Undici X-storie di Chris Claremont

Undici X-storie di Chris Claremont

Undici storie, undici tasselli che hanno contraddistinto una corsa narrativa irripetibile per Chris Claremont, il suo primo quindicennio alla guida degli X-Men, dal 1975 al 1991. E dire che tutto ebbe inizio su Iron Fist.

Per chi, come chi scrive, si avvicina alla soglia delle cinquanta primavere e nel penultimo decennio del secolo scorso ha attraversato la propria adolescenza come un appassionato di fumetto – supereroico in particolare – quello di Chris Claremont è un nome “fondativo”.
Dopo un’infanzia negli anni ’70 passata tra le pagine dei fumetti della Marvel pubblicati dall’Editoriale Corno, durante gli anni del liceo la mia riscoperta dell’universo supereroistico della Casa delle Idee avvenne grazie ai Fantastici Quattro di John Byrne (un nome che ricorrerà spesso in questo
E11). Quelle storie del Quartetto furono la porta che mi reintrodusse al mondo supereroistico (dopo anni di Dylan Dog, Martin Mystére e Tex) e che mi permise di imbattermi, in appendice alle avventure dell’Uomo Ragno sul mensile Star Comics, negli X-Men di Claremont. Fu una sorta di laica “folgorazione sulla via di Damasco”, un imprinting che da trent’anni indirizza, condiziona e alimenta la mia passione mutante, nella buona (Claremont, Grant Morrison, Jonathan Hickman) e nella cattiva sorte (l’ultimo decennio di X-storie o giù di lì…).
Questo per spiegare perché, di seguito, troverete praticamente un elenco di storie (quasi) esclusivamente scritte da Claremont per gli X-Men e, specificatamente, nel quindicennio della sua prima gestione mutante (1975-1991).
X-Chris ha scritto anche altro, dopo: una run sui Fantastici Quattro e un ritorno a fine secolo e negli anni 2000 sui suoi amati mutanti, che assomiglia però di più a un accanimento terapeutico o all’incapacità di elaborazione di un lutto (narrativo, ben inteso).
Personalmente, preferisco omaggiare Claremont – uno degli ospiti della imminente Lucca Comics 2019 – con le storie di lui che mi hanno formato. Forse, fossi nato quindici anni più tardi, ne avrei scelte altre. Ma mi reputo fortunato, tant’è…

1 – IRON FIST

(Marvel  Premiere #25, ott. 1975; Iron Fist vol.1 #1-15, nov. 1975 – ott. 1977)
È questo il primo incarico continuativo che a metà anni ‘70 Roy Thomas assegna a un venticinquenne Chris Claremont che, già dall’età di diciannove anni, lavorava alla Marvel Comics. Lo sceneggiatore scrive l’ultima storia di Pugno d’acciaio che compare sull’antologico Marvel Premiere e ha l’onore di tenere a battesimo la prima serie regolare dedicata al personaggio. L’aspetto importante è che, per la sua intera run, Claremont viene affiancato da John Byrne ai disegni e i due mettono a punto quella sinergia narrativa che renderà indimenticabile la loro intera collaborazione su Uncanny X-Men, durata dal 1977 al 1981.

2 – X-MEN: GIORNI DI UN FUTURO PASSATO

(Uncanny X-Men #141-142, gen. – feb. 1981)
Con questa avventura in due parti, uscita a soli due mesi di distanza dalla conclusione dell’epica e tragica saga di Fenice Nera, Claremont e Byrne creano una storia i cui temi sono ancora fertili, a quasi quarant’anni di distanza, nelle storie degli X-Men (basta vedere quanta influenza essa sta avendo nel rilancio mutante operato da Jonathan Hickman nell’estate 2019) e dall’altro segna il punto più alto della collaborazione tra i due autori, un’equazione perfetta tra parole e disegni, tra dialoghi e azione. Nonché una delle più belle storie distopiche sui viaggi nel tempo mai realizzate.
Nella sua rubrica Essential 300 comics, Ned Bajalica ne ha scritta una bella recensione
E anche Marco D’Angelo ne ha fatto qualche anno fa una attenta analisi per il nostro speciale dedicato ai 50 anni degli X-Men.

