Black Monday: sympathy for the devil

Black Monday: sympathy for the devil

Con "Black Monday" Jonathan Hickman e Tomm Coker realizzano un thriller stratificato che offre al lettore un microcosmo affascinante e pericoloso.

Black Monday è il titolo che Mondadori ha scelto per pubblicare nella collana Oscar Ink The Black Monday Murders, la nuova serie creator-owned di Jonathan Hickman.

Edito negli Stati Uniti da Image Comics, questo fumetto si pone sulla scia di Pax Romana, The Nightly News e di East of West, lavori molto ambiziosi e, per motivi differenti, impegnativi dello sceneggiatore del South Carolina. Ai primi due è affine per la commistione tra realtà e finzione e per la presenza di inserti in prosa, schemi e mappe, mentre al terzo per la composizione lenta e criptica del mosaico.

Senza nulla togliere all’eccellente contributo del disegnatore Tomm Coker, l’impronta di Hickman è impressa con forza perfino sulla copertina. Infatti, sotto il mostruoso cranio bianco che emerge dallo sfondo nero, notiamo un simbolo che viene ripreso con insistenza all’interno del volume, rivelandosi come una lettera del linguaggio arcano condiviso da alcuni misteriosi e temibili personaggi.
Non è la prima volta che l’autore inventa un alfabeto, basti pensare alla sua lunga gestione dei gruppi vendicativi della Marvel, con la quale Black Monday ha in comune anche alcune pagine quasi completamente bianche, presenti nei quattro capitoli di foliazione superiore rispetto a quella consueta per i comics.

Quando l’assenza di colore cede il passo alle vignette si dipana una trama di ampio respiro che prende le mosse dal 24 ottobre 1929 e procede fino al novembre 2016, con diversi salti temporali utili per modellare una cronologia di cui la caduta del muro di Berlino, interpretata come la “nascita del mercato globale”, è punto di svolta.

A partire dal “Giovedì nero” del 1929, sembra che le crisi economiche nutrano una predilezione per i mesi di ottobre e novembre, durante i quali i confini tra la nostra dimensione e quelle metafisiche si fanno più sottili. Niente di più logico, se si concorda con Viktor Eresko, uno dei personaggi chiave del racconto, quando rivela che la storia di Wall Street è scritta col sangue e che questo sangue è un obolo per il demonio.

Oh yeah, get down heavy!

Per questo thriller che unisce economia, Storia e soprannaturale, Hickman costruisce un mondo nascosto nel nostro, un microcosmo infinitamente più influente del macrocosmo nel quale è contenuto, un motore per una macchina strabiliante ma imperfetta, proprio perché le imperfezioni vanno sfruttate. Nelle crepe, negli interstizi si muovono pochi uomini potentissimi, virus non debellabili, ormai penetrati in profondità.

Questi individui hanno ricchezza e potere, hanno assunto il controllo di tutto ciò che conta, dal lavoro alla conoscenza, e sacrificano gli altri con noncuranza o disprezzo. Sono oligarchi, papesse, donne spettrali dai denti aguzzi, illuminati esponenti di accademie economiche, trader e broker che giocano in borsa e con le vite, perfino con le loro, perché, se tutto ha un prezzo, a qualcuno bisogna pur pagare.

Il Ghota parla molto, ponderando perfino ogni respiro, con dialoghi colti, a volte celando dettagli, altre alludendo o cercando di affettare sicurezza e saperi non posseduti. Si distingue Grigoria Rothschild, la pecora nera dell’influente casata, richiamata dall’involontario esilio, dopo il decesso del fratello gemello. Algida e conturbante, questa tecnocrate dall’incedere di una top model è sboccata, l’unica che, quando apre bocca, lascia spazio alle emozioni, come se fosse stata contaminata dalla mediocrità quotidiana.

Anche all’uomo medio viene data voce da Hickman, una voce simile alla cantilena nella ripetizione dei luoghi comuni riguardanti i ricchi e i potenti. L’uso che l’autore fa delle frasi stereotipate dà modo di riflettere. Infatti, se è palese, e forse scontata, una critica nei confronti del Potere prevaricatore, diabolico nell’incrementare se stesso sulla pelle dei deboli, sembra altrettanto presente la consapevolezza che non si faccia abbastanza per migliorare la situazione. Non basta più constatare e ripetere lamentose formulette, è necessario indagare, informarsi, alzare la testa e lanciare la sfida, come il Detective Dumas.


Please allow me to introduce myself, I’m a man of wealth and taste

Il detective Theo Dumas è il protagonista ed è anche la personificazione del lettore. Come noi, questo poliziotto da poco reintegrato nel posto di lavoro deve aprire la scatola, estrarre i pezzi e comporre il puzzle. I suoi antenati hanno praticato il Vudù e gli hanno lasciato in eredità una sorta di sesto senso, un’affinità con il soprannaturale. È lui a dover indagare sull’omicidio dall’inquietante connotazione rituale di Daniel, il rampollo della famiglia Rothschild nonché socio gerente della più grossa banca d’affari del mondo.
Eppure, non è Theo che ci colpisce né ci ammalia mentre ci districhiamo tra i balloon densi di parole.

