda anche il segno che, avrai intuito, non amo realistico ma tipicamente cartooning.
I disegnatori realistici o iper-realistici proprio non li comprendo, secondo me disegnare in quella maniera è un fraintendimento del mezzo fumetto. Vuoi la riproduzione della realtà? Gira un film, fai un fotoromanzo, no?
Per essere un vignettista sconosciuto a chi non frequenta il web hai avuto i tuoi ripetuti quindici minuti di celebrità un paio di anni fa come presenza fissa nella trasmissione di MTV Loveline. Com’è stata questa esperienza? Ti ha dato in qualche modo quella visibilità che ti mancava?
Diciamo che ci sono andato principalmente per la visibilità è vero, però i vignettisti chiamati a partecipare alla trasmissione erano quattro e ci si alternava. Quindi chi seguiva abitualmente la trasmissione vedeva una settimana un collega, poi l’altra me e così via… in questo modo non si è potuta creare una fidelizzazione. Tra l’altro eravamo tutti con la barba, tutti fisicamente simili…magari noi che siamo dell’ambiente stiamo più attenti alle differenze di segno, etc… Per lo spettatore distratto un autore vale l’altro, spera che la battuta gli piaccia e boh così. Non penso che uno di questi ultimi si sia segnato il mio nome dicendosi “ah si, questo è l’autore di tre settimane fa”. Magari l’unica cosa che ho ricavato è far sapere a chi ha apprezzato LOV qual è l’aspetto del suo autore. Ah, e capire che davanti ad una telecamera me la faccio addosso.
Da qualche anno hai dato vita a un piccolo gioco con i tuoi lettori, lo Zombie Week, che si è un po’ trasformato in una striscia nella striscia. L’idea è di svilupparla in una serie autonoma? Attingi in qualche modo anche a spunti o battute lanciate dai tuoi lettori?
L’idea è trasversale ai miei fumetti e, come tutte le cose che faccio, mi ritrovo sempre a ridurmi all’ultimo e a far di fretta. Il primo anno l’ho lanciato per bene, il secondo ho pubblicato le strisce di fretta senza avvisare nessuno e quindi non sono riuscito a farmi inviare vignette dai lettori come era accaduto l’anno precedente.
Non nasce per essere raccolta o pubblicata: la serie di Zombie Week vuole essere un evento, giusto un appuntamento (spero costante) con i miei lettori attraverso il quale celebrare (zombificandola) una delle mie serie in corso. Riguardo i suggerimenti no, io non faccio uso di idee altrui. Per scelta preferisco lavorare sulle mie anche per la costante mancanza di tempo. Però ci tengo a dire che mi fa molto piacere leggere come i lettori interpretano a modo loro le mie cose.
Rat-Man è pubblicato da anni e con grande successo dalla Panini, è recente la presenza nelle edicole della serie “Panda Likes” di Giacomo Bevilacqua grazie alla GP mentre delle strisce della Bambina Filosofica della Vinci s’interessa addirittura una major come la Rizzoli. Non c’è nessun editore, non dico grande, ma almeno “medio” interessato a una striscia come Il Misterioso Papero del Giappone ?
Editori interessati alla striscia ci sono, ma vorrei fare una scelta ben ponderata. Mi dispiace non ci sia nessuno che possa affrontare il circuito delle edicole tra gli interessati, perché punto ad arrivare lì. Vorrei essere popolare nel senso di raggiungere il pubblico ampio delle edicole però ritengo che con quello che ora ho in mano forse l’edicola è ancora prematura. Dovrei pensare ad un prodotto nuovo raccontato attraverso storie articolare, non brevi strisce.
La settima Ignoranza come sarà? Rivelaci i contenuti della tua nuova antologia che uscirà, come di consueto, in occasione della Lucca ventura.
