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Giulio Macaione: raccontare la Sicilia tra le pagine, da Palermo a Cefalù

7 Luglio 2025
Il fumettista siciliano, ospite al Cinema Di Francesca di Cefalù, parla del suo legame con l’isola e della sua ultima graphic novel, "Tutte le volte che sono diventato grande".
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L’antico Cinema Di Francesca di Cefalù si è rivelato la cornice ideale per un incontro con Giulio Macaione, autore siciliano tra i più affermati del panorama delle graphic novel. In occasione di un evento organizzato in loco che lo ha visto protagonista, abbiamo conversato con lui del suo legame profondo con la sua regione, tra Palermo e Cefalù, e delle graphic novel ambientate sull’isola.

Buon pomeriggio Giulio e grazie del tuo tempo. Iniziamo con una domanda dedicata alla tua ultima graphic novel (Tutte le volte che sono diventato grande) che intreccia memoria personale e immaginario collettivo. Quanto di autobiografico c’è nella storia e quanto invece è frutto della finzione narrativa?
Sono presenti entrambe le cose, nel senso che l’input è partito dalla volontà di raccontare una storia autobiografica, che però poi è diventata un’autofiction. Proprio perché, per essere il più autentico possibile e raccontare una verità profonda, non edulcorata dalla difficoltà di parlare di persone e fatti reali, ho fatto un passo indietro e ho messo un personaggio tra me e la storia. Quel personaggio è Lucio, il protagonista.
Di fatto, la storia è molto intima e personale, però, con questo espediente, sono riuscito a prendere le giuste distanze per essere davvero sincero nel profondo.

C’è stata una scena più difficile da scrivere? E, viceversa, una che hai realizzato a occhi chiusi?
Sì, senza dubbio. Quella che ho fatto “a occhi chiusi” o, meglio, a occhi chiusi per le risate — perché la volevo fare da una vita — è una citazione da Riyoko Ikeda, che è l’autrice di Lady Oscar. È la scena nella quale, per la prima volta, qualcuno dice a Lucio che non gli piacciono i suoi disegni. Allora c’è questa pagina dove Lucio è disegnato proprio come se fosse un personaggio della Ikeda, con una vignetta super drammatica, un foglio che si spacca a metà… la volevo fare da tanto tempo, e mi sono divertito un sacco.
Più difficili sono state quelle che mi hanno riportato a momenti drammatici vissuti. Per la prima volta mi sono reso conto di quanto sia forte il disegno nel rappresentare le emozioni. Con i miei libri precedenti pensavo sempre che spesso le mie storie fossero più adatte alla prosa, a essere raccontate come romanzi piuttosto che come fumetti. Invece, in questo caso, per la prima volta, mi sono detto: “Questa cosa qui il disegno me la fa raccontare esattamente come l’ho vissuta, con le stesse emozioni, lo stesso pathos, anche senza parole.”

Cosa direbbe il “te bambino” leggendo questo libro? 
Il Giulio “bambino” sicuramente si sentirebbe rincuorato, perché uno dei motivi per cui ho deciso di raccontare questa storia è che credo nell’importanza della rappresentazione di determinate tematiche. Quando ero piccolo, non si raccontavano storie di coming out, storie di scoperta dell’identità come quella narrata in Tutte le volte che sono diventato grande. Quindi sicuramente il Giulio bambino si sarebbe ritrovato e sarebbe stato un respiro di sollievo. Avrebbe detto: “Non sono solo in questo mondo, ci sono altre persone che vivono le stesse cose.”

Nel tuo lavoro, in particolare in questa graphic novel, molti dei temi sono legati all’omosessualità, alla famiglia, alla religione e alla salute mentale. Come pensi sia cambiato il modo di raccontare questi argomenti nel fumetto?
Per quanto riguarda storie di scoperta dell’identità, della sessualità e dell’emotività, credo che ormai siano argomenti abbastanza esplorati, senza più considerati dei tabù. Credo invece che i disturbi mentali e la religione siano ancora argomenti ai quali si fa un po’ fatica ad avvicinarsi. I disturbi mentali purtroppo sono ancora percepiti come un’onta. Chi li vive in prima persona, o anche da vicino, spesso li racconta con molta reticenza.
Per quanto riguarda la religione — quantomeno in Italia, e parlo della religione cattolica e cristiana — nonostante siamo impastati di cultura del peccato e del senso di colpa, facciamo molta fatica ad ammetterlo. Praticamente il 90% di noi italiani è cresciuto in un contesto dove la religione cattolica era preponderante, eppure non ne parliamo mai. Facciamo finta che questa educazione non abbia avuto un peso nella nostra crescita. In realtà ce l’ha avuto eccome. Nella mia esperienza ha avuto un peso considerevole. Al di là delle posizioni che ho preso nel tempo, con la maturità, nei confronti della religione, culturalmente è qualcosa di molto forte per noi italiani.

A oggi, qual è il tuo rapporto con la religione?
Ho un profondo rispetto per chi è veramente fedele praticante ma non credo nell’istituzione chiesa. Ho chiesto lo sbattezzo e per risposta ho ricevuto una scomunica. Credo che la religione sia qualcosa al di sopra delle istituzioni.

