Tommaso De Stefanis, autore di La fine del mondo secondo Maria per Green Moon Comics (insieme a Riccardo Cecchi e Fiorella Cogliandro), è stato ospite di Lo Spazio Audace – Vignette e caffè a Lucca Comics & Games 2024.
Benvenuto Tommaso! Raccontaci la genesi di La fine del mondo secondo Maria.
È molto semplice. Io vivo in un paesino di mare e ho sempre avuto la tendenza a raccontare storie vicine a casa mia. La fine del mondo secondo Maria nasce in un momento buio, molto buio della mia vita, tant’è che all’inizio aveva un finale tragico, così tragico che quando ho riletto il soggetto l’ho strappato, l’ho buttato via e mi sono detto “no, io non sono questo tipo di persona, non racconto questo tipo di storie”.
Ho ricominciato e ho riscritto, credo nel giro di un paio di giorni, l’intera sceneggiatura.
Era veramente un momento buio per me, non riuscivo a vedere un futuro e in parte tutto questo era legato proprio al mondo del fumetto. Io ero partito molto bene, pubblicando Il cimitero dei calamari con Panini, e mi sembrava di aver già dato il calcio alla porta, di essere entrato. E invece dopo un anno non era successo niente, quindi mi ero ritrovato ad affrontare questo momento di depressione, aggravato dal fatto che faccio un lavoro che tutto sommato non c’entra niente con il fumetto e mi porta via tanto tempo da poter dedicare alla scrittura. Così scrissi questa storia in cui a queste tre ragazze, Maria, Miriam e Mary, andava veramente tutto male. E poi mi sono detto “cominciamo daccapo e mettiamoci un gatto parlante”. E da lì sono andato avanti.
C’è anche una pseudo-apocalisse, annunciata da tre trombe d’aria…
Sì, quelle io le ho immaginate come i Re Magi. Perché veniva subito da pensare “beh, ci sono tre trombe d’aria che galleggiano al largo di Santa Maddalena…”, che è una cittadina di mare inventata e potrebbe essere in Toscana, nelle Marche, nel Lazio, ovunque… e quando pensi a una tromba d’aria pensi immediatamente “questa è la fine del mondo!”. In realtà quello che nel fumetto sembra veramente così disastroso, non è lì per quello. Il gatto Bartolomeo dice “ma guarda che in realtà tutti si stanno spaventando per le trombe marine, ma in Egitto i miei antenati dicevano che portavano bene. Alessandro il Grande diceva che erano venute addirittura a salutare la sua venuta come nuovo faraone”.
È significativo il fatto che la protagonista, all’inizio, parli solo con il gatto. È un elemento che deriva da quel tuo periodo difficile, nel quale non riuscivi a esprimere ciò che avevi da dire?
Maria – faccio un piccolo spoiler – a un certo punto sbotta, e quando parla per la prima volta urla. Sta a significare che avevo tantissimo da dire, ma non volevo dirlo. Ero arrivato a un punto in cui mi aspettavo dalla vita certe cose che non erano arrivate e avevo voglia di parlarne, ma non riuscivo e preferivo stare zitto. Penso che Maria in quel senso mi rappresenti bene: è una ragazza che ha subito un lutto terribile e decide di non parlare. Non è muta, non ha nessun impedimento, ma riesce a sentire il gatto. Infatti c’è una scena senza didascalie, nella quale il suo gatto di casa le parla e lei rimane scioccata.
Invece le altre protagoniste hanno tutte dei traumi: Mary vede tutti come insetti, non riesce a vedere i suoi genitori, i suoi familiari, gli amici, la gente che frequenta. Miriam è costretta a prostituirsi da anni e non capisce una parola di italiano, parla solo per simboli.
L’unica che Miriam riesce a capire è Mary. Quando si incontrano per la prima volta in un bar, Mary esclama “merda!” perché si accorge che Miriam è l’unica persona che riesce a non vedere come un insetto. E a Miriam quella parola, “merda”, sembra la più bella che abbia sentito in vita sua.
