Domenica 19 maggio 2019 si è tenuta la terza edizione di Cerea!, manifestazione fumettistica torinese dedicata “ai linguaggi editoriali dell’immagine”, come recita la locandina realizzata quest’anno da Marcello Restaldi.
In questo contesto ho avuto modo di tenere, per Lo Spazio Bianco, una interessante tavola rotonda con Lorenzo Mò, autore di Dogmadrome (vincitore del premio Lorenzo Bartoli per il miglior esordio), con AlbHey Longo, autore di Sfera e La quarta variazione, e Camillo Bosco, direttore artistico della manifestazione e docente di Storia del Fumetto presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Se l’anno scorso l’incontro a cura de Lo Spazio Bianco era stato legato all’esistenza di un fumetto “indie”, etichetta troppo generica su cui gli autori avevano espresso dei dubbi, quest’anno il fulcro è stato più specifico, ovvero quali sono le caratteristiche di un eventuale neopop a fumetti, che pare emergere dalle opere di Mò, di Longo e di molti altri autori nuovi della scena nazionale.
Va detto che, a differenza della definizione di “fumetto indipendente”, l’idea del NeoPop appare nel complesso abbastanza accettata dai due autori come una delle linee di tendenza che si vanno delinando nel fumetto italiano, specialmente quello autoriale. In particolare, ci si è soffermati anche sulle recenti scelte del Comicon di Napoli, che hanno sembrato premiare un fumetto dal segno poco convenzionale, con premiazioni come quella del Dr. Pira, autore di Super Relax, riconosciuto come miglior fumetto dell’anno.
Mò e Longo sono sembrati abbastanza concordi nell’apprezzare il riconoscimento, pur sottolineando la convenzionalità di occasioni come i premi fumettistici, che vanno a comparare opere molto diverse tra loro. In particolare, Longo evidenzia la presenza di altre opere ugualmente meritevoli e innovative, quale in primis Atto Di Dio di Giacomo Nanni. Alcune resistenze a certe premiazioni sono viste, anche secondo Camillo Bosco, come il segno di una certa chiusura di alcuni ambiti del fandom del fumetto, pur con giudizi articolati in modo diverso sulle singole opere.
Il futuro è un morbo oscuro, dottor Zurich! di Lise e Talami, premiato per la sceneggiatura, mi offre lo spunto su una domanda su quanto abbia senso – al di là del discorso dei premi – una distinzione rigida tra disegno e testo nella premiazione di un fumetto, tema di cui si è dibattuto spesso anche online. Entrambi gli autori – che operano però come autori completi – concordano nel dire che la distinzione spesso è convenzionale, dato che i due elementi vengono di fatto considerati insieme: si dovrebbe leggere separatamente la sceneggiatura per distinguere il contributo di ogni singolo autore a una specifica scelta fumettistica, essendo la parte di scrittura ovviamente più ampia della pura stesura dei testi. Longo sottolinea come a volte possano esserci ragioni produttive a scindere maggiormente le due componenti, ad esempio nel fumetto seriale, che richiede una divisione più rigida dei ruoli e limita le possibilità di interazione tra sceneggiatore e disegnatore.
Viene naturale spostare la conversazione quindi sul successivo dibattito che ha infuocato il mondo fumettistico italiano, quello legato alla locandina di Lucca Comics, cercando al contempo di superare la sterile polemica sull’autrice per una riflessione più ampia sulle nuove tecniche digitali. Tutti concordano nel ritenere legittimo l’uso del fotoritocco. C
amillo Bosco sottolinea come l’attesa era sicuramente forte dopo il “gioco procedurale” di LRNZ lo scorso anno, una scelta che, al di là dell’apprezzamento o meno, aveva colpito l’attenzione del pubblico grazie al manifesto personalizzabile. Aggiunge però che spesso vi è una alternanza classico – innovazione nelle scelte dei manifesti della fiera di Lucca, e il vero problema – qui, come in altri casi – è più che altro riuscire a creare un’immagine davvero iconica, in grado di rimanere memorizzata nell’immaginario del pubblico. Longo sottolinea anche come, a meno di soluzioni brillanti, un certo immaginario cyberpunk, tra Blade Runner e Ghost In The Shell, è ormai saturato.
Voi come la fareste, però, una locandina per Lucca? domanda Bosco. Longo spiega che a suo avviso la scelta va o nella direzione del contenuto (il fumetto) o in quella del pubblico (i ragazzini), e che a seconda delle richieste del committente cercherebbe di calibrarla in una di queste due direzioni. Mò invece dichiara che le sue scelte sarebbero probabilmente non lontane, cambiato quel che c’è da cambiare, da quelle fatte per la copertina di Dogmadrome, come tratto e tematiche pop.
