Siamo negli anni ’50, l’Italia sta uscendo dalla seconda guerra mondiale e, lentamente, si lecca le ferite cercando la ripresa economica. I flussi migratori attraversano lo Stivale come formiche alla ricerca di una goccia di miele e la Vespa diventava famosa nel mondo come simbolo della bellezza e della rinascita italiana.
Sono gli anni della Prima Repubblica, e la Democrazia Cristiana governa l’Italia con un consenso che va oltre il 40%, appoggiata non solo dal popolo, ma anche dalla Chiesa e dagli Stati Uniti.
Il fumettomondo ha superato indenne il conflitto mondiale e ne sta uscendo rinforzato: Topolino ha appena assunto il formato “digest” e gli editori si sono resi conto che costa di meno produrre personaggi e storie nuove che pagare i diritti di importazione dagli Stati Uniti e dall’estero.
Ma qualcosa scuote l’intero Paese, echeggiando nelle riviste e nei radiogiornali di tutte le case. Nel 1949 Alessandro “Santino” Marani, un ragazzo di 14 anni uccide, affogandolo in un corso d’acqua, il piccolo Lamberto “Tato” Bonora, di soli 6 anni. Durante le indagini tra le proprietà del Marani spuntano una serie di fumetti in cui il ragazzo ha sottolineato in rosso i modi che poi avrebbe usato per uccidere il piccolo Bonora.
Lo stesso Marani, però, confessa davanti al tribunale di aver cercato di rapire il piccolo Tato per chiedere un riscatto, ispirato non dai fumetti, ma da un bandito della zona, un certo Guliano.
Ma nonostante la smentita, ormai la macchina è partita e i terribili meccanismi si avvicinano sempre di più ai poveri editori, che si aspettano solo di essere stritolati.
A muovere le leve di questo terribile macchinario c’è Maria Agamben Federici, partigiana, antifascista e deputata della Democrazia Cristiana. Insegnante di lettere, è una delle ventuno donne elette dall’Assemblea Costituente e una delle cinque donne chiamate a far parte della commissione che elaborò il progetto della Costituzione. Evidentemente però il ruolo di insegnante e pedagoga era troppo poco per lei, decisa a muoversi per capire da dove i drammi esistenziali dei bambini arrivassero.
Sono anni pieni di sospetto e, come gli USA che incapaci di accettare un’instabilità interna (siamo in pieno Maccartismo) incolpano un nemico comune lontano e culturalmente diverso, anche in Italia si cerca accusare qualcosa non pienamente compreso dagli adulti dell’epoca.
Sulla scia del caso Marani, che nel frattempo è stato condannato a ventinove anni di reclusione, nel 1951 la Federici, insieme ad altri sei deputati, propone alla Camera il decreto di “Vigilanza e controllo della stampa destinata all’infanzia e all’adolescenza”.
E lo introduce in questo modo:
“[…] Stimiamo che senza ledere la libertà di stampa, si possa liberare i giovani dal pericolo di un traviamento spirituale che lentamente matura il delitto e prepara al carcere. La legge dunque non è diretta contro la stampa ma contro gli speculatori dell’avida curiosità giovanile, i quali, per mezzo di pubblicazioni che iniziano al vizio, esaltano al banditismo e giungono perfino a spiegare la tecnica del delitto, rendendo inefficace o annullano del tutto ogni azione educatrice della famiglia e della scuola e offendono il buon costume. […]”
La legge proponeva la possibilità di creare una commissione che avrebbe vigilato su ogni uscita, ogni pubblicazione e ogni idea partorita dalle case editrici e destinata a un pubblico di giovani. La commissione doveva essere composta da: un magistrato, un funzionario della questura, un padre e una madre di famiglia, due insegnanti di scuola elementare e due di scuola media, un medico e un rappresentante dell’ente per la protezione morale del fanciullo.
