Non sarebbe un’esagerazione definire Deadpool il più onesto dei cinecomic.
Il suo manifesto programmatico è subito esplicitato nei divertentissimi titoli di testa (“diretto da un pagato troppo”, comprendente un “cameo inutile”, “un sadico inglese”, “un’adolescente arrabbiata”, “un personaggio creato al computer”) che mettono subito sul piatto l’ironia, l’auto-ironia e l’intento satirico.
Si, perché oltre a raccontare le origini del mercenario più “sboccacciato”, cinico e politicamente scorretto del mondo del fumetto, Deadpool è anche e soprattutto una grande satira sul cinema supereroistico, forte di una libertà espressiva senza precedenti per un prodotto Marvel. Il tutto accumulato, strato su strato, su uno scheletro narrativo molto convenzionale: quello delle origini di un supereroe.
La vicenda inizia in medias res, con Deadpool alla ricerca di un misterioso uomo di nome Francis (il mutante Ajax, interpretato da Ed Skrein) verso il quale nutre un sentimento di vendetta le cui origini ci vengono narrate da una successiva serie di flashback.
Wade Wilson è un ex-militare ora mercenario – che sembra aver trovato la felicita nel suo rapporto con Vanessa Carlyse (Morena Baccarin) – a cui viene diagnosticato un cancro terminale.
In preda alla disperazione, Wade accetta l’aiuto di un uomo misterioso che gli promette una cura e l’ottenimento di capacità straordinarie. Una volta arrivato nel laboratorio del dottor Ajax, ottiene entrambe le cose, ma al prezzo di indicibili torture e di un corpo perennemente sfigurato. Una volta riuscito a scappare dal suo laboratorio inizia a preparare la sua vendetta, aiutato dal suo amico Wasel (T.J. Miller) e da due X-Men, perfetti contrappunti al carattere del protagonista: il buono e ragionevole Colosso (Andre Tricoteux) e la sua apprendista, la silenziosa adolescente Testata Mutante Negasonica (Brianna Hildebrand).
Ci sono la traumatica acquisizione di nuovi poteri, un rifugio segreto, una damigella in pericolo. Dal punto di vista del soggetto, questo è un classico, ordinario film di super-eroi. Ma poi subentra la brillante scrittura di Rhett Reese e Paul Wernick (Benvenuti a Zombieland).
Deadpool è dunque un film molto divertente: probabilmente riuscirà a essere contemporaneamente un grande successo al botteghino e un cult movie istantaneo, cosa non facile. Questo grazie sopratutto al suo formato, che ricalca quasi quello della stand-up comedy.
Wade parla, parla molto ed è praticamente sempre su schermo a schernire, deridere e a commentare con noi quello che sta succedendo, una rottura della quarta parete che è tratto distintivo del fumetto originario, e che in questa sua iterazione cinematografica prende la forma di una conversazione con gli spettatori.
Ed effettivamente fa molto ridere, sebbene questo sia dovuto più alla densità che alla qualità delle battute: per tutto il film siamo assediati da sarcasmo, parolacce e insulti – una pesca con la dinamite che punta a strappare una risata a tutti, indipendentemente dalle proprie inclinazioni di stampo comico.
Ma se si dovesse scegliere, quelle più efficaci sono senz’altro le battute “meta”, che vanno dal prendere in giro l’attore protagonista, Ryan Reynolds, bollato come un bello di Hollywood senza talento, alle linee temporali dei film degli X-Men di Bryan Singer fino alla stessa produzione non in grado di permettersi mutanti più importanti di Colosso e Testata Mutante Megasonica. Della stand-up comedy possiede la retorica del “dire le cose come stanno”, caratteristica che lo renderà molto amato, specialmente dal pubblico più giovane.
Il turbinio di parole e parolacce che scaturiscono dalla bocca del mercenario chiacchierone ha anche la funzione di nascondere parzialmente l’assenza di carisma dei personaggi secondari e soprattutto del villain. È probabile che questa sia stata una scelta ben ponderata, considerando la preponderanza dell’ego del protagonista, che è un tratto distintivo anche del Deadpool fumettistico.
Nei suoi rari momenti di serietà, tutti compresi nei lunghi flashback che caratterizzano la prima metà della pellicola, risiedono alcuni dei momenti meno brillanti del film, ma anche questa sembra una scelta funzionale a farci vedere il lato più “introspettivo” del protagonista e rallentare il carico di comicità appena esaurito, preparandoci ad affrontare quello seguente.
Una “pausa” che denota un certo equilibrio dal punto di vista della scrittura.
Caratteristica, l’equilibrio, che condivide con la parte formale del film: le riprese non fanno niente di straordinario, ma si limitano a mantenere comprensibile agli occhi dello spettatore l’azione che si svolge su schermo.
Se sembra poco, così non è. Anzi: mantenere un focus ben centrato sulle varie scene di combattimento è materia rara nel mondo dei blockbuster d’azione, nonostante il nuovo standard settato da George Miller e John Sealein Mad Max: Fury Road.
Ben scritto e girato, Deadpool si avvale anche dell’ottima interpretazione del suo attore protagonista, Ryan Reynolds, anche produttore del film, che sembra tenere veramente molto a questo personaggio e riesce a ritrarlo con varie sfaccettature.
Dalla faccia da bullo stolido, a quella da uomo innamorato, fino alla presa di coscienza della sua grave malattia, il Wade di Reynolds riesce a cogliere le sfumature di un personaggio estremamente controverso del mondo del fumetto, che in molti hanno definito il “più umano” dei supereroi. Costretto a convivere con un corpo sfigurato e un dolore fisico straziante, ma nonostante tutto sempre ironico e dissacrante, si è parlato di Deadpool (e ovviamente se ne parlerà molto da ora in poi) anche come di un anti-eroe. In realtà, nonostante le pessime azioni di cui si macchia spesso e volentieri, c’è della positività nel suo modo di affrontare le cose e di ridere in faccia alle disgrazie.
Né un anti-eroe né un eroe quindi, ma qualcosa nel mezzo che lo rende più che mai simile allo spettatore, con il quale si confida trattandolo come un suo pari.
Non qualcosa che farebbe Thor, tanto per dire.
Abbiamo parlato di:
Deadpool
Ryan Reynolds, Morena Baccarin, Ed Skrein, T.J. Miller, Andre Tricoteux, Brianna Hildebrand
Regia di T.J. Miller
Sceneggiatura di Rhett Reese e Paul Wernick
20th Century Fox, 2015
108 min.