La fine della storia
Il 17 giugno 2016, la scrittrice Chelsea Cain scrive su Twitter (oggi “X”):
“Please buy Mockingbird #8 this Wed. Send a message to @Marvel that there’s room in comics for super hero stories about grown-up women”
(“Per favore, comprate Mockingbird #8 questo mercoledì. Fate capire alla Marvel che nei fumetti c’è spazio per storie di supereroi che parlano di donne adulte.”).
Due minuti dopo, l’autrice chiarisce la propria posizione con un nuovo tweet:
Mockingbird is cancelled. But we need to make sure @Marvel makes room for more titles by women about women kicking ass”
(“Mockingbird è stata cancellata. Ma dobbiamo assicurarci che la Marvel faccia spazio a serie scritte da donne e che parlano di donne fantastiche.“).

Mockingbird #8 è, infatti, l’ultimo numero della serie scritta da Cain dedicata alla dottoressa Barbara “Bobbi” Morse (aka Agent 19, aka Huntress) e si propone ai lettori con una copertina che mostra la protagonista indossare una maglietta con la scritta “Ask me about my feminist agenda” (“Chiedimi della mia agenda femminista”) (Fig. 1).
Accolta con diffusi apprezzamenti critici e vendite stabilizzatesi nell’ordine delle 15000 copie a numero (fonte Comichron, che stima le vendite tramite il canale diretto delle fumetterie), l’editore ne decise l’interruzione all’altezza del terzo numero, senza quindi nemmeno attendere l’andamento delle vendite dell’edizione brossurata – che peraltro fu il volume più venduto su Amazon nella categoria “Fumetto” nel mese di uscita.
L’opera
Mockingbird è una miniserie in 8 albi articolati in due archi narrativi, pubblicata da Marvel fra marzo e ottobre 2016, preceduta da un albo speciale, Mockingbird: S.H.I.E.L.D. 50th Anniversary, uscito nel settembre 2015. A scrivere i testi è Chelsea Cain, autrice di romanzi gialli di buon successo, supportata da Kate Niemczyk (disegni), Rachelle Rosenberg (colori) e Joe Caramagna (lettering) – nell’albo celebrativo, invece, i disegni sono di Joelle Jones e i colori di Rachelle Rosenberg (che realizzano anche le copertine della miniserie). La serie si articola in due archi narrativi, che coprono rispettivamente gli albi #1-#5 e 6-#8 (questi ultimi nominalmente un tie-in di Civil War II, ma completamente autonomo).
Lo spunto da cui iniziano le vicende del primo arco narrativo dalla Cain è che, nella sua precedente missione, Bobbi era stata salvata grazie alla somministrazione del Siero del Super Soldato (quello che aveva trasformato Steve Rogers in Cap, per intenderci) e della Formula dell’Infinito. Per sorvegliarne gli effetti, l’organizzazione sottopone Bobbi a frequenti analisi mediche e psicologiche, che insospettiscono la protagonista, convinta che lo S.H.I.E.L.D. la stia usando come cavia. Il racconto inizia dalla fine della storia e procede per flashback, intervallati da brevi scene nel presente narrativo. Nel secondo arco seguiamo Bobbi in una crociera affollata di fan di supereroi – situazione che offre l’occasione per molti episodi buffi, che solleticano l’appassionato senza mai risultare fuori luogo. È stata invitata con la promessa di ricevere una prova che scagionerebbe Burton/Hawkeye dall’accusa di omicidio di Bruce Banner/Hulk. Qui l’intreccio si svolge linearmente: il misterioso ospite viene ucciso e Bobbi si fa carico delle indagini.

Cain costruisce i racconti come catena di momenti significativi, evitando pause dell’azione e sfruttando i dialoghi per tratteggiare la personalità di Bobbi, in particolare per sottolineare la sua percezione di sé – è importante in questo senso il fatto che la protagonista appaia in abiti “civili”: Mockingbird rimane ai margini (Fig. 2). Questa impostazione risulta in un ritmo altissimo e una notevole densità verbale, utilizzata anche per gestire la velocità di lettura. Niemczyk e Rosemberg assecondano il ritmo, con un tratto e un’impostazione delle tavole che privilegiano la leggibilità: linee semplici, espressività dei volti che emerge da pochi elementi, atmosfere ed emozioni definite dai colori, sfondi con elementi senza troppi dettagli, nessuno spazio per immagini a carattere illustrativo lasciano la pagina leggera, mentre la costruzione della tavola scandisce i tempi, con una sensibilità che valorizza i toni ironici.
