Quella volta che… Batman medico

Quella volta che… Batman medico

La rilettura della storia “Tamburi di guerra” di Andersen Gabrych e Pete Woods offre uno spunto interessante: e se Batman facesse il medico?

Bruce Wayne è Batman, il cavaliere oscuro che protegge Gotham City. Vestito da pipistrello, ogni notte l’eroe scende in strada oppure volteggia tra gli smisurati palazzi per dispensare giustizia e, soprattutto, per evitare che altre persone, in particolare i bambini, debbano vivere ciò che è capitato a lui.
La vicenda è arcinota: uscendo dal cinema la famiglia Wayne viene colta di sorpresa da un ladro, che si fa sfuggire la situazione di mano e, oltre a una collana di perle, strappa le vite di Martha e Thomas, i genitori del piccolo Bruce, l’unico sopravvissuto al dramma di Crime Alley. Anni dopo, l’orfano mantiene la promessa fatta inginocchiato davanti ai cadaveri dei propri cari e inizia un’infinita crociata contro il crimine nei panni del celebre vigilante.
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Prima di indossare maschera e mantello, il giovane si è sottoposto a un severo addestramento, adottando un approccio olistico: non solo le arti marziali e tutto lo scibile umano in termini di combattimento, movimento e resistenza, ma anche le scienze, la filosofia, la letteratura, la storia, la geografia, la musica… insomma, le arti del trivio e del quadrivio più tutto ciò che la mente di un comune mortale può assimilare.
Il giuramento di un adolescente si è trasformato in un chiodo fisso e in uno sfogo, nel tentativo di sconfiggere il Male, prevenendolo o vendicandolo, annullandolo o limitandolo. Alcuni autori hanno interpretato Batman come una figura ossessionata dalla propria missione, come un uomo rimasto bloccato alla tragica notte che ne ha segnato l’esistenza. Altri hanno preferito delineare un individuo con le proprie idiosincrasie ma ormai pacificato e felice di sfrecciare a bordo della batmobile per la città di cui è il sommo guardiano.

Nel corso degli anni, più di ottanta, tra le tante pubblicazioni dedicate dalla DC Comics al suo personaggio di punta non sono mancate interpretazioni eterodosse, confluite solitamente nelle storie chiamate Elseworld, ossia racconti nei quali gli eroi vengono reinterpretati in contesti spazio-temporali diversi da quelli abituali ma più o meno plausibili, che ne influenzano la personalità e il portato esperienziale. Si tratta di narrazioni autoconclusive che talvolta regalano spunti interessanti e talaltra si esauriscono in semplici divertissement, ma in entrambi i casi sono poste fuori dalla continuity ufficiale.

In continuity, invece, è Tamburi di guerra, saga batmaniana che si sviluppa in due archi narrativi, più un prologo e un epilogo, tutti firmati da Andersen Gabrych (testi) e Pete Woods (disegni). A loro volta, questi capitoli sono l’antefatto di un’altra saga, ossia Giochi di guerra. Il tutto è stato ristampato da Panini Comics nel corposo volume Giochi di guerra – Conflitto totale per la collana DC Maxiserie.
Il segmento diegetico a cui si fa riferimento è Il surrogato (il primo arco narrativo di Tamburi di guerra) e vede l’uomo pipistrello impegnato in una corsa contro il tempo per salvare una ragazza e il bambino che sta per dare alla luce. Sebbene sia aiutato dalla dottoressa Leslie Thompkins, il crociato incappucciato viene rallentato dagli assalti della mafia, sostenuta da Mister Freeze, e infine non può evitare che la vittoria sia solo parziale. Purtroppo, date le circostanze estreme, il medico non può salvare sia il nascituro che la partoriente minorenne, perciò deve chiedere a un parente prossimo di scegliere tra le due persone in pericolo.
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Meglio riavvolgere un po’ il nastro per fare chiarezza. Neisha ha quattordici anni ed è rimasta incinta, ma sulla nuova vita che porta in grembo ha messo gli occhi la sua stessa madre (quindi nonna del bebè): L’shea è una donna di successo e di fama mondiale desiderosa di avere un altro erede al quale trasmettere le ricchezze del marito criminale. Da qui, la sua scelta di salvare il bambino e non la giovane che deve darlo alla luce.

Fatta la doverosa e ampia premessa, eccoci al dunque. Leslie, figura che insieme con Alfred Pennyworth ha cresciuto Bruce dopo la morte dei genitori, rappresenta per l’eroe un punto fermo e un modello da imitare, il buon esempio dato da una persona che attraverso la propria abilità come medico ha deciso di provare a salvare innumerevoli vite umane. Thompkins rifiuta la violenza, pertanto non approva i metodi del vigilante, tuttavia non gli volta le spalle e, anzi, si affida a lui quando non c’è altra soluzione, come in questo caso, in cui lo incarica di rintracciare L’shea. Ovviamente Batman, seppur con varie difficoltà come anticipato, la trova e la porta a esprimere il verdetto.

