“L’eroe privato è pleonastico,
l’eroe pubblico è un ossimoro”
Javier Cercas
Strange Adventures è una maxi serie in dodici albi pubblicata da DC Comics sotto l’etichetta Black Label tra il 2020 e il 2021, firmata da Tom King (sceneggiatura), Mitch Gerads e Evan “Doc” Shaner (disegni). Per darne una prima inquadratura, possiamo senza dubbio considerarla come terza elaborazione delle relazioni fra ruolo e responsabilità pubbliche e ricerca di identità, dopo Vision e Mister Miracle, ma è importante considerare che Strange Adventures nasce e viene scritta mentre King lavora a un nutrito catalogo: Heroes in Crisis, Rorschach, Batman & Catwoman, Supergirl e The Human Target.
L’opera
La maxi serie è costruita come un racconto hard-boiled, nel quale il lettore è lasciato a lungo senza un riferimento che lo aiuti a mettere in una prospettiva coerente ciò che vede accadere sulla pagina. Fattore fondamentale di questo disorientamento sono i trattamenti dei due personaggi principali della storia: Adam Strange, l’”eroe dei due mondi”, e sua moglie Alanna, principessa del pianeta Rann. Del primo è messa in evidenza una commistione di fragilità e determinazione che arriva fino alla ferocia, collegata alla guerra combattuta su Rann contro la razza dei P’ykt e alla perdita della figlia, mentre la seconda è proposta come una tipica dark lady, tanto affascinante quanto manipolatrice. La coppia costituisce il “caso” di questo racconto e spetta a Mr. Terrific – investigatore e terzo personaggio fondamentale per la narrazione – guidare il lettore attraverso la complicata matassa di relazioni, brandelli di ricordi, diffidenze e resistenze, forzando via via i punti di vista convenzionali, resi nel racconto dalle posizioni espresse in alcune trasmissioni televisive giornalistiche, che danno conto delle reazioni alle scoperte sul caso e dell’evoluzione del giudizio sull’operato di Strange a Rann. Il racconto è costruito attraverso due linee narrative: una che ripercorre la guerra su Rann, l’altra segue l’indagine su Strange e l’attacco dei P’ykt alla Terra. Nella prima, l’invasione P’ykt, la strenua resistenza degli indigeni e i tentativi di Strange e Alanna di unire i popoli di Rann, inseriscono, in uno scenario che riporta agli ibridi sci-fantasy figli della saga di John Carter di Burroughs, una via via crescente violenza e spietatezza, mescolate alla mancanza di comunicazione fra i belligeranti.
Alle scene belliche si alternano momenti intimi, nei quali emerge l’amore profondo che lega i due protagonisti, il ruolo centrale – apparentemente dominante – di Alanna e il loro progressivo allontanamento. La presenza della figlia, riferimento costante nella linea narrativa del presente, resta in realtà marginale e la sua stessa scomparsa è presente nei dialoghi fra Adam e Alanna, ma non rappresentata: poiché quella scomparsa è di fatto il motore narrativo, possiamo dire che al centro di Strange Adventures c’è un colossale buco nero, che percepiamo attraverso i suoi effetti sulle scelte e le motivazioni dei personaggi.
Il doppio binario del racconto rimanda immediatamente alla struttura delle contemporanee Rorschach e Batman & Catwoman (dove le linee narrative sono addirittura tre): in tutte, questa molteplicità mette in scena un processo di ricostruzione non lineare, poiché spinge il lettore a interrogarsi sul legame fra i segmenti narrativi adiacenti. Il disorientamento è inoltre amplificato da alcune scene o elementi che restano estranei: in Rorschach la comparsa di un alter-ego di Frank Miller provoca uno sbandamento verso una meta-lettura della vicenda; in Strange Adventures, il trip lisergico di Adam ci sposta in un altrove che resta autonomo rispetto al resto.
Strange Adventures è anche un racconto sulla dualità che, se narrativamente approccia vari punti di vista e temi, non tutti poi sviluppati compiutamente nello svolgimento dell’opera, graficamente fa della tensione tra lo stile dei due disegnatori coinvolti – Mitch Gerads ed Evan “Doc” Shaner – una sorta di diapason visivo che riverbera tra due visioni in evidente contrasto tra loro.
La diversa percezione della verità, la manipolazione di questa e dei personaggi si riflettono nello stile antitetico dei due artisti.
