Superman: Secret Identity #1 e #2

Superman: Secret Identity #1 e #2

Kurt Busiek e Stuart Immonen Play Press 2005 - 100 pag. col. bros. - 9,50euro

volume 1 - copertinaIl titolo di questa miniserie richiama uno dei supereroi più famosi, se non il più celebrato in assoluto, ma inequivocabilmente questo non è un fumetto su Superman nel senso più comune del termine.
Infatti quello che mi sono trovato a leggere sembra più un episodio di X Files che una storia di supereroi. è vero che tutta la trama si basa sulla comparsa dei superpoteri, prima in un ragazzino e poi in molti altri esseri umani, tanto che alla fine si parlerà di superumani; ma tutto sembra evolvere come una “semplice” storia di fantascienza.

Busiek ha compiuto un passo molto importante con questo fumetto cercando di avvicinare, più che in passato, un genere spesso chiuso in se stesso (quello dei supereroi appunto) al mondo reale. È questo che fa la fantascienza: cerca di rendere credibile ciò che “ancora” non lo è. Va segnalato, a scanso di equivoci, che il Superman raccontato nei volumetti Secret Identity non è il Superman che tutti noi conosciamo; è, paradossalmente, un essere umano che vive nel mondo reale, dove non esistono supereroi se non nei fumetti (ed i fumetti che legge sono gli stessi che leggiamo noi), dove non esiste Metropolis o Lex Luthor né Batman…

In precedenza ricordiamo, fra i vari, il tentativo di esplorare il mito dei superpoteri ne “La nascita del Superuomo” di Theodore Sturgeon (1953 – in Urania Collezione n 005), e forse quello di Busiek non è il primo tentativo assoluto per quanto riguarda il medium fumetto, ma di sicuro ciò che viene fuori da questo Secret Identity è una storia dalle fondamenta credibili, una vera storia di SciFi, seppur con qualche pecca.

Non si tratta di una fantascienza fatta di ipertecnologie ed ambienti cibernetici (se non nel finale), piuttosto di un’analisi introspettiva e spesso intimistica, un qualcosa che ricorda molto da vicino i vecchi libri di Richard Matheson come “Io Sono Leggenda” e “Tre Millimetri al Giorno” (rispettivamente del 1954 e 1956): un essere umano deve fare i conti con la “Meraviglia” (nota 1) inaspettata che irrompe nel suo mondo e con i problemi e le paure ad essa connesse. Certo il ragazzo in questione si chiama Clark Kent e vive in una fattoria del Kansas, ma lui odia questo nome come solo si può odiare un nome troppo importante ed impegnativo o semplicemente foriero di continue prese in giro (come vi sentireste se vi avessero chiamato Giuseppe Garibaldi o Albert Einstein?). Con un nome del genere non si può davvero godere di un’infanzia tranquilla e beata. Come può Clark Kent amare Superman? Come può amarlo se continuano a fargli regali monotematici (a tema eroe di Krypton). Soprattutto, come può amarlo se non può assomigliargli? Lui è solo un piccolo ragazzetto umano. Del resto i supereroi sono roba da fumetti e Busiek ci tiene a ricordacelo per tutta la durata della storia, presentandoceli come pupazzetti a volte ridicoli (pensate al Superman con la barba e la falce da Morte) o come un nome su un bigliettino giapponese ed un po’ nerd (nota 2), con costumi da carnevale o con tavole che sembrano prese da vecchi fumetti (nota 3). Certo si tratta di omaggi ad un personaggio di cui si sta utilizzando la saga e la mitologia (nota 4), ma sono anche un modo per tenere i piedi per terra. Come se l’autore ci stesse continuamente ammonendo: una cosa sono i fumetti, un’altra la vita. Ed a farcelo notare ci pensa anche Immonen con i repentini inserimenti di tavole tratte da vecchi fumetti che accentuano la distanza fra il medium e la realtà.

