Il nome di Chris Kyle non suonerà nuovo a molti, specie se associato al volto dell’attore Bradley Cooper che lo ha interpretato nel film diretto da Clint Eastwood American sniper, vincitore di un premio Oscar nel 2015.
Kyle, soprannominato Leggenda, è stato definito il più grande cecchino americano della storia dell’esercito degli Stati Uniti. Venne assassinato, insieme a un amico, il 2 febbraio 2013: l’assassino era un veterano come lui, appena conosciuto nell’ambito di un programma di reinserimento nella vita civile di ex soldati che Kyle portava avanti da quando si era ritirato dall’esercito.
Al momento del suo omicidio, l’ex navy SEAL era già diventato una celebrità negli USA, con il successo della sua autobiografia in cui racconta il suo mestiere di sniper (tanto in missioni militari all’estero, quanto sul suolo americano) e con l’adattamento cinematografico di quest’ultima già in produzione.
Nel 2020 in Francia Dargaud ha presentato l’adattamento a fumetti della vicenda della morte di Kyle a opera dello sceneggiatore Fabien Nury, del disegnatore Brüno e del colorista Laurence Croix. Nello stesso anno, L’Ippocampo Edizioni porta questa graphic novel sul mercato italiano, racchiusa in un cartonato di pregiata fattura dal titolo L’uomo che uccise Chris Kyle.
Questo adattamento è una vera e propria opera di docu-fiction, di cui Nury è un maestro nel campo del fumetto (come La morte di Stalin, portato in Italia da Mondadori Comics): una ricostruzione rigorosa e precisa dell’ultimo giorno di vita di Kyle, di alcuni eventi precedenti all’omicidio, di altri successivi e delle conseguenze, con un focus molto particolare su Eddie Ray Routh e il percorso di vita che lo ha portato a essere un assassino nella vita civile, dopo non aver mai praticamente ucciso nessuno durante tutto il tempo passato in missione nel corpo dei marines.
Se precisa al dettaglio è la messa su pagina delle vicende, altrettanto preciso è il punto di vista scelto dagli autori sul protagonista e sui fatti narrati. Una presa di posizione politica – più o meno condivisibile e con ogni probabilità provocatoria – che traspare in tutta la sceneggiatura ma che si palesa nell’ultima parte del volume e che comunque ha il merito di non inficiare una ricostruzione filologica dei fatti accaduti. Un giudizio scelto e cercato da Nury (che ci tiene a sottolinearne la soggettività in una nota a inizio volume), per raccontare un pezzo di quell’America che ha voluto per quattro anni Trump al potere.
Chris Kyle era originario del Texas, stato repubblicano che tanto nel 2016 quanto nel 2020 è risultato essere una roccaforte trumpiana. Lo sniper era un tipico rappresentante del partito conservatore statunitense: religioso praticante, amante delle armi, fiero rappresentante ed esportatore della democrazia e della pax americana all’estero, durante le missioni di guerra.
Nury ne inquadra la figura all’interno di questo contesto conservatore, attraverso la descrizione delle missioni militari di Kyle, la trasposizione delle interviste rilasciate da lui e dalla moglie a Fox News, canale televisivo della destra statunitense, e la ricostruzione sulla pagina degli spot televisivi a favore dell’uso delle armi da fuoco. La scelta di tutta questa ambientazione è pienamente logica nell’ottica di mettere a fuoco il protagonista contestualizzandolo nell’ambiente che lo ha portato a essere ciò che è diventato, il più grande cecchino americano.
La sceneggiatura sviluppa la ricostruzione e l’adattamento degli eventi in modo oggettivo: il punto di vista che traspare è chiaramente conservatore ma è quello che più logicamente deve apparire se i personaggi in scena seguono tutti quella corrente politica.
Alla ricostruzione dell’ultimo periodo della vita di Kyle si affianca la descrizione del percorso esistenziale del suo assassino, un ex marine che soffre di una grave forma di “Disturbo da stress post-traumatico”, una sindrome diffusa tra molti ex militari coinvolti in difficili missioni in territori di guerra.
Anche in questo caso lo sceneggiatore non deroga alla regola di una messa in scena degli eventi molto obiettiva e asettica, anche se l’indugiare continuo nelle pagine sullo smodato uso di droghe fatto da Routh è forse già indizio di ciò che diventa palese nella parte conclusiva dell’opera.
Bisogna affermare che la sceneggiatura di Nury trasformata in disegno da Brüno è un meccanismo molto efficace per struttura e costruzione. L’andamento è circolare con l’apertura caratterizzata da una sequenza tratta dalla pellicola American Sniper. Un’identica sequenza, con però protagonista Eddie Ray Routh negli attimi dopo l’omicidio di Kyle va a chiudere il volume, in un emblematico cerchio narrativo che pone in impietoso confronto le figure della Leggenda in uno scenario di guerra e del suo assassino in un poligono di tiro.
Nel mezzo si dipana una trama che, come abbiamo detto, poggia su interviste televisive, spot pubblicitari e parti di fiction per ricostruire alcuni elementi biografici dei protagonisti. A questo Nury aggiunge poi alcune sequenze tratte dal film con Bradley Cooper che, in un gioco di specchi, ripropongono al lettore alcuni episodi già narrati in precedenza della vita di Kyle.