Bosco sottolinea infine come l’immaginario cyberpunk di cui si è parlato prima possa evolversi nel segno del transumanesimo, prestando attenzione alle nuove frontiere più che al tema ormai abusato del cyborg “anni ‘80”. Un esempio positivo può essere inoltre quello di Nirvana di Salvatores, che ha innovato il tema cyber innestandovi in modo appropriato riferimenti all’India, fino allora poco usata in questo ambito.
Longo dichiara di apprezzare, ad esempio, l’approccio quantomeno diverso al tema cybernetico visto nel film Ex machina di Alex Garland, con una prospettiva più vicina ai temi transumanistici evocati da Bosco. Vengono quindi sollecitati altri rimandi dell’immaginario pop dei due autori, che compensano il richiamo futuribile al cibernetico con l’evocazione del pop-trash nostalgico anni ’90, citando le svariate trasmissioni pomeridiane, da Paso Adelante e dintorni, che riempivano i pomeriggi scolastici degli anni delle superiori, inclusi ovviamente molti cartoon, da Dragonball ai Superamici.
Mò comunque sostiene che Neopop forse nasce dall’effetto nostalgia, ma se ci pensiamo è un processo più ampio, ciclico. Oggi c’è la nostalgia anni ’80, ma negli anni ’80 c’era quella degli anni ’50, ci sono stati revival delle altre decadi scaglionate nel tempo in modo regolare, e adesso sta arrivando il revival anni ’90. Può essere anche un po’ una prigione in questa ciclicità delle mode, che porterà a una fine di questo neopop citazionista cessata l’attuale ondata in arrivo di “recupero dei ‘90”: e anche Longo concorda che è un meccanismo potenzialmente pericoloso.
Passando invece alle letture recenti su sollecitazione di Camillo Bosco, come lettura del 2018 Longo sceglie Dead Dead Demon’s Dededededestruction di Ino Asano come autore internazionale, e Il papà di Dio di Maicol e Mirco come autore italiano, di cui apprezza in primis il formato particolare: strutturato come una Bibbia, il tempo di girare le pagine è integrato alla storia, con modifiche minime da una pagina all’altra. Mò invece sceglie Head Lopper, di Andrew MacLean, e Gurt e l’ascensore dei mondi di Isaak Friedl e Oscarito.
Lancio quindi una ultima riflessione: esiste uno specificio “neopop torinese”?
Con tutte le prudenze del caso, i due autori sembrano concordare. Emerge naturalmente subito il nome di Kids with Guns di Julien Cittadino, aka Capitan Artiglio – e di cui AlbHey Longo cura i colori – quindi Oscarito (nome d’arte di Andrea Carenzi), Elenora Bruni. Forse, senza certo uno stile così unico, si delinea un percorso comune, spiega Longo: Veniamo in tanti dall’Accademia albertina, abbiamo cominciato con la palestra delle autoproduzioni, anche se è stata solo una prima fase iniziale. Però è molto utile per sviluppare un proprio stile, perché costringe a fissare la propria attenzione su questa ricerca formale, senza essere subito catturati dal problema del target, che giustamente si pone comunque a un certo punto. Forse le Scuole del Fumetto, che sono un altro approccio legittimo al medium, ovviamente, portano fin da subito a ragionare in modo orientato a una finalità commerciale.
Mò aggiunge che l’ambiente dell’Accademia, e prima anche, in parte minore, del Liceo Artistico, sviluppa un clima di virtuosa competizione tra pari, la volontà di stupirsi a vicenda, di primeggiare, che è un forte stimolo a fare il meglio possibile, una continua sfida, almeno per chi la vuole vivere così (c’è sempre, specie al liceo, una componente della classe più passiva).
Concludiamo così l’incontro su questo abbozzo di una “scena neopop” torinese, dopo aver evidenziato diversi spunti, forse disordinati ma liberi e interessanti, su questa nuova corrente emergente del fumetto italiano.
Rispetto al dibattito dell’anno scorso sul “fumetto indie” è emersa una maggiore consonanza tra i due fumettisti interpellati per quanto riguarda la visione di fondo del fenomeno neopop, pur con gli ovvi distinguo personali.Un dibattito quindi interessante, in una Cerea! che si conferma una festa del fumetto dotata di grandi potenzialità, non ancora del tutto sviluppate.
Tuttavia, la vitalità della scena torinese del fumetto e la location di grande comodità per i piemontesi extra-torinesi (la manifestazione è ospite della Feltrinelli della stazione di Porta Nuova) potrebbero essere fattori promettenti per una crescita dell’evento, che potrebbe porsi come occasione più “riflessiva” sul fumetto, all’interno del panorama del Salone del Libro OFF.