Mecenate Povero (www.mecenatepovero.it) è un progetto che nasce dalla passione di Vanessa Maran e Marco La Fratta per il fumetto indipendente e autoprodotto e dalla loro voglia di condividere la vastità e l’eterogeneità di questo mondo. Il sostegno verso fumettisti e artisti, verso autori singoli o collettivi trova sia uno spazio fisico in cui le opere vengono esposte e sono disponibili per la consultazione, sia uno spazio virtuale in cui l’aspetto divulgativo acquisisce primaria importanza.
Vanessa e Marco si sono prestati volentieri a rispondere alle domande de Lo Spazio Bianco, scopriamo insieme a loro quali esperienze e quali progetti si nascondono dietro il Mecenate Povero.
Quando e come è nata la vostra passione per l’autoproduzione? Che cosa è che in essa vi attira di più rispetto al fumetto “editato” o mainstream?
Vanessa (V): Ho scoperto che l’autoproduzione esiste grazie ad Etsy! Qualche anno fa stavo cercando dell’oggettistica carina a tema Jane Austen e, tra spillette, segnalibri e fan art varie, mi sono imbattuta in Miss Hall, un fumetto autoprodotto di Giulia Adragna con ambientazione Regency. Me ne sono innamorata subito e ho cominciato a seguire l’autrice su Instagram, Facebook… ovunque fosse online! Pochi mesi dopo andai alla mia prima fiera dedicata esclusivamente al fumetto autoprodotto, la Fumettopolis di Novara: lì non solo ho incontrato per la prima volta Giulia Adragna, ma ho conosciuto tantissimi autori indipendenti che non avevo ancora beccato su internet! E da lì ho cominciato a desiderare di approfondire il mondo dell’autoproduzione. Già da Fumettopolis avevo sperimentato come il rapporto lettore/autore sia diverso in questo ambiente, più diretto e informale: ho potuto chiacchierare amichevolmente con persone che stavo iniziando a stimare, cosa non da poco! Si crea un rapporto davvero bello, piacevole sia per chi fa fumetti che per chi legge quei fumetti.
Marco (M): Ho conosciuto l’autoproduzione per caso, all’inizio senza rendermi conto del vastissimo mondo che ci stava dietro. Ho acquistato I Palazzi, dell’amico e collega Giorgio Pandiani, nel 2012 (se non erro) mentre i primi fumetti in fiera li ho acquistati nel 2015 al banchetto del collettivo DIOREI (ora sparito). Erano degli antologici (i volumi 5, 6 e 7) nei quali artisti diversi davano voce alle loro inquietudini, in un viaggio grafico che mixava il linguaggio del fumetto con altre narrazioni (o suggestioni) per immagini. Due approcci, mood e stili diversissimi, quelli di Giorgio e di Diorei, ma con denominatori comuni: sono fumetti che hanno la voce di una chiacchierata con un amico, sono delle confessioni, delle storie personali, intime (anche se fantastiche e “allucinate”). La loro voce era più calda e meno urlata ed è questo che mi ha attirato e accolto di questo mondo.
Come è nata l’idea del progetto Mecenate Povero?
V: Il Mecenate Povero nacque quando il mio interesse per l’autoproduzione crebbe a tal punto da spingermi a rimanere aggiornata il più possibile sull’autoproduzione, seguendo autori e collettivi sui loro social. Tuttavia questo cominciò a non essere abbastanza: avrei voluto un portale dedicato esclusivamente al fumetto autoprodotto, un “contenitore” che aggiornasse su nuovi autori, nuovi titoli, nuove fiere, nuove presentazioni, ecc… Dato che mi stavo già muovendo nel raccogliere tutte le fonti possibili che trovavo online per rimanere aggiornata, ho pensato: “Perché non condividere queste cose, che sto già raccogliendo per me, con altri?” E così nel 2018 è nato Mecenate Povero, su Facebook e Instagram, con delle rubriche dedicate a piccole interviste agli autori, recensioni, crowdfunding e news dal mondo dell’autoproduzione. Inizialmente il Mecenate Povero era un modo per sfogare il nostro fangirlismo per l’autoproduzione, insomma! E in parte è ancora così, ma ora lo facciamo con un metodo…
M: Aggiungo solo una piccola nota di colore: all’inizio il progetto si chiamava “La Fumetteria del Mecenate Povero”, perché solo “mecenate povero” non diceva che ci occupavamo di fumetti e “i fumetti del Mecenate Povero” sembrava pretenzioso. Solo che, dopo l’ennesima mail che ci chiedeva se avevamo il numero X di Batman, o il nuovo di Avengers, abbiamo deciso di fugare ogni dubbio togliendo, a malincuore, dal nome “la Fumetteria del” e lasciando Mecenate Povero.
