C’era una volta l’Isola di Is, ma, a sentire bardi e cantastorie, il peccato, o forse il diavolo, ne causò l’inabissamento nelle acque dell’oceano…
La Bretagna, regione del nord-ovest della Francia, è terra ricca di leggende, tra cui quella dell’Isola di Is.
Ispirandosi a tale racconto popolare, forte nell’immaginario collettivo territoriale, M.T. Anderson e Jo Rioux danno vita a una graphic novel dalla narrazione stratificata, ricco di spunti di riflessione.
Tra leggenda e realtà
È storicamente accertato che nella baia di Douarnenez, che in lingua bretone significa appunto “Territorio dell’isola”, sorgesse, fino al 444 D.C. circa, l’Isola di Is (o Ys). Sarebbe stata fondata da Gradlon, re della Cornovaglia francese. Probabilmente venne cancellata da un maremoto, che ne distrusse la gloria e la bellezza. Le rovine di quest’isola sarebbero ancora visibili sul fondo dell’Oceano Atlantico e per secoli hanno avuto luogo eventi religiosi in suffragio degli abitanti defunti. Da questo contesto in parte legato alla storia dei luoghi, in parte folkloristico, la cui memoria si è sbiadita nel tempo, germoglia una leggenda ricca di significati strumentali al periodo storico in cui si diffonde, a cui gli autori della graphic novel si ispirano, dandone una rielaborazione narrativamente arricchita.
Per la vulgata popolare non sarebbe stato un maremoto a distruggere la splendida città-isola, ma il diavolo. Infatti Is, al tempo, sarebbe stata protetta da un complesso sistema di dighe (elemento probabilmente vero) la cui unica chiave sarebbe stata donata dal Re Gradlon alla figlia, Dahut, tanto bella quanto dissoluta.
Dahut, dedita a riti pagani, avrebbe stretto un accordo con il demonio per ottenere infiniti poteri magici, tra cui anche il dominio su un drago marino incaricato di affondare tutte le navi appartenenti alle flotte marittime concorrenti alla Cornovaglia e all’isola-stato di Is. Ma fare patti con il diavolo è sempre rischioso, tant’è vero che ad un certo punto della sua esistenza, a causa del rapporto tra il maligno e la figlia del re, si verifica un evento che porta all’apertura delle chiuse della diga e alla distruzione di ogni cosa.
Re Gradlon si salva grazie all’intervento del suo amico, il saggio eremita San Guénolé, tra l’altro patrono di Quimper, la città che sorge vicino alle rovine dell’isola. Il suo nome viene talvolta tradotto in italiano come Corentino. Anche in questo caso San Corentino, protettore delle donne sterili, è un importante personaggio storico realmente esistito.
Corentino arriva in soccorso del suo amico re, il quale corre con uno splendido destriero sulle acque dell’Oceano Atlantico, sfuggendo alla furia distruttrice che sta seminando morte e devastazione alle sue spalle. Sul suo magico destriero, il re stringe tra le sue braccia la figlia strega. Il santo gli intima di gettarla a mare, perché col suo “peso” sprofonderà nelle acque. Gradlon obbedisce e si salva. Dahut invece, abbandonata nelle acque, diventa una sirena, che di tanto in tanto, ancora oggi, cerca di circuire con i suoi canti gli uomini affascinanti, fedele alle proprie tradizioni.
Ritroviamo una trasposizione grafica di questo particolare momento della leggenda nel quadro “La Fuite du Roi Gradlon” di Évariste-Vital Luminais (1884) conservato presso la collezione del Musée del Beaux-Arts di Quimper in Bretagna.
Il perché di una leggenda
Se è vero che in ogni leggenda c’è sempre un po’ di verità, è altrettanto vero che ogni storia contiene una manciata di iperboli, qualche metafora, e una morale.
La morale di questo racconto è strumentale al periodo storico del V secolo, durante il quale la Chiesa Cattolica espandeva la sua presenza e influenza, sul territorio francese, andando a sostituite i miti pagani con quelli propri della religione.
