Come è nata la vostra passione per il mondo dei fumetti?
Andrea Gagna: Da che ho memoria, i fumetti sono sempre stati presenti in casa mia Topolino, Il Corriere dei Piccoli, Tex e via dicendo, ma la svolta decisiva avvenne quando, intorno ai 6 anni, mi venne regalato uno scatolone enorme pieno di “giornalini”. In quella scatola delle meraviglie trovai vecchi pocket della Fleetway che raccoglievano le storie di guerra, piccole strisce con le avventure di Radar, molti Zagor e Tiramolla ed infine una manciata di super eroi della Corno. Tra di essi ricordo ancora quello che mi colpì di più, ovvero L’Incredibile Devil 87, con in appendice una splendida avventura di Nick Fury illustrata da Steranko. Lo conservo ancora oggi, quale unico superstite di quella scatola magica.
Francesco Mortarino: L’amore per i fumetti è nato verso i sei anni quando finalmente mio papi, capito che Topolino non faceva per me, inizio’ a comprarmi L’Uomo Ragno. Io passavo ore e ore a copiarne i disegni. Poi, più grandicello, iniziai a inventare storie mie e a riempire quaderni interi con avventure ispirate alle mie letture del momento; qualunque cosa in quel periodo mi attirasse: dai personaggi dei manga giapponesi ai super eroi. Ancora adesso non passa settimana che non offra il mio obolo alle fumetterie milanesi!
Come vi siete conosciuti e come è nata l’idea di una collaborazione?
F. Mortarino: Ci siamo conosciuti alla Scuola del fumetto di Milano nel 1999. Il secondo anno, a causa del servizio militare, ho cambiato corso finendo nella classe di Andrea. Verso la fine del terzo anno, siamo stati uniti da una sventura comune: i nostri professori, valutandoci prima dell’esame, ci dissero che non saremmo stati pronti per il mondo del fumetto. Questo ha fatto si che cominciassimo ad unire le forze per smentire questa “profezia”. è in quel periodo che Dead Nation ha emesso i primi vagiti!
A. Gagna: Durante il corso alla Scuola del Fumetto di Milano, al secondo anno; subito forse non ci prendemmo più di tanto, pero’ all’ultimo anno, durante la revisione finale prima dell’esame, un nostro insegnante ci torchio’ per bene, e noi ci ritrovammo insieme nel cortiletto interno intenti a metabolizzare e sbollire casualmente nello stesso momento. Un segno del destino forse! Da quel momento, si passo’ presto a lavorare insieme inseguendo il sogno.
Nel 2006 siete stati finalisti al Lucca Project Contest con Dead Nation [d’ora in poi DN]. La sua realizzazione è legata alla partecipazione a questo evento o è un progetto che avevate già in cantiere?
F. Mortarino: Come dicevo prima Dead Nation era in circolo già da un po’ di tempo! Nel 2002 lo presentammo la prima volta ad Angouleme, ma non riuscimmo ad attirare l’attenzione di nessuno. Avremmo potuto arrenderci, ma nel 2004 ci riprovammo, ancora una volta senza esiti positivi. Nel 2006 stavamo lavorando ad un altro progetto e Andrea mi propose di partecipare al Lucca Project Contest; decise di partecipare anche con Dead Nation, era pronto ed era sciocco tenerlo in un cassetto. Con nostra sorpresa, gli organizzatori del Contest ci chiamarono per avvisarci che DN era in finale!
A. Gagna: Dead Nation risale all’estate successiva al diploma alla Scuola del Fumetto; è forse il nostro progetto più “antico”, che si è sviluppato in varie incarnazioni attraverso molti anni, fino ad approdare al contest di Lucca Comics. Francesco ed io stavamo lavorando su un altro progetto, che sembrava più adatto al concorso, quando poco prima di spedire il materiale, abbiamo deciso di comune accordo di mandare anche DN, dato che era pronto e giaceva in un cassetto. Immaginate la sorpresa quando i ragazzi dello staff del Project Contest ci contattarono dicendoci che Dead Nation era passato alla finale!
Come avete vissuto questa esperienza? Avete qualche aneddoto da raccontarci?
