Arriva anche da noi l’ultimo lavoro della coppia Mark Millar/Steve McNiven, per il quale negli Stati Uniti è già in cantiere la produzione di un film, sulla falsariga di Kick-Ass e Wanted.
La storia: un criminale mascherato uccide uno dopo l’altro prestigiosi alti funzionari della polizia in oriente; Corea del Nord, Singapore, Hong Kong, Cina e Giappone; a Tokio mette addirittura in scena una strage che coinvolge un treno e un grattacielo. A ciascuna vittima annuncia luogo e momento della sua morte e la prossima vittima è Blake Morrow, super poliziotto di Washington D.C.. In realtà, tutti i precedenti assassinii sono state esercitazioni per preparare l’attacco a Morrow, poiché è di lui che Nemesis dichiara di volersi vendicare. Prima di eliminarlo fisicamente, però, tenta di demolirne la figura morale di cittadino esemplare e integerrimo. Nel rocambolesco finale a scatole cinesi, la natura dei personaggi (protagonisti e non solo) e il senso della storia vengono rimessi in discussione dai colpi di scena e dalle rivelazioni che si succedono fino all’ultima pagina.
Lanciato con il provocatorio slogan: “Che cosa accadrebbe se Bruce Wayne fosse il Joker” e dal grande successo di Kickass e Wanted, Millar e McNiven hanno promosso questo fumetto con una capillare presenza on line e appoggiandosi direttamente ai venditori di fumetti, che lo scrittore ringrazia nella sua postfazione al volume. Ulteriore pubblicità è venuta dalla voce, poi smentita, di una possibile causa intentata dalla DC, che avrebbe contestato l’eccessiva somiglianza fra Nemesis e Batman. A questo, va doverosamente aggiunta la fama acquisita dallo scrittore con i suoi precedenti lavori, a partire dal run su “The Authority” (in coppia con l’ottimo Frank Quitely), che gli aprì le porte della Marvel, per finire ai più recenti “Civil War“, “Old Man Logan” e “Marvel 1985“.
Nemesis fa parte dell’etichetta Millarworld, è pubblicato all’interno della linea Marvel/Icon, che raccoglie titoli cosiddetti creator-owned1 ed è concepito esplicitamente come progetto mainstream; lo stesso McNiven dichiarò in un’intervista a Jeffrey Renaud resa a lavori in corso:
“Intendevamo fare qualcosa che arrivasse nella Top 10. Noi miriamo direttamente al mainstream”2
Nella stessa intervista, Millar descrive con chiarezza l’idea alla base del personaggio (“Nemesis è il negativo dello stereotipo incarnato da Bruce Wayne o Tony Stark“) e dell’opera (“Volevo fare un libro sullo scontro fra il più grande cattivo del mondo e il più grande poliziotto d’America“).
Il lavoro realizzato raggiunge pienamente gli intenti degli autori, dimostrando la loro padronanza degli strumenti tecnici e commerciali, ma lascia un vago senso di delusione. Con tutta la sua magnificenza visiva, cui un McNiven, ulteriormente migliorato dal punto di vista tecnico e grafico dà vita attraverso una serie di splash page spettacolari e contraddistinte da un numero infinito di particolari, l’opera si esaurisce nella sua trama e non offre apprezzabili spunti di riflessione, risultando in un’occasione mancata.
Il punto critico è la scelta di dare ampio spazio alle scene di azione, a scapito dello sviluppo dei personaggi: la conseguenza è la loro difficoltà a suscitare empatia e quindi partecipazione emotiva nelle vicende. La lotta rimane sempre al centro dell’attenzione, la lotta intesa come fatto agonistico: il fuoco della narrazione è sulle mosse degli antagonisti, sulle loro trovate, e l’approccio è, per così dire, tecnico, come se non fossero coinvolte vite umane. Viene messa in scena una cruenta partita a scacchi e la partecipazione del lettore sta tutta nel tentare di capire o intuire quale dei due protagonisti stia veramente anticipando le iniziative dell’altro. In particolare, il tentativo di demolizione dell’immagine pubblica di Morrow si esaurisce in una elencazione di mosse e contromosse e la loro malignità e ferocia morale non comunica il malessere che dovrebbero e quel che veniamo a sapere di Morrow resta appeso al personaggio come un cartellino, senza dargli profondità.
