Questo libro non è sull’oggi o sul futuro.
Non racconta un luogo.
Non serve una causa, un partito o una classe.
Ha una morale che cresce sul pilastro della comprensione: “Il mediatore tra il cervello e i muscoli deve essere il Cuore.”
Thea von Harbou
Con un logo che riprende quello del film originale, arriva su Topolino 3189 Metopolis, parodia di Metropolis di Fritz Lang, capolavoro dell’espressionismo cinematografico tedesco, e realizzata con grande fedeltà dal duo Francesco Artibani–Paolo Mottura. Una versione particolarmente evocativa nei disegni e nella trasposizione che non rinuncia agli aspetti più politicamente schierati della pellicola originale.
Da Metropolis a Metopolis: viaggio nell’alienazione della catena di montaggio
Quando nel 1913 Henry Ford introdusse il concetto della catena di montaggio, inventato un secolo prima dall’ingegnere Marc Isambard Brunel nei cantieri della marina militare britannica, applicandolo alla produzione industriale, sorse quasi immediatamente una serie di teorie sull’alienazione e le condizioni di vita degli operai che avrebbero lavorato nelle fabbriche così strutturate.
L’opera più esplicitamente critica nei confronti della catena di montaggio è indubbiamente Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin, sebbene elementi di critica a questo (per l’epoca) nuovo sistema di produzione erano già presenti in Metropolis, pellicola del 1927 di Fritz Lang, considerato il primo film di fantascienza propriamente detto.
La sceneggiatura del film si basa sul romanzo della moglie di Lang, Thea von Harbou, uscito nel 1925, ma probabilmente in lavorazione già da alcuni anni. Alcune fonti1 suggeriscono che l’edizione originale del romanzo risalga al 1912, abbastanza compatibile quindi con l’introduzione della catena di montaggio nelle industrie di Ford, mentre gli stili presenti nel testo, nella prima parte dettagliato mentre nella seconda molto teatrale, suggerirebbero uno sviluppo che nel finale è andato in parallelo con la scrittura della sceneggiatura da parte di von Harbou insieme con il marito.
L’alienazione degli operai è indubbiamente uno degli elementi centrali sia del romanzo sia del film, e si ritrova in buona sostanza anche nella versione disneyana, e colpisce il lettore sin dalla prima pagina, che riprende l’incipit della pellicola, con l’addetto all’orologio dei turni che detta l’entrata e l’uscita degli operai, tutti uguali uno all’altro, apparentemente indistinguibili. Le pur minime differenze tra loro vengono enfatizzate man mano che la vicenda procede, ma l’ispirazione di Mottura è abbastanza evidente: l’animazione dei corti d’esordio di Walt Disney e Ub Iwerks, senza dimenticare il loro erede sulle daily strips, Floyd Gottfredson.
Un altro dei punti di forza di Metopolis è poi il piano di Petersen di sostituire gli operai umani con degli automi che recupera l’idea originale della di von Harbou presente nel romanzo ma assente nella pellicola di Lang: nel film, infatti, Fredersen è molto più interessato a controllare gli operai che non a sostituirli. La scelta degli interpreti disneyani, Petersen/Pietro Gambadilegno in luogo di Fredersen e Blackfang/Macchia Nera in luogo dello scienziato Rotwang, fa però perdere un elemento dell’intreccio originale, la vendetta di Rotwang su Fredersen, e soprattutto la possibilità per l’alter ego di quest’ultimo di ottenere il riscatto nel finale.
Espressionismo su carta
L’intreccio costruito da Artibani, che come scritto ricalca fedelmente il film di Lang con alcuni recuperi dal romanzo, viene ottimamente interpretato da Paolo Mottura con scelte stilistiche evocative e fortemente espressioniste, come negli intensi primi piani, nel gioco di luci e ombre nelle scene più inquietanti o nell’uso del tratteggio in scene psicologicamente intense.
La sua Minny, che sostituisce la Maria originale, ricorda molto più l’affascinante e a tratti inquietante Marlene Dietrich piuttosto che l’attrice originale della pellicola Brigitte Helm, mentre l’emersione della Minny-robot dalle macerie della fabbrica richiama una scena analoga in Terminator, a sua volta influenzato proprio da Metropolis.
Fedele la rappresentazione architettonica imponente e incombente della città (basti confrontare la torre al centro di Metopolis con la torre di Babele della pellicola), mentre l’atmosfera viene enfatizzata da una colorazione scura e pesante che accentua la drammaticità della storia, per perdersi nelle ultime due pagine quando la struttura sociale della città viene rifondata.
Particolarmente efficaci sono poi le scelte di colore non realistiche, come nella splash page azzurra che rappresenta la rivolta contro le macchine degli operai aizzati da una Minny inquietante al centro dell’illustrazione.
Nel complesso una parodia particolarmente efficace sia per quel che riguarda il suo sviluppo, sia per l’ottima interpretazione grafica, mentre la ricostruzione dei dialoghi da parte di Artibani risulta moderna e dinamica e in alcuni punti sembra guidata dal romanzo della von Harbou.
Abbiamo parlato di:
Topolino #3189 – Metopolis
Francesco Artibani, Paolo Mottura
Panini Comics, 4 gennaio 2017
164 pagine, brossurato, colori – 2,50 €
Vedi edizione della Newton Compton nella collana Compagnia del fantastico del 1996 ↩