Tornando alle tue opere: i luoghi sembrano avere un ruolo emotivo fortissimo. Quanto conta l’ambientazione nella costruzione del percorso interiore dei tuoi personaggi?
Le ambientazioni spesso sono ciò da cui nascono le storie. Per esempio, nel caso di Basilicò e di Stella di Mare, Palermo e Cefalù sono state, rispettivamente, le scintille che hanno fatto partire l’idea per le storie. Volevo raccontare Palermo, la città nella quale sono cresciuto e volevo raccontare Cefalù, dove ho sempre trascorso le mie estati. Ovviamente non volevo fare dei racconti “cartolina” di questi due contesti.
Nel caso di Palermo, ho raccontato dinamiche sociali molto tipiche della città, nel bene e nel male — soprattutto nel male, devo dire, perché sono stato un po’ severo. I personaggi di Basilicò sono dei caratteri che rispecchiano queste dinamiche.
Nel caso di Cefalù, con la quale ho un rapporto più dolce, invece, ho cercato di farmi ispirare dalla percezione del tempo che ho quando vengo qui: un tempo lento, fatto di meditazione, di osservazione del mare e della natura. Stella di Mare racconta un’estate, cinque mesi di Stefano, il protagonista. Cinque mesi in cui il tempo è sospeso e tutti i personaggi principali della storia attendono qualcosa. È una storia che parla molto di attesa.

Hai citato Basilicò, un’opera in cui emerge una Sicilia piena di luce ma anche attraversata da ombre. Che immagine della Sicilia volevi restituire attraverso questa storia?
In quest’opera ho voluto rappresentare quelle caratteristiche culturali della città di Palermo che mi sono sempre state strette. E quindi, anziché usare la città come bellissimo sfondo per delle vignette suggestive dal punto di vista estetico — come avrei potuto fare — ho preferito concentrarmi proprio sulle dinamiche sociali. Ma sono dinamiche sociali che, il più delle volte, sono sbagliate: sono dinamiche di povertà, di ignoranza, di ipocrisia e di una certa chiusura mentale. Peraltro, mentre lavoravo a Basilicò, mi trovavo negli Stati Uniti, dove ho vissuto per un anno e mezzo e avevo ancora di più paura che la nostalgia che avevo per la mia terra facesse virare la storia verso una sorta di immagine idilliaca della città. E quindi ho cercato di essere severo nel giudizio. Forse pure troppo.

Spesso, quando ambienti le tue storie in Italia e in Sicilia, lavori con le bicromie, che colori tu. In Basilicò, però, vediamo una bicromia in bianco e nero e una a colore secco. Qual è il significato simbolico della colorazione in quest’opera?
In questo caso specifico, la bicromia è semplicemente l’uso di due tonalità per rappresentare le tavole. Basilicò si sviluppa su due piani temporali. Uno è il presente, in cui ognuno dei figli di Maria — che è la voce narrante che muore all’inizio della storia — viene colto in un momento casuale della sua vita, nel quale viene a sapere della morte della madre.
Questi capitoli sono in bianco e nero. E sono così perché volevo rappresentare una città che è un po’ ferma nel passato.
Quando invece la voce narrante è quella di Maria e si racconta la sua storia, la sua crescita, il matrimonio e la formazione della famiglia, volevo un po’ richiamare il seppia delle foto anni ’70.
E il modo migliore per farlo, tecnicamente, è stato dipingere col caffè. Nel caso di Tutte le volte che sono diventato grande, ho optato per il bianco e nero con i mezzitoni dei retini per richiamare l’estetica dei manga, soprattutto di quelli anni ‘90. Volevo che il fumetto somigliasse alle cose che leggevo da ragazzino. Ho utilizzato sia retini digitali che alcuni analogici che ho ordinato dal Giappone. Anche le poche pagine a colori iniziali hanno uno stile di colorazione che vuole richiamare quelle anni ‘90.

Grazie mille Giulio, per il tempo dedicatoci e per la cortesia. A presto e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti.

Intervista condotta dal vivo presso il Cinema Di Francesca a Cefalù il 21 giugno 2025

Giulio Macaione

Giulio Macaione (Catania , 1983) è cresciuto a Palermo ma vive a Bologna.
Ha collaborato con case editrici come Kappa Edizioni, DC Comics, Sergio Bonelli Editore e Les Humanoïdes Associés. Con BAO Publishing ha pubblicato
Basilicò (2016), Stella di mare (2018) e Scirocco (2021), vincitore del torneo letterario di Robinson de La Repubblica come miglior graphic novel italiano del 2021. Per la Casa editrice americana BOOM! Studios ha pubblicato nel 2018 il graphic novel Alice: from dream to dream, nominato tra i Best Books for Teens di quell’anno dalla New York Public Library e tradotto in Italia nel 2019 da BAO Publishing con il titolo Alice di sogno in sogno. Nel 2020 esce per Panini Comics il romanzo grafico in due volumi F***ing Sakura, riedito in volume unico nel 2023. Nel 2025 pubblica con Bao Publishing Tutte le volte che sono diventato grande e viene nominato agli Eisner Awards 2025 per la storia Spaces, scritta da Phil Jimenez e pubblicata nell’antologia DC Pride 2024. I suoi libri sono tradotti in diversi Paesi. Insegna alla Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia.

Maria Concetta Amato

Maria Concetta Amato

Nata nel 2000 a Palermo, ha sempre coltivato una grande passione per la letteratura e la scrittura. Dopo aver conseguito la laurea in Lettere Classiche nel 2022, ha deciso di spingermi oltre i confini della tradizione, trasferendosi a Genova per immergersi nel mondo dell’editoria moderna. È lì che ho completato il suo percorso magistrale in Informazione ed Editoria, presentando una tesi intitolata Il Mercato del Fumetto Italiano: Analisi e Prospettive, una riflessione su un settore in continua evoluzione che non smette mai di affascinarla. Ama leggere, scrivere e perdersi nelle storie delle serie TV, ma ciò che più la appassiona è condividere queste riflessioni online. Il suo sogno è lavorare in una casa editrice, idealmente specializzata in fumetti, dove poter contribuire alla nascita e alla diffusione di nuove storie capaci di emozionare e sorprendere. Il suo obiettivo è trasformare la passione in un mestiere e contribuire a rendere il mondo dell’editoria un po’ più magico.

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