é anche grazie a queste prese di posizione che la comparsa dei superpoteri in Clark, per quanto attesa, non risulta scontata. A questo punto lo stile “X Files” diventa una presenza non più ignorabile: c’é l’FBI e c’é l’agente che insegue il Fenomeno, il mostro dalle capacità sovrumane. La caccia non smetterà mai, tanto da costringerlo a nascondersi, a cambiare look, a cercare dei rifugi (nota 5), a dubitare delle persone a lui più vicine ed infine a dover scendere a patti. È qui pero’ che troviamo la prima pecca della trama: perché il protagonista di Secret Identity sembra soffrire la sua situazione ad un livello troppo intimo ma al tempo stesso distaccato dalla vita reale? La sua sofferenza non influenza gli aspetti più materiali della sua stessa vita. Insomma se prendete un essere umano che ha paura, ma davvero paura di poter essere trovato, di essere utilizzato come cavia umana per esperimenti ignobili ed angoscianti, allora avrete davanti una persona terrorizzata e probabilmente insicura di sé, che farebbe di tutto per passare inosservato. L’obiettivo di quest’uomo impaurito non sarà certo quello di diventare, come Clark Kent in Secret Identity, uno degli scrittori più famosi degli USA, ma piuttosto quello di nascondersi. è vero che è più facile nascondersi in una folla, ma Clark ha una vita alla fin fine invidiabile, il simbolo del sogno americano. Da questo punto di vista il nostro Clark è molto più Superman di quanto non debba: è un ragazzo ed un uomo perfetto, non cerca mai di usare i suoi poteri per scopi puramente personali, è un leale verso la patria fino ad accettare le missioni che gli si affidano senza porsi troppe domande (ombra, questa, del burattino del potere che Frank Miller sbeffeggio’ in Dark Night Returnnota 6). Insomma per quanto non si tratti di Superman questo Kent ne segue fedelmente la mitologia e Busiek si dimostra un abile manipolatore in grado di farci capire come anche il più strano ed inumano personaggio dei comics possa in realtà apparire sulla terra prima o poi (nota 7).

In realtà poi molte cose passano totalmente inosservate: come fa il costume, non cucito su Krypton, a resistere a tutto ciò cui Kent lo sottopone? È vero che in alcune situazioni lo si vede strappato, ma Kent lo porta addirittura vicino al Sole… Oppure come può Clark volare e correre a super-velocità senza distruggere i “normali” vestiti che ha, quando fa tutto ciò “in abiti civili”? Come pensa Kent di cambiare look solo con un paio di occhiali? D’altro canto è vero che Busiek sente la necessità di spiegare (come la sentì Byrne nell’86 quando narro’ le nuove origini del Superman del DC Universe in “Man of Steel” per spiegare come lo stesso si faceva la barba…) come è possibile per un uomo invulnerabile tagliarsi i capelli e/o tirarsi il sangue. Insomma, in alcuni punti, non tutto è chiaro e spiegato come una storia di SciFi meriterebbe, ma resta ai nostri occhi un ottimo tentativo. Un tentativo cui spero ci siano dei seguiti volti a svecchiare un genere spesso stantio.

volume 2 - copertinaMa il successo di questo fumetto non lo si può certamente attribuire tutto a Busiek; Immonen crea delle tavole pressoché perfette il cui obbiettivo e di ancorare tutta la storia alla realtà, evitando qualsiasi eccesso di tipo supereroistico.
é interessante poi come la gamma di colori scelta non sia mai molto vivace, sembra quasi che tutto sia coperto e filtrato da un velo. Un po’ come se si guardasse un film con su gli occhiali da sole. Neanche il costume da Superman, certamente non molto discreto, appare molto appariscente.

Stuart Immonen realizza l’albo con una tecnica che si discosta un po’ da quella che normalmente viene adoperata per dare vita agli albi a fumetti di supereroi. Normalmente la prassi è che il disegnatore passi le tavole a matita all’inchiostratore, che sceglie quali parti dei tratti a matita trasformare in china e quali cancellare. Il tutto va poi nelle mani del colorista, che con sfumature (spesso computerizzate) ed effetti speciali completa l’opera.
Ma per Secret Identity che, ricordiamolo, non è un normale fumetto di supereroi, Immonen prepara delle matite dettagliate, le passa nello scanner ed ottiene delle tavole che sembrano inchiostrate con stile molto essenziale, quasi una line-art, oseremmo dire. Quasi mai troviamo dei tratteggi tipici degli inchiostratori (prendete Scott Williams su Hush e capirete di cosa stiamo parlando, una serie di tratti paralleli e perpendicolari che danno ombra e profondità, masse nere a creare le ombre nelle figure) e spesso questo effetto è invece dato da quello che, non diventato linea nera attraverso lo scanner, resta un tratto di matita o carboncino.
Non finisce qui perché Immonen, oltre a “dimenticare” di passare le tavole all’inchiostratore, le colora da solo. Pertanto la mancanza quasi totale di tratteggio viene compensata dal fatto che l’artista (il disegnatore, l’inchiostratore, il colorista, ovvero la stessa persona) usa il colore per creare sfumature e dare luci e ombre alle immagini.