Più ambiguo il caso di Nemesis: in che senso è un “rovesciamento dello stereotipo Bruce Wayne/Tony Stark“?
Suscita certo una superficiale curiosità per le sue capacità organizzative e atletiche, e fin qui niente di diverso da tanti altri villains, ma quella curiosità si esaurisce nel desiderio di scoprire chi si nasconde dietro la maschera. Il racconto della sua vita, altro punto ad alto potenziale emotivo, è freddo, distaccato, non commuove e le sue ragioni non suscitano certo partecipazione e la sua conclusione (la madre sulla sedia elettrica che dice al figlio: “Mio caro, voglio che tu distrugga quell’abile poliziotto. Blake Morrow è quello che ci ha tolto lo champagne“) è in tono decisamente grottesco. Tuttavia, è ragionevole pensare che questa incapacità di suscitare empatia da parte di Nemesis sia una scelta degli autori, che gli negano qualsiasi profondità esistenziale e morale; inoltre, il finale della storia giustifica il senso di superficialità del personaggio che traspare da quella scena.
Alla fine, il cattivo di Millar e McNiven non si eleva oltre una meschina malvagità. Il che è come dire che il rovesciamento di Batman è il nichilismo, e in effetti Nemesis appare il riflesso parodistico di Batman, al punto da avere la sua Nemesis-caverna e la sua Nemesis-mobile.
Infine, parzialmente sacrificata è la scena del sottofinale nella Casa Bianca, dove Nemesis ha attirato Morrow, contando di costringerlo a scegliere fra la salvezza della moglie e quella del Presidente degli Stati Uniti. La tensione è altissima e forse sapere qualcosa di più del Presidente avrebbe dato modo di allungarla senza perdere di intensità.
Mettendo in secondo piano i personaggi, gli autori si concentrano sul ritmo, mantenuto alto e senza apprezzabili pause lungo tutta la storia, e sulla spettacolarità degli scontri, resi sempre con grande efficacia e non risparmiandosi l’esagerazione spettacolare. Gli eventi e gli scontri si succedono e il finale apre a sviluppi futuri che sciolgano anche quella che si scopre essere la trama principale (“Nel frattempo, chiederei a lei e a quelli che sente più vicini di tenersi lontani dall’area di Los Angeles“).
Al di là degli intenti degli autori, Nemesis rimane a nostro parere un insieme di idee interessanti ma non sviluppate a fondo; gli autori mirano al massimo impatto emotivo portando all’estremo molti punti della trama (gli scontri, come scritto, ma anche la situazione della famiglia Morrow, che alla fine appare una sintesi didascalica dell’ipocrisia), ma inducono solo brividi momentanei.
È interessante notare come Millar nella sua etichetta abbia affrontato tre diversi stadi del supereroismo: in Kick Ass l’uomo che diventa super eroe; in Wanted l’uomo comune che viene trascinato nel mondo criminale, per poi abbracciarlo completamente; in Nemesis l’uomo che si dedica totalmente al crimine fine a se stesso, senza scrupoli e moralità, in una vera e propria missione nichilista.
Dotato sicuramente di un buono spunto creativo e di una scrittura secca e tagliente, Millar conferma l’uso della violenza spettacolare proposto nei suoi progetti creator-owned come cardine della messa in scena, al servizio della massima spettacolarizzazione e senza darle un ruolo narrativo particolare.
Questo approccio, per fortuna, non esaurisce le capacità dell’autore scozzese, che ha dato prova di una sensibilità più equilibrata in molti suoi lavori per la Marvel, fa i quali vale la pena citare “Ultimate Comics: Avengers” e, con Brian Hitch, una bella run per i Fantastici Quattro, dove alla spettacolarità affianca, questa volta, un messaggio ottimistico.
Abbiamo parlato di
Nemesis
Mark Millar, Steve McNiven
Traduzione di Luigi Mutti
Panini Comics, 2013 (ristampa)
2 voll. – 56 pagine, brossurati, colore – 3,50€ cad.
104 pagine, brossurato, colore – 12,00€
ISBN: 978-0785148654
I cui diritti sono di proprietà degli autori. ↩
Jeffrey Renaud “Nemesis asks: What if Batman was the Joker?” comicbookresources.com/?page=article&id=23934 ↩