Sara è diventata taciturna a solitaria dopo essere stata coinvolta in un incidente, la separazione dei suoi genitori, il litigio con la sua migliore amica. È come se la sua vita di adolescente si fosse cristallizzata in una bolla di dolore interiore che non trova le parole per esternare, come se i suoi sentimenti fossero fermi per paura di essere nuovamente feriti. Ma il destino mette sulla sua strada un vecchio bizzarro, il Signor T., che inizia a insegnarle le lettere dell’alfabeto ebraico e: attraverso quei nuovi segni e quei nuovi suoni la ragazzina ritrova la propria voce interiore, come il Golem cui viene infuso il soffio della vita. È così che la vita di Sara torna a colorarsi delle calde tinte dell’amicizia, dell’affetto familiare e forse anche dell’amore.
La premiata ditta Antonio “Sualzo” Vincenti e Silvia Vecchini torna a disegnare e scrivere una storia di passaggio e sfide emotive che ha come personaggio principale una giovanissima, chiudendo con Le parole possono tutto un’ideale trilogia inaugurata con La zona rossa (vincitore del premio Micheluzzi come miglior libro a fumetti per ragazzi nel 2018) e proseguita con 21 giorni alla fine del mondo (tradotto in Francia da Rue de Sevres e vincitore del Prix UNICEF de littérature jeunesse), enrambi titoli editi da Il Castoro.
Come ci hanno raccontato gli stessi autori, in un’intervista rilasciataci nell’agosto 2022, la fiducia riposta nel loro progetto dall’Editrice Il Castoro non era scontata: la storia di Sara è anomala, lontana dalle mode narrative del momento. Parla, dopotutto, dell’incontro fra una ragazzina e un anziano maestro, è in parte ambientata in una casa di riposo, ha riferimenti alla cultura ebraica e racconta di un Golem…
La solidità e la delicata bellezza del racconto orchestrato da Silvia Vecchini risiedono tutte nella sua capacità di mescolare elementi che richiamano nello stesso momento alla contemporaneità e a un passato che affonda nelle leggende mistiche ebraiche e nella sovrapposizione, sino alla fusione, dell’esperienza di vita della protagonista con l’elemento intangibile dell’alfabeto di una lingua antichissima e complessa, esplorata nei suoi significati metaforici.
Nelle prime tavole del libro incontriamo immediatamente Sara, senza che sia del tutto riconoscibile; la scambiamo, anzi, per un ragazzo, un piccolo teppista. È un inganno, ma offre a chi legge l’immediata prospettiva della solitudine della giovane, che si svela a poco a poco insieme alle sue fragilità e alle sue cicatrici.
Il corpo di Sara, la sua fisicità e le sue movenze, colte in gesti riassuntivi delle tappe del suo percorso formativo, collimano con le linee che compongono le lettere dell’abjad 1 e i loro significati reconditi e si esplicitano in doppie tavole a sé stanti che introducono ciascuno dei tredici capitoli di cui si compone il volume. Era infatti desiderio di Sualzo – come ci ha spiegato nella nostra intervista – che “le lettere, con le loro caratteristiche e i loro significati profondi, prendessero vita dentro di lei [Sara], trasformassero la sua storia”.
Il personalissimo bildungsroman 2 di Sara è raccontato da Vecchini attraverso un’atmosfera immersiva debitrice di un realismo magico che incanta e affascina. Il tutto è reso da Sualzo con un tratto pulito e immediato, dai volti e dalle forme rotonde e rassicuranti, da vignette che rappresentano situazioni quotidiane e familiari, fatte di piccoli gesti e cariche di semplicità, anche quando l’elemento magico – la presenza del Golem – si fa via via più ingombrante. Soprattutto in questi passaggi della narrazione la naturalezza rappresentativa esplicita il vero significato del Golem: “Il termine golem ha a che fare con “embrione”. È un abbozzo, una forma indefinita, non compiuta. Nella leggenda il Golem non ha parola. Ecco, nel nostro fumetto il Golem è una presenza che cresce, come Sara, che è ancora un abbozzo, come Sara deve ancora decidere chi vuole essere”, come ha spiegato Vecchini durante l’intervista.
Il reticolo regolare di vignette in cui la storia è ingabbiata per l’intera durata del fumetto si rompe, ancora una volta attraverso una metafora visuale, per regalarci una splash page nella quale Sara è finalmente libera e si affida, come un corso d’acqua, al suo bereshit, il principio, un nuovo inizio. I colori di Claudia Giuliani – espressivi anche dei cambiamenti che avvengono nella giovane protagonista e viatico attraverso i flashback e i racconti delle leggende del Signor T. – garantiscono un’efficacia ancora maggiore ai disegni di Sualzo, intensificandone le atmosfere e il modo di sentire la storia stessa. John Keats scriveva che “le parole più belle son spesso quelle non dette, quelle che naufragano nei silenzi”.
L’adolescenza, l’età di Sara, è l’età del silenzio, del non sapersi e del non saper esprimere pensieri ed emozioni. Ne Le parole possono tutto Sualzo e Silvia Vecchini restituiscono a Sara una voce e una precisa identità, la traghettano verso l’età adulta e insieme a lei conducono per mano le ragazze e i ragazzi che possono così riconoscersi in un personaggio perfettamente delineato, realistico, autentico, magari immaginando di incontrare un mentore carismatico e positivo come il misterioso Signor T.
Le parole possono tutto ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Micheluzzi al Napoli Comicon per la Migliore sceneggiatura. Un successo e un’approvazione da parte di critica e pubblico meritati, per un racconto di formazione emozionante e solido, diretto a un pubblico young adult ma anche a chi, adultǝ, è ancora perfettamente in contatto con l’adolescente fragile e spauritǝ che è statǝ un tempo.
Abbiamo parlato di:
Le parole possono tutto
Silvia Vecchini, Sualzo, Claudia Giuliani
Editrice Il Castoro, aprile 2021
240 pagine, brossurato, colori – 15,50€
ISBN: 9788869667138
Nella tradizione delle lingue semitiche, per abjad (o alfabeto consonantico) si intende un alfabeto composto in prevalenza dalle sole consonanti; ne sono un esempio l’alfabeto arabo, l’alfabeto ebraico e l’alfabeto aramaico. Il nome abjad deriva dalle prime lettere dell’alfabeto arabo storico: ʾalif, bāʾ, ǧīm e dāl, le quali formano l’acronimo abjad (in arabo: أﺑﺠﺪ). Al pari dell’analogo abugida, il termine abjad è stato introdotto dal linguista statunitense Peter T. Daniels in luogo del tradizionale alfabeto (nella sua terminologia, riservato ai sistemi di scrittura di tipo fonemico). ↩
Il romanzo di formazione o bildungsroman, dal tedesco, è un genere letterario riguardante l’evoluzione del protagonista verso la maturazione e l’età adulta tramite prove, errori, viaggi e esperienze, nonché la sua origine storica. ↩
Laura Vargiu
13 Luglio 2024 a 23:19
Un bellissimo libro a fumetti che ho scoperto due giorni fa in biblioteca, già letto e molto apprezzato!
Già, adattissimo anche a noi adulti “ancora perfettamente in contatto con l’adolescente fragile e spauritǝ” che siamo stati una volta. Ottima recensione, complimenti! :)