Il tutto è scandito da delle tavole completamente bianche, a definire una divisione in capitoli, su ciascuna delle quali campeggiano un titolo e una citazione da uno dei film interpretati da Clint Eastwood, altro rappresentante del conservatorismo statunitense e personaggio da sempre vicino alla lobby delle armi americana. Sicuramente un altro tassello della temperie culturale in cui Chris Kyle è cresciuto e si è formato.
Il segno di Brüno – sodale di Nury già in molti lavori precedenti – è essenziale e geometrico, una linea chiara chiusa e precisa che elimina tutto il superfluo dalle vignette, per concentrarsi sui particolari importanti per la narrazione. Anche lo storytelling è estremamente pulito, con delle tavole la cui costruzione geometrica è variabile ma sempre riconducibile a una composizione di quadrati e rettangoli che vanno a formare le vignette di ciascuna pagina. Anche il lettering partecipa a questa pulizia, con balloon sempre squadrati che spesso divengono parte della stessa struttura della tavola.
Questo ricercata geometrizzazione del segno da un lato rimanda alla lezione di Chris Ware, ma dall’altro pare quasi voler riflettere nelle immagini la precisione, la sicurezza e la quadratura di Chris Kyle, mostrato come un uomo privo di dubbi o rimorsi morali per le uccisioni da lui compiute nella sua professione di sniper.
Anche la scelta di non mostrare mai gli occhi di Kyle, di rappresentarli sempre in ombra o coperti dagli occhiali da sole, rimanda all’intenzione di evidenziare la freddezza del cecchino, perché gli occhi sono al contempo specchio di un’anima ma anche organo essenziale per un tiratore.
E ancora, la precisione di segno con cui viene sempre rappresentato Leggenda, con una barba sempre tagliata a puntino e un aspetto pulito che contrasta con la trasandatezza che caratterizza la figura di Routh, che da un aspetto ordinato iniziale appena entrato nel corpo dei marine, scivola sempre di più nell’abbandono e nella sporcizia, riflesso del proprio animo.
I colori di Laurence Croix sono piatti, perfetti per le immagini disegnate da Brüno di cui vanno a riempire i vuoti lasciati dai precisi contorni: nessuna sfumatura cromatica, esattamente come nessuna sfumatura dimostrano i personaggi chiusi ognuno nel loro tragico destino e nelle loro certezze.
Come detto, le didascalie che si dipanano nel corso di tutto il racconto mantengono un tono asettico e distaccato – un voice over da documentario appunto – senza giudizi verso le vicende descritte. È lasciato ai personaggi e ai loro dialoghi il compito di schierarsi o di esprimere commenti, tenendo presente che Nury ha affermato in alcune interviste che, in termini di testi, non ha praticamente inventato niente, prendendo le parole da dichiarazioni, interviste, film e stralci dei libri dei vari protagonisti.
Nelle ultime sette pagine del volume, Nury invece cambia il registro narrativo e quello che fino allora era stato un racconto preciso e obiettivo si trasforma in una altrettanto precisa presa di posizione dello sceneggiatore. Assistiamo, nelle parole che accompagnano le immagini, a una vera e proprio “discesa in campo”, con un elogio di Kyle (padre di famiglia, patriota, vero americano) e un dispregio della figura del suo assassino (drogato, debole, incapace di reagire alla vita).
Questo elemento, anche se prevedibile per l’avvertimento in calce all’inizio del volume, è spiazzante e diventa forte il rischio di trasformare in un racconto a tesi quello che è stato un efficace documentario a fumetti, di cui si può non condividere l’appartenenza a una precisa ala politica (la destra americana che, è bene ricordarlo, è qualcosa di molto lontano dal concetto di destra abbiamo in Italia e in Europa), ma che spiega molto bene alcune precise dinamiche che fanno parte del tessuto sociale degli USA e che si incarnano in uomini come Chris Kyle.
Non conoscendo le idee politiche di Nury, dopo una rapida ricerca in rete, da interviste e dichiarazioni non si evince in nessun modo che lo sceneggiatore sia un conservatore simpatizzante delle idee dell’alt-right statunitense. L’idea personale che alla fine mi sono fatto – condivisa anche da alcune recensioni sul volume pubblicate su siti francesi – è che l’autore abbia voluto provocare il lettore, creando prima un resoconto completamente ambientato e orientato nell’ambito delle idee e dei luoghi della destra americana più radicale e arrivando alla fine ad assumere smaccatamente una posizione pro-Kyle, per far capire quanto negli USA sia ormai oggi estremizzato lo scontro tra repubblicani e democratici, con i primi che assumono posizioni sempre più conservatrici e i secondi sempre più socialiste, fatto che l’ultima campagna elettorale americana ha confermato in maniera evidente.
Un plauso al coraggio di Dargaud per aver dato libertà agli autori di mettere in campo il proprio punto di vista senza nessun tipo di paletti e altrettanto a L’Ippocampo per aver portato in Italia una graphic novel che può aiutare a conoscere meglio un pezzo degli Stati Uniti contemporanei.
Abbiamo parlato di:
L’uomo che uccise Chris Kyle
Fabien Nury, Brüno, Laurence Croix
Traduzione di Fabrizio Ascari
L’Ippocampo Edizioni, 2020
164 pagine, cartonato, a colori – 19,90 €
EAN: 978-88-6722-559-0