Il Dayjob Studio è un gruppo di quattro fumettisti veneti: Federico Chemello, Maurizio Furini, Riccardo Gamba e Alberto Massaggia. Nel 2013 hanno iniziato a pubblicare i loro webcomic su Facebook e dall’anno successivo hanno iniziato a collaborare con l’estero, realizzando alcuni fumetti legati ai videogiochi dell’editore Devolver Digital e pubblicando in Francia con Clair De Lune. Adesso hanno deciso di affacciarsi anche sul mercato italiano autoproducendo quattro volumi, che sono stati presentati in anteprima a Lucca Comics 2015: la graphic novel I Am Spank, le raccolte dei webcomic The Leaderboard e Training Quest e l’edizione italiana di Hotline Miami 2.
Benvenuti su LSB. Potete presentarvi brevemente ai nostri lettori?
Federico Chemello: Io sono nato nel 1987 a Padova e sono sempre rimasto qui attorno. Sono un grande appassionato di fumetti e videogiochi (e musica, e serie tv ecc.) a cui dedico buona parte del mio tempo, cosa che di solito non ti fa troppo onore ma in questo campo torna utile.
Fin dalle elementari ho sempre desiderato scrivere, ma per qualche motivo non ho mai considerato l’ipotesi di sceneggiare fumetti fino a dopo i vent’anni. A un certo punto mi sono reso conto che non c’era nessun linguaggio che conoscessi bene come quello dei fumetti, e ho cominciato a chiedermi da che parte iniziare per diventare uno sceneggiatore. Proprio in quel periodo ho conosciuto Maurizio, che aveva già esperienza con la scrittura a quattro mani e voleva iniziare anche lui a sceneggiare fumetti, così abbiamo deciso di provarci insieme. Maurizio ed io in questi anni abbiamo progettato e scritto molte cose diverse (a volte anche insieme a Riccardo), varie delle quali stanno finalmente vedendo la luce come i lavori per Devolver Digital, la serie di Rosa Viola in Francia e tutte le attuali uscite del Dayjob Studio.
Maurizio Furini: Io sono il vecchietto del gruppo, essendo del 1968. Sono nato in Piemonte, ad Alessandria, ma vivo in veneto dal 2002. Nonostante la passione per i fumetti, e più in generale per la scrittura, sia sempre stata fortissima, la vita mi ha portato a compiere scelte diverse: una laurea in Scienze biologiche e un lavoro come product specialist per un’importante azienda farmaceutica. Dopo il mio trasferimento in Veneto però, la passione è nuovamente esplosa. Ho cominciato a frequentare una scuola di scrittura creativa a Padova, e, dopo aver pubblicato un paio di romanzi per bambini, sono passato al fumetto, prima frequentando la Scuola internazionale di comics di Padova e poi formando insieme a Riccardo, Alberto e Federico il Dayjob studio. All’interno del Dayjob sono uno degli sceneggiatori (anche se tutti in realtà lo siamo) e ho lavorato a tutti i progetti che abbiamo prodotto finora, da The Leaderboard a I am Spank e Training Quest, passando attraverso le collaborazioni con Devolver Digital (Hotline Miami 2, Gods will be watching e Ronin) e a Rosa Viola, una miniserie per bambini in quattro volumi edita in Francia da Clair de Lune.
Riccardo Gamba: Sono del 1982 e abito in provincia di Padova. Realizzo fumetti scritti e disegnati da me da quando ero piccolo. Sono stato a lungo indeciso su che ruolo dare al fumetto nella mia vita, spesso ponendolo dopo gli studi e il lavoro nel ristorante di famiglia soprattutto per ragioni di pressione sociale. Da qualche anno ho deciso di fare sul serio e recuperare un po’ di tempo perduto. Al mio attivo ho qualche piccola pubblicazione come disegnatore fantasy e horror per il circuito delle edicole italiane, alcune pubblicazioni come sceneggiatore per il mercato francese e la maggior parte del mio tempo è attualmente dedicata alla realizzazione di due webcomic (The Leaderboard e Training Quest) che mi vedono in veste di disegnatore ma anche, a seconda dei casi, di soggettista e sceneggiatore.
