Mister Miracle: tra molteplicità potenziale e cuore univoco

Mister Miracle: tra molteplicità potenziale e cuore univoco

Mondi che si sovrappongono, vita privata, doveri pubblici, amore, lotta per un mondo migliore; avventura, pezzi di vita e metafumetto; commedia, dramma e romance. Tutto questo e altro ancora nel Mister Miracle di Tom King e Mitch Gerads.

[Attenzione: questo approfondimento è pensato e scritto per chi abbia già letto Mister Miracle di King e Gerads, essendo descritti in esso eventi e passaggi narrativi della storia, necessari per l’analisi della stessa e per argomentare i ragionamenti degli autori.]

Fig. 1. Nick Derington, Mister Miracle #1 cover. DC Comics, 2017.

La lettura della maxi serie in dodici numeri Mister Miracle di Tom King e Mitch Gerads ci offre qualcosa che troviamo raramente non solo nel seriale supereroico mainstream, ma nel mondo delle storie tout court: la spinta a rileggerla – albo dopo albo, tavola dopo tavola, vignetta dopo vignetta – per tentare di ricondurre tutti gli elementi a una struttura coerente.
Il racconto non è infatti autoesplicativo: non offre spiegoni che mettano in fila gli eventi, ne descrivano le relazioni e giustifichino la loro occorrenza.

È un caso esemplare di opera “scrivibile”, che richiede al lettore di esplorare ipotesi molteplici su ciò che accade e sulle connessioni fra gli accadimenti portati sulle pagine; ognuna di queste letture interpreta diversamente i vari elementi della vicenda, assegnando loro livelli di realtà diversi: ciò che una lettura considera evento narrativo “reale”, per un’altra è magari solo un’illusione del protagonista.

Questa molteplicità potenziale della catena di eventi, tuttavia, non comporta una corrispondente molteplicità di poetiche. Il cuore del racconto, infatti, resta immutato qualunque sia la combinazione preferita o scelta e appare un passo coerente con il percorso mostrato finora dalle opere supereroiche di King, nelle quali si mettono in tensione dimensione privata e pubblica del supereroe. L’opera è poi arricchita da un’alta densità di citazioni e riferimenti metafumettistici, le une e gli altri integrati come elementi del racconto, di volta in volta oggetto di gag umoristica o di un passaggio ad alta intensità drammatica, mai gratuiti o meramente decorativi.

Fig. 2. Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #5, pp. 1. DC Comics 2017

Infine, prima di passare all’analisi di queste componenti, vogliamo sottolineare che il valore di Mister Miracle sta nel fatto che questa ricchezza – che nel nostro elenco può apparire cerebrale – è offerta attraverso un racconto intenso, teso e che fa leva innanzitutto sulle emozioni; un racconto che appassiona, che fa ridere e non di rado commuove, muovendosi con leggerezza fra i vari registri.

Mister Miracle è un’opera per tutti e non solo per gli appassionati. Certo, alcuni momenti toccano l’amante del supereroico in maniera del tutto speciale, ma semplicemente perché si rivolgono alla sua storia di lettore; fra tutti, ci piace citare il corto circuito emotivo che gli autori stabiliscono fra la passeggiata di Big Barda e Scott Free lungo la strada delle stelle di Los Angeles, dove Scott appoggia la sua mano sinistra sull’impronta di quella di Jack Kirby (Fig. 2, MM #5) e il finale, quando Scott parla con il fantasma di Oberon.

A stabilire la connessione è la famosa frase “Kid, comics will break your heart”, che Oberon trasforma in “Kid, this, all this, It’ll break your heart”. L’appassionato, nel momento stesso in cui legge e collega i due passaggi, si identifica pienamente in Scott, mentre il lettore generico può apprezzare che nella prima occorrenza ci si riferisce a un universo finzionale e nella seconda alla “vita reale”, secondo una doppia visione e un gioco fra i livelli narrativi che pervade tutta l’opera.

