Cthulhu e il richiamo delle tenebre: più Dylan che Howard

Cthulhu e il richiamo delle tenebre: più Dylan che Howard

Editoriale Cosmo presenta una nuova produzione tutta italiana che omaggia le opere di Howard Phillips Lovecraft: ben scritta e disegnata, ma che pur con i suoi numerosi pregi sembra scegliere di rimanere confinata all'interno delle regole del più classico fumetto seriale.

Le stelle sono propizie. Dagli abissi dell’oceano un’empia e indescrivibile divinità aliena sta risalendo verso la superficie accompagnata dai riti di crudeli cultisti, e portando con sé follia e orrore. Chi potrà svelare il mistero di questa rinascita e salvare l’umanità? A quanto pare, un triste detective alcolizzato.

Bastano queste poche righe a far luce sulla natura de Il richiamo delle tenebre, volume unico di stampo lovecraftiano che esce dalle penne degli sceneggiatori Gualtieri e Nucci per le matite di  Valerio Befani; un volume che offrendo 144 pagine di puro “divertimento”, orrore, mistero e azione fa perfettamente il suo lavoro… e nello stesso tempo non ci riesce.

Per far luce su questo mistero, molto meno complesso di quello riguardante i Grandi Antichi, basta osservarlo da due punti di vista diversi. Se infatti prendiamo Il richiamo delle tenebre per ciò che fondamentalmente è – un avventuroso fumetto dell’orrore – è facile vedere come tutti gli elementi base siano al loro posto, e ben rappresentati.
Abbiamo un inquietante manicomio, un detective alcolizzato dal passato tragico, personaggi enigmatici, colpi di scena, un po’ di sesso e ironia, e sangue e terrore quanto basta. Il tutto ben amalgamato in una struttura tecnica che fa molto bene il suo lavoro dal punto di vista della trama, dei dialoghi e dei disegni.

Abbiamo luoghi, personaggi e situazioni abbastanza iconici – quando non stereotipati – ma che non mancano di farsi apprezzare. Abbiamo delle comparse a tratti monodimensionali ma allo stesso tempo capaci di qualche sorpresa – tra tutti, i più convincenti sono il direttore Vincent Price e il suo assistente occhialuto, portatori di una inattesa ventata di ironia e surrealismo. Abbiamo dei riferimenti al passato del protagonista che trovano un’imprevedibile eco nel presente, arricchendo la trama principale in modo piacevole. E abbiamo delle scene horror forse non nuove ma che soddisfano in pieno l’appassionato, che vi ritrova tutto ciò che lo diverte in questo tipo di prodotto.

Il volume che ne deriva è dunque ben riuscito, perfettamente leggibile, pieno di ritmo e di momenti che stupiscono, disegnato con talento, sceneggiato con mestiere, capace di mettere in scena un’orrore di stampo americano in modo corretto e dunque capace di farsi apprezzare dal suo pubblico di riferimento.

E la recensione potrebbe benissimo finire qui.

Cosa non va, dunque? A voler esser pignoli, il fatto che se cerchiamo di affrancarci da quelle che sono le sacrosante regole del fumetto “popolare”, e tentiamo di esaminare in cosa questo fumetto dovrebbe essere speciale e dovrebbe rendere omaggio ad Howard Phillips Lovecraft e al suo universo, ecco che gli elementi positivi iniziano a ridimensionarsi.

Dal punto di vista della confezione infatti Il richiamo delle tenebre non riesce – o non desidera – in alcun modo a introdurre elementi di originalità o di valore superiore nella trama, limitandosi a ricalcare la struttura del più classico fumetto horror popolare, nei quali un protagonista problematico e dal passato tenebroso si ritrova in una situazione assurda dalla quale riesce a uscire semplicemente girando a caso, imbattendosi in situazioni e indizi che non usa mai attivamente ma dei quali è solo testimone per conto del lettore, e che riesce a risolvere tutto a pugni e a colpi di pistola, ritagliandosi anche lo spazio per un po’ di sesso – nonostante un fortissimo leitmotiv di questo fumetto sia un mai sopito dolore dell’eroe nei confronti della moglie morta.

Uno dei misteri e colpi di scena principali, che sono certo sarà apprezzato dai lettori più giovani, non regge all’incontro con un fruitore più consapevole, che può indovinarlo senza il minimo dubbio. E alle lunghe è poco incoraggiante vedere come ogni luogo comune si limiti a ribadire se stesso, a partire dal ruolo dato ai personaggi femminili, ridotti a vittime o al massimo a provocanti e bellissime ninfomani.

La ninfomane appare anzi fin dalla copertina a opera di Pietrantonio Bruno. Una bella illustrazione, che convince nello scontro tra le calde luci gialle e le gelide ombre azzurre, e che sembra rifarsi ai vecchi poster dei film horror o anche ai fumetti tascabili italiani: operazione legittima e sicuramente consapevole, ma che – volendolo cercare, come nei casi precedenti – ha il difetto di non nobilitare il prodotto, anzi sembra volerlo tenere relegato nei gironi della bassa letteratura. Anche il Lovecraft ritratto nel quadro che si vede appeso alla parete dietro la donna sembra storcere il naso con disapprovazione.

Passando all’approccio a Lovecraft, anche in questo caso è facile vedere come esso si riduca a un puro effetto cosmetico. Non basta infatti appiccicare un Necronomicon, un Cthulhu, due litanie e tre tentacoli, o riproporne a sommi capi una delle sue trame più classiche,  per poter dire di aver omaggiato con successo il Solitario di Providence.