3 – X-MEN: DIO AMA, L’UOMO UCCIDE

(Marvel Graphic Novel #5, 1982)
Illustrata da Brent Anderson, dopo che Neal Adams aveva rifiutato l’incarico di disegnatore, questa storia – che per anni è stata considerata “fuori canone” rispetto alla continuity ufficiale mutante – è uno dei più alti picchi narrativi di Claremont. Proprio perché pensato fin dall’inizio come racconto stand alone, slegato dalla serie regolare, lo scrittore in esso raggiunge una profondità di riflessione sui temi del razzismo, del genocidio e della diversità e un realismo narrativo che sulla testata mensile non poteva permettersi.
Davide Occhicone qualche anno fa dedicò a questo fumetto un approfondimento molto interessante.

4- UNCANNY X-MEN/NEW TEEN TITANS

(1982)
All’inizio degli anni ’80, la testata degli X-Men di Claremont e quella dei New Teen Titans – creati da Marv Wolfman e George Perez proprio per ricalcare le dinamiche del successo mutante – erano forse le due serie di maggior successo della Marvel e della DC Comics. Proprio per tale motivo, le due case editrici pensarono che un crossover tra i due supergruppi campioni d’incassi si sarebbe rivelato un best seller. Così affidarono la storia a Claremont e alle matite di Walter Simonson (con le chine di Terry Austin), che diedero vita a uno dei più riusciti team up tra i due colossi del fumetto statunitense.

5- “IL PROFESSOR XAVIER È UNO SCEMO!”

(Uncanny X-Men #168, apr. 1983)
Se, a livello di continuity, questo numero della testata segna il primo incontro tra Scott Summers  e Madelyne Pryor (clone di Jean Grey creato da Sinistro), la decisione di inserire la storia in questo E11 è perché l’albo si apre con una delle più iconiche pagine del fumetto supereroistico. In una vignetta a tutta pagina, Paul Smith (di lui non si è mai parlato abbastanza, uno dei più sottovalutati disegnatori del panorama statunitense) disegna, in un piano americano, una splendida e giovane Kitty Pryde che, arrabbiata per essere stata “retrocessa” dagli X-Men ai Nuovi Mutanti, esclama puntando il dito verso il lettore: “Il Professor Xavier è uno scemo!”.
Kitty è uno dei tanti personaggi creati da Claremont nella sua gestione mutante e anche uno di quelli a cui lo scrittore era più affezionato e che ha saputo far crescere negli anni e caratterizzare più profondamente.
In questa storia riesce a delineare in modo perfetto il senso di frustrazione e ingiustizia che una ragazzina adolescente può provare. In altre parole, Claremont, raccontando una storia di supereroi, racconta ai lettori la vita quotidiana di una loro “collega” teen-ager degli anni ’80.

6 – ASSEDIO

(The New Mutants #19, set. 1984)
The Demon Bear saga è uno dei più significativi cicli di storie realizzati da Chris Claremont in coppia con Bill Sienkiewicz per la testata dei Nuovi Mutanti. Sceneggiatore e disegnatore, negli episodi realizzati assieme tra il 1984 e il 1985, settarono un mood innovativo per l’epoca sia da un punto di vista narrativo che grafico, inaspettato e inedito per un fumetto dedicato a un gruppo di adolescenti. Oltre alle splendide tavole, di Sienkiewicz si ricordano le iconiche copertine e proprio quella del #19 è tra le più riuscite. Nell’albo si racconta il culmine dello scontro tra i Nuovi Mutanti e il Demone Orso, spirito evocato da Dani Moonstar, uno tra i tanti riusciti antagonisti creati dallo scrittore, che ha influenzato anche qualche autore italiano (rileggetevi gli albi iniziali della prima serie di Orfani, per esempio).
Ah, a proposito, nella storia fa il suo debutto anche l’armatura mistica di Illyana Rasputin, ennesima invenzione narrativa di X-Chris destinata ad alimentare decenni di storie.

7 – VITAMORTE E VITAMORTE II

(Uncanny X-Men #186, 198, ott. 1984, ott. 1985)
Due storie, uscite a un anno esatto di distanza l’una dall’altra, create in sinergia da Chris Claremont e Barry Windsor Smith, che condividono lo stesso titolo e gli stessi protagonisti: Tempesta e – seppur più defilato nella seconda – Forge.
L’alfa e l’omega di un percorso di guarigione, di ritorno alla vita, di una ritrovata volontà di combattere e andare avanti. Uno dei più belli e complessi rapporti d’amore scritti da Claremont per i suoi personaggi. Lo splendido percorso di caduta e rinascita di Ororo. Lo scrittore priva la mutante africana dei poteri per poterla fare crescere e approfondirne la personalità. Un altro connubio magico tra parole e disegni, come già era avvenuto quando la matita era nelle mani di Byrne.
Lorenzo Di Giuseppe ha scritto una recensione di entrambe le storie che potete leggere qui.

