Una delle sfide più intriganti nel presentare un’opera come il Sandman di Neil Gaiman (pubblicato negli USA dalla DC/Vertigo, in Italia dalla RW Lion) è quella di trasmettere ciò che la rese particolare al punto da farla diventare un classico della Nona arte. La difficoltà sta tutta nel fatto che ciò che Gaiman e la sua opera – insieme ad altri autori e altre opere, ma qui il discorso si aprirebbe oltre l’ambito di questo pezzo – portarono nel mondo del mainstream seriale statunitense a cavallo degli anni ‘80 del secolo scorso è diventato largamente parte fondante del modo di creare e intendere quel tipo di fumetto. Quelle opere stabilirono nuove aspettative, nuovi standard di qualità e, dal punto di vista del sistema di produzione, dimostrarono che si potevano trovare nuovi lettori al di fuori del recinto degli appassionati consolidati. In particolare, Sandman riuscì a conquistare un vasto numero di lettrici e sarebbe interessante investigare se abbia avuto un ruolo nella formazione delle autrici che si sono affacciate nell’ultimo decennio sulla scena del mainstream supereroico. In fondo, nella sua lettera di congedo dalla gestione di Ms. Marvel, come lode al suo successore Saladin, G. Willow Wilson scrive che il suo Black Bolt “mi ha dato il medesimo senso di possibilità infinite che da adolescente mi dette Sandman“.
Negli ultimi decenni, il fumetto ha conquistato le pagine dei quotidiani e delle riviste generaliste, ed è forte la sensazione che il prezzo di questa valorizzazione sia stato la ricerca e la pretesa di una cesura fra i diversi modi del fumetto, tra fumetto seriale e graphic novel, fumetto “d’autore” e “industriale”. Ebbene, in questo scenario Sandman è ancora lì a dimostrare – con grande ironia – la velleitarietà delle catalogazioni a priori.
Ma Sandman è innanzitutto un racconto affascinante e ricchissimo: di personaggi, moti d’animo, emozioni, colpi di scena e misteri (non pochi dei quali lasciati irrisolti nelle mani del lettore); la sapienza della costruzione, la sensibilità nella definizione dei caratteri e delle relazioni, l’efficacia con la quale fa emergere la complessità dell’esistenza e dell’animo umano sono ciò che ha catturato – ormai possiamo dirlo per semplice aritmetica cronologica – tre generazioni di lettori.
Per questa piccola carrellata ho scelto undici particolari che mettono in evidenza l’approccio di Gaiman e i temi al cuore della vicenda; la selezione non intende certo esaurire la ricchezza dell’opera ma solo richiamarne alcuni tratti salienti. A mia parziale discolpa, chiarisco che lista di partenza era composta da oltre cento (100!) momenti essenziali.
1. L’inizio dell’avventura
Copertina del primo numero di Sandman: in assenza di un disegnatore stabile, l’identità visuale della serie fu e resta tuttora legata alle copertine di Dave McKean (e al lettering di Todd Klein). Curiosità: l’intestazione del primo numero riporta la data di gennaio 1989, ma in realtà fu distribuito a ottobre 1988. Dave McKean Sandman n. 1, copertina, DC Comics (1988). Tratto da: Neil Gaiman, Dave McKean: Sandman: Copertine, Magic Press (2002).
2. Dov’è Sandman?
Il secondo numero di Sandman non ha il protagonista in copertina: è una rottura clamorosa delle regole vigenti nel seriale mainstream, per la quale Gaiman e McKean dovettero vincere forti resistenze. Il punto in gioco è la messa in evidenza del ruolo degli autori rispetto a quello del personaggio per la valorizzazione della testata. Per dare un’idea della forza di questa regola, basti pensare che l’iconoclasta Preacher non ebbe problemi a giocare con le figure del dio cristiano e del Papa cattolico, ma non andò contro questo comandamento editoriale. Dave McKean: Sandman n. 2, copertina, DC Comics (1988).
3. Neil chiama Alan: il nuovo che avanza
Il personaggio di Constantine e la testata Hellblazer che ospitava le sue avventure, ben rappresentano l’ondata di rinnovamento che attraversa la DC nella seconda metà degli anni ‘80. Creato da Alan Moore su Swamp Thing, la sua chiamata in scena è la dichiarazione da parte di Gaiman di partecipare a quel tentativo di rinnovamento del fumetto seriale mainstream. Sandman n. 3, pag. 24, DC Comics (1988).
4. Morfeo ride!
Hector Hall ha appena detto a Morfeo di essere “The Sandman, Guardiano dei sogni degli uomini, Signore della Cupola del Sogno“. Per l’unica volta nella serie, Morfeo ride. In questa scena si può leggere il riconoscimento di una discontinuità fra due modi di raccontare e usare i supereroi. Da notare che il personaggio di Hector Hall, creato da Roy Thomas e Jerry Ordway, è di poco anteriore al Sandman di Gaiman, avendo debuttato nel settembre 1983 su All Star Squadron n. 25 come Silver Scarab. È un caso esemplare di convivenza di visioni e approcci diversissimi all’interno della stessa linea di produzione. Sandman n. 12, pag. 18, DC Comics (1989).
