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“L’invenzione impossibile” delle rubriche Mysteriose

2 Maggio 2012
Alfredo Castelli, ideatore di Martin Mystère (e non solo), ci racconta la genesi delle rubriche che impreziosiscono tanti albi mysteriosi e di come il “Buon Vecchio Zio Marty” abbia influenzato l'approccio al lettore nelle pubblicazioni bonelliane.
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In molti articoli, compresa l’intervista che compare in questo stesso sito, mi viene attribuito il merito di aver “inventato” (tra virgolette: più che di un’invenzione, si tratta della rielaborazione e dell’introduzione di formule esistenti da sempre) pubblicazioni come gli Special, gli Almanacchi, i Dizionarietti e non so che altro, iniziate con Martin Mystère e poi riprese da altre testate Bonelli.
Ringrazio, ma faccio presente un’altra “invenzione” (più che mai tra virgolette) di cui nessuno si è mai accorto: qualcosa che si è estesa a tutte le testate; qualcosa a cui lo stesso Sergio Bonelli si è poi dedicato con particolare impegno; qualcosa sotto gli occhi di tutti, che sembra estremamente banale a cui invece do molta importanza al punto di ritenerla una dei punti forti che hanno permesso alla pubblicazione di sopravvivere.

Fino al 1982, in seconda e terza di copertina dei pochi albi pubblicati allora dalla casa editrice, ospitavano aneddoti, “spigolature” nello stile della “Settimana Enigmistica” e altri brevi testi di agenzia del tutto impersonale. Nella casa editrice non esisteva neppure la minima struttura grafica atta a impaginare materiale più complesso della “strisciata” delle gerenze e degli aneddoti (allora l’impaginazione al computer era qualcosa al di là da venire), e persino Luigi Corteggi che era (ed è) un grafico eccezionale per tutto quanto riguarda i disegni e i lavori “a mano libera” non aveva molta pratica sull’argomento. Quando decisi che Martin Mystère avrebbe ospitato delle vere rubriche non a fumetti, fu dunque un piccolo shock; lo si può comprendere anche guardando i primi numeri del mensile, dove quelle poche righe sono impaginate in modo corretto ma quantomeno spartano.

Quella scelta non era frutto di un capriccio. Nelle mie precedenti esperienze, prima tra tutti quella del “Corriere dei Ragazzi”, mi ero reso conto di quanto fosse importante “personalizzare” una pubblicazione e fare sentire che dietro le sue pagine non c’era un’entità astratta che faceva il bello e il brutto tempo, ma un “primus inter pares” che condivideva le stesse emozioni dei lettori. Per il CdR, insieme con Bonvi e Fagarazzi, avevo trasformato il direttore Giancarlo Francesconi e noi stessi in veri e propri personaggi a fumetti a mezzo tra la fantasia e la realtà, pronti a scherzare alla pari con i lettori ma anche in grado di prendere decisioni e fare cose molto serie; con molta presunzione ritengo che anche quelle pagine abbiano contribuito a fare del “Corriere dei Ragazzi” una rivista ancora ricordata. 
Comunicare “alla pari” in una pubblicazione costituita da un solo, lungo racconto a fumetti era più complesso, anche perché l’unico spazio disponibile era quel poco strappato agli interni delle copertine. Credo di esserci riuscito, anche se non immediatamente, creando quasi senza accorgermene una sorta di alter ego, il “Buon Vecchio Zio Marty”, anfitrione della pagina della posta, delle rubriche “Almanacco” e “Martin Mystère risponde a tutto”, dei servizi “I misteri di Mystere”.
Il BVZM è un ibrido tra me, che vivo nella realtà, e Martin Mystère, che è un personaggio della fantasia.
Dove finisce lui?
Dove inizio io?
A volte io stesso non lo so; so, però, che i lettori gli (ci) parlano con affetto e confidenza, anche perché, come il Francesconi del Corriere dei Ragazzi, sanno che il BVZM è sincero, e ce la mette tutta per essere degno della loro stima. Ora le rubriche compaiono in tutti gli albi della casa editrice; sono fiero di affermare che, una volta tanto, ho anticipato Bonelli, il quale, dopo anni di silenzio, ha dato inizio a sua volta in una serie di accattivanti incontri con i lettori a cui tiene (anzi, purtroppo, “teneva”) molto, e nei quali raccontava tantissime cose interessanti tratte dalle sue esperienze personali; anche per questo, per chi non lo conosceva di persona, da “semplice” editore è divenuto “l’amico Sergio”.