Così da una parte ritroviamo il segno pulito e la linea chiara di Shaner, quello che lo stesso King ha definito una sorta di incarnazione dell’ideale platonico del disegno a fumetti di genere supereroistico. Le figure di Shaner, all’inizio del racconto, eroi o antagonisti che siano, sono sempre perfette, le ambientazioni complesse ma sempre chiare, al pari delle sequenze di battaglia, quasi una messa in scena per il pubblico, ripulita dallo “sporco” e dai “sanguinamenti” del reale. È a questo disegnatore che King affida la rappresentazione della guerra su Rann e la trasformazione dell’eroe. E Shaner lo mostra che, passo dopo passo, evento dopo evento, diventa sempre più spietato e crudele. Allora viene facile pensare che le vignette e le pagine affidate a questo disegnatore rappresentino all’inizio il punto di vista di Adam Strange stesso, il modo come lui si vede (un eroe, qualcosa di più un essere umano) e, soprattutto, come vuole raccontarsi all’esterno, alla gente. Si potrebbe quasi azzardare, dopo la lettura dell’albo di esordio, che possano rappresentare la messa in immagini della biografia scritta da Alanna su suo marito, la (parziale) verità edulcorata che viene raccontata affinché la figura pubblica ne esca rafforzata quale esempio di sacrificio, altruismo e moralità.
In realtà, a ben pensarci, quella biografia resta un oggetto misterioso per tutto l’arco della serie e il contenuto non viene mai svelato a lettore. E, mano a mano che le notizie sulle crudeltà di Strange in guerra arrivano poco a poco nel corso del racconto come dei leak, ecco che il segno di Shaner perde innocenza, al pari dell’eroe – il cui aspetto perde l’eleganza iniziale per abbrutirsi anche da un punto di vista puramente estetico – e gli scontri e le battaglie si fanno visivamente più sporchi, più violenti, più realistici nelle conseguenze.
Dall’altra parte abbiamo il segno nervoso, sporco e realistico di Mitch Gerads, le sue vignette piene di retini, di macchie di colori, di volti mai distesi ma spesso colti in smorfie, anche quando sorridono. Volti e corpi reali, pieni di stanchezza, di rabbia o di paura. E, se da un lato viene da pensare che la tavole e le vignette di questo autore rappresentino come la storia e la figura di Adam Strange siano percepite dall’esterno, dagli occhi della gente comune, dall’altro è indubbio che, essendo chiamato a rappresentare su tavole il presente narrativo della vicenda ambientato dopo la guerra su Rann, il suo stile sia perfetto per restituire personaggi “spezzati”, vittime di traumi psicologici con i quali devono convivere (come Mister Terrific) o di cui sono quasi inconsapevoli (Adam Strange).
Quella di Gerads è una visione scevra di qualsiasi aura di accondiscendenza verso i protagonisti, realistica e reale, priva della patina di innocenza che si ritrova nelle prime vignette di Shaner e che poi scompare anche da quelle.
E non è un caso che siano proprio le tavole di Gerads quelle dove vengono rappresentate scene di sesso e dove le tensioni erotiche sono più evidenti e quelle violente esplodono. L’autore rappresenta personaggi nei quali non c’è più distanza tra superumano e umano, nel senso che il primo è completamente annullato in favore del secondo, e fallibilità, dipendenze fisiche e bassezze psicologiche non possono essere nascoste.
Esperienza di lettura
Strange Adventures ruota attorno a due fuochi: il rapporto complesso tra la figura/ruolo di eroe e quella di persona/genitore e quello fra percezione del sé da parte dell’individuo e da parte degli altri. Come risultato abbiamo due narrazioni identitarie in tensione reciproca e potenzialmente distruttiva. In particolare, ciò che via via viene alla luce sulla conduzione del conflitto bellico extraplanetario modella la percezione che Alanna e l’opinione pubblica hanno di Strange. Due mondi – grossolanamente “ideale” e “reale” – vengono a contatto e quella a cui assistiamo è a una vera e propria contaminazione fra la cronaca degli orrori bellici e la fiaba dell’eroe e padre senza macchia, fra il tormento della perdita della figlia e la pulsione alla vendetta spietata, che sgretola i confini (morali e operativi) entro i quali agiscono i supereroi.
La fiaba risulta così inesorabilmente corrosa nelle sue stesse fondazioni e si determina una mutazione della figura dell’eroe, che perde le sue caratteristiche ideali e diventa a poco a poco un uomo che sfrutta le proprie capacità per lottare per i propri cari e la sopravvivenza di un mondo. Sulla Terra, con la minaccia dell’invasione aliena, Adam Strange si trasforma da esempio morale a “quello di cui abbiamo bisogno”. La consapevolezza dell’importanza di questo cambiamento nella percezione è sintetizzata da una delle scene più intense dell’intero racconto, allorché Strange uccide un P’ykt sotto gli occhi di Batman: a questi che gli dice “Non puoi ucciderli”, il protagonista ribatte: “No, tu non puoi ucciderli. Perché tu sei un supereroe. Io sono qualcosa di diverso” (Capitolo 7). Questa immagine è in risonanza con quella in cui, all’inizio del capitolo 2, Mr. Terrific parla con Batman, e di Strange dice: “Lui è come te, è un supereroe”.