Da sottolineare che proprio la naturalezza con la quale i momenti leggeri si inseriscono nelle trame investigative risulta una marca distintiva dei racconti: alla fine, abbiamo delle commedie investigative che valorizzano la personalità della protagonista, evidenziandone, oltre alle capacità, l’autonomia e l’agenzia narrativa, qui intesa come la capacità del personaggio di determinare in maniera autonoma le proprie azioni e scelte, che a loro volta determinano la trama e, soprattutto, la storia e l’identità del personaggio stesso.
Tutto bene, quindi? Quasi, perché, proprio nel sottofinale del secondo arco, un passaggio ha lasciato perplessi molti lettori e che merita attenzione, perché dice qualcosa della scrittura e lettura supereroica e ci offre un passaggio naturale verso la discussione della famigerata “Agenda femminista” della serie e dell’autrice.
Una scena, due letture

Facciamo un passo indietro: un evento importante della vita di Mockingbird avviene durante la sua partecipazione al gruppo dei West Coast Avengers, allorché vivono una serie di avventure nel passato (Steve Englehart, West Coast Avengers #16-#24): in particolare, Bobbi, al tempo sposata con Burton/Hawkeye, viene catturata dal villain Carter Slade/Phantom Raider, che la droga e plagia, in modo da avere una relazione con lei. Quando Barbara riguadagna il controllo di sé e la memoria, si ribella al suo carceriere; lo scontro che segue termina con il villain disperatamente aggrappato a una roccia sopra uno strapiombo (Fig. 3). Inizialmente chiede aiuto, poi, con tono sempre più arrogante, “ordina” a Bobbi di salvarlo (“Woman, you will pull me up! The Phantom Riders commands it!”/”Donna, tu mi tirerai su! Phantom Rider te lo ordina”); la risposta di Bobbi è un freddo “Drop dead!”/”Crepa!”. Il villain perde la presa e cade, sfracellandosi al suolo. Quando Burton scopre l’accaduto, accusa Bobbi di aver ucciso Slade e la lascia, divorziando da lei.
Nel finale del secondo arco della serie della Cain, Bobbi scopre che il responsabile degli eventi è proprio Lincoln Slade, il cui spirito ha posseduto prima un passeggero e poi un membro dell’equipaggio. Nella resa dei conti finale, Bobbi richiama gli eventi del passato e le loro conseguenze, dicendo al villain:
“Clinton didn’t divorce me because he thought I murdered you. He divorced me because I cheated on him. He told himself you had drugged me, taken advantage of me. But he never truly believed it. It’s too ridiculous. He knows that I’ve always made my own decisions. And that I’ll live with the consequences”
(“Clinton non ha divorziato da me perché pensava che ti avessi ucciso. Ha divorziato perché l’ho tradito. Si disse che mi avevi drogato, che ti eri approfittato di me. Ma non ci ha mai creduto veramente. È troppo assurdo. Sa che ho sempre preso le mie decisioni da sola. E che ne accetto le conseguenze”).
Alcuni lettori interpretarono queste parole come la confessione che Bobbi fosse stata consenziente verso Slade, una dichiarazione che cambierebbe radicalmente il senso degli eventi del passato e di cui non si capisce la necessità: secondo Brian Conin, saremmo di fronte a una retcon pasticciata, che andrebbe sistemata.
Questa interpretazione appare forzata e figlia più di un riflesso condizionato a una meccanica narrativa tipica del supereroico (l’uso delle retcon) che di una lettura che badi alla coerenza. Il punto fondamentale è che il personaggio di Bobbi, in accordo all’approccio della Cain, non ha alcun bisogno di quella riscrittura, che, se pure intendesse affermare l’autonomia del personaggio, lo farebbe con l’effetto paradossale di gettarle addosso l’ombra pesante di un assassinio per eliminare un testimone del suo tradimento.
Ma, volendo appunto salvare la coerenza etica e narrativa del racconto della Cain, possiamo senza difficoltà scegliere un’opzione più semplice, cioè che Bobbi stia esprimendo quello che lei ritiene (sospetta, sa?) sia stato il pensiero vero e non espresso di Burton. Questo spinge a pensare che i due non si siano mai confrontati apertamente e sinceramente sull’accaduto. Secondo Bobbi, Clint traduce “autodeterminazione” con “complicità”, secondo l’argomento tipico usato contro le (donne) vittime di violenza fisica o psicologica. Non siamo, quindi, di fronte alla confessione di un inganno, ma a una dichiarazione di solitudine: Clint l’ha abbandonata. E, in questa prospettiva, è chiaro che Bobbi pensi che l’ex marito non gradisse la sua autonomia, poiché l’ha di fatto usata per accusarla di tradimento, dietro il paravento dell’omissione di soccorso, atto indegno dei virtuosi Avengers.