A. Gagna: Qualcuno potrebbe pensare che l’aver passato anni a presentare un progetto in giro per il mondo ti preparino ad affrontare una finale importante come quella del Lucca Project Contest, temprando i nervi, lo stomaco ed il cervello… Beh, non è così! Per la prima volta avevamo l’occasione di esporre il nostro operato ad importanti addetti del settore che in quel momento erano appositamente riuniti per osservarti ed ascoltarti; non è stato semplice, la tensione era palpabile e personalmente ho vissuto l’attesa in modo snervante, ma a conti fatti posso dire che è stata un’esperienza davvero straordinaria, a prescindere dal risultato infruttuoso del momento.
F. Mortarino: è stata un’esperienza grandiosa. Abituati a presentare progetti alle fiere estere e ad avere poca attenzione per esporre i progetti, finalmente avevamo la possibilità di avere una giuria di editori italiani che erano là appositamente per ascoltarci. In più, cosa che a me piace particolarmente, avevamo la possibilità di confrontarci con altri esordienti e con i loro progetti. Ricordo benissimo le emozione provate: l’adrenalina nel cercare di capire se avessimo o meno colpito la giuria, la tensione prima della nomina del vincitore e la delusione per non aver centrato l’obiettivo. Ci siamo divertiti così tanto che l’anno dopo abbiamo partecipato ancora.
La partecipazione alla finale del 2006 del Lucca Project Contest, culminata con la pubblicazione di DN, ha sicuramente rappresentato una svolta importante per la vostra carriera. Nel vostro precedente “peregrinare” come sono stati i rapporti con gli editori italiani e francesi? Cosa pensate dell’attuale situazione dell’editoria italiana?
A. Gagna: La Francia è una terra di grandi opportunità, se non altro per la mole di albi che vengono editati ogni anno, ma proprio per la stessa ragione, è un terreno davvero ostico da affrontare, soprattutto se sei un emerito sconosciuto esordiente, non residente in loco e a digiuno di lingua indigena. C’é poi una sorta di snobismo abbastanza diffuso e generalizzato da parte degli editor, che sembrano avere una certa tendenza a bocciare ogni cosa gli si proponga. Ovviamente non è così per tutti, dato che comunque molti nostri connazionali, ma non solo, hanno trovato spazio in questo mercato, riscuotendo anche un certo successo di vendita e critica ma la percezione che ne ho avuto è quella. All’opposto degli Stati Uniti, altro terreno che abbiamo calcato, ad esempio, terra in cui gli editor, dalle major fino ad arrivare al più piccolo degli indipendenti, si dimostrano assolutamente entusiasti per ogni cosa gli si presenti che non sia legata al mondo dei supereroi, anche se poi forse producono troppo poco o nulla quasi in questo senso.
Discorso Italia: credo che il problema del nostro paese sia l’aver vissuto in un limbo editoriale e sopratutto inventivo che solo nell’ultimo decennio sembra andare dissipandosi; sono mancate le alternative, gli spazi e gli investimenti, portando inevitabilmente ad una difficoltà estrema nel collocare un progetto originale. Cruciale, a mio parere, è stato il buco che si è venuto a creare tra la fine degli anni 80, quando la stagione dei grandi autori come Pratt, Pazienza, Liberatore (solo per citarne alcuni), che arrivavano a tutti su molti livelli e godevano di una facilità pratica di fruizione molto più elevata – senza parlare poi della diffusione che ne traevano tramite le riviste che li ospitavano – si è avviata ad una sorta di “conclusione”, e gli anni 90, in cui siamo stati invasi dal materiale di importazione americano prima e giapponese poi, che hanno praticamente monopolizzato i gusti e si sono imposti prepotentemente su qualsiasi altro tipo di fumetto esistente, generando così una sorta di diseducazione alla scelta ed alla ricerca nei giovani che si avvicinavano per la prima volta a questo mondo. Se conosci solo una cosa che è sempre quella anche se la confezione ha un colore diverso, non puoi crearti un’alternativa perché non ne hai gli strumenti. In questi 10/15 anni abbiamo perso forse una generazione importante di lettori e di conseguenza di potenziali autori, e questo di certo non credo giovi al settore del fumetto italiano.
F. Mortarino: Purtroppo, fino a quel momento non avevamo proposto nulla in Italia, preferendo rivolgerci ai mercati esteri come Francia e Stati uniti. La Francia non è stata molto generosa nei nostri confronti: nelle due volte in cui abbiamo partecipato alla fiera di Angoul