Dylan Dog #387: dacci oggi il nostro Caos quotidiano

Dylan Dog #387: dacci oggi il nostro Caos quotidiano

Inizia con questo numero realizzato da Roberto Recchioni, Leomacs e Marco Nizzoli, “il ciclo della meteora”, una saga lunga quattordici episodi che terminerà con il #400 e destinata a cambiare per sempre lo status quo di Dylan Dog.

Dove eravamo rimasti e dove stiamo andando

Con Che regni il caos!, scritto da Roberto Recchioni per i disegni di Leomacs e Marco Nizzoli, prende il via l’atteso “ciclo della meteora“, quattordici episodi consecutivi di Dylan Dog legati tra di loro dall’arrivo sulla terra di una gigantesca meteora, dove confluiranno e termineranno tutte le sottotrame nate con l’inizio della gestione della testata a cura di Recchioni e che porterà a un annunciato cambiamento epocale nella serie, evidenziato anche dal logo dell’albo che, da questo numero, si incrinerà sempre più per poi distruggersi completamente alla fine del ciclo.

Sono infatti da ricercare nel #337 (Spazio Profondo) e nel #341 (Al servizio del caos) – vero esordio della cosiddetta fase due ideata dall’autore romano – gli antefatti e i semi di questa run destinata nelle intenzioni a stravolgere lo status quo dell’Indagatore dell’incubo.
Nel #341 compariva per la prima volta John Ghost, la nuova super nemesi del protagonista, finanziere (ma non solo) cinico, spietato e pragmatico, simbolo di tutto ciò che Dylan non vuole rappresentare, al servizio di un nuovo ordine mondiale destinato a dominare il mondo. La sua prolungata assenza dopo quella prima apparizione era in realtà soltanto apparente, visto che nel #361 (Mater Dolorosa), oltre ad annunciare a Dylan che presto sarebbe servito un suo sacrificio per salvare l’Universo, confessa di essere l’oscuro motore di molte delle sue sventure, come il rapimento avvenuto nel #342 (Il cuore degli uomini), o la depressione e la perdita della sua casa avvenuta nel #346 (… e cenere ritornerai).

La variant cover lenticolare presentata in occasione di Lucca e disegnata da Giuseppe Camuncoli.

Quindi ora dove siamo arrivati?
John Ghost riappare sulla scena e scatena il mostro Axel Neil (altra creazione originale recchioniana) nelle strade di Londra, che, mentre compie una strage di civili, si auto professa discepolo del signore del Caos, facendo iniziare una e vera è propria psicosi del terrore.

Caos entropico

“E’ l’Ordine a essere una momentanea mancanza del Disordine, in un mondo in cui quest’ultimo cresce in maniera misurabile e inesorabile attraverso l’entropia.” – Piergiorgio Odifreddi

L’intero albo è costruito attorno concetto di entropia, termine che deriva da un principio della termodinamica che ha a che fare con l’energia. Solitamente si riferisce all’idea che tutto nell’universo passi da uno stato di ordine a uno di disordine. La parola è stata anche usata dal fisico Ludwig Boltzmann per descrivere una misura del disordine, definendo l’entropia come l’ordine di grandezza di questo cambiamento.
L’esempio più semplice per spiegare il concetto è quello dello scioglimento del ghiaccio in acqua, da uno stato che di forma solida a uno stato liquido e libero, ordine e disordine, oppure un bicchiere d’acqua calda che si congela se messo a contatto con del ghiaccio determina anch’esso un aumento dell’entropia dell’universo.
Lo stesso concetto, secondo la visione di Ghost, può essere applicato al genere umano che, semplificando, se non è impegnato in guerre e sopraffazioni (caos), tende a crogiolarsi in periodi di illuminismo (ordine), teso all’ottimizzazione della vita e al conseguente benessere comune, diventando così debole, vulnerabile. Serve allora una scossa autoindotta, in questo caso per preparare la popolazione terrestre all’arrivo della meteora, per farsi trovare pronti all’apocalisse e trovare magari un nuovo leader che possa condurci.

Non è quindi un caso che anche l’albo sia separato in due parti, disegnate da due artisti che ben riprendono i due stati opposti e caratterizzati da due registri narrativi ben distinti. Analizziamoli.