Di passaggio, merita notare come questa vicenda richiami quella di Ms. Marvel/Carol Denvers, raccontata in Avengers #200 (Jim Shooter, George Perez, Bob Layton, David Michelinie, 1980), dove la donna partorisce un figlio, frutto della violenza subita da Marcus Immortus nel limbo. Alla fine dell’albo, Carol di fatto accetta la violenza subita e dichiara di sentirsi più vicina al suo violentatore che a chiunque altro. La vicenda, creata da una squadra di autori interamente maschile, fu poi ripresa da Chris Claremont, che in Avengers Annual #10 (Chris Claremont, Michael Golden, Armando Gil, 1981) rilegge la vicenda dal punto di vista dell’eroina. Carol, infatti, stavolta in pieno controllo di sé, critica aspramente gi Avengers per non averla aiutata a suo tempo:
“Non vi siete resi conto di quello che Marcus mi aveva fatto? […] Quando più avevo bisogno di voi, mi avete tradito. […] I vostri pensieri erano tutti per il bambino, non per il prezzo di quel concepimento. Voi prendeste quel che diceva Marcus per oro colato”.
Come conseguenza immediata, Carol Denvers lasciò gli Avengers per unirsi agli X-Men. L’affinità sopra richiamata sta nel fatto che, in entrambe le situazioni, personaggi maschi, di fronte a una vicenda che coinvolge un personaggio femminile, ne scelgono un’interpretazione che rivela i loro pre-giudizi (Bobbi aveva tradito volontariamente, Danvers accetta il proprio violentatore), giustificando una soluzione che, a livello di autori ed editor, era percepita come normale buon senso quotidiano, senza alcuna problematizzazione che riguardasse il ruolo della protagonista femminile.
Feminist Agenda
Come scritto sopra, Cain scrive un racconto nel quale la protagonista ha piena agenzia narrativa, o quantomeno è consapevole tanto dell’importanza di averla, per definire autonomamente la propria identità e dignità, quanto della difficoltà del riconoscimento altrui di questa sua autonomia. I dialoghi e i monologhi si fanno carico di mettere in scena questa tensione e il registro ironico o comico evita il didascalismo, come quando, nel secondo arco narrativo, per farsi riconoscere da alcuni testimoni, dopo aver declinato le proprie generalità senza successo, si riduce a presentarsi come “ex moglie di Hawkeye”: l’obiettivo è chiaro ma il percorso è lungo e, soprattutto, è un percorso che devono fare non soltanto i personaggi (e le autrici/gli autori), ma anche i lettori. “Lettori”, perché si parla di una maggioranza maschile e opere come Mockingbird mirano anche ad aprire il supereroico al pubblico femminile, presentando personaggi con i quali sia per loro più semplice confrontarsi e che propongano una figura femminile autonoma nelle scelte e consapevole delle attuali relazioni e gerarchie (Fig. 4).

L’autonomia di Bobbi si manifesta tanto sul piano professionale quanto su quello sentimentale. Per il primo aspetto, valga per tutti il gioco del contare i salvataggi del collega Tyler, un’inversione esplicita del luogo comune della “damigella in pericolo”; per il secondo, lungo tutto il racconto è evidenziata la sua consapevolezza nelle relazioni, la sua capacità di distinguere sentimenti e passioni: esemplare in questo senso, il fatto che in tutte le scene che alludono a rapporti sessuali è lei a stabilire occasione e modalità, chiudendo addirittura con un rapporto a tre insieme a Clint e Tayler. A questo proposito, merita notare che, durante tutta la serie, il dualismo Clint/Tyler ha sempre come riferimento esplicito Fight Club di Palanciuck, dove i due personaggi maschili sono in realtà due aspetti dello stesso individuo, ma è anche una distorsione del test di Bechdel, che dà un’idea dell’effettiva agenzia narrativa di un personaggio femminile. Mettendo insieme questi due dettagli, possiamo dire che nel Mockingbird di Cain, è la protagonista Bobbi, con i suoi desideri e sentimenti, a determinare la presenza e la consistenza dei due personaggi maschili.
