Stefano Cardoselli è un fumettista italiano, ormai da più di dieci anni artista affermato all’interno del panorama indie del fumetto americano. Grazie alla casa editrice BookMaker Comics, Stefano tornerà nel mercato italiano in occasione della prossima Mostra di Lucca, dopo un’assenza che durava dal 2005, con il fumetto Love me like a Psycho Robot. Siamo riusciti a scambiare due chiacchiere con lui sulla sua esperienza di “italiano emigrato” e sulla nuova avventura con BM Comics.
Prima di tutto, ci racconti rapidamente qualcosa su chi è Stefano Cardoselli?
Sicuramente uno che beve tantissimo caffè! Sono toscano, di Orbetello per la precisione, lavoro come disegnatore e scrittore di fumetti dal 1999 e nel 2013 ho festeggiato i miei tredici anni di collaborazione con Heavy Metal Magazine. Inoltre ho collaborato con la 2000 AD, Simon and Shuster, Antarctic Press, Dark Slingers Comics, Bluewater Comics e alcune case editrici indipendenti americane. Anzi, mi scuso se mi sono dimenticato qualcuno o qualcosa.
Pur essendoti formato come disegnatore in Italia, hai da sempre lavorato all’estero: come mai questa scelta, se di scelta possiamo parlare?
È stata una scelta assolutamente naturale, non ho mai pensato al mercato italiano come luogo ideale per me dove poter proporre e sviluppare le mie idee, per il semplice fatto che sicuramente il mio “stile” è poco in linea con certe scelte editoriali nostrane. Sinceramente credo che negli USA alcuni meccanismi siano estremamente più semplici: se piaci come disegni o scrivi, investono su di te anche se sei un esordiente. Credo che sia ancora il paese delle opportunità per quanto riguarda il fumetto. Per questo dovrò sempre ringraziare Kevin Eastman (proprietario, redattore ed editore di Heavy Metal, nonché creatore, insieme a Peter Laird, delle Tartarughe Ninja, N.d.R.).
Tra le tue influenze artistiche so che ci sono Simon Bisley e Geoff Darrow, tra gli altri, ma personalmente nei tuoi disegni ritrovo anche echi del Kevin O’Neill di Marshall Law. Mi sbaglio?
Non ti sbagli affatto! È uno dei principali fumetti della mia formazione che ha influenzato il mio modo anche di concepire e scrivere una storia a fumetti… Sicuramente un caposaldo del genere.
Parliamo un po’ di Love me like a Psycho Robot, l’opera con cui ritornerai, dopo alcuni anni di assenza, sul mercato italiano. Ci parli della sua genesi?
Che cosa fa un disegnatore quando ha del tempo libero? Disegna… Insomma, mi ricordo che disegnai e colorai questo robot tutto rosa con lo sguardo da folle e con un cuore sul torace e un coltellaccio arrugginito nella mano. Mi venne spontaneo chiamarlo Love me like a Psycho Robot. Mi piaceva il contrasto, non avevo pensato assolutamente di scrivere una storia o altro, era solo un altro personaggio in stand by.
Poi ho conosciuto Valeriana (Cretella, la sceneggiatrice, N.d.R.) e le sue folli sceneggiature… Quindi perfetta per scrivere un soggetto partendo dal mio personaggio.
Hai interagito con Valeriana Cretella nella creazione della storia o ti sei limitato a seguire la sua sceneggiatura?
È stata una collaborazione, anzi una “corsa“, assolutamente folle e divertimento puro.
Molte follie sono farina del mio sacco e viceversa, insomma lei è stata pazientissima e disponibile a nuove soluzioni narrative.
Da dove nasce il tuo amore per un certo tipo di horror-pulp?
Non so il motivo preciso di tale interesse, forse per me è il mezzo più adatto per raccontare
storie. Ti posso dire che sono un divoratore di film horror un po’ di tutti i tipi, anche se preferisco i vecchi film con effetti speciali improvvisati.
Leggendo LMLAPR, una delle cose che mi hanno colpito di più è l’uso estremizzato della violenza, che porta a trasformare situazioni che visivamente potrebbero essere “forti” in una sorta di scene comiche. Il tutto mi ha riportato alla mente le storie di Lobo di Giffen, Grant e Bisley. Hai mai letto quei fumetti? Fanno parte del tuo bagaglio di riferimenti?
Certo che sì! Io sono un fan del Lobo di Giffen, Grant e Bisley, è difficile non pensare che sono nel mio background da un po’ e senza alcun dubbio sì, fanno parte dei miei riferimenti!
Com’è nata la collaborazione con la BM Comics e che effetto ti fa tornare a essere pubblicato in Italia?
Ho conosciuto Massimo (Rosi) e Matteo (Gerber) a un Cartoon Village questa estate in Toscana, dove loro erano ospiti come casa editrice, e parlando ci siamo trovati subito bene. Sinceramente pensavo che venissero da Marte… Idee nuove, bellissime edizioni curate nei minimi particolari, una vera e sana passione per il fumetto e il proprio lavoro. Io credo che la BM sia “la” nuova realtà editoriale italiana e ben presto anche internazionale. Cosa rara trovare una casa editrice che segue e coccola i suoi autori come fanno loro.
Infatti, non è un segreto che in primavera la BM farà il suo esordio nel mercato americano, sia con Love me like a Psycho Robot che con Land of the Brave e altri titoli. Ti posso annunciare ufficialmente che sarò io il consulente della BookMaker per gli Stati Uniti.
So che è un discorso lungo da affrontare, ma in due parole, per la tua esperienza, qual è oggi la differenza per un disegnatore tra lavorare per case editrici italiane o straniere?
Ti posso dire che la mia esperienza con case editrici straniere è assolutamente ottima anzi fantastica, e la BM ha una mentalità assolutamente internazionale.
In Italia si ha la tendenza a valorizzare e a lodare i fumettisti stranieri e le loro opere e a sminuire il valore degli artisti di casa nostra, che spesso non hanno niente da invidiare ai loro colleghi delle altre nazioni: hai un tuo pensiero in proposito?
Credo che questa sia solo la punta dell’iceberg, la parte più visibile di certi atteggiamenti che personalmente non sono in linea con il mio pensiero. Credo ci voglia la giusta dose di serietà, umiltà e rispetto per il lavoro altrui sia che si tratti di un autore esordiente che di un professionista.
Mi fai il nome di due personaggi a fumetti italiani sui quali ti piacerebbe lavorare?
Se ti dico nessuno, creo un incidente diplomatico?
Intervista effettuata via mail il 04/10/2013