The Falcon and the Winter Soldier, ep. 3: la verità

The Falcon and the Winter Soldier, ep. 3: la verità

Su Disney+ è disponibile il terzo episodio di “The Falcon and the Winter Soldier”, seconda serie in live-action dei Marvel Studios.

ATTENZIONE: SPOILER! NELL’ARTICOLO SI PRENDONO IN CONSIDERAZIONE IL SECONDO E IL TERZO EPISODIO DI THE FALCON AND THE WINTER SOLDIER, PRIMA DI CONCENTRARSI SUL FUMETTO CAPITAN AMERICA: LA VERITÀ.
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Bucky Barnes (Sebastian Stan): “Sam, ti presento Isaiah. Era un eroe, uno di quelli che l’Hydra temeva di più, come Steve. Ci siamo conosciuti nel ‘51”.
Isaiah Bradley (Carl Lumbly) dice di aver pestato per bene l’allora Soldato d’inverno, quindi racconta a Sam Wilson (Anthony Mackie) il modo in cui ha trovato il nemico e prosegue così: “L’esercito americano mi paracadutò oltre la prima linea per eliminarlo; gli ho staccato mezzo braccio metallico in quello scontro, ma noto che gli è spuntato di nuovo. Volevo vedere se gli avevano riattaccato il braccio o se fosse qui per uccidermi”.
Bucky: “Non sono più un omicida”.
Isaiah: “Credi di poterti svegliare un giorno e decidere chi vuoi diventare? Non funziona così. Be’ magari per quelli come te sì”.
Barnes cerca di spiegare al suo interlocutore che ci sono altri supersoldati come loro, ma la situazione si surriscalda e la reazione di Isaiah è violenta. Egli spiega di essere stato rinchiuso in carcere per trent’anni e sottoposto a esperimenti dall’Hydra, proprio perché era un eroe.
Cacciati dall’ospite, Sam e Bucky discutono su ciò che hanno appena sentito. Lo stupore di Falcon è grande, visto che non ha mai sentito parlare di un supersoldato di colore mandato in missione dall’esercito americano durante la Guerra Fredda.

Il nome di Isaiah Bradley non è nuovo per gli appassionati dei fumetti della Marvel Comics, i quali guardando il secondo episodio di The Falcon and the Winter Soldier si saranno accorti che qualcosa non torna. La seconda serie in live-action del Marvel Cinematic Universe, disponibile sulla piattaforma Disney+ dal 19 marzo a cadenza settimanale, prende spunto dal materiale originale, per poi seguire la propria strada, come è sempre stato fatto nel grande arazzo creato dai Marvel Studios.
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Nella terza puntata l’eroe dimenticato non compare, ma viene nominato in un passaggio piuttosto importante. Dopo aver fatto evadere Zemo (Daniel Brühl), l’antagonista di Captain America: civil war, Sam e Bucky si alleano con lui per cercare di risolvere il mistero dei criminali potenziati al servizio di Karli Morgenthau (Erin Kellyman). Helmut svela di essere ricco sfondato, si vanta di essere un barone e si avvicina alla controparte fumettistica, con tanto di guanti viola e cappotto in perfetto stile villain vecchia scuola. E la maschera? C’è, non poteva mancare.

Grazie alle sue macchinazioni i “buoni” estorcono alcune dichiarazioni al Dottor Nagel (Olli Haaskivi), che afferma: “Quando l’Hydra è caduta, sono stato reclutato dalla CIA: possedeva dei campioni di sangue di una cavia americana con tracce semi-stabili di siero nell’organismo”. Lo scienziato (pazzo) si riferisce a Isaiah, aggiungendo un dettaglio. Bradley parlava degli esperimenti condotti dall’Hydra, ma qui si citano direttamente gli americani. Sappiamo che nel MCU gli agenti agli albori guidati dal Teschio Rosso si sono infiltrati ovunque, diventando parte fondamentale dell’intelligence statunitense, ma è comunque significativo il legame con i comics.