La voce più fluente e suadente, capace di rapire e scarnificare appartiene a Viktor Eresko, ex ministro russo, docente, membro dell’accademia segreta Kankrin conosciuto come “Il Boia”, più semplicemente l’antagonista. Hickman affida al cinico uomo d’affari il ruolo di colui che sa tutto ma è avaro di rivelazioni, sempre pronto a sussurrare piuttosto che a gridare, e lo pone al centro dei tre passaggi più tesi ed eccentrici del racconto. Partiamo dal secondo, dal momento che si sviluppa in un modo veramente sorprendente se si considera che è affidato solo alla trascrizione di una registrazione della polizia. Nelle dodici pagine in prosa, mentre interagisce col suo nuovo avvocato, Viktor snocciola il suo manifesto lucidamente autoreferenziale, senza trascendere nel ridicolo delirio di onnipotenza.

Il primo e il terzo momento di grande impatto emotivo ce li restituiscono le tavole, le gabbie e le vignette. Si tratta di due interrogatori, duranti i quali la parte del leone spetta a colui il quale dovrebbe trovarsi sotto torchio. In particolare, quando è il Detective Theo a fare le domande, con occhio luciferino e ghigno beffardo Eresko si lascia andare, tra rivelazioni e sadica violenza.
Il pathos della sequenza è incrementato dai disegni di Coker e dalle tinte di Michael Garland: prima una splash-page a sfondo rosso, poi tre pagine consecutive con sole vignette orizzontali in cui il colore del sangue si alterna con toni più scuri, senza concedere al lettore una tregua visiva.

I look inside myself and see my heart is black

Dopo aver citato la canzone Sympathy for the devil nel titolo e nei paragrafi precedenti, non si poteva trascurare Paint it black, sempre dei Rolling Stones, perché a essere nere non sono soltanto le giornate che danno avvio alle crisi economiche. Infatti, il nero, oltre a macchiare le candide pagine non destinate al fumetto propriamente detto, è ben presente nelle tavole, andando a radicarsi nell’anima dell’opera, come se questa fuoriuscisse proprio dalle profondità nelle quali sembrano generarsi alcuni comportamenti umani.

Sfondi cupi, ombre, segni sottili ma taglienti come rasoi, bulbi oculari che diventano scuri: sebbene il colore che trasmette l’assenza di luce sia pervasivo, non diventa mai invasivo, consentendo ad altre tonalità di emergere. Dal turchese all’ocra, sempre diffondendo un alone di oscurità e “sporcizia”, Garland contempla tutte le opzioni della sua tavolozza, sentendosi particolarmente a proprio agio con le diverse gradazioni del rosso.
A titolo d’esempio si può menzionare la sequenza ambientata nell’affascinante “mondo dentro il muro“, testimonianza anche della versatilità di Coker. In questo caso il disegnatore, abbandonati i confini metropolitani, usa la prospettiva per modellare uno spazio che appare sospeso nel vuoto e, allo stesso tempo, solido e spigoloso, giocando con inquadrature prima larghe, poi strettissime.

La composizione delle tavole è variabile, con una leggera predilezione per lo sviluppo orizzontale dei rettangoli che sortisce un effetto cinematografico non più originale, tuttavia efficace. A fare la differenza è l’attenzione per i dettagli riscontrabile quando la matita si sofferma sui piccoli gesti, molto realistici, compiuti dai personaggi, come il movimento automatico per cui, per vedere da vicino, si sollevano gli occhiali.

Il connubio tra disegnatore, colorista e sceneggiatore consegna al pubblico un fumetto accattivante e stimolante. È impensabile leggere Black Monday senza concentrarsi per decifrarlo e interpretarlo, accettando di sprofondare in un mondo in cui Caina non è solo una società ma, come Dante insegna, qualcosa di più. La discesa è semplice, perché lo stile di Hickman è avvolgente, cattura l’attenzione e la tiene imprigionata dalla prima all’ultima pagina. La parte più difficile viene dopo, quando è il momento di riporre il volume in libreria: bisogna risalire dall’abisso, ossia riflettere.

Sorgono spontanee alcune domande: dando per assodato che siamo al cospetto di quattro capitoli introduttivi e, pertanto, densi di informazioni, c’è il rischio di perdersi nella moltitudine di dati, eventi, nomi e allusioni?
Quali sono gli elementi che si riveleranno realmente utili per lo sviluppo della trama?
L’autore riuscirà a raccogliere quanto ha seminato?

I presupposti per la buona riuscita dell’opera ci sono, sia se si guarda ai precedenti lavori dello statunitense sia rivolgendo gli occhi solamente su quest’ultimo che propone una trama stratificata e a lunga gittata estremamente interessante.

Abbiamo parlato di:
Black Monday vol. 1 – Gloria a dio Mammona
Jonathan Hickman, Tomm Coker
Traduzione di Luca Fusari
Mondadori, maggio 2017
240 pagine, cartonato, colori – 20,00 €
ISBN: 9788804680031

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