Non è la prima volta che Immonen, inoltre, si diverte a realizzare disegni senza contorno, lasciando che sia la differenza di colore e la plasticità data dalle sfumature dei colori a separare le immagini. In effetti il tratto a matita (o china) che separa le immagini è, come spesso ripetuto, una convenzione utilizzata per disegnare perché, ovviamente, nessun oggetto di quelli che vediamo nella realtà ha un bordo nero attorno… Pensate a Corrado Mastantuono ed alle sue cover di Nick Raider; anche lì, per intenderci, non troverete linee a delineare i disegni, uscendo dalle convenzioni del fumetto ed avvicinandosi senza far rumore a qualcosa di più interessante e bello. Sulle tavole delle serie regolari di Superman, spesso coadiuvato dalle chine di José Marzan Jr., Immonen aveva già provato questo tipo di disegno (soprattutto con copertine davvero d’effetto) ed in Secret Identity, avendo la completa gestione del prodotto, realizza un piccolo capolavoro. Provate a prendere un’immagine singola dell’albo che avete in mano e provate ad immaginarla senza i colori, senza quelle piccole pennellate di rosa che colorano un viso, con una essenzialità che stravince se paragonata alla spesso eccessiva complessità delle colorazioni al computer. Senza colori i disegni sarebbero spesso piatti, ma questo è un punto di merito per il disegnatore, visto che è anche il colorista e sapeva bene che per realizzare il prodotto finito avrebbe dovuto “lasciar perdere” troppi tratti a matita o a china (prendete la cover del primo albo della miniserie dove Clark adolescente va a scuola e guardate con attenzione il viso; senza le due tinte di rosa – solo due – sarebbe un ovale con sei piccoli segnetti neri all’interno… oppure gli schizzi d’acqua nel capitolo tre, realizzati solo utilizzando il colore e non la china – nota 8). Un ultimo appunto per le riprese eccezionali con le quali Immonen ci mostra Clark che ammira la Terra vista dall’alto; un modo per farci provare l’ebbrezza del volo, noi piccoli piccoli in cielo di fronte ad una linea di orizzonte lontanissima.

nota 1 “Marvels” (meraviglie, appunto) è anche il titolo della famosa miniserie della Marvel in cui Kurt Busiek ha analizzato quattro decadi di fumetto supereroistico made in Marvel Comics dal punto di vista dell’uomo comune.
nota 2 Disegno di apertura del terzo capitolo, ossequio del disegnatore Immonen all’artista Curt Swan (disegnatore di quasi 300 albi di Superman e standard grafico vivente del personaggio stesso dagli anni ’60 agli ’80).
nota 3 La tavola di apertura del primo capitolo è un rifacimento di Immonen della vignetta 97 di Action Comics n.1 (disegnata dal creatore grafico di Superman, Joe Shuster); la vignetta d’apertura del secondo capitolo è un rifacimento di Immonen di una vignetta di una delle storie immaginarie degli anni ’50 nelle quali Lois Lane scopriva l’identità di Superman (e spesso lo sposava anche…).
nota 4 In omaggio a questa “mitologia” indichiamo che, nella tavola 31 del terzo capitolo, i due fumetti messi nelle cartelline del Presidential Security Briefing sono: a sinistra Superman n.76 (Maggio-Giugno 1952 cover di Win Mortimer) ed a destra Action Comics N.266 (Luglio 1960 cover di Curt Swan – Stan Kaye).
nota 5 Nel terzo capitolo di Secret Identity ad un certo punto Clark viene catturato dalla forze governative per essere “analizzato”; è, la sequenza nella quale Clark si sveglia in laboratorio, cavia fra le cavie, una “ampia” citazione a Weapon X, la saga di Wolverine che narra di come il famoso mutante fosse stato oggetto di un “Progetto” dai loschi contorni che si prefiggeva di innestargli il rivestimento di adamantio sopra le ossa. Nella saga (opera del Maestro Barry Windsor Smith) Wolverine scappa distruggendo il laboratorio come fa Clark nel numero tre.
nota 6 Nella famosa saga di Miller (un altro Elseworld che si staccava dalla “realtà” del DC Universe come lo conosciamo noi) in Superman vengono estremizzati tutti i concetti che erano alla base della sua morale (e della sua nascita). Superman diventa la Super-Arma dell’ormai Orwellizato Nuovo Mondo, pupazzo nelle mani di un Governo (USA) che anch’esso è diventato paradossalmente parodia e iperbole di quello attuale.
nota 7 Anche se, a dispetto della stretta morale cattolica presente in Usa Clark, nella storia, infrange il tabù (abbastanza stancamente ancora presentato come tale in Usa) della verginità prematrimoniale.
nota 8 Oppure, per gli amanti dei dettagli, le prime due vignette della tavola 22 nel terzo capitolo quando vediamo il laboratorio con gli occhi di Clark (che è in acqua) attraverso un effetto alone nella colorazione molto raffinato.

Si ringrazia l’ufficio stampa Mega/Pegasus per il materiale.

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