L’impero delle cicale

L’impero delle cicale

L'impero delle cicale è un ottimo libro da regalare a Natale come antidoto alla volgarità comunista.

Adriano Sofri, come certamente saprete, sta scontando nel carcere di Pisa una condanna comminatagli al termine di una vicenda processuale a dir poco contraddittoria ed assurda. Dal carcere, pero’, non fa mancare le sue intelligenti e puntuali analisi, in forma di libri, saggi, ma soprattutto di articoli che appaiono sui maggiori quotidiani nazionali. All’interno della casa circondariale la sua presenza è vista come punto di riferimento per tutti i detenuti ed egli, ovviamente, non si sottrae nel recitare questo ruolo.
È anche per questo che, da qualche anno, compone un breve racconto per i suoi compagni che poi viene letto la notte di Natale. E qui entra in scena Sergio Staino che, essendo suo amico da molto tempo, si è preso la briga e l’impegno di illustrare le sue storie, come L’impero delle cicale, prodotto in collaborazione con la nipote Isabella.

Questo libro è una bella sorpresa. Non che i due precedenti racconti natalizi (Gli angeli del cortile e Racconto di Natale entrambi editi da Einaudi, Stile Libero) non fossero alla sua altezza, ma la veste editoriale, che la Coconino Press questa volta ha messo a disposizione, dona un valore aggiunto considerevole. Difatti l’impianto stilistico, narrativo e iconografico, tutto sommato, non presenta rilevanti novità: non un fumetto, ma una vera e propria novella natalizia accompagnata da disegni e dipinti in tecnica mista.

La penna di Sofri, sobria e acuminata, imbastisce una trama tra la metafora e l’allegoria, quasi una parabola morale dove l’assurdo e l’esagerazione innescano una distorsione della nostra realtà. Nel caso specifico l’incipit è esplicativo: “Ecco, siamo al Natale 2053, il mondo è cambiato e, in particolare, gli animali umani, uomini e donne, sono diventati immortali” e siccome non c’é più la scocciatura di dover morire, allora non è neanche necessario fare nascere nuovi bambini perché “chi c’é c’é, e si fermerà quella successione di generazioni che ha innervosito il mondo“. Facile, essendo in clima natalizio, immaginare quindi quale bambino non deve nascere più…
Leggendo queste pagine ci troviamo catapultati in una classica distopia (utopia al contrario), come in quei romanzi fantascientifici dove la catastrofe è già avvenuta e il mondo è diventato un brutto posto in cui vivere. Qui, pero’, il futuro più che essere apocalittico tende al grottesco e a ben vedere non è che sia molto differente da ciò che siamo costretti ad osservare quotidianamente.

Sergio e Isabella Staino hanno il merito, invece, di non essere stati troppo didascalici con le loro illustrazioni; anzi, qui e là hanno calcato la mano sulla parte più tragica dei personaggi mossi da Sofri, aggiungendovi una misurata dose d’ironia e amaro sarcasmo. Quello che traspare da questi disegni è il rammarico per un mondo sempre meno ospitale dove l’egoismo, l’individualismo e l’edonismo sono predominanti. Queste cose Sergio e Isabella l’esprimono attraverso una rappresentazione di comparse disumanizzate nelle sembianze e sventrate dalla disperazione d’invecchiare continuamente pur essendo immortali, tanto che troviamo un briciolo di speranza, guarda caso, solo tra i carcerati che, con la loro serenità e semplicità, simbolicamente si ribellano alla prepotenza e alla decadenza.

Infine voglio sottolineare come i colori dei dipinti d’Isabella su queste pagine di un formato più grande rispetto a quello usato da Einaudi, che ne esaltano il cromatismo e la profondità espressiva, riescano ad emergere in tutto il loro splendore. Una veste grafica e tipografica, quella adottata dalla Coconino, senza dubbio più consona a presentare il lavoro dei due illustratori, ad un prezzo, tra l’altro, praticamente uguale a quello proposto dalla casa editrice torinese.
Per tutti questi motivi L’impero delle cicale è un ottimo libro che consiglio come regalo di Natale. Magari vi farà sentire più buoni o, perlomeno, acquisirete un buon antidoto alla volgarità consumistica di questa festa ormai espropriata del suo significato.

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