Benvenuti nel caos

Dopo il monologo “entropico” iniziale di John Ghost, le pagine sono quasi completamente assorbite dalla mattanza che Axel Neil, il maniaco armato di ascia con tuba e capigliatura del chitarrista Slash dei Guns’n’Roses già apparso nel Dylan Dog Color Fest #1 del 2007 (di Recchioni e Massimo Carnevale) e nell’episodio #311 della serie regolare del 2012, Il giudizio del corvo (Recchioni e Daniele Caluri), perpetra nelle strade della capitale inglese. I dialoghi ridotti all’osso con cui il mostro comunica sono presi da famosi pezzi hard rock degli anni 80: Appetite for destruction dei Guns, Overkill dei Motorhead, Raining Blood degli Slayer, TNT degli ACDC, No more mr. Nice Guy di Alice Cooper e molti altri.

Lo stesso Dylan non sfugge a questo trattamento e mentre sconfigge Axel grida “Hey tu, porco… toglile le mani di dosso!”, la mitica frase che George McFly, padre di Marty, recita nel cult movie di Robert Zemeckis Ritorno al futuro.

La prima parte, rutilante e sfrenata, che recupera quello splatter ironico tanto caro a Tiziano Sclavi, è caratterizzata da una scrittura asciutta, sintetica, declinata al citazionismo più sfrenato, caratteristica storica della serie e dello stesso Recchioni, cui piace spingere il lettore alla ricerca dei riferimenti più nascosti.

La sceneggiatura, che riecheggia in alcuni passaggi l’umorismo sopra le righe dei Monthy Pyton, viene plasmata dalle illustrazioni di Leomacs, autore in possesso di uno stile realistico venato da una sottile linea grottesca. Ottima la recitazione dei volti dei protagonisti, molto comunicativi, e quelli più caricaturali di alcuni famose star britanniche. Sempre ben studiata e realizzata la dinamica e l’anatomia dei corpi, così come risultano spettacolari e a loro modi divertenti, le illustrazioni a piena pagina dell’assurdo massacro con arti che volano mentre alcuni passanti si fanno i selfie.

KILL YOUR IDOLS (ANCHE SE FOSSI TU) E DIVENTA IL NUOVO ORDINE

“Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti.” (Esodo 20:4-6)

Il 20 aprile del 1992, durante il Freddie Mercury Tribute tenutosi a Wembley, in ricordo del leader dei Queen scomparso l’anno prima, Axl Rose si esibì indossando una t-shirt raffigurante il volto di Gesù e riportante la scritta “Kill your Idols”, uccidi i tuoi idoli. Provocazione forse tesa a mostrare una presunta contraddizione del secondo comandamento e, naturalmente, a fare spettacolo e scandalo.

Ed è proprio questo che Dylan grida ai fan adoranti che assediano la sua abitazione. Nella seconda parte dell’episodio, infatti, colui che ha fermato il mostro diventa un idolo delle folle, protagonista di fumetti, di gadget, dell’ odiosa App BeDylanDog, una vera e propria icona mediatica e addirittura cavaliere della Regina. Ma la macchinazione messa in moto da John Ghost ne consegna al popolo una versione deformata, fascistoide, al servizio dei forti e contro i deboli, una replica malvagia dell’old boy che va contro tutti gli alti precetti e convinzioni morali dell’originale.

I dialoghi, in questo caso, diventano più pregni, stratificati e ci mostrano un uomo colpito nel suo lato più debole, indifeso, incapace di reagire, preda della sua ignoranza tecnologica, chiuso in un passato che non basta più a salvarlo da colui che incarna l’epoca selvaggia in cui viviamo e capace di sfruttare all’ennesima potenza tutto ciò che questa può permetterci e offrirci.

Si non potes inimicum tuum vincere, habeas eum amicum“, ovvero “Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico” diceva Cesare, uno che di vittorie ne capiva, che è poi è quello che si trova costretto a fare il protagonista per riappropriarsi della sua personalità: stringere un patto con il diavolo.

Ai disegni subentra Marco Nizzoli, artista storico della serie, affermato e conosciuto a livello europeo per la sua linea chiara, elegante e precisa. Decisamente buona la sua prova, con tavole pulite e ricche di particolari, ben costruite e impreziosite da uno storytelling sempre efficace, ben calibrato e dall’ottima leggibilità. Da citare la bella interpretazione del personaggio di Dylan, di cui Nizzoli riesce a cogliere e restituire il lato più umano e vulnerabile, soprattutto nella simbolica pagina finale.