Mancano infatti concetti cardine della narrativa di H.P.L come il nichilismo cosmico, la percezione della fragilità dell’esistenza umana e dell’insensatezza di un universo freddo e alieno o la discesa nella follia della persona comune costretta ad affrontare le conseguenze delle proprie ricerche. Manca lo scetticismo contro la scienza e i mali che può portare, mancano il senso di vertigine e le geometrie distorte, le divinità aliene e inconoscibili, e gli orribili prodotti di inumane intrusioni nella nostra realtà da parte di esseri non fatti per abitarla.

Tutti spunti che non possono semplicemente essere sostituiti da citazioni, belle donne e allegri Vincent Price, personaggi quest’ultimi che trasformandosi via via in novelli Groucho di fatto diluiscono i pochi temi seri rimasti con inserti comici sempre più evidenti. Ben riusciti, lo abbiamo già detto, ma che contribuiscono ad allontanare sempre di più il lettore dalla follia Lovecraftiana fino a farlo riemergere sostanzialmente indenne, proprio come il protagonista della storia. Ulteriore allontanamento, questo, dato che è alquanto improbabile trovare un racconto di HPL nel quale il protagonista riemerga indenne, sano di mente, o vivo.

Non sarebbe dunque azzardato – ed è ovvio che non di una critica negativa si tratta – paragonare questo fumetto pur ben riuscito a un episodio di un Dylan Dog “qualunque”, di quelli che vengono usati per testate secondarie o quando lo scrittore principale non c’è. Valido, ma essenzialmente intercambiabile. Molto piacevole, ma dimenticabile. Buono, ma non eccezionale. Sicuramente professionale, ma non geniale.

Dal punto di vista dei disegni va certamente segnalata la buona prova di Valerio Befani, già visto all’opera per la Cosmo con un episodio della collana Un’eroe una battaglia. Se lì Befani dimostrava già qualche buona dote, non del tutto espressa anche a causa del formato pocket, questo albo sembra vederlo all’apice delle sue possibilità attuali grazie a un segno incisivo e ben gestito, evocativo ma sempre controllato, che riesce a rimanere al servizio della storia senza sottomettersi, arricchendola con valide trovate grafiche.

L’approccio alla pagina è in puro stile seriale italiano, con una gabbia bonelliana a 6 vignette, solo di rado spezzata per offrire soluzioni più originali e personali (ma anche qui, come per i testi, il pregio è nello stesso tempo un difetto, visto che Lovecraft è un autore che spesso permette e anzi esige maggiori sperimentazioni); e vanno citati il buonissimo uso dei neri e delle ombre, la precisione degli sfondi sempre presenti e mai abbozzati, il pathos impresso nei momenti più importanti e la naturalezza con la quale vengono sfruttati “trucchi del mestiere horror” come le prospettive spesso inclinate e le inquadrature dal basso.

Evitando di indulgere in una pornografia dell’orrore, Befani si dimostra un ottimo evocatore di atmosfere, e anzi riesce lì dove la storia tentenna, cioè nell’offrire un Cthulhu che secondo le regole Lovecraftiane rimane quanto più possibile in ombra, indistinto e indistinguibile.

Se proprio si vuol fare qualche osservazione, è quella che – come spesso accade in autori dallo stile similmente oscuro ed evocativo – la cupezza e l’oscurità del segno sono onnipresenti, con ombre misteriose e orribili prospettive che compaiono anche nelle scene più quotidiane, uniformando ogni avvenimento a un’unica via comunicativa, e rendendo cupa quasi ogni cosa. Si sa che quando tutto è oscuro allora niente lo è veramente, e diventa più complesso per il lettore capire dove deve rilassarsi oppure no (come se in un film horror si sentisse un’inquietante musica d’archi anche mentre i personaggi prendono il caffè in salotto).

Ed è altrettanto vero che lo stile, i neri, servono anche a nascondere alcune incertezze: i personaggi recitano principalmente mediante le espressioni e i primi piani, mentre ci sono ancora alcuni difetti nella gestione dei corpi, soprattutto nei piani americani o nelle figure intere; lì insomma dove il corpo va mostrato, messo in movimento e armonizzato in tutte le sue parti e nei suoi angoli.  Difetto comune a molti artisti giovani, i quali si dimostrano spesso più a loro agio nell’illustrazione statica, nell’immagine a effetto, nella decorazione, e un po’ in difficoltà quando devono ritrarre momenti più quotidiani o far muovere i loro eroi all’interno di una sequenza narrativa.

Ma a parte questi peccati di poco conto per un autore ancora giovane, quel che è certo è che Befani si dimostra a suo agio, e il suo stile ha sicuramente un ruolo non indifferente nell’impreziosire un racconto che sicuramente non avrebbe avuto lo stesso impatto se affidato a un artista di minori capacità.

In definitiva, Il richiamo delle tenebre è un prodotto ben scritto e ben disegnato, che assolve egregiamente alla sua funzione principale. Un fumetto che intrattiene e diverte con mestiere e professionalità, e che offre tutto quello che un lettore seriale può richiedere da un simile prodotto. La soddisfazione è garantita, dunque, ma solo a patto che non si cerchi al suo interno qualche elemento di maggiore approfondimento, originalità e profondità sia grafiche che narrative, o un approccio a Lovecraft che sia diverso da una mimesi superficiale. In questi ultimi casi sarà necessario orientare in altre direzioni le proprie letture; in tutti gli altri, Il richiamo delle tenebre non potrà che piacere.

Abbiamo parlato di:
Cthulhu, l’abisso della ragione – Il richiamo delle tenebre
Giulio A.Gualtieri, Marco Nucci, Valerio Befani
Editoriale Cosmo, 2019
144 pagine, brossurato, bianco e nero –  5,50 €
ISBN: 9788869117480

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