Alberto Massaggia: Ciao a tutti, sono Alberto Massaggia. Abito a Padova e ho 33 anni. Molti mi chiedono da quando faccio fumetti ed io rispondo sempre “da quando ne ho memoria”. Infatti, nonostante i miei studi mi abbiano portato su altre strade (liceo scientifico e laurea in sociologia), il fumetto è un po’ una costante nella mia vita. Come disegnatore ho iniziato a pubblicare nel 2007 in alcuni volumi della serie Madadh prodotta dal Crazy Camper. Come sceneggiatore, dopo una breve parentesi in uno speciale sempre all’interno del ciclo di Madadh, ho scritto, in collaborazione con Andrea Artusi, una storia di Nathan Never per la Sergio Bonelli Editore che sarà pubblicata a breve. Con i ragazzi del Dayjob Studio lavoro prevalentemente come disegnatore per la graphic novel I am Spank, da poco prodotta in cartaceo, e per le collaborazioni con Devolver Digital, tra cui il fumetto di Hotline Miami.
Appurato che vivete tutti in Veneto, come vi siete conosciuti? Quale idea di fumetto vi tiene insieme?
F.C.: Io ho conosciuto Maurizio in fumetteria per caso e lui ha conosciuto Alberto e Riccardo alla Scuola di Comics di Padova, dove tutti e tre frequentavano il corso di sceneggiatura. Non abbiamo una sola idea di fumetto che ci unisce, anzi, probabilmente ognuno di noi ne ha più di una visto che abbiamo tutti gusti molto vari. A tenerci uniti quindi sono solo la nostra amicizia e la passione per il fumetto come mezzo d’espressione più figo del mondo.
Ci narrate la nascita del Dayjob Studio e le sue caratteristiche salienti?
F.C.: Siamo diventati amici e poco dopo abbiamo deciso di provare a fare fumetti insieme, onestamente non ricordo nemmeno il momento preciso in cui abbiamo iniziato a considerarci un gruppo invece che quattro amici che fanno fumetti. Per quanto riguarda le nostre caratteristiche salienti, siamo tutti lettori onnivori e questo sicuramente si riflette sulla nostra produzione un po’ schizofrenica, che spazia dalle storie per bambini a Hotline Miami con tante sfumature in mezzo. Credo che questa versatilità sia una delle nostre caratteristiche più distintive, oltre a renderci preparati a cogliere occasioni di tipo diverso. Non che ci sia qualcosa di sbagliato nel dedicarsi solo a un determinato settore o nicchia, ovviamente, però ci piace l’idea che se arrivasse un editore e ci chiedesse di proporgli un progetto di qualsiasi genere o lunghezza per noi non sarebbe un problema, anzi probabilmente avremmo già qualche idea pronta.
A.M.: In effetti noi cerchiamo di porci, per quanto sia possibile, come un reale studio di produzione di fumetti che lavora in gruppo e anche su commissione (come succede per Devolver Digital da ormai un paio d’anni) piuttosto che come un aggregato di autori che si uniscono per produrre singolarmente, come spesso accade.
Come avete scelto le modalità di pubblicazione iniziale sul web?
F.C.: Penso che di questi tempi sia un passaggio quasi obbligatorio. Attirare l’attenzione del pubblico senza i social media è pressoché impossibile, e anche farlo utilizzandoli in realtà non è una passeggiata. Essendo solo in quattro e preferendo concentrarci sul fare fumetti, condividerli ci è sembrato il modo migliore e anche il più pratico per provare a farci conoscere.
Quanto è stata soppesata la scelta di passare al cartaceo prima di essere messa in atto? Quali sono stati i principali fattori che vi hanno spinti a farlo?
F.C.: Ci abbiamo pensato a lungo, cercando di capire un po’ sia il mercato e sia le nostre reali possibilità. Abbiamo deciso di provare questa strada perché ci sembrava la migliore – o l’unica – per proporre alcuni lavori esattamente nel modo in cui volevamo noi.
Passiamo ai volumi che avete presentato a Lucca, a partire da I Am Spank. Quanto è importante la componente psicologica in quest’opera?
F.C.: Molto. La trama procede di pari passo con il percorso psicologico di Spank, ma quest’ultimo è molto più importante degli eventi in sé.
È una storia sull’identità e sul trovare un proprio posto nella società ed è narrata mantenendo sempre l’attenzione sul protagonista, in un paio di casi anche a scapito di elementi di plot che abbiamo deciso di eliminare o non spiegare perché ci sembravano distogliere l’attenzione dalla storia che volevamo davvero raccontare.
