Dopo una lunga odissea durata ben quattro anni, il paventato secondo capitolo di Oudeis ha visto finalmente la luce. Nell’ormai lontana recensione al primo volume si evidenziava una scelta narrativa orientata al percorso esistenziale del protagonista piuttosto che all’aspetto avventuroso dell’epica. Un fumetto spiazzante per il modo in cui affrontava la riscrittura dell’opera omerica attraverso una chiave di lettura grafica quantomeno innovativa.
Il primo capitolo di Oudeis risultava un’opera lenta e volutamente frammentata con poca azione e tante citazioni più o meno esplicite dell’Odissea di Omero. Questo secondo e conclusivo capitolo non andrebbe letto separatamente dal precedente; era difatti evidente sin dall’inizio che un tale fumetto avrebbe ottenuto maggiore interesse se fosse stato presentato come racconto unitario piuttosto che frammentato in due volumi. La necessità di una tale divisione risulta facilmente comprensibile sia dal punto di vista editoriale che economico, tuttavia resta il suggerimento per tutti i lettori di affrontare i due volumi in modo unitario. Inutile nascondere che una vicinanza tra le date di pubblicazione avrebbe aumentato l’effetto traino tra i volumi, tenendo alto l’entusiasmo del pubblico.
Rispetto al primo volume non cambia di certo il codice narrativo utilizzato per il racconto anche se viene data una certa concessione all’azione, necessaria per sbloccare un personaggio che altrimenti avrebbe continuato a vagare in circolo attorno a sé stesso finendo col non risolvere nulla. Resta invariato l’uso proficuo di citazioni omeriche e l’inserimento di vari personaggi e divinità più o meno riconoscibili (come Poseidone e la meno facilmente identificabile Atena-Netneuroma) piegati alla necessità stilistiche dell’autore. Ma soprattutto, ritroviamo un Ulisse che, pur muovendosi e lottando per la propria affermazione ed autodeterminazione (esemplare il fatto che ad aiutarlo sia proprio il pupazzo Ego), continua a viaggiare molto di più all’interno di sé stesso e dei suoi ricordi che nel mondo reale.
Questo “non” luogo o luogo virtuale all’interno del quale Oudeis si muove lascia scorgere un pensiero dell’autore non da sottovalutare. Si evidenzia ancora una volta come lo smarrirsi sia più importante del semplice andare verso una meta (concetto ribadito nei proemi di entrambi i volumi), perché il luogo verso cui si tende non esiste realmente ma è appunto virtuale. Tuttavia non sembra che le potenzialità di una tale intuizione siano pienamente sviluppate. Durante tutta la lettura resta come una sensazione di incompletezza, di insoddisfazione: è come se si percepisse un qualcosa che non viene mai completamente svelato, mai affrontato in modo chiaro. È come se l’autore si volesse spingere nell’introdurre un argomento che pero’ utilizza solo in modo parziale come “giustificazione” delle magnifiche costruzioni grafiche o come punto di appoggio per poter andare avanti e perdersi. Quella realtà virtuale, chiaramente chiamata in causa dal nome della meta del protagonista (.it), non vede sviluppi degni di un approfondimento particolare.
Alcuni aspetti, come quello della virtualità, sembrano restare impliciti nel loro significato più profondo, il che li rende forse di difficile interpretazione da parte del pubblico. Come se la cifra intimista e introspettiva del viaggio venga messa in chiaro solo apparentemente, tramite disegni spettacolari, ma resti ben nascosta nella narrazione. L’autore sembra volerci raccontare qualcosa che, poi, preferisce nascondere, lasciando al lettore la capacità d’interpretazione. Del resto, con Oudeis Di Giandomenico è alla sua prima prova da autore completo ed è certo che il soggetto scelto non è certamente dei più semplici; ma ciò non può essere una giustificazione per la mancata (volutamente?) comunicazione esplicita di quest’opera.
Dal punto di vista grafico bisogna evidenziare come ormai Di Giandomenico sia diventato di una bravura sconvolgente. Dire che le sue tavole sono una gioia per lo sguardo può sembrare eccessivo e banale (lo si ripete spesso per tanti autori), eppure l’autore riesce a giocare con lo spazio a disposizione frantumandolo, decomponendolo, assemblandolo e ri-assemblandolo come fosse patchwork. Ma anche comprimendolo all’interno di spazi rigidi e espandendolo sino quasi a superare i confini stessi della tavola, senza comunque mai inficiare la leggibilità delle tavole stesse. Insomma il nostro autore libera totalmente la sua fantasia e le sue capacità grafiche dimostrandosi capace di creare mondi e sensazioni entusiasmanti. Dal canto suo la casa editrice Saldapress ci offre la stampa, la copertina e la grafica che fanno di questo fumetto un ottimo prodotto dal punto di vista editoriale. Inoltre, cosa di non poco conto, il prezzo è rimasto invariato fra il primo ed il secondo volume (dopo ben 4 anni!) e questo è certamente un punto a favore dell’editore.
Per Oudeis gli unici limiti erano quelli dell’immaginazione dell’autore e nessun editor o casa editrice ha imposto una linea grafica da seguire, motivo per cui attendo con ansia i lavori di Di Giandomenico per case editrici quali la Marvel e la Bonelli: cosa sarà in grado di fare alle prese con linee guida alle volte troppo rigide? È una domanda da lettore curioso e consiglio a tutti di prestare attenzione al volume di Devil intitolato “Battlin’ Jack Murdock“, interamente ideato e disegnato dal nostro, con la collaborazione di Zeb Wells, che Panini dovrebbe pubblicare entro l’anno e di cui parleremo più avanti.
Riferimenti:
Blog di Di Giandomenico: oudeis-ulisse.blogspot.com
Saldapress: saldapress.grupposaldatori.com