Un eroe una battaglia #1: Le nebbie di Caporetto

Un eroe una battaglia #1: Le nebbie di Caporetto

Con " Le nebbie di Caporetto", Editoriale Cosmo lancia una miniserie che omaggia e rinnova i fumetti bellici un tempo presenti nelle nostre edicole.

I lettori con qualche anno in più sulle spalle forse ricorderanno i fumetti di guerra in formato pocket che uscirono nelle edicole italiane a partire dalla seconda metà degli anni ’60, e che continuarono a farlo per quasi trent’anni.

In tali fumetti avevano luogo le più temibili battaglie, ambientate in luoghi esotici e remoti e tutte incentrate sul “fattore umano”, sul rapporto tra il singolo eroe e la guerra.  Un racconto per certi versi semplificato e idealizzato, fatto di grandi imprese di soldati coraggiosi mandati allo sbaraglio contro nemici granitici e monotematici, dai caratteri appena abbozzati, buoni solo nel ruolo di minaccia senza identità. Gran parte di questi fumetti erano tradotti dall’inglese e vedevano all’opera autori stranieri; in alcuni casi apparivano però fumettisti nostrani, che nel tempo avrebbero poi avuto brillanti carriere (tra di essi nomi del calibro di Hugo Pratt e Ferdinando Tacconi).

A più di vent’anni dalla chiusura di quelle collane, l’Editoriale Cosmo cerca di rinverdirne i fasti mandando in stampa una miniserie di quattro numeri dal titolo  Un eroe una battaglia, ognuno dedicato a uno scontro bellico famoso. Impresa degna di nota a prescindere dal suo successo, di certo inedita e per molti versi coraggiosa, e che pur mostrandosi debitrice nei confronti dei vecchi fumetti dai quali prende spunto, riesce anche nell’impresa di svecchiarli un poco, offrendo tematiche, approcci e stili in parte più moderni.

Da questo punto di vista, la differenza più grande rispetto al passato e sicuramente l’elemento più appariscente e lodevole di questo primo numero è il tema trattato: nientemeno che la battaglia di Caporetto, che per l’Italia rappresentò una delle peggiori disfatte sul campo bellico. Niente imprese eroiche da celebrare, quindi. Niente visione idealizzata del conflitto, ma al contrario una cruda rappresentazione della guerra e dei suoi esiti peggiori: morte, sofferenza, atrocità, crudeltà, sconfitte solo in parte “riscattate” dal comportamento eroico di pochi soldati.

I protagonisti di questo primo albo, Le nebbie di Caporetto, scritto da Giulio Gualtieri e disegnato da Emilio Lecce non sono dunque la Storia  con la “S” maiuscola o i suoi vincitori, bensì quattro semplici fanti provenienti da varie regioni d’Italia, che sotto i feroci attacchi degli austriaci devono decidere se sopravvivere o morire e se farlo da eroi o da codardi. Persone comuni risucchiate in un meccanismo nel quale si trovano loro malgrado coinvolte, testimoni di eventi più grandi di loro dei quali sono semplici comparse, per nulla speciali o dotate di particolari qualità, che si trovano a esprimere parti di loro stesse che forse non sapevano neppure di avere.

Gualtieri, nel suo approcciarsi a una materia tanto complessa e complicata sceglie dunque il classico percorso inverso, che parte dal singolo uomo per allargarsi di tanto in tanto all’intero esercito e alla Prima Guerra Mondiale. Quello che viene messo in risalto non è la ricostruzione storica degli eventi – che per quanto accurata ha un ruolo di secondo piano – bensì il comportamento dei quattro soldati che si ritrovano insieme allo scoccare della battaglia fatale per il Regio Esercito Italiano comandato dal generale Cadorna.
Il richiamo ai vecchi fumetti è palese, ma insieme al vecchio cercano di convivere anche elementi nuovi: l’impressione che si ha è quella di un omaggio all’antico che a tratti si trasforma in remake.

