Leggendo Girl Juice, primo graphic novel di Benji Nate, mi sono chiesta più volte cosa significhi diventare grandi. Il passaggio all’età adulta è un tema ricorrente di una buona parte della narrativa, a fumetti ma ovviamente non solo, eppure non è facile trovare una riposta univoca; forse perché non è semplice individuare un momento preciso in cui si diventa “grandi”: un momento in cui gli sbagli sembrano non essere più occasioni di crescita, ma solo errori.
Anche le protagoniste di Girl Juice se lo chiedono spesso, cosa significhi davvero diventare adulte. Quello però che risulta più evidente, durante la lettura, è come per le quattro coinquiline (Benny, Nana, Tula e Sadie) questo enigma che è l’età adulta non è altro che un gioco, una continua scoperta. Il fumetto di Nate, infatti, è profondamente e totalmente immerso nel presente: il futuro, su cui spesso le quattro ventenni si interrogano, esiste soltanto sul piano della pura immaginazione. Non a caso, sono molteplici le scene in cui le protagoniste si chiedono a vicenda dove finiranno tra vent’anni, cosa vogliono realizzare da grandi: le risposte, però, sono sempre scanzonate, bizzarre, libere, insomma, dalle reali costrizioni dell’età adulta.
Di fronte al peso delle ambizioni e delle aspettative, Bunny risponde di voler semplicemente diventare una “dmilf”, vale a dire una milf ma con i cani al posto dei figli. Abbastanza emblematico di tutto questo è senza dubbio la scena in cui le protagoniste scoprono dell’esistenza di un “prom per adulti” 1: ancora una volta il futuro, la fantomatica età adulta, non appare come altro se non come travestimento parodico di se stesso. Ed infatti le ragazze verranno inevitabilmente deluse quando scopriranno che di null’altro si tratta se non un “branco di tristi millennial depressi“.
E mentre questo improbabile futuro viene costantemente immaginato e indovinato, le quattro ragazze si accontentano invece di vivere e godersi a pieno il loro presente, fatto di avventure sentimentali, colloqui di lavoro più o meno sgradevoli e mille, scanzonate vicende di carattere più “frivolo”, dove però questa parola non ha necessariamente un’accezione negativa. Anzi, è di questo che Benji Nate fa il punto di forza della sua opera. Le protagoniste non vogliono ingannare nessuno, non vogliono vendersi come realizzate o perfette: il lettore può invece vederle in tutti i loro momenti più imbarazzanti, nascosti e buffamente divertenti. Non a caso, in un’intervista, alla domanda su cosa sperasse che i lettori traessero dal fumetto, l’autrice ha risposto “I don’t think there are a lot of comics aimed at adult women when they’re just enjoying themselves. I want people to join themselves” (“Non credo che ci siamo molti fumetti indirizzati a donne adulte in cui queste si divertono. I voglio far vedere persone che si divertono“)2; e sembra proprio questo infatti essere il file rouge dell’intero fumetto: la mancanza di filtri con cui vengono rappresentati tutti i piccoli quotidiani momenti vissuti dalle protagoniste, momenti di divertimento e confidenze.
La loro è quindi quella frivolezza che tutti siamo abituati a vivere con i nostri più cari amici, a cui permettiamo di scoprirci anche nei nostri lati più leggeri e talvolta imbarazzanti. Il tutto viene condito da una buona dose di ironia, che risulta sicuramente l’altro punto di forza del fumetto; il tono di Girl Juice è infatti sempre scanzonato così come le situazioni immaginate, spesso fuori dalle righe e volutamente caricaturali. Sotto questo punto di vista, l’opera si presenta assolutamente coerente e uniforme, senza particolari picchi drammatici: la narrazione di Girl Juice non rinuncia mai infatti alla sua tendenza comica.
Anche la struttura a “sketch” conferma questo tipo di intenzione: l’opera infatti non presenta una narrazione lineare o di ampio respiro; si tratta invece di una successione di brevi episodi (alcuni un po’ più consistenti di altri, come quello del campeggio). Tale impianto narrativo rafforza senza dubbio l’intenzione umoristica, così come la sceneggiatura tutta basata sul botta e risposta immediato e spontaneo delle protagoniste. Si ha così l’impressione di assistere quasi a scene tratte da una sitcom, basate sulla consolidata familiarità con un cast fisso di personaggi e su storylines spesso tanto divertenti quanto esasperate. Una sitcom, però, decisamente dei nostri giorni: un’altra delle caratteristiche fondamentali di Girl Juice è infatti la sua aderenza, talvolta forse anche troppo cercata, al contemporaneo. Non solo nelle occupazioni delle protagoniste (come quella di youtuber o stand up comedian) ma anche nel linguaggio utilizzato, così come nella già citata struttura a sketch. D’altra parte, l’opera nasce come webcomic, e già effettivamente nella sua natura originaria rivela la sua assoluta contemporaneità: così come nell’attenzione rispetto all’uso dei social e del cellulare, o alle difficoltà di mantenersi economicamente solo con lavori precari, o ancora alla precarietà delle relazioni sentimentali e sessuali.