Questa combinazione apre quindi una delle possibili modalità di lettura dell’opera, che restano plurime, tutte valide e significative, nessuna più fondamentale delle altre. Ogni lettore può godere la storia attraverso una di queste, con la possibilità (opportunità!) di rileggere la serie e scoprirne ogni volta un nuovo significato. Questa varietà potenziale – questa “scrivibilità” barthesiana – rivela la stratificazione tematica di Mister Miracle.

Come già illustrato nell’approfondimento sulla prima parte della serie, Mister Miracle è costruito su un concetto fragile di realtà, nel senso che non offre indicazioni univoche sul livello di realtà nel quale si svolgono le varie parti della vicenda. Il lettore può catalogarle come un lungo sogno, visioni pre-mortem, eventi reali, proiezioni mentali e, nel momento in cui prova a disegnare un quadro coerente, si trova davanti a più possibilità equivalenti, che si basano ognuna su una diversa distribuzione di scene e sequenze in base al livello di realtà.

La costruzione del racconto ci offre infatti un vasto catalogo di alternative: possiamo ad esempio considerare le scene nel nostro mondo come “reali”, quelle ambientate nel Quarto Mondo come fantasie o proiezioni mentali; ascrivere le varie sequenze a linee di universo diverse, come se il racconto “affettasse” un multiverso, in modo da giustificare apparenti incongruenze con il fatto che appartengono a universi distinti. Questa potenzialità combinatoria offre al lettore la possibilità di giocare con l’intreccio, spingendolo a concentrarsi tanto sui particolari quanto sugli elementi strutturali e le relazioni fra le varie sezioni del racconto, e – nella misura in cui è un’attività divertente, che offre come ricompensa l’ingresso nei meccanismi del racconto – rappresenta il valore profondo di intrattenimento di Mister Miracle.

Fig. 3. Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #11, pp. 22-3. DC Comics 2017

Gli elementi che sfidano una sistemazione coerente vanno dal dettaglio al macro evento e, senza intenzione di esaustività, possiamo elencare: il tentativo di suicidio iniziale (MM #1), la cui lettura più ragionevole sembra essere quella di essere sintomo di una depressione che ha le sue radici nell’abbandono di Scott bambino da parte dell’Alto Padre; la dichiarazione di Metron sull’esistenza di un mondo popolato di metaumani al quale Scott non appartiene più (Fig. 3, MM #11), nonostante i supereroi siano fra gli invitati alla festa di compleanno del piccolo Jacob, e, perché no, l’incompatibilità fra il Metron che appare in sogno a Scott nel secondo numero e questo Metron.
Poi, naturalmente, il colore degli occhi di Big Barda: ora marroni (MM #1, #2, #5, #7) ora blu (MM #5, #6, #12). Abbiamo poi Funky che ragionevolmente viene ucciso dai colpi di mazza di Big Barda (MM #5), per poi ricomparire tranquillamente e iniziare ad accudire Jacob, il figlio di Barda e Scott.

Né vanno ignorati i dialoghi di Scott con i fantasmi (MM #1, #12), anch’essi riconducibili a proiezioni dei pensieri del protagonista e possibili manifestazioni della sua instabilità mentale, oppure anche al contatto con una dimensione effettivamente altra.
E infine, ovviamente, l’uso delle interferenze visive che accompagnano il racconto fino all’ultima vignetta e il cui significato non è mai reso esplicito, che possiamo interpretare come l’intrusione visiva di altri livelli di realtà nel racconto, come effetto dell’uso da parte di Darkseid dell’Antilife Equation (ne accenna il fantasma dell’Alto Padre nel #12), come una distorsione nella percezione a causa della tensione del momento, come una sorta di analogo a un commento musicale in un film o, e questa è una lettura che ci offre una chiave, come indicazione dei momenti nei quali avviene qualcosa che cambia il corso degli eventi (ovvero, se preferiamo una visione a multiverso, sono i momenti nei quali una scelta crea una nuova linea di universo).

Qualunque sia l’interpretazione, possiamo comunque dire che la responsabilità di cui si fanno carico questi difetti nella struttura cristallina del racconto è, da una parte, quella di mantenere l’attenzione del lettore, di sfidarlo a interrogare il racconto stesso per ricostruirne una propria lettura, dall’altra – e su questa ci soffermeremo -, quella di sottolineare l’importanza di ogni dettaglio e di ogni scelta nella nostra ricerca di senso.