Dal punto di vista della trama abbiamo un tentativo (riuscito solo in parte) di creare un realismo credibile ma che non dimentichi le esigenze di un fumetto “popolare”, e insieme a scontri e combattimenti offra anche ritratti di “vita vera”. 
Le nebbie di Caporetto mostra una buona ricostruzione della vita di trincea e opta per una violenza non ingentilita o stereotipata ma il più possibile realistica; eppure in alcuni momenti semplifica troppo, al punto da trasformarsi in un film di Tarantino con soldati improvvisamente colti da brame di eroismo.

La lettura risulta scorrevole e sufficientemente chiara anche per chi non conosce nulla su Caporetto e la Grande Guerra, ma le avrebbe giovato qualche accenno in più: la lente di ingrandimento puntata in modo fisso sui soldati protagonisti a volte impedisce di vedere la totalità della storia narrata e, nonostante la pretesa di realismo, alcuni personaggi chiave rimangono in un ruolo defilato così come i nemici  – proprio come nei vecchi fumetti – si presentano quasi sempre come cattivi di serie B che declamano improperi in un austriaco elementare.

Anche  i protagonisti faticano a evolversi oltre il ruolo di macchietta: abbiamo il ragazzo del sud con i baffi neri che dice “minchia”, il milanese che quando corre “gli scoppiano i pulmun”, e via dicendo. Personaggi memorabili, dunque, pochi, ed è solo nel finale anti-eroico che buoni e cattivi assumono quel minimo di personalità che ce li rende umani.

Per quanto riguarda i disegni abbiamo uno stile corretto ma privo di particolari guizzi. Non troppo realistico, non troppo particolareggiato, a tratti incerto nel tratteggiare cose e persone, lo stile accompagna con buona misura il racconto mostrando un valido uso dei neri e una certa efficacia nel descrivere certi paesaggi. Buono l’uso di alcuni elementi “decorativi” come la pioggia e la nebbia, ben sfruttate per rendere d’atmosfera alcune scene, d’effetto l’uso della prospettiva, ma per quanto riguarda visi e corpi abbiamo molto spesso scelte dubbie, incertezze anatomiche, rigidità ed esagerazioni non molto gradevoli, in certi punti troppo “scolastiche” o troppo deboli per essere efficaci.

Pure, tali imperfezioni rimandano ai vecchi fumetti di guerra, disegnati spesso da autori non famosi o eccezionali, e paradossalmente riescono a trovare una ragion d’essere, rivelandosi adatte a un fumetto che anche in questo – volontariamente o meno – riesce a omaggiare i suoi predecessori.
Il segno rimane comunque sempre chiaro e leggibile, mentre la gabbia classica fatta di due o tre vignette per pagina di tanto in tanto si concede qualche apprezzabile tocco di modernità come prospettive profonde, uso di vignette scontornate, di vignette verticali e altre invenzioni grafiche d’effetto.

L’unica nota del tutto negativa riguarda le onomatopee,  composte con caratteri di stampa tanto anonimi quanto sterili, troppo perfetti e piatti per coinvolgere il lettore. In un racconto che narra di bombardamenti ed emozioni forti, credo sarebbe stato più opportuno affidarsi a suoni tracciati da una mano “vera”, piuttosto che da uno sterile programma di grafica che riesce ad appiattire qualsiasi cosa.

In definitiva Le Nebbie di Caporetto si rivela un fumetto adatto a ciò che rappresenta, confezionato con cura e coscienza, capace di omaggiare i classici fumetti di un tempo ma fornendo a tratti un approccio moderno e dei temi controversi. Un fumetto chiaro e scorrevole, adatto a ogni tipo di pubblico, molto comprensibile e dal ritmo sempre elevato, che piacerà ai vecchi appassionati ma potrebbe anche incuriosire i lettori più giovani e coloro che in passato non hanno mai dato fiducia a simili produzioni.

Abbiamo parlato di:
Le nebbie di Caporetto
Giulio A. Gualtieri, Emilio Lecce.
Editoriale Cosmo, 2017
128 pagine, brossurato, bianco e nero –   €  3.90
128 pagine, cartonato, bianco e nero – €  10,00
ISBN: 9788869114854

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