Quello che emerge è un ritratto senza dubbio sopra le righe e talvolta volutamente esagerato ma allo stesso tempo, nella sua sostanza, anche alquanto realistico della vita quotidiana di quattro ventenni alle prese con dinamiche e problemi vicini al mondo giovanile ed anche, ovviamente, femminile. Soprattutto, col susseguirsi dei vari “episodi”, emergono di tanto in tanto le piccole fragilità di questi personaggi, le insicurezze che li accompagnano, rendendoli pagina dopo pagina più stratificati di quanto ci aspetteremmo. In particolare, è senza dubbio il personaggio di Bunny a spiccare su tutte le altre che, la maggior parte delle volte, fungono più da contorno e spalla comica per le esuberanti trovate della protagonista. E non è necessariamente un personaggio gradevole quello di Bunny, spesso fin troppo diretta e impulsiva, a volte abbastanza egoista e egoriferita: però sono senza dubbio questi suoi difetti a renderla più interessante ed umana, così come a rendere per contrasto più efficaci i momenti in cui al contrario rivela i suoi lati più vulnerabili (come quando rivela alle amiche di essere stata bullizzata al liceo).
Non tutti i personaggi, però, sono appunto trattati con la stessa cura e l’opera avrebbe potuto giovare, anche nel ritmo e nell’alternanza degli sketch, di una maggiore attenzione per le co-protagoniste. In questo modo anche la “responsabilità” umoristica sarebbe stata meglio bilanciata, mentre per gran parte dell’opera dipende strettamente dall’esuberanza sfrontata della protagonista, rischiando di divenire talvolta monotona. Anche da un punto di vista grafico il fumetto presenta una veste uniforme: la tavola è infatti sempre rigidamente divisa in sei vignette, pattern che non viene quasi mai meno, dall’inizio alla fine del fumetto.
Anche in questo caso, data l’esuberanza dei personaggi e soprattutto la forte vena pop che contraddistingue l’opera, un utilizzo più irregolare del layout avrebbe in alcuni momenti contribuito a spezzare in maniera efficace la natura a volte un po’ ripetitiva (che recupera nell’episodio finale, più esplosivo sia da un punto di vista narrativo che grafico). Dall’altro lato, però, la regolarità delle tavole è sicuramente in linea col narrare episodico, che vuole appunto proporre una serie di “istantanee narrative” che si assomiglino e siano coerenti anche da un punto di vista grafico.
La colorazione vivace e soprattutto il character design cartoonesco confermano ancora una volta la natura pop e frizzante del fumetto, rivelando sicuramente tante influenze contemporanee provenienti dal mondo del fumetto e del webcomic, ma anche e soprattutto dall’animazione. Il dettaglio degli occhi ed anche la forma dei volti ricordano vagamente, ad esempio, anche il character design della serie animata Adeventure time.
Nel complesso, Girl Juice si rivela un buon fumetto d’esordio, che fa della sua natura pop e della sua vena umoristica il suo punto di forza maggiore, senza aver paura di parlare di tutto e, soprattutto, di farlo senza nessuna pretesa se non quella di divertire e non giudicare. Benji Nate riesce quindi a confezionare un’opera che può strapparci un sorriso e raccontarci spezzati di vita di una generazione che non ha tanta fretta di diventare “grande”: o forse, semplicemente, che sta cercando il suo modo di esserlo, senza rinunciare a una buona dose di cadute, che rendono tutto più complicato ma anche infinitamente più divertente.
Abbiamo parlato di:
Girl Juice
Benji Nate
Traduzione di Caterina Marietti
Bao Publishing, 2024
192, pagine, brossurato a colori – 22 €
ISBN: 9788832739909
Il prom è il tipico ballo di fine anno delle high school statunitensi, vero e proprio rito di passaggio generazionale ↩
Girls just want to have fun: PW Talks with Benji Nate di Shaenon Garrity, Publisher Weekly: www.publishersweekly.com/pw/by-topic/authors/interviews/article/91888-girls-just-want-to-have-fun-pw-talks-with-benji-nate.html ↩