La natura introspettiva dell’opera è poi rimarcata anche dal finale, che si limita a presentare quello che succede lasciando giudizi e conclusioni al lettore, una scelta che ci sembrava molto più coerente rispetto al dare un’interpretazione univoca alle vicende di Spank.
Penso che abbia funzionato perché ogni tanto sento di qualcuno che trova il finale negativo, qualcun altro che lo trova ottimista, qualcun altro malinconico, e questo mi dà molta soddisfazione perché è esattamente quello che speravo.
Quali problemi avete incontrato, narrativamente, nel realizzare prima singole tavole e poi raccoglierle in un unico racconto omogeneo?
F.C.: In realtà non è mai successo, intendevamo stampare queste storie da quando le abbiamo concepite anche se non sapevamo quando o come ci saremmo riusciti. In fase di sceneggiatura quindi sono sempre state storie uniche e la pubblicazione a tavole singole online è solo un modo per avere più spesso materiale da condividere sui social. L’unica eccezione è Training Quest, che nasce apposta per il web in episodi da una pagina, ma proprio perché sono episodi da una pagina è particolarmente facile raccoglierli.
Graficamente I am Spank si caratterizza per l’uso di bianco, nero e azzurro. A cosa è dovuta questa scelta?
A.M.: I Am Spank è un progetto che nasce parecchio tempo fa e anche dal punto di vista visivo ha avuto diverse modifiche. Sia per una mia maturazione nel tempo come disegnatore, sia perché volevo trovare il giusto registro per esprimere al meglio una storia che ti colpisce alla pancia come quella di Spank. Quindi, fin dall’inizio, l’idea era comunque quella di usare un bianco e nero piuttosto secco e diretto per dare la giusta atmosfera. Poi un giorno, quasi per caso, ho provato ad aggiungere quel tono di blu e subito me ne sono innamorato. Quando Federico e Maurizio hanno visto le pagine modificate dal blu, sono stati subito d’accordo con me sul fatto che poteva essere la scelta giusta per valorizzare al meglio l’atmosfera di I Am Spank e spingere un po’ di più su quell’effetto “pugno in pancia” che abbiamo cercato di dare con questa storia.
Training Quest prende spunto dagli shonen manga: ce n’è qualcuno in particolare a cui vi siete ispirati?
F.C.: Nessuno nello specifico, però vari elementi di Training Quest sono presenti in tantissimi shonen manga tra i più famosi, da Dragon Ball a Hunter x Hunter a Shaman King. Abbiamo cercato di riprendere alcuni meccanismi e archetipi tra i più rappresentativi (o abusati) del genere e partire da lì.
Quali sono le difficoltà nel realizzare strisce comiche?
F.C.: A questa domanda deve rispondere Riccardo, che è la vera mente dietro grandissima parte delle battute di Training Quest. Maurizio ed io siamo fortunati perché possiamo limitarci a pensare ai personaggi, le situazioni buffe e la progressione della trama in generale, poi a trovare le battute perlopiù ci pensa Riccardo.
Avrei potuto lasciarlo rispondere direttamente, ma sono sicuro che non avrebbe sottolineato quanto sia fondamentale il suo ruolo nel progetto e mi sembrava il momento giusto per farlo.
R.G.: Scrivere strisce comiche è forse la cosa più difficile tra quelle che faccio settimanalmente. Il meccanismo comico mi viene abbastanza spontaneo di solito, il problema sorge quando devo tirare fuori una battuta “a comando”. Ci sono strisce comiche con tematiche molto aperte e libere per cui sono i personaggi ad adattarsi alla battuta che di volta in volta riesci a trovare, in Training Quest invece abbiamo una storia da portare avanti e in ogni striscia o quasi so già che dovrà accadere un determinato evento. Mi ritrovo quindi con un numero limitato di vignette a dover raccontare qualcosa e a doverlo fare in modo per lo meno simpatico con i soli elementi che ho a disposizione. A volte mi viene bene, altre volte arrangio qualcosa per poter andare avanti ma guardando l’opera nel suo complesso (che si avvicinerà tra poco ai 100 episodi) sono molto soddisfatto del risultato.