Ogni tribunale sul territorio avrebbe dovuto avere la sua commissione e tutti gli editori avrebbero dovuto sottoporre al visto le proprie pubblicazioni e, nel caso non fossero risultate idonee, avrebbero potuto subire non solo la sospensione della pubblicazione del volume, con la distruzione di tutte le copie già stampate, seguita da una multa che poteva andare da 100mila lire a 500mila lire (in proporzione quasi 10.000 euro di adesso) ma anche fino a tre anni di reclusione. In caso di recidività, l’ammenda pecuniaria saliva addirittura a un MILIONE (non quello del signor Bonaventura).
È da notare che nonostante ci fosse questo blocco verso il mondo del fumetto italiano (che qualche anno prima aveva prodotto Pantera Bionda, quella che da molti viene considerata come l’antesignano del fumetto erotico Italiano) proveniente dall’ala della Democrazia Cristiana, gente come Vittorini e Rodari invece elogiavano le qualità educative e artistiche del fumetto.
Nel 1952 fu organizzata dal Fronte della Famiglia, presso Palazzo Marignoli a Roma, la Mostra dei periodici, che secondo uno dei cinegiornali dell’epoca parlava dei “Malefizi e Benefizi della carta stampata”. L’esposizione, spingendo molto sull’omicidio da parte del Marani, dipinge il mondo del fumetto di quel periodo come un mondo di terrore e depravazione con pagine intrise di sangue e morte. É indicativa l’immagine alla fine del percorso della mostra di un bambino che dorme felice mentre nei suoi incubi si affollano mostri di ogni genere.
Il decreto di Vigilanza e Controllo nel 1952 passò alla Camera e il popolo del fumetto tremò, temendo la falce della morte dal nome “censura” che, come una spada di Damocle, rischiava di abbattersi su ogni editore. Con l’approvazione della legge il futuro sarebbe stato incerto e i produttori di fumetti, incapaci di avere di avere la sicurezza di un via libera, avrebbero evitato di investire e di sperimentare, dando alla luce solo prodotti sicuramente non invisi alla commissione, limitando non solo l’offerta per il pubblico ma anche la creatività degli autori. Fortunatamente nel 1953 finì il mandato di governo della Federici e la legge non venne riproposta, permettendo a tutti di tirare un sospiro di sollievo.
Ma anche lontano dai social network e dalla diffusione mediatica dovuta a internet, le idee poco interessanti riescono a prendere piede nelle menti più propense ad accettarle. Nel 1952, in maniera molto simile all’opuscolo pieghevole che era stato pubblicato e distribuito in tutte le parrocchie dall’AVE nel 1950, nasce un opuscolo distribuito gratuitamente dalla parrocchia Cristo Re, chiamato “Mammina, me lo compri”, che analizzava e consigliava (ma per la maggior parte sconsigliava) una lista di 279 albi a fumetti.
Da queste pagine risultava che 178 albi dovevano essere messi al bando ed erano assolutamente sconsigliati da leggere, 34 andavano letti con cautela, 43 erano “leggibili” – non eccezionali, ma almeno non davano insegnamenti negativi ai bambini – e 24 consigliatissimi, perché erano fumetti di stampo prevalentemente cattolico.
A differenza dell’albo distribuito dall’AVE, “Mammina me lo compri” assume un carattere diverso in quanto ci sono delle vere e proprie recensioni per gli albi a fumetti più importanti del periodo, rendendo l’opuscolo incredibile. Per esempio è una fandonia che la pistola di Mandrake spari coriandoli e birra, e anche Tex Willer veniva messo all’indice in quanto il western era un genere troppo violento e con insegnamenti terribili da dare ai bambini.
Lo stesso Topolino era appena appena leggibile per i due opuscoli, che lo accusavano di essere poco educativo e di non portare avanti quei dettami di sacrificio e lavoro che tanto erano cari alla chiesa di quel periodo.
Nonostante non si ebbero ripercussioni politiche e legali e la legge (come gli opuscoli in questione) sparì già pochi anni dopo, proprio gli editori decisero di correre ai ripari e nel 1962, ispirandosi al comics code americano, ne crearono un analogo italiano. Ma questa è un’altra storia…
Michele Monte su Facebook: CoMykart