Attraverso gli occhi di Big Barda

Fig. 4. Una nuova speranza? Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #7, p. 21. DC Comics 2017

Per capire come un piccolo dettaglio possa guidarci attraverso l’intero racconto, aiutandoci a ricostruirne il senso, consideriamo il caso del colore degli occhi di Big Barda, che varia dal marrone al blu e sul quale il racconto stesso, attraverso le parole del protagonista, attira la nostra attenzione (MM #1). Una possibile lettura è che il colore marrone sia associato al mondo ordinario e il blu al mondo dei Nuovi Dei, qui notando che sia Scott sia Jacob hanno gli occhi azzurri.

Questa ipotesi ci fornisce una chiave di lettura che possiamo applicare per scoprire se sia foriera di un qualche significato interessante. Il primo passo è trovare i momenti ambientati nel mondo ordinario nei quali Barda ha gli occhi blu e viceversa. Vediamo immediatamente che al primo caso appartengono l’ultima vignetta del #5 (dopo l’uccisione di Funky e delle guardie) e il post parto in ospedale nel #7 (Fig. 4. – prima del parto gli occhi della dea sono marroni), mentre nel #2 accade il contrario: Big Barda ha occhi marroni mentre è a Nuova Genesis. Secondo la nostra ipotesi, questi momenti “appartengono” al mondo dei Nuovi Dei. A questo punto, la distribuzione degli eventi negli universi di riferimento ci consente di dare una lettura del significato dei vari mondi.

Passiamo infine al #12 – la cui copertina riprende quella del #1 e ci mostra Mister Miracle insieme a Big Barda, liberato dal macchinario che lo teneva prigioniero: qui abbiamo una dichiarazione esplicita, una tavola intera che rompe la gabbia/prigione entro la quale si svolge la vicenda (MM #12, p. 15). Sullo sfondo abbiamo la scritta “Young Scott Free” (parzialmente coperta); in primo piano quattro immagini disposte lungo la diagonale da sinistra a destra, con un bambino che scrive.
Questa immagine è la simmetrica di quella che troviamo a pagina tre del primo episodio, l’ultima prima che la gabbia/prigione cali sul racconto: questa rispondenza ci consente di dire che la vicenda narrata fra le due immagini è effettivamente conclusa, sia che la si interpreti come reale sia che la si interpreti come immaginaria, un vero e proprio racconto nel racconto (in fondo, dopo la seconda immagine, vediamo Scott che si sveglia).

Fig. 5. Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #1, p. 4. DC Comics 2017

Leggendole come entrata e uscita dal racconto, possiamo cercare in esse, rispettivamente, la dichiarazione di intenti e la conclusione. Entrambe le tavole raccontano un aneddoto: nella prima un insegnante propone ai suoi alunni un disegno a tema libero e, dopo che hanno terminato, chiede a ognuno che cosa abbia disegnato. C’è chi dice un dinosauro, un supereroe e così via, finché un bambino dice “Ho disegnato dio”. Il maestro obietta che nessuno conosce l’aspetto di dio “e il bambino, senza esitare un secondo dice: ‘Sì, fino ad ora’” (Fig. 5).

Vedere il volto di Dio” è uno dei luoghi ricorrenti del racconto, dall’entrata in scena di Orion alla conclusione, passando per lo scontro con Darkseid. Proprio nelle ultime pagine, infatti, Scott racconta a Big Barda che, guardando Jacob, ha percepito la sequenza di generazioni passate e future e paragona questa esperienza a guardare nel volto di Dio (“looking into the face of God” e non semplicemente “looking at”).

Il “volto di Dio” secondo Orion e Darkseid è profondamente diverso da quello sperimentato da Scott. Il primo è la manifestazione di un Potere autoreferenziale e indica che il Potere (che in Darkseid è il Male) è l’unica realtà dell’universo. L’esperienza di Scott, invece, riconduce il “volto di Dio” al senso di appartenenza all’universo, con una caratterizzazione che appare molto vicina all’esperienza di vertigine propria del “sublime” estetico, di fatto stretto parente di ciò che noi indichiamo come “senso del meraviglioso”.