Tra maniaci sessuali, assassini e barboni, il viaggio di Rush, il protagonista, è sempre in bilico tra realtà e fantasia. La vostra intenzione era rappresentare un mondo dove l’avventura e la comicità fossero una chiave per raccontare alcune figure del mondo reale?
R.G.: Quando si parla di Training Quest non cercherei significati ulteriori o chiavi di lettura nascoste. Tutto quello che abbiamo inserito in questo fumetto ha perlopiù lo scopo di renderlo divertente. Queste figure prese dal mondo reale come appunto il maniaco sessuale, l’assistente sociale o i barboni, le abbiamo scelte per il contrasto che creano all’interno di una vicenda che di per sé segue un’idea fantastica-avventurosa, ma in qualche modo continua a incappare in questi elementi che normalmente le sarebbero estranei. Sempre in quest’ottica va interpretata anche la caratterizzazione esagerata delle suddette figure. In definitiva direi che Training Quest non vuole raccontare il mondo reale, ma se quest’ultimo si mette di mezzo ed è divertente allora è il benvenuto!
Venendo a The Leaderboard, anch’esso dalla chiara influenza manga: qual è stata l’accoglienza per questo fumetto?
R.G.: L’accoglienza la stiamo ancora aspettando! (ride, no in realtà non ride perché è da solo davanti a un pc a scrivere) È già un anno che pubblichiamo online The Leaderboard, ma in realtà un anno non è molto per questo progetto e forse qualcuno comincia adesso a capire di cosa parla la storia. Seguo personalmente la pagina Facebook e posso dire che l’interesse e la curiosità stanno gradualmente crescendo. La mia impressione è che la gente ci stia osservando in attesa di farsi un’idea su come proseguirà la storia e non lo dico solo perché saltano fuori all’improvviso quando proponiamo situazioni un po’ “osé” ma anche perché più di qualcuno ha dimostrato di aver analizzato e ponderato ipotesi sulle 150 pagine che abbiamo reso a oggi disponibili. In definitiva direi che per ora abbiamo ricevuto un’accoglienza commisurata a quanto abbiamo dato ai lettori!
Il primo volume contiene dei passaggi introduttivi, lasciando presagire che avete in mente piani a lungo termine per questa serie. Come intendete proseguire il racconto?
R.G.: Contribuendo alla trama e dovendolo disegnare interamente, io mi auguro che The Leaderboard diventi parte della mia vita negli anni a venire. Il primo volume è stato un buon rodaggio che ci ha permesso di mettere a punto sia la scrittura che i disegni con una vicenda un po’ bizzarra che introduce i personaggi e solo vagamente la situazione in cui verranno a trovarsi. Il secondo volume comincia col capitolo 1 col quale iniziamo a raccontare la trama vera e propria, che non abbiamo mai nascosto essere la storia di un ragazzino normale che decide di diventare un cacciatore di mostri in un mondo dove questi sono delle specie di celebrità/youtuber.
Che tipo di storia intendete raccontare con The Leaderboard?
R.G.: Credo sia una storia che offre la possibilità di spaziare in molte direzioni. Il tono della narrazione può arrivare a cambiare molto in base alla situazione che ci troveremo ad affrontare. Inizialmente parliamo di un ragazzo normale, quindi vogliamo raccontare la sua quotidianità e i suoi rapporti personali e lo facciamo a tratti in modo realistico ma preferendo accentuare gli aspetti più leggeri e comici. Quando affrontiamo il mondo dello spettacolo, cominciamo già a pennellare aspetti di quella società che si distaccano dalla vita usuale del protagonista. E poi ovviamente ci sono i mostri che per ora il lettore, così come il protagonista, ha visto solo in televisione. Alla fine raccontiamo il classico archetipo degli eroi che uccidono i mostri, ma con il nostro ritmo e senza limitarci a quello.
Hotline Miami 2 è nato dalla collaborazione con Devolver Digital. Conoscevate già il videogame da cui è tratto? Che rapporto avete con il mondo videoludico?
