Hollywood e i supereroi
Il grande, e soprattutto veloce, successo di Captain America: Civil War al box office USA e internazionale (nel momento in cui scriviamo la pellicola ha oltrepassato quota 700 milioni) pare mettere un paletto di assoluta certezza sulla freschezza e vitalità del genere supereroistico al cinema, che come noto nei prossimi anni vedrà una forte infornata di pellicola. Ma la situazione è davvero tutta rose e fiori? O questo genere rischia di diventare in qualche modo una sorta di arma a doppio taglio per il sistema Hollywood?
A dibattere sull’argomento sono stati nei giorni scorsi Peter Bart e Mike Fleming di Deadline, i quali hanno posto differenti punti di vista e interessanti analisi sull’influenza positiva o negativa che il proliferare di pellicole basate sugli eroi in costume potrebbe avere per il mondo del cinema americano.
Captain America: Civil War riflette il trionfo dei fumettocrati – i plutocrati del settore supereroistico che hanno conquistato l’estate. Ma, quando ho visto il film questo fine settimana, mi è stato anche ricordato che l’ecosistema e l’estetica del film di supereroi rappresentano sempre più un settore completamente separato dal resto. E probabilmente è anche dannoso per il cinema mainstream – ha affermato Bart – Certo, al fumettocrate piace prendere in prestito il lessico dei registi. Nel tuo colloquio con i fratelli Russo, Mike, essi hanno parlato del loro amore d’infanzia per Truffaut e la loro dedizione alla narrazione. Kevin Feige, il capo della Marvel, descrive come i suoi registi trattino i racconti originali a fumetti “come se fossero testi sacri.” A suo merito, però, dice anche, “siamo tutti nervosi circa il potere diventare troppo seri e pomposi visto che questo universo cinematografico continua a crescere”.
Ma Feige dovrebbe essere nervoso. Quello che i fumettocrati stanno facendo è riciclare i loro brand, non fare film. I loro mega-spettacoli sono per gli effetti speciali e le acrobazie, non per i personaggi. Fino a quando non sono arrivati i film di supereroi tutti i generi di base a Hollywood – film di gangster, western, musical, ecc – erano essenzialmente sulle persone, buoni e cattivi. Capitan America non è un film tanto quanto è uno showroom per i nuovi veicoli della Marvel – decine di loro. Mi è piaciuto incontrare il nuovo Spider-Man, ma che cosa aveva a che fare questo simpatico adolescente con la storia? Gli spettatori non devono preoccuparsi per la sorte dei loro personaggi preferiti: hanno la migliore polizza assicurativa disponibile, la necessità di un sequel.
A pensarla diversamente è Mike Fleming, che ha sottolineato come attualmente i film sui supereroi riflettano una sorta di Golden Age per il cinema, come lo furono gli anni ’70 per Hollywood, con prodotti innovativi e rivoluzionari per l’epoca. Per il giornalista inoltre, molte scelte recenti dimostrano che il genere sta alzando l’asticella e non solo, come afferma il collega, riciclando brand e sfornando sequel.
Peter, so che questo ti causerà una restrizione dello sfintere, ma penso che il modo in cui tu ricordi gli anni Settanta come l’epoca d’oro… ecco, in questo momento ci troviamo esattamente in quel campo. Ci abbiamo messo molto per arrivare sino a questo punto – riesco ancora a ricordare quanto spesso ho scritto delle proprietà dei diritti Marvel in Weekly Variety – al tempo in cui la Marvel era in bancarotta e non c’era alcuna prova che indicasse che questi film sarebbero stati mai fatti; ricordo bene che una volta mi hai suggerito di smetterla, dopo che ho scritto un intero editoriale ispirato a un’ipotetica ‘lista della spesà della Marvel piena di supereroi che adesso valgono miliardi di dollari. Non sto dicendo di essere intelligente. È che ho aspettato tantissimo questo momento e, chiaramente, insieme a me lo hanno fatto registi come Joe e Anthony Russo, James Gunn, Jon Favreau, Christopher Nolan, Tim Burton, Bryan Singer, Tim Miller e tutti coloro che hanno avuto un ruolo in questo Risorgimento. Ora tocca alla Warner Bros e alla DC – e al Black Panther di Ryan Coogler, allo Spider-Man: Homecoming di Jon Watts e al Doctor Strange di Scott Derrickson– mantenere alto il livello. A loro e a qualsiasi regista donna conquisterà il film su Captain Marvel. Amo l’azione sfrenata e convulsa che i fratelli Russo hanno messo in quel film, tutti i momenti buffi e quelli seri e i plot twist. Nelle mani di alcuni registi, fare un film con così tanti supereroi avrebbe richiesto l’utilizzo di un collare con medaglietta e nominativo per poterci lavorare. Non è stato un problema per loro.