Nella tavola dell’ultimo albo leggiamo di un padre che spiega al figlio la natura dei quattro mondi (Fig. 6):

Padre: “Il Primo Mondo è il vecchio mondo, il mondo dei miei genitori, dal quale fuggirono.
Il Secondo Mondo è il nuovo mondo che cercarono, che trovarono, dove io nacqui (‘I came to be’)
Il Terzo Mondo è il nostro mondo come è ora, in formazione, il futuro che nasce (‘the future being born’)
E il Quarto Mondo, bambino mio, è il mio mondo, il mondo che vedo quando chiudo gli occhi…” (grassetto nel testo).

Bambino: “… e tenti di fuggire

Fig. 6. Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #12, p. 15. DC Comics 2018

Il punto che chiede attenzione è la definizione del Quarto Mondo: nella cosmologia standard dell’universo narrativo, il Quarto Mondo è il mondo dei Nuovi Dei, di Apokolips e New Genesis, ma qui sembra un luogo dello spirito. Altra questione sollevata dal dialogo è naturalmente quella sull’identità dei due personaggi: chi è il padre, chi il bambino? Data la forma, è ragionevole affermare che il padre sia Scott, poiché il tono affettivo ne impedisce l’attribuzione tanto a Darkseid, padre adottivo di Scott, quanto all’Alto Padre, suo padre naturale. Se ci fossero dubbi sulla seconda esclusione il successivo scontro fra Scott e il fantasma dell’Alto Padre ci ricorda quali fossero i rapporti fra i due e quindi supporta la nostra ipotesi che la voce affettuosa fuori campo non può essere sua.

In questa lettura, quindi, il mondo di Apokolips e New Genesis (che però è diventato il Secondo Mondo) e quello ordinario (il Terzo Mondo) sono egualmente reali e Big Barda e Scott si muovono fra essi per ottemperare alle proprie responsabilità. Il Quarto Mondo, dal quale Scott tenta di fuggire, è allora il suo passato, il tempo delle torture e dell’orrore quotidiano vissuto in Apokolips, che mantiene la vita di Scott nella propria ombra, come di fatto affermato anche da Big Barda nel suo dolente e rabbioso monologo al parco nel #10.

Da qui possiamo fare un ulteriore passo per interpretare altri due passaggi: la chiusura di MM #11, allorché Metron incita Scott a vivere nel mondo dei supereroi, e gli incontri con i fantasmi che costituiscono il sotto finale.

Qui giunti, ribadiamo che quella appena proposta è solo una delle possibili esplorazione attraverso l’opera: si può infatti dipanare la vicenda muovendo da altri luoghi del racconto e focalizzandosi su altre letture. Questa è esattamente la molteplicità potenziale che abbiamo indicato come caratteristica fondamentale dell’opera, la sua “scrivibilità”, che riguarda la composizione dell’intreccio, ma non l’interpretazione dei valori alla sua base: strategia narrativa di coinvolgimento e non cessione della responsabilità (po)etica rispetto al racconto stesso.

Un Nuovo Mondo

Fig. 7. Scontri generazionali. Tom King, Mitch Gerads, Mister Miracle #12, p. 17. DC Comics 2018

Il Grande Atto che compiono Scott e Big Barda è interrompere la catena di odio che ha caratterizzato i mondi degli dei. L’invito di Metron a Scott, quindi, è l’invito a rinunciare al suo ruolo di Alto Padre, così da poter mantenere lo status quo ante e il senso del Potere, ma, constatiamo nell’ultimo albo, Scott e Barda rifiutano e mantengono la responsabilità del mondo degli Dei.