F.C.: Sì, in realtà questa collaborazione è nata proprio dal mio essere un fan del videogioco. Poco dopo l’uscita di Hotline Miami mi sono messo in contatto con Dennis, uno dei due autori del gioco, per chiedergli alcune curiosità sulla storia, abbiamo cominciato a chiacchierare in chat e abbiamo continuato a farlo per qualche mese. Quando ha letto la prima parte di I Am Spank (all’epoca stavamo lavorando a una versione precedente rispetto a quella definitiva), mi ha proposto di fare una breve storia di Hotline Miami da condividere online, io mi sono messo subito al lavoro con Maurizio e Alberto e poco tempo dopo la nostra storiella di sei pagine era pronta. A Dennis e Jonatan, l’altro autore del gioco, è piaciuta moltissimo e l’hanno fatta leggere a Nigel Lowrie di Devolver Digital, l’editore del videogioco. Nigel ci ha contattati poco dopo proponendoci di realizzare insieme dei fumetti per il lancio di Hotline Miami 2, e così è iniziata la nostra collaborazione con Devolver. Per me è una situazione molto bella perché i videogiochi sono la mia più grande passione insieme ai fumetti, amo il game design e vari altri aspetti della creazione dei videogiochi e collaborare con gli sviluppatori mi dà modo di scoprire e imparare molte cose su quest’ambiente.
Qual è stata la modalità di pubblicazione iniziale di Hotline Miami 2?
F.C.: I fumetti di Hotline Miami 2 sono stati pubblicati inizialmente su Steam1 nelle settimane precedenti all’uscita del gioco. Abbiamo creato insieme a Devolver Digital un’app scaricabile gratuitamente che si aggiornava da sola una volta a settimana, scaricando la nuova storia.
È stata un’esperienza molto interessante, anche perché Steam non viene normalmente usato come piattaforma per i fumetti e quindi non avevamo idea di come potesse reagire il pubblico. Per fortuna la risposta è stata estremamente positiva, con più di 150.000 download e tantissimi commenti entusiastici. Successivamente, in gran parte grazie a questa reazione così calorosa da parte dei fan, noi abbiamo deciso di stampare un’edizione italiana e gli autori del gioco hanno deciso di includere un’edizione cartacea in inglese nel cofanetto con entrambi i videogiochi.
Che legame c’è, narrativamente parlando, tra il fumetto e il videogame? Vi siete posti l’obiettivo di ampliarne le tematiche trattate? Si tratta di un’opera fruibile anche per chi non conosce il gioco?
F.C.: Le storie del fumetto si collocano tra i due giochi e introducono quasi tutti i personaggi principali del secondo capitolo. Questo rende i nostri fumetti perfettamente integrati nella trama dei giochi, che era esattamente lo scopo iniziale, ma fa sì che il volume sia poco fruibile per chi non conosce il primo videogioco, non ci sono molti modi di girare attorno alla questione. La cosa un po’ ci dispiace, ma abbiamo intenzione di rimediare in futuro. Non posso ancora svelare tutto, però stiamo lavorando con Dennaton Games a qualcosa che dovrebbe piacere molto sia ai fan della serie e sia a chi ancora non la conosce.
Il parco produzioni del Dayjob Studio è alquanto variegato, non temete che questo possa inficiare la riconoscibilità dell’etichetta?
F.C.: Buona osservazione. Immagino che potrebbe, ma spero che sottolinei la nostra versatilità come autori più di quanto possa danneggiarci. Probabilmente non abbiamo mai affrontato l’argomento in questi termini, perché per noi è assolutamente naturale lavorare a cose molto diverse tra loro e ci piace metterci in gioco continuamente. Credo che tutto sommato questa varietà ci rappresenti molto di più di quanto potrebbe farlo avere una linea editoriale compatta. Ci piacciono tantissime cose diverse, non vediamo motivi per farne solo una o due.
Per le edizioni cartacee avete modificato o aggiunto qualcosa rispetto alle edizioni presentate sul web?
F.C.: Il volume di Hotline Miami 2 contiene due storie che abbiamo realizzato solo per le edizioni cartacee, The Leaderboard e Training Quest sono pressoché identici, I Am Spank ha subito qualche piccolo ritocco nelle prime pagine ma niente di sostanziale.
Avete in progetto di pubblicare altri volumi nel breve e medio termine?
F.C.: Nel breve termine no, nel 2016 sicuramente sì!
Pensate di realizzare storie da far uscire direttamente in edizione cartacea?
F.C.: Direi decisamente di sì, o quantomeno realizzeremo storie da vendere sia in edizione cartacea che in edizione digitale.
Intervista realizzata via mail tra il 4 e il 15 novembre 2015.
Steam è un portale per l’acquisto di videogiochi. ↩