Penso che Capitan America: Civil War abbia migliorato e alzato la qualità, che era già alta. Batman V Superman avrebbe potuto essere migliore, ma scommetto che i ragazzi della Warner Bros e il regista Zack Snyder hanno ascoltato le perplessità e troveranno la loro impronta stilistica… fare di Ben Affleck il produttore esecutivo del film della Justice League è stata una mossa intelligente. E non fatemi parlare di Deadpool, che ha dimostrato che vi è spazio per muoversi nel terreno R-rated, un tappeto erboso che non è stato adeguatamente sfruttato dalla serie di film di Blade della New Line, con Wesley Snipes. E abbiamo un altro X-Men diretto da Bryan Singer che sta arrivando. Dimmi ancora una volta come tutto questo sia un male?
Nei giorni scorsi Variety ha posto un problema che sta crescendo attualmente a Hollywood, e che si sta riflettendo sul mercato del Festival di Cannes, ovvero la sempre maggiore difficoltà di avere in produzioni indipendenti grandi star.
La proliferazione di franchise e film sui supereroi infatti starebbe spingendo il cinema indipendente a puntare sempre sugli stessi volti, visto che altri nomi di rilievo come Robert Downey Jr., Ben Affleck e Jennifer Lawrence sono stati o saranno per molto tempo legati a progetti tratti da fumetti, che aumentano le difficoltà per gli impegni su altri progetti.
Downey, per esempio, è apparso in un film degli Avengers e in uno spin-off in quattro degli ultimi cinque anni, e ha altri tre film come Iron Man in programma nel 2017 e nel 2018. E ora che Affleck ha aderito alla Justice League come Batman, indossando il mantello e cappuccio diventerà essenzialmente un evento annuale per l’attore, poiché questi universi a fumetti si espandono.
I film di supereroi sono quindi una benedizione per il cinema mainstream, capaci di raggiungere nuove vette artistiche? O sono un mostro tentacolare capace di rivoluzionare Hollywood ma al tempo stesso di ucciderne il cinema indipendente?
Solo il tempo, e la giusta reazione dell’industria a queste domande, potrà fornire una definitiva risposta.
DC Entertainment
Dan Evans, che lo scorso anno era entrato a DC Entertainment provenendo dai Marvel Studios, è stato promosso nei giorni scorsi Vice-Presidente degli Affari Creativi, ruolo che lo porterà a interagire direttamente con Geoff Johns, CCO di DC Entertainment.
Conosco Dan da anni. La sua passione per la DC, i suoi punti di forza e le sue esperienze creative fanno di lui un leader stellare all’interno della mia Direzione per gli Affari Creativi – ha dichiarato Johns in un comunicato – È bello avere lui per assumere questo nuovo ruolo e aiutare a gestire i tanti progetti DC attraverso lo studio.
Nel suo nuovo incarivo, Evans, che nel suo curriculum ha una valida esperienza come executive di Nickelodeon Animation, dovrà ora gestire e rivedere i contenuti creativi che sono in produzione con Warner Bros., tra cui serie televisive, film, animazione e giochi. Il compito principale di Evans sarà quello di garantire che l’uso dei personaggi DC e le loro storie rimangano fedeli ai valori fondamentali del franchising, come ha sottolineato l’azienda in un comunicato.
Questa mossa pare rientrare in una strategia più ampia che mira a dare finalmente una supervisione creativa ai progetti basati sui personaggi DC Comics, questione di cui vi avevamo parlato qualche settimana fa.
Curse
Blumhouse sta collaborando con i Boom! Studios per realizzare l’adattamento cinematografico di Curse, graphic novel pubblicato dalla casa editrice, scritto da Michael Moreci (Roche Limit) e Tim Daniel (Enormous) e illustrato da Colin Lorimer e Riley Rossmo.