C’è da considerare il tema della religione relativamente a questa storia, che è indubbio sin dalla sua genesi, ma anche nel modo in cui vengono presentate le protagoniste. Qual è il tuo rapporto con la religione?
Molto prima della storia di Maria, che comunque ho scritto diversi anni fa, avevo già realizzato la serie Bren Gattonero per la mia etichetta Crazy Camper, un fantasy il cui protagonista era un cacciatore di streghe. Penso di aver affrontato tanto il tema, perché ho un rapporto stretto con la religione. Sono cresciuto in una famiglia cattolica, intesa come di cattolici che però a messa non ci vanno mai… capiamoci. Quindi da bambino ero in un contesto cattolico, ho vissuto la chiesa da chierichetto fino a 12 anni. Poi chiaramente fai dei passi avanti, cresci, fai scelte, ti allontani da quel mondo e capisci che probabilmente non fa per te, non è quello che vuoi, ma qualcosa ti resta comunque dentro.
Le figure del cristianesimo hanno per me un fascino assolutamente incredibile, penso a San Francesco, alla stessa Maria. La possibilità di rileggerle, elaborarle, viene da un immaginario che mi è comunque rimasto dentro.
Io non sono credente, ma in generale sono comunque rispettoso verso la religione. Non voglio essere provocatorio o blasfemo, per quanto di provocazioni ce ne sarebbero da fare… La Chiesa, ultimamente, sta facendo del suo meglio per non farsi voler bene e il fatto che nella storia del cristianesimo ci siano delle figure femminili dovrebbe proprio indurre a capire che, guardando a come la donna è stata trattata nei secoli, è il momento di cambiare atteggiamento.
Parlaci del sodalizio con i tuoi colleghi che hanno lavorato al fumetto. La sinergia sembra aver funzionato bene, sia per quanto riguarda il disegno sia per la colorazione e per il lettering.
Il primo ringraziamento va a Lucio Perrimezzi, direttore artistico di Green Moon, è stato lui a volermi. Con Riccardo Cecchi mi sono trovato benissimo perché è il tipo di disegnatore che piace a me, mi fa impazzire il filone grottesco e cartoonesco, quindi con lui c’è stata una immediata sintonia.
Fiorella Cogliandro è arrivata dopo e si è calata perfettamente nel lavoro, non le abbiamo detto niente, questa è stata la cosa bella. Ha mandato la prima tavola colorata e sia io che Riccardo abbiamo detto “perfetto, ha capito esattamente quello che volevamo”. Con lei sto lavorando un’altra cosa e spero di potervene parlare nel giro di qualche mese.
Riccardo è rimasto molto affascinato dalla storia, gli è piaciuta tantissimo e la stava vivendo in modo molto personale. È stato facile lavorare insieme, fra noi c’è sempre stato questo clima rilassato, di collaborazione serena, che c’è in generale in Green Moon. Non ci sono mai stati spigoli, è andato tutto dritto come doveva andare. Alla fine del volume c’è un bellissimo making off nel quale si vede la passione che ha messo Riccardo nel costruire i personaggi.
I complimenti per il lettering, invece, me li faccio da solo perché l’ho fatto io! Avendo questo flusso di coscienza continuo, di fatto era quasi impossibile usare la didascalia standard e il bianco e nero, quindi la scelta è ricaduta su una connotazione cromatica diversa per le tre ragazze. Mi sono detto “proviamo” e devo dire che il risultato finale mi piace.
Incuriosisce il fatto che Riccardo Cecchi è alla sua prima opera ed è interessante la politica dell’etichetta di affiancare autori già affermati a delle new entry e quindi, di fatto, lanciare nuovi talenti.
