“Una sorella” di Vivès, romanzo psicologico a fumetti

“Una sorella” di Vivès, romanzo psicologico a fumetti

Bastien Vivès realizza un accurato scavo psicologico degli amori adolescenziali, dimostrando ancora una volta la sua padronanza del fumetto. L'elegante uso del disegno, del chiaroscuro e della composizione di tavola creano un raffinato romanzo di formazione erotica e sentimentale

Bastien Vivès (Parigi, 1984) è uno dei più importanti autori contemporanei del romanzo a fumetti francese. Esordisce nel 2007 con Elle(s); nel 2009 con Il gusto del cloro ottiene il Premio rivelazione al Festival di Angoulême; seguono Nei miei occhi (2010), Polina (2011) e numerose altre opere e riconoscimenti. Questo Una sorella è quindi l’ultimo di una serie di romanzi a fumetti di stampo raffinatamente intimistico nei quali l’autore si dimostra in grado di cogliere con garbata precisione le sottili sfumature psicologiche dei propri personaggi.

In questo caso assistiamo a un particolare romanzo di formazione e di uscita dell’infanzia. Il protagonista Antoine, tredicenne con un fratellino di nove anni, è colpito dall’incontro con la sedicenne Helene, figlia di un’amica di famiglia che, in seguito a un aborto spontaneo, è ospite nella loro casa al mare. Tra i due ragazzi nasce una attrazione erotica e sentimentale, resa sottilmente morbosa dal tema del “fratellino/sorellina” perduto che resta sullo sfondo e che lega le due madri: anche quella Antoine ha difatti perso un bambino prima di lui.

Vivés si muove con grande abilità su questo crinale di contraddittorie e confuse fantasie dell’età di passaggio: Antoine vive una vacanza d’estate sospesa tra il mondo infantile del fratellino e l’adolescenza di Helene, impossibile sia come sorella che come fidanzata, i due ruoli in cui lui la desidera. Sarebbe facilissimo eccedere in entrambi i sensi, eccedendo in morbosità o trattenendosi con troppa prudenza. Vivés invece riesce a mantenere i suoi personaggi nella giusta sospensione tra crudezze e innocenza grazie a una doppia leggerezza: quella del disegno e quella della scrittura.

Da un lato, la sceneggiatura non censura affatto l’elemento carnale del desiderio reciproco dei due ragazzi, ma riesce a svilupparlo con una giusta sospensione, quasi onirica, che non rende mai grevi le situazioni anche esplicite che vengono raffigurate. Poche, efficaci battute di dialogo, contrappuntate da lunghi silenzi mettono in scena la schermaglia amorosa dei due protagonisti.

Gli adulti, pur non tratteggiati – come sarebbe facile retorica – in modo negativo (il lutto che ha colpito la madre di Helene è tra l’altro una giustificazione plausibile per la loro “presenza assente”), appaiono lontani, distanti, espulsi da quel mondo di passaggio che avvolge i due ragazzi. Efficace anche il lavoro di traduzione di Michele Foschini in un testo nel quale ogni sfumatura di un dialogo si carica di significati.

Il disegno dell’autore, in parallelo, raffigura ogni scena con un tratto appena accennato, rapido e morbido a un tempo stesso: vago e fragile come una réverie nei suoi blandi toni di grigio che smorzano il netto contrasto chiaroscurale tra le masse di bianchi e neri nettamente giustapposte. Sono rese così fugaci e impalpabili anche le sequenze più esplicitamente erotiche senza dover rinunciare alla loro rappresentazione, cosa che farebbe perdere autenticità all’opera.

La griglia riprende la scansione italiana su tre strisce, particolarmente efficace nello scandire i contrappunti delle varie situazioni tramite un montaggio sapientemente tradizionale. Non mancano esempi di interpretazione spiccatamente moderna di tale griglia, come l’uso della splash page per introdurre una location importante (la casa) o un personaggio fondamentale (la prima apparizione di Helene, ad esempio). Tuttavia, stante la notevole maestria dell’autore, le scelte di inquadratura sembrano giocate con una particolare prudenza, quasi sottotono, ad evitare il rischio di qualsiasi eccesso in una storia indubbiamente delicata.

C’è solo un raffinato espediente che ricorre più volte e che può meritare notare: in contrasto con l’uso della mezzatinta, qualche vignetta viene lasciata con sfondo bianco, in modo mai casuale o di puro bilanciamento estetico, ma sempre per sottolineare il particolare rilievo della scena o figura centrale che appare così, per contrasto, come stagliarsi contro una luce abbagliante, e assume quindi il sapore di una rivelazione.

L’efficacia di questo espediente si manifesta anche in negativo: ad esempio, sul finale, non viene evidenziato – come potremmo attenderci – il momento in cui il protagonista coglie un fuggevole “tradimento” di Helene (che non gli ha mai promesso attenzione esclusiva, né lui stesso sa se desiderarla, per l’ambiguità dell’attrazione che prova). Invece poco dopo è la decisione del protagonista di accettare la sfida dei ragazzi più grandi ad essere sottolineata con una luminosità che non ha ragione naturalistica (la scena è, come si vede, in notturna).

Vivés riesce così a giocare abilmente la regia emotiva della narrazione, con una maestria quasi subliminale. Situazioni infantili e precoci esplorazioni del mondo adulto si fondono così in un generale senso di sognante ricordo d’infanzia, attraverso una storia che pare come uno sbiadito ricordo passato (benché l’ambientazione sia strettamente contemporanea: ci sono gli smartphone, c’è facebook).

Ancora una volta, grazie alla padronanza del medium, Vivès dimostra come il fumetto abbia tutte le carte per trattare anche le più sottili nuancés del romanzo psicologico, alla pari della letteratura.

Abbiamo parlato di
Una Sorella
Bastien Vivès
Traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, 2018
216 pagine, cartonato, bianco e nero – 19,00€
ISBN: 978-88-6543-978-4

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