Conclusioni in attesa della meteora

Che regni il caos, è un episodio che potrebbe risultare indigesto, ostico, soprattutto per chi è abituato a leggere la testata da sempre e fatica ad abbandonare l’interpretazione narrativa classica, per certi versi ormai datata, o accettarne delle nuove, perché scardina le sicurezze di tanti ammiratori del personaggio e quelle regole dietro cui lo stesso si è nascosto per troppo tempo, logorandosi lentamente.

Negli alti e nei bassi che coinvolgono fisiologicamente una serie regolare così “anziana”, bisogna dare merito a Recchioni di avere deciso di intraprendere una strada nuova e non priva di difficoltà, ma che potrebbe essere quella da seguire in futuro. È mia convinzione che uno dei più grandi problemi attuali del personaggio sia da imputare alla ormai vetusta regola delle 96 pagine, che da anni ha intrappolato Dylan Dog in storie il più delle volte inconcludenti, pretestuose e ridondanti.

L’attuale curatore della serie, aldilà dei tanti e nuovi autori coinvolti, dell’introduzione dello smartphone (che potrebbe dimostrarsi importante proprio nel ciclo della meteora), del pensionamento di Bloch e dei nuovi, ma finora poco sviluppati inserimenti nel cast, ha capito che una continuity orizzontale, portata avanti all’interno della serie da saghe come quella che sta per iniziare – sulla falsariga di quanto avviene da anni su Dampyr e in un certo qual modo ha fatto Alessandro Bilotta su Mercurio Loi – potrebbe diventare un efficace nuovo modo di raccontare le avventure dell’indagatore dell’incubo, per sviluppare e provare nuove soluzioni, uscendo finalmente dal solito iter: presentazione del caso – parte centrale con investigazione – risoluzione del caso.

Dylan Dog, inoltre, è forse il character bonelliano che ha maggiormente risentito il cambiamento dei tempi e l’avvento del nuovo millennio, il suo essere radicato nell’attualità del momento, il suo ergersi a paladino degli oppressi e dei reietti, lo rende a volte personaggio prigioniero di un’oratoria meritevole nelle intenzioni, ma  davvero ardua da scrivere e contestualizzare.
Recchioni dimostra però ancora una volta di essere uno dei pochi scrittori capaci di recuperare e utilizzare al meglio alcune caratteristiche del personaggio, a partire da quello spirito iconoclasta che troppe volte ormai risulta assente, grazie a una scrittura stratificata che permette più livelli di lettura.

Il suo è un Dylan figlio di questi tempi ma anche di quelli passati, un Dylan metatestuale che sa di parlare per frasi fatte e consapevole della sua retorica spiccia, ma capace di essere ancora un simbolo positivo contro le tensioni e le contraddizioni che segnano i nostri tempi. Ed è forse per questo che, intelligentemente, lo sceneggiatore ha creato per lui un super villain che, se non un mostro visivamente, rappresenta però tutto quello che egli odia, rifiuta e rifugge, il marcio della società, quello che Dylan teme di diventare, come non sembra un caso che Ghost, nella parte finale, citi e venga quindi paragonato come visione e concetti al sinistro Ozymandias di Watchmen, il capolavoro di Alan Moore. Un cattivo che a tratti cancella Dylan dalla scena, sovrastandolo con la sua presenza magnetica e di cui è possibile percepire quanto lo sceneggiatore si diverta a scriverne.

Tutti fattori che ci regalano un ottimo inizio quindi, un episodio che fa ben sperare per il continuo di una saga di cruciale importanza per il futuro dello storico personaggio, perché, se è bene procedere per gradi, la strada giusta sembra questa.

Abbiamo parlato di:
Dylan Dog #387 – Che regni il Caos!
Roberto Recchioni, Leomacs, Marco Nizzoli
Sergio Bonelli Editore, novembre 2018
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,50 €

2 Commenti

2 Comments

  1. bonzo79

    19 Novembre 2018 a 12:29

    “È mia convinzione che uno dei più grandi problemi attuali del personaggio sia da imputare alla ormai vetusta regola delle 96 pagine, che da anni ha intrappolato Dylan Dog in storie il più delle volte inconcludenti, pretestuose e ridondanti.”

    Dylan Dog è stato intrappolato in storie inconcludenti perché lo hanno sfruttato fino a sfondare il fondo del barile… sarebbe forse bastato pubblicare 15 store all’anno puntando sulla qualità, anziché le solite trenta fra Giganti Speciali Almanacchi Magazine Maxi Color Fest eccetera…

    • la redazione

      21 Novembre 2018 a 16:44

      Certo si può dire lo stesso di tutti i personaggi seriali, è uno scotto da “pagare” se vogliamo del successo.

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