In particolare, “I misteri di Mystère” – che ha dato l’avvio ai Dizionarietti e agli Almanacchi – è nato con lo scopo di commentare il racconto a fumetti che compariva sull’albo, e, soprattutto, di distinguere con chiarezza “ciò che c’è di vero e ciò che è inventato nelle storie del detective dell’Impossibile”: non voglio infatti assolutamente che, leggendo Martin Mystère, qualcuno prenda per vero ciò che non lo è. Per quanto possibile, cerco di affrontare un fatto o fenomeno sotto vari punti di vista, e di dare a chi legge gli strumenti (bibliografie, indicazioni di siti internet) per formarsi un’opinione.
Del resto, pur vivendo in un mondo di fantasia ove esistono UFO, fantasmi, Atlantidei e poteri extrasensoriali, il Detective dell’Impossibile non dà nulla per scontato, e si documenta a fondo prima di iniziare un’indagine.
Sempre per quanto possibile, rifuggo dai “copia-incolla” da Wikipedia e tento di raccontare ogni volta qualcosa di poco noto. Gran parte delle rubriche sono corredate con le riproduzioni di articoli di quotidiani; servizi vecchi di decenni e anche di secoli che in certi casi si sono occupati per la prima volta di un particolare enigma. Leggendo gli originali, si scopre come spesso i fatti siano stati manipolati dai commentatori successivi, e come sia facile, cambiando poche righe, inventare “misteri” dove non ce ne sono.

Tra le rubriche ne annovero una molto particolare: da qualche anno gli albi di Martin Mystère sono aperti da risguardi che si differenziano da quelli dei numeri precedenti per un’infinità di piccoli particolari. E’ un’idea che mi è venuta guardando l’ultima sequenza dei titoli di testa dei “Simpson” (quella in cui tutti si siedono davanti alla TV), diversa di episodio in episodio. Ogni volta che devo ideare il nuovo frontespizio e operare le modifiche necessarie (un’operazione che compio personalmente perché non trovo nessuno abbastanza sciocco da farla al mio posto) maledico il momento in cui mi è venuta quella scellerata idea; poi, alla fine, sono soddisfatto, in quanto spero che quel grande disegno gremito di sciocchezze comunichi una terza cosa a cui tengo molto.

E cioè che malgrado tutto, dopo trent’anni, insieme al BVZM continuo ancora a divertirmi. 

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Alfredo Castelli

Alfredo Castelli

(Collaboratore esterno) Alfredo Castelli  (Milano, 1947) è uno dei più importanti autori e studiosi del fumetto in Italia. Nel 1965 inizia a collaborare con gli editori di "Kolosso", e a disegnare le avventure di "Scheletrino", personaggio di appendice a Diabolik.
Nel 1966 inaugura quella che viene ritenuta la prima fanzine italiana, "Comics Club 104". Nel 1967 lavora su vari personaggi per la casa editrice Universo, tra cui lo storico "Pedrito El Drito"; collabora inoltre con "Cucciolo" e "Tiramolla" (Edizioni Alpe) e "Topolino" (Mondadori). Negli anni seguenti si occupa di TV, scrivendo numerosi caroselli, e la sceneggiatura per la serie televisiva "Cappuccetto a Pois" (insieme a Maria Perego) e del film "Il Tunnel Sotto il Mondo". Nel 1969 con Mario Gomboli, Marco Baratelli e Carlo Peroni, crea il periodico umoristico "Tilt"; nel 1970, insieme a Pier Carpi, fonda la rivista "Horror", su cui compare la striscia "Zio Boris". Diventa poi redattore-tuttofare del "Corriere dei Ragazzi", per il quale crea "L'Ombra" (disegnata da Cubbino), "Gli Aristocratici" (con Tacconi), "L'Omino Bufo" (disegnato da lui stesso), "Otto Kruntz" (disegni di Fagarazzi) e, negli anni successivi, "Mister Charade", "Gli Astrostoppisti" e "Chico & Blasco". Nel frattempo lavora sul mercato estero con la rivista tedesca "Zack" e quelle francesi "Pif" e "Scoop". Nel 1978, sul settimanale "Supergulp", compare "Alla Quatermain", che sarà la base su cui nascerà nel 1982 "Martin Mystere", il personaggio da lui creato per Sergio Bonelli Editore, reso graficamente da Gianfranco Alessandrino e ancora in corso di pubblicazione. Per l'editore milanese scrive anche "Dylan Dog", "Zagor" e "Mister No", oltre ai volumi "L'Uomo delle Nevi", con i disegni di Milo Manara, e "L'Uomo di Chicago", con Alessandrini. Nel 1983 rifonda, con Silver, la rivista "Eureka" (Corno editoriale). Nel 2000, ancora per Bonelli, torna sui testi di una storia di "Pedrito El Drito", disegnata da Antonio Terenghi. Alla sua prolificissima carriera da sceneggiatore, si accompagna quella da studioso del fumetto storico. Tra le opere in questo senso si segnala il saggio "Aspettando Yellow Kid - Il fumetto prima dell’industria del Fumetto" e "Eccoci ancora qui!".

1 Comment Commenta:

  1. ammiro il Buon Vecchio Zio Alfy, davvero! e poi grazie a lui vanto un’infarinatura prodigiosa che mi permette di spacciarmi per esperto in un sacco di cose…

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