Mentre Wayne, ancora coperto da maschera e mantello, la aiuta a praticare un parto cesareo in un contesto disagevole, la dottoressa si rende conto della sua strabiliante abilità manuale e gli dice che ha un dono. Il parto ha successo, ma la madre muore nonostante i tentativi dei due personaggi di tenerla in vita; a questo punto lo sconforto assale il protagonista che si dà la colpa di non aver fatto abbastanza. Allora Leslie lo rincuora: “Non potevi farci niente. Ne sarebbero morte di più [di persone] se non fosse stato per te. Ma non puoi sentirti responsabile per chiunque in questa città. Ti prego… devi imparare a lasciare la presa”. E, quando Bruce dichiara di volersi mettere sulle tracce di Mister Freeze, la sua alleata continua: “Dopo questo vai a batterti con un ‘supercriminale’? […] Non lo  vedi? Pesti di botte questi pazzi, li consegni alle autorità, e poi te li ritrovi liberi. Più arrabbiati e violenti di prima. E tu rispondi per le rime, come finirà?”.1

L’eroe va lo stesso a portare giustizia alla sua maniera, quindi nello scioglimento della vicenda ha un ultimo confronto con Thompkins, che insiste così: “Non è un segreto che io non approvi sempre ciò che… fai. Ma la tua devozione alla sacralità della vita è così meravigliosa… rivedo tuo padre in te. E guardandoti l’altra notte, ho pensato… che forse potresti pensare a cambiare carriera. Dicevo sul serio. Hai un dono. Salveresti delle vite senza perpetuare il circolo della violenza”.batman tamburi int leslie

A questo punto, sebbene l’invito cada nel vuoto, sono due gli aspetti sui quali conviene soffermare l’attenzione. Il primo riguarda l’eredità di Thomas: il defunto padre di Bruce era uno stimato medico di Gotham City, un uomo che, nonostante un certo revisionismo negativo applicato al suo personaggio in alcune storie, faceva del proprio meglio per salvare i pazienti, esercitando la professione e restando fedele al giuramento di Ippocrate. Per il rampollo di casa Wayne porsi in continuità con il genitore anche sul piano professionale potrebbe essere motivo di orgoglio. Certo, probabilmente entrerebbe in conflitto con il “lavoro” notturno, perché magari si ritroverebbe di giorno a curare coloro che di notte sfonda di pugni.

Ed ecco il secondo aspetto: la rinuncia alla missione, o meglio la necessità di ricalibrarla, ripensandola scevra della violenza. Ciclicamente, nei fumetti (ma anche nei film, se si pensa per esempio a Il cavaliere oscuro: il ritorno di Christopher Nolan) gli sceneggiatori mettono in bocca ai comprimari frasi con le quali criticano l’operato di Batman, sostenendo che nei panni borghesi di Bruce Wayne egli potrebbe fare di più per Gotham e la sua gente: potrebbe spendersi in prima persona, occuparsi direttamente dei propri affari, senza delegare e affidare ad altri le opere di carità e di assistenza pubblica nelle quali comunque – è bene ricordarlo – le varie fondazioni Wayne sparse per gli albi si danno da fare. In ogni caso, però, l’impegno sociale del protagonista si legherebbe e si lega al suo patrimonio, diventando inevitabilmente di stampo socio-economico. Il discorso di Leslie è diverso e non tira in ballo la fortuna ereditata e successivamente incrementata dall’orfano, bensì punta sulle sue capacità sia innate (eredità anche questa?) che acquisite con la dedizione e la fatica. Rimarca, inoltre, l’apparente inefficacia delle gesta del guardiano oscuro, contrapponendo ai calci e ai batarang il bisturi e la scienza quali strumenti spesso più decisivi e definitivi – anche se non infallibili.

È solo uno spunto, quello che l’attore e fumettista Gabrych offre nel suo Tamburi di guerra, ma è qualcosa che colpisce, perché posto a lato e allo stesso tempo in continuity. A lato, perché il nucleo del racconto è un altro e poi il seme non germoglia; in continuity, perché viene gettato in una saga che non appartiene all’etichetta Elseworld, non presenta un contesto diverso rispetto a quello abituale, pertanto un autore potrebbe ancora riprenderlo e approfondirlo senza difficoltà.

Abbiamo parlato di:
Batman: giochi di guerra – Conflitto totale
Andersen Gabrych, Pete Woods
Traduzione di Giuseppe Buttiglione
Panini Comics, 2022
488 pagine, brossurato, colori – 35,00 €
ISBN: 9788828738473


  1. Si fa riferimento alla traduzione di Stefano Formiconi, presente nel volume #25 della collana Batman: la leggenda, 2009. 

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