Detto questo, siamo comunque di fronte a un’agenda femminista assai minimale, centrata su un singolo individuo, comunque appartenente alla comunità dominante e che agisce pienamente all’interno di un mezzo espressivo ancora largamente dominato dalla presenza maschile; ciononostante, questo minimalismo fu sufficiente per innescare la reazione della parte politicamente più reazionaria del fandom supereroico.
So, What’s Your Feminist Agenda?
I post di Cain che abbiamo citato all’inizio scatenarono un flusso di messaggi nei confronti dell’autrice, che la portarono ad abbandonare Twitter il 27 ottobre. Come spiegò nel suo blog,
“The tweets that bothered me were never the ones concerned with content; they were the ones that questioned my right to write comics at all, and were disgusted by the idea of a female hero having her own series”
(“I tweet che mi hanno infastidito non sono mai stati quelli che riguardavano i contenuti; erano quelli che mettevano in dubbio il mio diritto di scrivere fumetti e che si dichiaravano disgustati dall’idea che un’eroina femminile avesse la sua serie personale.”) .
Questa ondata di messaggi aggressivi, che rifiutano la possibilità e l’opportunità di una serie scritta da un’autrice e con una protagonista femminile autonoma e che esultano per la chiusura della serie, è da molti considerata la prima epifania del cosiddetto Comicsgate – a sua volta verosimilmente manifestazione del successo crescente delle ideologie illiberali, che di lì a poco porteranno al primo mandato Trump. L’obiettivo del movimento è l’epurazione dai fumetti delle tematiche egualitarie e liberali, attaccando gli autori con campagne (soprattutto telematiche) di odio; come chiarisce Francesco Domenico: “la violenza che emerge all’interno delle pagine web aventi di mira la diversificazione dei supereroi non risponde a ragioni emotive, bensì riflette le nozioni date per scontate di identità e gerarchia delle quali gli utenti si proclamano strenui difensori”.

A ottobre 2016, alla luce della sommessa solidarietà aziendale nei confronti dell’autrice, Claire Napier chiese via Twitter a numerosi autori e operatori in Marvel quale fosse la loro agenda femminista. Fra le (poche) risposte, è illuminante quella di Tom Brevoort (Fig. 5):
“Marvel’s primary goal is to sell comics and make money. There are other goals, of course, but they all subordinate to that one ultimately”
(“L’obiettivo principale della Marvel è vendere fumetti e fare soldi. Ci sono altri obiettivi, ovviamente, ma in definitiva sono tutti subordinati a quello”).
Nel suo asettico e (finto) ingenuo nichilismo etico, la risposta del “Senior Vice President of Publishing of Marvel Comics” ed editor dei primi due numeri della serie chiarisce che all’editore non interessa la promozione di valori, non ha un’agenda etico-sociale-politica: la redditività economica è l’unico criterio utilizzato dai responsabili della produzione nelle proprie scelte. Da qui, si deduce facilmente che la mancata presa di una posizione ferma a difesa della Cain derivò dal timore di inimicarsi un gruppo di presunti forti lettori. Per questo, molto lucidamente, la Cain invita i lettori che si rispecchiano negli ideali di uguaglianza, giustizia, libertà e nel diritto alla dignità degli individui a sostenere le opere che affrontano positivamente questi temi: il successo editoriale è elemento necessario per avere il supporto degli editori; i Brevoort del momento non si esporranno mai per sostenere autori e opere messe sotto attacco da gruppi di pressione considerati in grado di influenzare le vendite.
Per promuovere i principi di dignità, giustizia ed eguaglianza attraverso i racconti, servono opere all’altezza; Mockingbird lo fa, portando in primo piano i temi e tenendosi lontano dal didascalismo.
Abbiamo parlato di:
Mockingbird: S.H.I.E.L.D. 50th Anniversary
Chelsea Cain, Joelle Jones, Rachelle Rosenberg, , Joe Caramagna
Mockingbird #1-#8
Chelsea Cain, Kate Niemczyk, Rachelle Rosenberg, Joe Caramagna
Raccolti in:
Mockingbird vol. 1 – I can Explain
Marvel Comics, 2016
136 pagine, colori, brossura – 28,69 €
ISBN: 9781302901226
Mockingbird vol. 2 – My Feminist Agenda
Marvel Comics, 2016
113 pagine, colori, brossura – 12,84 €
ISBN: 9781302497101
Edizione Italiana in:
Agenti dello S.H.I.E.L.D. vv. 1-5
Panini Comics, 2017
112 pagine, brossurato, colori – 9,90 € cad.