Se pensiamo alla figura dell’eroe epico poi analizzata e decostruita dalla tragedia classica, in particolare dalle opere sofoclee ed euripidee, Adam sarebbe perfettamente a proprio agio in quella dimensione, stretto nella tensione tra il compito da portare a termine e l’etica, senza dimenticare l’aspetto pubblico e se vogliamo politico, quell’occhio costantemente puntato dalla società sull’eroe, ossia sull’uomo che, buono o cattivo, vanta qualità superiori al comune mortale.
Strange Adventures è un racconto freddo, costruito cioè in modo da minimizzare l’empatia verso i protagonisti (Adam Strange e Alanna) ed è questa la caratteristica principale che lo differenzia rispetto al resto della produzione di Tom King – non solo da Sheriff of Babylon ma anche da Rorschach. Questo distacco fra lettore e personaggi è realizzato tramite l’utilizzo di uno sguardo che osserva e scruta i comportamenti dei primi, ma che non accede mai ai loro pensieri: i protagonisti sono per lo più mostrati in momenti pubblici, nei quali le loro azioni hanno un’ampia componente comunicativa, se non manipolativa. È solo nei rari momenti privati, spesso occasioni di scontro e discussione accesa, che abbassano le proprie difese, quasi come effetto secondario dell’aver lasciato erompere la propria collera fuori di sé.
L’unica “confessione” che suona sincera è quella di Mr. Terrific, allorché racconta ad Alanna come ha vissuto la morte della moglie e della figlia e come si confronta con il ricordo e le proprie emozioni al riguardo. Quel dialogo assomiglia molto a uno scontro retorico, nel quale ogni domanda e ogni risposta sono azioni tattiche. All’apertura di Mr. Terrific, che confessa di aver provato sollievo perché la loro morte gli evitava le responsabilità della paternità, fa da cornice l’evidente intento manipolatorio di Alanna, che cerca un punto debole nell’interlocutore, colui che sta svolgendo l’indagine su suo marito. Di più, non solo la donna raccoglie la confessione, ma si pone anche in atteggiamento seduttivo: la scena seguente, nella quale i due si salutano è la più carica di tensione erotica di tutto il racconto.
E “manipolazione” è uno degli elementi chiave del racconto, che entra in risonanza con la percezione della verità di cui parlavamo poco sopra: l’indagine di Mr. Terrific scava attraverso i vari strati distorsivi sedimentati sopra gli eventi, per portare alla luce ciò che è accaduto su Rann e la ragione di ciò che sta accadendo sulla Terra. Tutto questo, merita notare, senza barare o nascondere alcunché al lettore, ma, secondo la più classica delle tecniche, costruendo le scene in modo tale che l’indizio, per quanto evidente, risulti al lettore secondario rispetto ad altri elementi della pagina o dell’immagine.
Lo scioglimento è una sorta di corpo estraneo nel nucleo dell’opera, perché costruito in maniera totalmente diversa rispetto al resto del racconto, con il risultato di indebolire in maniera improvvida la carica emotiva della narrazione. Si lascia il racconto con la sensazione che abbia improvvisamente cambiato fuoco, come volesse affrontare una nuova storia, ma limitandosi a buttar sulla pagina un assemblaggio di idee sparse e alle quali tuttavia trovare ancora un senso e una direzione.
Svanisce ogni cura per la coerenza interna: Alanna e Mr. Terrific riescono non solo a farsi ricevere dai P’ykt, per giunta tranquillamente armati fino ai denti, ma anche a farsi restituire la bambina e convincerli a rinunciare all’invasione della Terra senza troppe difficoltà. È come se i protagonisti sapessero o come se fosse accaduto qualcosa di fondamentale che ci viene tenuto nascosto, né mai rivelato, nemmeno in uno spiegone a posteriori. La narrazione fa una sorta di salto triplo fuori scena, staccando da Alanna piegata sul corpo esanime di Strange e ripartendo con lei e Mr. Terrific che approdano sulla nave madre P’ykt: nel giro di poche tavole, uno scontro a fuoco e poche parole – peraltro in una sequenza che, presa a sé, è molto efficace per dinamismo e dialoghi secchi.