Così, attraverso la metafora della distruzione della città di Is (o Ys), a causa della stessa stregoneria che la rendeva prospera, guarda caso messa in atto da una donna, vengono richiamate le grandi distruzioni tanto care all’Antico Testamento, come ad esempio Sodoma e Gomorra.
E la rinuncia da parte del re alla figlia gettata in mare trasla il concetto di rinuncia a tutti i costi ai legami con il paganesimo in funzione del ricongiungimento alla Chiesa Cattolica, l’unica confessione, come vuole suggerire la storia, che offre la vera salvezza.
Il racconto a fumetti
Questi elementi storico-sociologici nel racconto di Anderson e Rioux, solo parzialmente fedele alla leggenda, sono sfumati. L’opera introduce altre figure femminili, come la madre di Dahut e la sorella Rozenn, che viene presentata come una terza strada, una scelta legata più che altro a un rapporto con la natura, fruttifero sia per l’ambiente che per gli uomini.
A differenza della sorella, destinata a diventare sirena, Rozenn si salva e diventa una regnante rispettata, anche se l’autore mette in evidenza come oggi, sulla costa, per evocare il mito della regina gentile ci sia la statua della Vergine Maria.
Anche il ruolo del saggio eremita Guénolé, caratterizzato diversamente nel racconto a fumetti rispetto che alla leggenda, dipinge una linearità narrativa più docile, riflessiva, lontana da un contesto religioso confessionale o propagandistico.
La narrazione, quindi, abbandona lo schema dello scontro cristianesimo/paganesimo, sottotesto principale della leggenda, e calca la mano sull’ambientazione fantasy medievale, lasciando spazio a una lettura interessante e avvincente, che solo in alcuni perde un po’ il ritmo narrativo, indugiando forse qualche pagina di troppo nell’ambientazione o dell’introspezione dei personaggi.
Gli autori e la tecnica
Punto di forza del volume sono certamente i disegni di Jo Rioux, autrice che con Cat’s Cradle – sua prima opera inedita in Italia incentrata su un racconto di satira sociale con elementi fantascientifici, che vinse il Joe Shuster Award 2013. Lo stile pittorico ed evocativo si presta perfettamente alla storia di Anderson, che tesse un arazzo narrativo ricco di personaggi, incontri, scontri, passione, incomprensioni e spietata umanità.
A ciò si abbina un trattato che vive al confine tra il caricaturale e il realistico, che trova i suoi padri in Toth e Kirby, con le dovute proporzioni.
La griglia della tavola è classica nell’impostazione di base (griglia sei, tre strisce, due vignette a striscia), ma ciò non impedisce alla disegnatrice di giocare molto sulla composizione delle vignette, che vengono di volta in raggruppate in blocco, frammentate, allungate, per dare un certo movimento narrativo alla storia, soprattutto nelle scene d’azione.
C’è molta attenzione nella scelta della palette cromatica, e le sfumature dei colori diventano parte integrante della narrazione, soprattutto nelle scene tumultuose narrate in alcune pagine, che potrebbero apparire confusionarie se prive di un percorso che utilizza il colore come focus per l’attenzione del lettore.
M.T. Anderson è uno scrittore apprezzato nel mondo della letteratura per ragazzi. Le figlie di Ys è la sua seconda opera, nella quale dimostra una discreta padronanza del linguaggio fumetto.
In campo fumettistico, ha mosso i primo passi nel 2017 con Yvain: The Knight of the Lion disegnato da Andrea Offermann, opera per ora inedita in Italia.
Un buon esordio per Ribelle Edizioni, che pubblica questo suo primo e per ora unico volume con una cura cartotecnica di primo livello, scegliendo una carta patinata di pregio, che permette un ottimo risalto delle tavole.
Le Figlie di Ys diverte e avvince come un buon fantasy e, leggendo il contesto storico-sociale e culturale del racconto, induce anche a qualche riflessione, permettendoci di riscoprire una delle leggende più affascinanti del Medioevo.
Abbiamo parlato di:
Le Figlie di Ys
M.T. Anderson, Jo Rioux
Traduzione di Tiffany Vecchietti – Miss Fiction
Ribelle Edizioni, 2020
208 pagine, cartonato, colori – 22,00 €
ISBN: 9788894559057