Cosa vi ha spinto inizialmente a interessarvi di fumetto indipendente e autoprodotto?
V: Quando abbiamo cominciato ad esplorare il fumetto autoprodotto, ci siamo accorti che è un mondo che può sembrare piccolo, una sorta di microcosmo, quando in realtà una volta iniziato non si finisce mai di scavare! Questo ci ha spronato a raccontare l’autoproduzione mentre la esploravamo noi stessi, spinti anche dal fatto che non venisse raccontata abbastanza da altre realtà (almeno, questa era la nostra percezione all’inizio). Confrontandoci con gli autori abbiamo scoperto altre tematiche interessanti che ci incuriosivano: cosa spinge un artista ad autoprodursi, quali risultati ottiene grazie all’autoproduzione, quali sono i suoi pro e contro, ecc… Ma, soprattutto, ci hanno interessato le potenzialità del fumetto autoprodotto e il fatto che dia a chiunque, professionisti e non, la possibilità di sperimentare fin dove vuole.Il sito di Mecenate Povero riporta sia le puntate del podcast sia l’elenco delle autoproduzioni di cui state facendo un censimento. È nata prima l’idea del podcast o prima l’idea della collezione? Come si sono fuse in un unico progetto?
M: Non solo, raccoglie anche le bio degli autori e dei collettivi oltre che le novità sui crowdfunding e sulle fiere. Ma fra le due, podcast e collezione, è nata prima l’idea della collezione. Credo, in parte, dovuto al “disagio” di ricevere i primi fumetti regalati e in parte perché, per allargare i nostri orizzonti, abbiamo iniziato a prendere dei fumetti che altrimenti avremmo “ignorato”, che non incontravano al 100% i nostri gusti, scoprendo poi alcune perle incredibili (come Stirpe di Pesce o Mismatch). Questi fumetti, più quelli che venivano donati al Mecenate Povero, non erano nostri (di Vanessa o di Marco) erano “del Mecenate” e così si è andata a formare questa collezione che, ad oggi, conta più di 150 numeri e che sta crescendo tantissimo, mese dopo mese.
Il Podcast (Podcast Povero), che comunque ci è servito per ampliare il nostro sguardo nel mondo del fumetto autoprodotto, invece è nato da una diversa situazione. Ci siamo ritrovati a chiacchierare e a conoscere, spesso in fiera, persone fantastiche con le quali usciva sempre qualcosa di nuovo. Far sentire queste voci ci sembrava più interessante rispetto a buttarci sulle classiche recensioni, oltre a permetterci di scavare un po’ nei retroscena, dei fumetti e del mondo autoprodotto. Entrambi i progetti, Collezione e Podcast, più che fondersi sono finiti sotto lo stesso cappello, il cappello del Mecenate.
Come vengono scelti e inseriti i fumetti nella collezione del Mecenate Povero?
M: Come accennavo prima, la collezione è nata per accogliere sia i fumetti che vengono donati al Mecenate Povero, sia quei fumetti che acquistiamo per ampliare un po’ il nostro sguardo all’autoproduzione, che non fossero strettamente di nostro gusto. Ma non solo: decidiamo di aggiungere anche fumetti che, personalmente, ci sono piaciuti molto o opere che riteniamo particolari e/o “speciali” in un certo senso, uniche di questo mondo.
Di recente, abbiamo iniziato a consultare anche chi ci sostiene su Patreon per scegliere cosa aggiungere: grazie alla decisione dei nostri patrons, la collezione s’è arricchita di “Musashiba e Kokojiro” di Federica D’Angella.
Le autoproduzioni a fumetti di cui parlate sono meno “underground” rispetto a quelle che si possono trovare a festival come AFA, CRACK o Borda. Si tratta di una scelta?
M: Credo sia principalmente derivato dal nostro percorso personale da lettori e del percorso del Mecenate stesso (di conseguenza). Abbiamo conosciuto prima le autoproduzioni che somigliavano di più (visivamente) a opere alle quali eravamo già abituati, più simili all’editoria classica e da lì abbiamo iniziato a scavare. Più scaveremo più in fretta arriveremo anche a parlare di quei fumetti che, per chi è abituato a leggere altro, sono sicuramente di più difficile approccio e più “respingenti”, a colpo d’occhio. Secondo me è solo questione di tempo.