L’inverosimiglianza rispetto a tutto quello che è stato raccontato è fragorosa: non tanto la serenità con la quale gli alieni belligeranti abbandonano il progetto di invasione della Terra (coerente con la precedente necessità di avere una spia per sconfiggere i supereroi terrestri), quanto la loro fiducia nella buona volontà dei due ospiti e l’incapacità di neutralizzarli. Tutto il racconto è stato particolarmente attento nel tratteggiare gli atteggiamenti dei P’ykt e nel mettere in evidenza come nessuno ne conosce poi molto. Solo Mr. Terrific pare aver iniziato a comprenderli, ma non sappiamo niente di quello che ha scoperto: tocca accettare che abbia trovato la chiave per scardinare la loro diffidenza e manipolare le loro decisioni. Per questo, il minimo che possiamo dire è che lo scioglimento del racconto è staccato dal resto: fra la morte di Adam Strange e la spedizione alla nave madre aliena deve essere accaduto qualcosa di molto importante, che rende il viaggio di Alanna e Mr. Terrific una missione ragionevole e non un mero spike narrativo. Infine, anche l’affidamento della bambina a Mr. Terrific è messo in scena in maniera estemporanea e liquidato con due lacrime materne e una discussione fra lui e Alanna di una superficialità sconcertante, in particolare rispetto alla tensione e sottigliezza dialettica che caratterizzano tutti i precedenti dialoghi che punteggiano il racconto.
Considerazioni
Strange Adventures è un’opera che in prima lettura patisce eventuali aspettative di omogeneità rispetto a Vision e Mister Miracle ed è penalizzata da un finale che chiude i fili narrativi pendenti in maniera forzata. Questi aspetti, soprattutto il secondo, amplificano la percezione dei difetti, tuttavia, una seconda lettura ne valorizza non solo la costruzione, ma anche la specificità nella trattazione dei temi ricorrenti e la collocazione rispetto alle altre opere di King.
Come le due precedenti, anche Strange Adventures è un caso di legami affettivi messi a dura prova dalle circostanze e come in Vision, il risultato è la distruzione di quei legami. La vicenda di Strange, infatti, si svolge e risolve sotto il segno della solitudine: è innanzitutto abbandonato dagli altri supereroi, che non intervengono per fermare l’invasione P’ykt, poi, per quanto sia grande l’amore che lo lega ad Alanna, non gli dà la fiducia per condividere con lei il patto stretto con gli invasori. Così, alla fine, Adam si perde: non solo muore, ma muore perdendo il rispetto di Alanna.
Attraverso il destino del protagonista, Strange Adventures mette in evidenza i limiti dei supereroi: non possono essere ovunque, e ogni loro scelta sacrifica chi viene posto a bassa priorità. Un argomento già trattato da King in Heroes in Crisis, laddove faceva pronunciare a Superman un discorso a metà tra assunzione di responsabilità e resa nei confronti dei limiti (super)umani. Un’impossibilità di risolvere tutto che, con le sue conseguenze, manda gli eroi in burnout. In un confronto tra queste due opere, non può che scaturire la domanda di quanto bene starebbe Adam nel Santuario, il centro psicologico di recupero per supereroi di HiC.
Proprio Superman non interviene per salvare Rann e, seguendo la stessa logica, Strange non esita a scambiare la Terra con la figlia; in fondo, abbandonando Rann, è venuto meno il principio di “salvare tutti”, che guida le azioni dei supereroi classici e allora, rinunciando a questo, tutti gli altri possono venir meno. O, meglio, diventano oggetti di negoziazione, di calcolo costi-benefici. Quella che viene meno – nell’animo di Strange – è la fiducia nell’efficacia dei supereroi: per capire le loro decisioni, dovremmo sapere in cambio di che cosa hanno rinunciato a salvare Rann, ma il punto è che per Adam – per l’individuo che vive nella zona d’ombra, lontano dallo sguardo protettivo dei supereroi – la perdita dei propri cari non ha corrispettivo e il fallimento della Giustizia Supereroica è totale e definitivo.
Considerandone la collocazione nella produzione di King, è forte la tentazione di considerare Strange Adventures come una sorta di epilogo di una fase autoriale: raccoglie gli elementi caratterizzanti di quella fase e, attraverso i difetti che abbiamo evidenziato, ne mostra il logoramento a cui sono andati incontro. A partire dalle successive Supergirl e The Human Target, notiamo un cambio della prospettiva, che osserva situazioni e caratteri più semplici: la narrazione si fa più lineare, meno frammentata, il tono più leggero, l’approccio più lieve, che si riflette in una lettura più divertente e divertita, ma non meno appassionante. Ma, per discuterne seriamente, serve un’analisi dedicata, che rimandiamo ad eventuali approfondimenti specifici.
Abbiamo parlato di:
Strange Adventures Vol. 1: I buoni e i cattivi
Strange Adventures Vol. 2: Devozione e fanatismo
Tom King, Mitch Gerads, Evan Shaner
Traduzione di Stefano Visinoni
Panini Comics, 2021
192 pagine, cartonato, a colori, € 23,00 cad.
ISBN: 9788828733812 – 9788828737445