8 – EXCALIBUR: LA SPADA È TRATTA

(Excalibur Special Edition, 1988)
Chris Claremont ha sempre avuto la fortuna, o il merito, di farsi accompagnare da signori artisti per illustrare lo storie da lui scritte. Alan Davis è uno di questi e, proprio insieme al disegnatore britannico, X-Chris diede vita al supergruppo mutante di Excalibur con base in Gran Bretagna. I due realizzarono i primi 34 numeri della serie regolare, che furono un unico folle tour nel multiverso Marvel, ma tutto iniziò da questo numero speciale, un’unica lunga storia che introduce nuovamente Capitan Bretagna nell’universo Marvel e racconta la nascita del gruppo.

9 – CROCEVIA

(Uncanny X-Men #274-275, mar.-apr. 1991)
Il 1991 è l’anno dell’addio di Chris Claremont agli X-Men. Eppure, nonostante i rapporti ormai logori con l’allora editor delle testate mutanti Bob Harras e il potere decisionale sempre maggiore dell’astro nascente del fumetto Jim Lee – disegnatore di Uncanny – lo scrittore britannico crea nell’ultimo anno al timone delle storie alcuni piccoli gioielli. Si comincia con il dittico Crocevia nel quale l’autore porta a compimento il percorso di sviluppo del personaggio di Magneto per arrivare, alla fine, a dimostrare che il personaggio è oltre la redenzione. In una decade, a partire da Uncanny X-Men #150, Claremont ha trasformato Magneto da fanatico villain monodimensionale in uomo dalla personalità complessa, un sopravvissuto della Shoah, votato al combattimento di una eterna guerra per evitare che i mutanti subiscano gli stessi odio e violenza che hanno oscurato la sua infanzia. Probabilmente la più grande storia claremontiana su Erik Lehnsherr, Crocevia rappresenta la rappresentazione più vera del personaggio e dimostra quanto esso sia cresciuto e si sia evoluto sotto l’ala dell’autore.

10 – FINE DEL GIOCO

(X-Factor #65-68, apr.-giug. 1991)
Sebbene la storia sia nata dalla necessità editoriale di far sì che il personaggio di Ciclope lasciasse X-Factor così da potersi riunire agli X-Men, Fine del gioco è un’altra piccola perla di Claremont. Nonostante sia chiamato unicamente a sceneggiare la saga come ospite, affiancando Whilce Portacio che oltre ai disegni si occupava della scrittura, X-Chris infonde a tutta la narrazione il suo stile arguto e drammatico. Con questo tono, l’autore approfondisce la figura di Scott Summers non come supereroe o come membro di una minoranza perseguitata, ma come un padre in procinto di prendere una decisione straziante. È questo nucleo emotivo, la profondità con cui lo scrittore rappresenta un genitore disposto a un sacrificio enorme per salvare il proprio figlio, che fornisce alla storia un senso tragico così profondo. Mancano pochi mesi all’addio di Claremont, ma la strada è già aperta per il suo testamento spirituale.

11 – GENESI MUTANTE

(X-Men vol. 2#1-3, ott.-dic. 1991)
È questo l’ultimo story arc scritto da Claremont che, per l’occasione, inaugura la seconda testata mutante disegnata da Jim Lee, nel momento del massimo successo che le X-testate raggiunsero all’inizio degli anni ’90. Genesi mutante è un finale forte, una specie di summa e chiusura epica magistralmente realizzata per una corsa narrativa durata quindici anni. Per far ciò, l’autore riprende uno dei suoi personaggi più amati, Magneto, e ne scrive, una volta di più, una delle più belle storie.
Ogni dialogo contenuto nei tre numeri – soprattutto quelli di Xavier e Magneto – compongono una sorta di testamento ideologico che Claremont lascia in eredità ai suoi successori, che a suo tempo analizzai approfonditamente qui.

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