5. After Death
The Sound of her Wings è considerato il punto di svolta della serie, che si distacca dalle atmosfere horror à la EC Comics della quest di Preludi e Notturni. Death, con la sua gentilezza che contrasta con l’immagine diffusa della morte, contribuisce al cambio di tono della serie. Sandman in qualche modo comincia qui, ma sarebbe ingiusto cancellare il primo arco narrativo, che comunque sfrutta a fondo i meccanismi di genere: Sandman in fondo nasce proprio dal loro esaurimento. Per apprezzare il distacco fra questo episodio e i precedenti, si consideri che nella prima edizione in volume non faceva parte di Preludi e Notturni, ma apriva l’arco narrativo Casa di bambola. Sandman n. 8, pag. 3, DC Comics (1989).
6. Il senso delle storie
Hob Gatling e Morfeo parlano di storie. Il caso citato è reale: nel 1681 Nahum Tate scrisse un adattamento del Re Lear di Shakespeare che cancellava il personaggio del fool e proponeva un happy ending con Lear e Cordelia sopravvissuti e matrimonio fra quest’ultima ed Edgar. Il punto è che, mentre il Lear di Tate risponde al più al soddisfacimento di un gusto estemporaneo, il successo del Lear originale indica che l’opera è in risonanza con qualcosa di profondo dell’animo umano. Sandman n. 13, pag. 19, DC Comics (1989).
7. Ultimate Freedom
Lucifero, Stella del Mattino, parla a Morfeo di responsabilità, scelte, prigioni in cui ciascuno si rinchiude volontariamente e della libertà ultima di poter andare via. Il ragionamento di Stella del Mattino mette probabilmente assai a disagio Sogno, che ha sempre cercato, tramite la ricerca dell’osservanza letterale della Norma, di limitarne il campo di applicazione, finendo per costruirsi un alibi e una prigione per le proprie azioni. Questo dialogo avrà profonde ripercussioni nell’animo di Morfeo. Sandman n. 23, pag. 20, DC Comics (1991).
8. Il Ruolo degli Eterni
Questa scena rappresenta un passaggio fondamentale nella vicenda, perché porta in superficie la differenza fra le visioni di Sogno e Desiderio sul rapporto fra Eterni e viventi. Da notare che Morfeo enuncia la propria come se fosse l’unica valida. Tuttavia, né il resto della famiglia appoggia esplicitamente Sogno in questo frangente né altrove il testo offre conferma che la Norma effettivamente imponga agli Eterni di essere al “servizio” degli umani. Sembra piuttosto che ciascun Eterno abbia uno spazio di interpretazione, quindi responsabilità di scelta sulla natura e il tono di quel rapporto. Sandman n. 16, pag. 23, DC Comics (1990).
9. C’è posta per te
Letters in the Sand era la rubrica della posta di Sandman: per quanto non rappresenti un rilevatore affidabile, vale la pena notare che la percentuale di lettrici che inviavano lettere alla testata era, secondo le dichiarazioni di Gaiman, circa il 50%, considerevolmente più alta rispetto alla media delle testate mainstream. Sandman n. 24, DC Comics (1991).
10. Chi ha paura dell’horror?
Morfeo esprime la sua delusione nei confronti del Corinzio: pensato come strumento per gli umani, affinché si potessero confrontare con i lati oscuri della vita, è diventato fine a sé stesso. Questa scena, che possiamo leggere come critica della deriva manierista e autoreferenziale del genere horror, tornerà in Sandman Overture. Sandman n. 14, pag. 33, DC Comics (1989).
11. “You can be me when I’m gone“
A un certo punto della serie Daniel Hall “prende il posto” di Morfeo.
Daniel è Sogno ma non è Morfeo: se pure esiste una continuità profonda fra i due, condividono infatti memoria ed esperienze, sono comunque individui distinti. La perplessità, prima ancora che sorpresa, dell’ippogrifo guardiano del cancello nasce in particolare dalla differenza sul piano emotivo: rispetto a Morfeo, Daniel appare non inibito nelle manifestazioni di affetto, capace di sentimenti più dolci e che considerano gli altri. La compassione, che in Morfeo era trattenuta, imbrigliata da una capziosa osservanza delle regole e da un egocentrismo invadente, sembra alla base del modo di essere e della visione del mondo di Daniel. Ricordiamo che Daniel è il Sogno, non un re, un rappresentante o una metafora e che il Sogno è il terreno dove nascono storie e conoscenza: ci aspettiamo che la differenza fra Daniel e Morfeo si rifletta profondamente in tutto ciò che ha a che fare col Sogno. Sandman n. 72, pag. 8, DC Comics (1995).