cover cap verità (2)CAPITAN AMERICA: LA VERITÀ
Il Capitan America afroamericano nella miniserie La verità, sceneggiata da Robert Morales per i disegni di Kyle Baker, non arriva a combattere nel Dopoguerra, perché finisce in una cella di isolamento nel 1943 e ci resta per diciassette anni. La ragione? Aver rubato il costume di Cap. Ovviamente l’accusa è falsa, come si racconta nel volume: arruolato con secondi fini come tanti altri neri, il signor Bradley fu sottoposto al siero del supersoldato e, per una serie di sfortunati eventi, si ritrovò a essere l’unico capace di combattere contro i nazisti in Europa.
In Germania scoprì che anche l’Asse compiva esperimenti sugli esseri umani, esattamente come gli statunitensi, e perse di vista l’obiettivo; venne catturato e portato al cospetto di Adolf Hitler, che cercò di fargli il lavaggio del cervello. Isaiah fu liberato da alcuni tedeschi che il regime riteneva di sangue impuro, ma passò dalla padella alla brace, dato che l’America non poteva accettare che si scoprisse l’esistenza di un eroe di guerra nero con i superpoteri.

Il razzismo è uno dei temi fondamentali della narrazione, insieme alla manipolazione della verità. Entrambi i fenomeni negativi hanno conseguenze tremende sul protagonista, lasciando segni sia psicologici che fisici: da un lato l’infermità mentale, dall’altro la sterilità; nell’insieme l’impossibilità di condurre una vita normale e dignitosa.

Se, per trattare il clima difficile e discriminatorio che circonda le persone di colore, lo sceneggiatore scomparso nel 2013 si rifà alla Storia, per esempio riprendendo la “settimana nera” del 19401, per prendere in esame la contraffazione della realtà mescola la politica alla fantasia.

Dal governo a stelle e strisce al Führer, passando per i generali e i propagandisti, tutti mentono. Ognuno tira l’acqua al proprio mulino, insabbia i dati e sussurra frasi che ritratta subito dopo, incurante delle conseguenze per il prossimo. Isaiah diventa, suo malgrado, un ingranaggio di questa macchina ed è costretto a lasciare da sola la moglie incinta per rispondere alla chiamata alle armi. Parte per il campo d’addestramento, in cui viene ghettizzato insieme agli altri soldati afroamericani, subisce le angherie dei bianchi, viene trasferito e, privo di qualsiasi informazione, è ridotto a una cavia per gli esperimenti del freddo dottor Reinstein (altro nome con cui è conosciuto il dott. Erskine, colui che trasformò Steve Rogers nel più famoso Capitan America). È poi interessante notare come Bradley non si ponga troppe domande, una volta acquisiti i poteri, e agisca d’istinto fino alla vista dei cadaveri degli individui usati dai nazisti per ricreare il supersiero.

È una parabola rapida, quella del Cap ritenuto solo una leggenda metropolitana. Le sue gesta, compiute tra il 1942 e il 1943 rimangono oscure alla massa, in nome di un’assurda damnatio memoriae, ma si diffondono tra i neri d’America: sono fonte d’ispirazione per i giovani, per i futuri eroi come Luke Cage e, nella finzione letteraria, per personalità importanti come Denzel Washington e Spike Lee (citati nel fumetto come interessati a produrre un film sul loro mito).
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Ne La verità, che si sviluppa attraverso il tratto deformato e talvolta cartoonesco di Baker, non c’è spazio per l’Hydra, il Teschio Rosso e Bucky, solo per un incredulo Steve Rogers, che, ormai negli Anni Duemila, viene a scoprire l’esistenza di un suo collega discriminato. I nemici non sfoggiano simboli con i tentacoli né si avvalgono di braccia metalliche, sono persone normali che ritengono la diversità un ostacolo, ma la sfruttano quando fa loro comodo. Morales, impostando la sua opera in questo modo, fa centro, perché la rende cruda e diretta, più di quanto l’estetica del volume, a una prima occhiata, lasci intendere. Ancora più deprimente è il fatto che, diversamente da quanto accade nella serie televisiva, per Isaiah non ci sia alcun riscatto, nemmeno il rancore, poiché non è in grado di intendere e di volere. Ci sono solo le foto di rito con i vip che vanno a trovarlo, ai quali sorride con noncuranza.


  1. La “settimana nera” fu una delle tante celebrazioni a tema etnico svoltesi durante l’Esposizione universale del 1940, come scrive Marco Rizzo nell’introduzione al volume Capitan America: la verità, edito da Panini Comics nel 2017. 

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