L’associazione culturale Amianto Comics prosegue la pubblicazione della sua omonima rivista, riuscendo nel tentativo di mantenere una periodicità fissa, senza perdere in qualità dei contenuti. Il collettivo toscano continua a farsi notare per la particolare cura dell’aspetto grafico, che porta questa autoproduzione a non sfigurare a fianco di volumi pubblicati da editori “convenzionali”.
La copertina di questo numero è affidata a Federico Fabbri, giovane autore toscano impegnato nell’organizzazione del Borda!Fest. I contenuti sono vari, presentando oltre a quattro storie a fumetti anche due articoli di approfondimento, curati da Daniele Gambit ed Elio Marracci, e incentrati rispettivamente sulle possibilità narrative date dal progresso tecnologico e il racconto dell’avventura tutta italiana della storica rivista Orient Express.
In questo numero troviamo il primo capitolo di un nuovo serial, a causa dello stop della saga Mia e le Mura di Hoover causata dagli impegni della disegnatrice Sara Guidi (attualmente al lavoro sullo speciale di Lazarus Ledd di prossima uscita): si tratta di Rick Derian, un poliziesco-noir sceneggiato da Federico Galeotti e disegnato da Vito Coppola (un piacevole ritorno dopo averlo visto all’opera in Amianto #1).
Il serial è incentrato sulle vicende dell’omonimo detective, impegnato a risolvere i vari casi in cui si imbatterà nella città di Milwaukee, aiutato dal partner Jhon. Il primo capitolo, intitolato “Calibro 9” chiarisce subito come i due detective non si facciano problemi ad aggirare il protocollo per proseguire nelle proprie indagini, perseguendo un ideale di giustizia che non va a braccetto con il concetto di legalità.
Il comparto grafico è affidato a Coppola che dimostra un’evoluzione dello stile rispetto alla storia breve apparsa nel primo numero della rivista, con un miglioramento nell’utilizzo dei grigi.
Il disegnatore sembra voler proseguire nel solco di grandi autori del noir come Francesco Francavilla, cosa che gli riesce nell’utilizzo dei neri e nella gestione delle luci, mentre risulta ancora poco sicuro in alcune anatomie e nella recitazione dei personaggi.
Galeotti si trova costretto, a causa del numero di tavole, a imbastire un caso della settimana che si risolve troppo rapidamente togliendo incisività al colpo di scena finale. La speranza è che questo sia un capitolo da intendersi come un “pilota” e che nei prossimi episodi ci siano investigazioni dipanate su più numeri, così da poter aumentare la tensione e ispessire la psicologia dei personaggi.
Per un serial che si apre, un serial che si chiude: troviamo infatti in questo numero il capitolo conclusivo di Dering Wood, sempre sceneggiata da Galeotti e disegnata da Daniele Ariuolo. Scopriamo quindi la vera natura di Anika e che fine aveva fatto il suo fidanzato Jake.
La saga si fa notare per essere poco equilibrata, con una successione repentina degli avvenimenti in questo capitolo che contrasta con la decompressione dei primi due.
Galeotti riesce a evitare un finale consolatorio ma, anche a causa della poca chiarezza dei disegni di Ariuolo, la messinscena risulta confusa e costringe il lettore a una rilettura delle tavole per poter capire lo svolgersi degli eventi.
Lo stile di Ariuolo, che aveva presentato un leggero miglioramento tra il primo e il secondo capitolo, si dimostra poco adatto a colpire il lettore con le grandi vignette o le splash page pensate dallo sceneggiatore.
Nonostante la buona resa dell’incendio caotico che scoppia nel finale, la chiarezza della narrazione viene sacrificata eccessivamente, mostrando quindi i limiti della scelta stilistica effettuata dal disegnatore.
Proseguono le vicende della carovana degli eretici raccontate in Dark Hope. Dopo aver trovato riparo nella cittadina che dà il titolo alla saga assistiamo a un episodio interlocutorio, in cui ci viene raccontato il passato di Kafee, tramite un suo dialogo con il misterioso guerriero imprigionato nella città.
La sceneggiatura di Benassi è ben equilibrata, e il finale di capitolo dimostra una buona maturità nel non forzare gli eventi, prendendosi il tempo necessario per sviluppare la storia e la psicologia dei personaggi.
Risulta un po’ pigro l’escamotage grafico con cui si segnala l’inizio e la fine del flashback (una semplice vignetta con effetto nebbia, che non si sposa con lo stile del disegnatore, Massimiliano Bruno), mentre è molto efficace la scelta di reiterare l’inquadratura con cui si apre il flashback nella vignetta finale, rappresentando al meglio il passaggio compiuto da Kafee.
I disegni di Bruno si segnalano per un miglioramento nella resa della recitazione e nelle ombreggiature che permettono al disegnatore di aumentare la resa dei volumi di personaggi ed edifici, nonostante alcune incertezze nelle anatomie dei primi.
Una tavola estratta da L’età della pietraDopo gli episodi dei tre serial troviamo una storia breve realizzata da Matteo Polloni (sceneggiatura) e Iacopo Calisti (disegnatore) intitolata “L’Età della Pietra”, un’allegoria iperbolica di come la violenza possa solo portare ad altra violenza.
Polloni sceglie di raccontare la storia senza dialoghi, con una sceneggiatura senza fronzoli ed efficace, che riesce a trasmettere il messaggio senza cadere in banali moralismi. Vista l’assenza dei dialoghi una nota di merito per la chiarezza della narrazione va al disegnatore, il cui tratto si dimostra molto solido e portato allo storytelling.
Un punto a sfavore è dato dall’assenza dei colori, sostituiti da toni di grigio che non riempiono le tavole e le vignette a dovere e le rendono quindi eccessivamente scarne in alcuni passaggi. Ma il giudizio finale è sicuramente positivo.
In coda al volume si trova inoltre una tavola umoristica realizzata da Domenico Martino, incentrata su una sua visione dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Se la particolare raffigurazione di Trump è abbastanza grottesca da strappare un sorriso, così non è per la storia, che risulta estremamente sterile e priva di humour.
Abbiamo parlato di:
Amianto #3
AA.VV.
Amianto Comics, agosto 2017
80 pagine, spillato, b/n – 3,50 €