Da parte loro, i fantasmi danno voce al grido del Vecchio Mondo, che chiede di essere tenuto in vita con i suoi principi e i suoi valori: Orion, il vecchio Alto Padre, Darkseid, Forager tentano di convincere Scott che il vecchio Mondo era il “mondo come deve essere”, che il cambiamento portato da Scott è illusorio e velleitario, ma Scott non ascolta quelle voci e mantiene le proprie responsabilità di nuovo Alto Padre, verso nuovi valori (la simmetria rispetto al caso dell’Amleto shakespeariano è immediata: lì il Principe subiva l’invito del Padre a perpetuare il Passato e non riusciva a interrompere la catena d’odio). Responsabilità pubbliche che mantiene senza rinunciare a quelle private, in particolare all’amore per Barda e Jacob. La tavola che descrive la natura dei mondi corrisponde quindi alla nuova narrazione per il Nuovo Mondo che Barda e Scott intendono realizzare.

La visione trasmessa da Mister Miracle, è quindi che l’esistenza di ogni individuo ha una dimensione pubblica e una privata, entrambe necessarie e che la maturità sta nell’affrontare (non subire!) le responsabilità che derivano da questa doppia dimensione, nel tentare di armonizzarle e nel dovere di tentare di rendere il mondo un luogo migliore.
Tornando agli occhi di Barda, potremmo allora dire che il colore blu segnala i momenti nei quali accade qualcosa che contribuisce a costruire il Nuovo Mondo, come la nascita di Jacob.

Una storia Semplice

Fig. 8 Mitch Gerads, Mister MIracle #5 alternate cover, DC, 2017.

Alla fine, quindi, Mister Miracle racconta una storia molto semplice: il Male esiste e possiamo sconfiggerlo; possiamo cambiare il mondo. Questa morale è tutta nell’uso del famigerato mantra “Darkseid is”, che da manifestazione dell’onnipresenza del Male diventa, nell’ultima pagina, una battuta che Big Barda usa per commentare lo smarrimento del telecomando della TV (MM #12); insomma, da “il Male è l’unica realtà” a “che disdetta!”.

In questo senso, Mister Miracle rappresenta l’annullamento di una dimensione mitica e la laicizzazione della morale: il Male come principio metafisico è stato rimosso dall’universo e ora restano i comportamenti, le scelte e quindi la responsabilità dell’individuo.

E le scelte sono l’elemento più abbondante in Mister Miracle, per di più amplificate dal fatto che Scott Free è sì il Signore della Fuga, ma ciò da cui non fugge mai, nemmeno una volta, è l’assunzione di responsabilità. Scott non si tira indietro, comunque grande sia il pericolo associato al fallimento e “Standing” è la parola che marca i momenti più duri per Scott – il pestaggio da parte di Orion (MM #2) e lo scontro con Darkseid (MM #11) –: indica che subisce ma non rinuncia.

Il valore profondo di questa forza, ostinazione e volontà di resistere sta nel suo essere strumento per salvaguardare ciò che Scott ama. Scott, al contrario di Orion, non è mosso da volontà di potenza ma dall’amore e questo emerge chiaramente dal quinto episodio, incorniciato fra la richiesta di condivisione di Scott a Barda e il sì della dea, che vale la pena citare interamente:

Scott: “You could ask me, y’know, to stay. I’d fight. I’d kill Orion. Just say ‘Stay’. I go to war
Barda: “I can’t, Scott, I told you. I can’t be that. I’m not your way out. It’s yours. This life, it’s yours. You choose. If you want to… All I can be is your wife” (MM #5, p. 1).

Barda: ”Stay!” (MM #5, p. 24).

Il dialogo iniziale è reso con una sequenza di didascalie, che accompagnano i due sulla Via delle Stelle a Los Angeles; la battuta finale è recitata da Barda, nuda e imbrattata di sangue dopo aver massacrato a colpi di mazza Funky e le due guardie inviate da Orion per scortare Scott alla sua esecuzione. La dea è inquadrata frontalmente dal basso (dal punto di vista di Scott, verosimilmente), mostra uno sguardo deciso e trasmette una sensazione di forza inarrestabile e ferocia primordiale.
Fra queste due scene è avvenuto (il lettore lo deduce in MM #7) il concepimento di Jacob, il frutto dell’amore di Scott Free e Big Barda, ed è ragionevole ascrivere a questo il cambiamento di Barda. Quello che nel primo dialogo era una sorta di ruolo formale (“moglie”), si è trasformato in qualcosa legato a un senso (la vita, l’amore), e da questo momento inizia la lotta per il Nuovo Mondo. Di passaggio, merita notare che il ruolo fondamentale dell’amore fu anche dichiarazione programmatica dell’iniziativa Rebirth, nella cui scia tutto sommato si sta ancora muovendo la produzione DC.