La storia del graphic novel è incentrata su un padre vedovo e in condizioni finanziarie pessime, che cerca disperataente di salvare il suo bambino da una malattia rara. Cogliendo l’opportunità di riscuotere la taglia offerta per la cattura di un assassino, finisce per catturare inavvertitamente un lupo mannaro.
Il progetto sarà prodotto da Jason Blum della Blumhouse, mentre Ross Richie e Stephen Christy dei Boom! Studios parteciperanno anch’essi come produttori esecutivi, assieme ad Adam Yoelin.
Curse è l’ennesimo prodotto della casa editrice che viene portato sul grande schermo. Nei giorni scorsi quest’ultima aveva infatti concluso un accordo con la Fox per la realizzazione del film di Irredeemable, che sarà diretto da Adam McKay.
Foodiverse
La Odin’s Eye Entertainment lancerà sul mercato internazionale, durante il festival di Cannes, il film di animazione cinese Foodiverse.
La pellicola reaizzata in 3D, che è attualmente in produzione, è ambientata nel mondo dei buongustai, e vede contrapposti i cibi tradizionali contro quegli elementi intenti a eliminare il sapore e il divertimento dalla cucina.
Foodiverse è scritto e diretto dal veterano dell’animazione cinese Liaoyu Chene prodotto dalla società di Pechino Phenom Films, The Gate Studio, United Entertainment Partners, Exchange e Joyspoon.
La Odin’s Eye si occuperà di tutti i diritti al i fuori della Cina continentale, e ha già venduto il film nelle Filippine per Captive Entertainment e nella ex Jugoslavia per Dexin Film.
‘Foodiversé è un concetto convincente ed emozionante da aggiungere alla nostra crescente gamma di animazione. Il potenziale per il licensing e il merchandise è particolarmente interessante – ha dichiarato il fondatore e CEO di Odin’s Eye Michael Favelle.
Una data di uscita nelle sale di Foodiverse non è ancora stata fissata, anche se è stato reso noto che il lungometraggio srà completato nel secondo trimestre del 2017.
A Cannes la Odn’s Eye si sta occupando anche delle vendite di numerosi titoli animati tra cui sono da citare Bad Cat, Kikoriki: Legend Of The Golden Dragon e Throne of Elves.
The Death of Stalin
Al festival di Cannes è stato annunciato ufficialmente il cast di The Death of Stalin, adattamento cinematografico del graphic novel di Fabien Nury pubblicato dalla francese Dargaud, di cui vi avevamo parlato qualche mese fa.
La Gaumont, che produce il progetto, ha infatti reso noto che gli attori Jeffrey Tambor, Steve Buscemi, Olga Kurylenko, Timothy Dalton, Toby Kebbel, Michael Palin, Simon Russell Beale, Paddy Considine e Andrea Riseborough sono in negoziazioni avanzate per prendere parte alla pellicola, che sarà diretta come noto da Armando Iannucci.
Secondo le prime indiscrezioni, Buscemi dovrebbe interpretare il ruolo di Nikita Krusciov, mentre Dalton quello di Georgey Zukhov.
Il graphic novel è ambientato nel 1953 durante gli ultimi giorni del dittatore sovietico, e raffigura il caos del regime dopo la sua morte.
Petit Vampire
StudioCanal e Autochenille Production di Joann Sfar hanno annunciato durante il Festival di Cannes la realizzazione di un lungometraggio animato basato sulla serie a fumetti Petit Vampire, ideata dalla stessa Sfar, che sarà regista del progetto, la cui versione per il grande schermo sarà una storia originale con l’inserimento di alcuni elementi presi dal primo volume della serie.
Il fumetto è incentrato su un piccolo vampiro annoiato dal fatto di avere 10 anni da 300 anni, e che vorrebbe andare a scuola per farsi dei nuovi amici. In seguito conosce Michael, un orfano che si trova a suo agio con il mondo del suo nuovo amichetto non-morto. I due diventano presto amici, ma il malvagio Gibbus, una creatura soprannaturale che vuole distruggere la piccola comunità felice dei morti viventi, cercherà di ostacolare la loro amicizia.
Si ringrazia per la traduzione delle dichiarazioni di Mike Fleming Elisabetta Gatti