Penso che questa sia la politica fondamentale di Green Moon, cercare dei giovani artisti, dei giovani scrittori. Perché non ci sono soltanto disegnatori esordienti ma anche molti scrittori esordienti e autori unici in Green Moon e gli viene data questa possibilità di essere affiancati non dico, e parlo del mio caso, da un veterano, ma da chi già da qualche anno è dentro il mondo del fumetto. Per esempio io non sono solo uno scrittore ma ho anche fatto il traduttore e un po’ il mondo del fumetto lo conosco. Mettermi accanto un esordiente e potergli dire cosa può andare bene e cosa è meglio evitare lo trovo importante e di grande aiuto.
Green Moon è una realtà editoriale giovane ma in due anni ha già prodotto una mole di lavoro sconvolgente sia con autori italiani che attingendo dal mercato estero. Quello che stanno facendo è davvero ammirevole. Nel progetto ci sono giovani autrici di una bravura sconvolgente: penso a Margherita Meneguzzi, che ha realizzato questo fumetto bellissimo, Danze macabre per violino, e poi Ilenia Trano con La sala d’attesa che è incredibile. Non ho mai visto una tale maturità artistica e un controllo della sceneggiatura simile, e sono felice che ci sia un editore pronto a scommetterci sopra. Vorrei che dall’altro lato ci fosse anche un mercato pronto a dire “Ok, vi recepiamo e vi diamo il peso che meritate”.
Hai già anticipato che sei al lavoro su altri fumetti. Puoi svelarci qualcosa?
Posso dirvi che Gravedigger Rose e La fine del mondo secondo Maria sono i primi due volumi di una trilogia e al terzo libro sto lavorando in questo periodo con Fiorella. Se in Gravedigger Rose ho esplorato la figura dei figli, sia il bene sia il male che i figli possono fare, e nella Fine del mondo secondo Maria ho parlato della figura della madre, nel terzo libro concluderò questa trilogia dedicata alla “sagrada familia” parlando del padre.
Sempre che le cose vadano come devono andare, quindi se Green Moon continua ad andar bene, se il mercato e le fiere continuano a reggere… Siamo un po’ in bilico in questo momento, non so come la vedete voi. Quando ho cominciato a fare fumetto e sono arrivato a Lucca da vincitore del Project Contest con Il cimitero dei Calamari, parliamo del 2006, mi sembrava che tutto questo fosse una bomba pronta a esplodere. Ed è esplosa, ma forse non nel modo in cui mi aspettavo. Insomma, all’epoca mi sembrava tutto più scintillante di come lo vedo oggi.
Grazie per la disponibilità, Tommaso!
Intervista realizzata il 31 ottobre 2024 a Lucca Comics & Games
BIOGRAFIA
Fa il suo esordio nel 2007 con Il cimitero dei calamari, pubblicato da Panini dopo aver vinto il Lucca Project Contest. Segue la serie Madadh, edita all’inizio da Cut Ut Edizioni e poi dall’etichetta idnipendente Crazy Camper, di cui è stato uno dei fondatori nel 2008. Con questa etichetta, oltre a Madadh, pubblica la serie Bren Gattonero, Evo e Teenage Mummy. Nel 2010 scrive Tales of Avalon con l’amico Gianluca Maconi; un tributo in due volumi a Jack Kirby pubblicato da ReNoir Comics. Negli anni pubblica storie brevi per X Comics (Comiglio Editore), Mono (Edizioni Tunué) e ha collaborato con l’amico Matteo Scalera alla storia breve “Buried Virtue” per “The Crow” (IDW publishing). Negli anni lavora anche come traduttore per Magic Press e Planeta De Agostini / RW Lion per titoli come “100 Bullets”, “Slaine”, “Judge Dredd” e opere cult come “Kingdom Come” e “Batman: il cavaliere oscuro colpisce ancora”. Ritorna alle scene sulle pagine di Green Moon Comics con il fantasy western “Gravedigger Rose”, disegnato da Lorenzo Daddi.