Una storia umana

Mister Miracle si pone come una tappa fondamentale nel percorso lungo il quale si sta snodando la carriera e la poetica narrativa di Tom King, quel Nuovo Umanesimo Supereroico che prova a ricercare nel supereroismo un carattere più umano, più vero e dunque più fallace e più reale.

È un approccio che King ha adottato in Visione, che elabora nella sua attuale gestione di Batman e che possiamo rintracciare già in Omega Men e ci fornisce una suggestiva chiave di lettura anche per la vicenda di Scott Free. Se ci riferiamo a questa poetica, possiamo leggere il tentativo di suicidio di Scott che apre la maxiserie come metafora del peccato originale cristiano. Scott è un supereroe e, per definizione classica e secondo la concezione che aveva il suo creatore Jack Kirby, è infallibile, invincibile e soprattutto è incarnazione della perfezione e sublimazione dell’essere umano.

Fig. 9 Mitch Gerads, Mister MIracle #12, p. 23, DC, 2017.

Rispetto a questa visione, il tagliarsi le vene è un atto di vigliaccheria e di rinuncia imperdonabile per un supereroe, che lo bandisce dall’Eden rappresentato dall’universo dei supereroi DC, che peraltro mai compaiono nel racconto, e lo condanna all’esistenza nel mondo reale, il nostro mondo: i “passaggi” attraverso i boom-dotti verso Nuova Genesis e Apokolips – il “sotto”universo dei Nuovi Dei all’interno del multiverso DC -, sono l’unica concessione fatta a Scott di ritornare nel mondo supereroico.

Ma quello che dovrebbe essere un esilio, una pena, rivela a Scott il vero senso dell’esistenza, il valore della responsabilità pubblica e la ricchezza della responsabilità privata, i doveri e l’amore verso una famiglia da costruire.
In questo percorso, Scott comprende il senso del dubbio, della paura, del non sapere cosa fare, del rimorso e del rimpianto e comprende che in ciò, come nel senso di condivisione e di amore ricambiato, si trova il vero significato dell’esistenza, non in universo – quello supereroico – dove tutto è piacevolmente semplice, soddisfacente ma falso e inutile.

Tutto ciò diventa anche una sorta di manifesto di intenti per dichiarare che cosa siano per King i fumetti di supereroi, quale sia il senso che lui vuole dare alle storie che scrive. Ed esplica entrambi i significati nel dialogo tra Scott e Oberon che occupa la terz’ultima pagina del #12 e con il quale concludiamo questa lunga digressione.

Scott: “Credo che tutto ciò che ho fatto sia sbagliato. Avrei dovuto scappare… Non avrei dovuto scappare… Io… Oberon, è tutto sbagliato.

Oberon: “Va tutto bene, ragazzo. Andiamo, sei a posto. Scott, ascolta. Quel mondo, quell’altro mondo che Metron ti ha mostrato. Tutte quelle crisi e quelle continuity che non hanno mai veramente senso. Quel mondo pieno di supereroi che finiscono sempre per essere felici e vincenti? Pensi davvero che sia più reale di tua moglie? Di tuo figlio? Scusa, volevo dire figli. Andiamo, raccontamene un’altra!

Scott: “Io… hai saputo? Intendo, del nuovo arrivo. La bambina. La piccola…

Oberon: “Ho saputo. Adesso metti su un sorriso su quella vecchia faccia corrucciata. Ragazzo, questo, tutto questo ti spezzerà il cuore. Non puoi sfuggirgli. Ma sei bravo, se stai bene, capirai… che c’è qualcuno là fuori che ti aiuterà a rimetterne insieme i pezzi.

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