Devo dirti che sono arrivato ad un mese dalla scadenza per la consegna del nuovo materiale per la prossima raccolta di A come Ignoranza senza aver prodotto una sola tavola. Ho seguito un progetto parallelo sperando vedesse la luce per un altro editore entro Lucca ma le cose han preso una piega diversa e quando ho deciso di impiegare il tempo rimasto per un altro A come Ignoranza il tempo era quello che era. Sono riuscito lo stesso a buttar giù quarantotto pagine, disegnate più velocemente man mano che la scadenza si avvicinava, ma comunque tecnicamente superiori a quelle che facevo all’inizio. Non è stato nemmeno un male tirar fuori qualcosa di più brutale, più spartano ma comunque più spontaneo a livello di segno, rispetto a quanto fatto in questi ultimi anni che mi hanno visto uscir di senno nel costante sforzo di migliorarmi.
A come Ignoranza è stato per certi versi un terreno di esercizio fino alla fine, quando negli ultimi giorni di consegna mi ritrovavo a scrivere intere storie per le quali normalmente impiegavo settimane in una notte sola notte.
Questo numero doveva essere di trentadue pagine ed esser un “ e mezzo” – ovvero il volume sesto e mezzo – con una storia e qualche pubblicità, poi finita la prima storia non ero soddisfatto e ne ho messa un’altra di Sbranzo di cinque pagine in pochi giorni, che a sua volta era legata ad un’altra storia che non potevo mancare di mettere perché o adesso o mai più e… beh, insomma, alla fine non c’è stato spazio per nessuna delle mie finte pubblicità, e dire che ne avevo scritte anche un paio di nuove appositamente!
Ringraziamo l’autore per diverse immagini a corredo dell’articolo forniteci in esclusiva. In special modo per l’illustrazione, che è servita come copertina del pezzo e che in parte è riprodotta qui sotto, realizzata appositamente per noi.
Daw dissemina buonumore attraverso un blog e una pagina facebook. Consigliamo di assumerne forti dosi.
MMS
27 Ottobre 2012 a 00:08
“Degli autori italiani viventi che operano nel settore e che mi piacciono pare davvero non se li fili nessuno.”
E chi sarebbero? :P
Federico
27 Ottobre 2012 a 14:20
L’autore nomina tra i fumetti/autori che apprezza i “Fumetti della Gleba” del Dr.Pira che non è conosciuto come meriterebbe . Daw mi ha raccontato a tal proposito una curiosità che mi sembra carina da raccontare: quando la ProGlo (il suo attuale editore) lo chiamò per proporgli la pubblicazione delle sue strisce lui si portò dietro dei lavori del Dr.Pira.
“Dovreste pubblicare lui”.
;-)
Se Davide Berardi vuole intervenire qui per soddisfare la tua curiosità naturalmente è il benvenuto, altrimenti ti rimando al suo blog e alla sua pagina facebook indicati in chiusura del pezzo.
Andrea Spacca
27 Ottobre 2012 a 16:59
> quando la ProGlo (il suo attuale editore) lo chiamò per proporgli la
> pubblicazione delle sue strisce lui si portò dietro dei lavori del Dr.Pira.
> “Dovreste pubblicare lui”.
Ciao Federico,
sono stato io a conttatare Davide per proporgli di pubblicare con ProGlo, e posso affermare che la ricostruzione degli eventi in quelle parole e’ un puo’ fuorviante (ad esempio non gli ho telefonato).
Come molte delle cose riportate nell’articolo, in merito alle quali ti abbiamo mandato una mail di rettifica presso l’indirizzo della redazione.
Cordialmente,
Andrea Spacca
ProGlo Edizioni
PS: ProGlo e’ l’attuale editore di Davide quanto finora l’unico che abbia mai pubblicato suoi fumetti. Era previsto che diventassimo il suo ex-editore con il sesto volume di A come Ignoranza pubblicato l’anno scorso, ma poi Davide ci ha chiesto due mesi fa di pubblicarne un settimo.