Come è iniziata la collaborazione con la piattaforma italiana di podcast Querty?
M: È avvenuto quasi per caso ma al tempo stesso non a caso. In ambito di Bricòla (festival del fumetto autoprodotto milanese) abbiamo conosciuto Valeria Foschetti della fanzinoteca La Pipette Noir e abbiamo iniziato a partecipare ai suoi incontri e pensare “ma che figata, qualcuno dovrebbe registrarli e farci un podcast”; questo è il primo tassello.
Secondo tassello, io e Vanessa ci accorgiamo che, parlando di fumetti in casa fra di noi, uscivano fuori delle riflessioni e degli spunti difficilmente sintetizzabili in una recensione e che potevano creare un dialogo. Da lì iniziamo a chiacchierare con qualcuno e a fare le prime “interviste”, il tutto registrando un audio con i nostri scarsissimi mezzi e caricandolo su Youtube, perché quello conoscevamo e ci sembrava più facile fare così.
L’unione di questi due pezzi è arrivata grazie a Lavinia Caradonna, che abbiamo conosciuto proprio in fanzinoteca. Anche lei conduce un podcast (“Tizzoni d’inferno” insieme a Tito Faraci) e ci ha messo in contatto con Matteo Scandolin di Querty che, dopo essere morto d’infarto nello scoprire che facevamo un podcast su Youtube, è risorto dandoci in mano un microfono e un mixer, che non sapevamo usare, e si disse interessato al progetto di Podcast Povero.
Gli incontri della Fanzinoteca invece stanno trovando una loro archiviazione grazie alle live sul profilo Instagram. Nella prima stagione del podcast vi abbiamo seguiti nel vostri pellegrinaggi in visita agli autori da intervistare, mentre la seconda stagione, dedicata al rapporto tra autoproduzione e webcomics, le avete vostro malgrado gestita con interviste in remoto. Quali sono stati i pro e i contro dei due approcci?
M: Il pro del girare, nella prima stagione, è stato incontrare le persone dal vivo in un ambiente a loro familiare, nel quale si sentivano a casa (a volte perché era davvero casa loro) e lì parlare dei loro fumetti. In registrazione sono uscite cose interessantissime ma ancor più belli sono stati i momenti pre e post registrazione dove si chiacchierava e si gironzolava un po’ assieme. Ci ha permesso di conoscere questi autori prima di tutto come persone, di fare amicizia con loro.
Il pro della seconda stagione è stato sicuramente il risparmio economico e di tempo (abbiamo registrato in poche giornate tutta la stagione); sembra banale e venale ma questo ci ha permesso di dedicarci ad altro e di non toccare troppo il budget che dedichiamo mensilmente al Mecenate, cosa non da poco specie in periodi come quello che stiamo affrontando.
V: Inoltre durante la prima stagione itinerante di Podcast Povero abbiamo scoperto con piacere diverse “realtà fumettistiche” in giro per l’Italia che non conoscevamo: fumetterie, librerie indipendenti, musei come il PAFF! di Pordenone, ma anche street art e locali comics-friendly… Tutte realtà che promuovono il fumetto sul territorio, che abbiamo raccontato nel nostro Podcast Povero Diary.
State già lavorando alla terza stagione? ci sono anticipazioni che potete darci?
M: Non so quanto vorrà spoilerare Vanessa ma, per me, si può tranquillamente dire che abbiamo iniziato a contattare alcuni ospiti della terza stagione anche se arriverà sicuramente con l’anno nuovo. Sul tema generale dirò solo che potrebbe essere “legato al COVID” se si considera che ha sintomi simili ad un’influenza e che ha contaminato la nostra aria.
V: Confermo che abbiamo già un tema (Marco ha dato degli indizi abbastanza fraintendibili, quindi bene!) e che abbiamo contattato con anticipo degli autori che ci hanno già dato la loro disponibilità a partecipare! Se ne parlerà sicuramente l’anno prossimo, probabilmente in una forma ibrida tra podcast itinerante e podcast da remoto… Dipende come si evolverà la situazione. Di sicuro ci piacerebbe riuscire a fare qualche puntata in loco.
Un’altra collaborazione importantissima per il Mecenate Povero è la collaborazione con la fanzinoteca della Biblioteca Zara di Milano che si è concretizzata in uno spazio espositivo e di consultazione dei volumi della collezione. Come viene gestita la fruizione dei fumetti? Il pubblico può portarli a casa o la consultazione avviene solo in loco?
V: La Fanzinoteca La Pipette Noir e la Collezione del Mecenate si trovano fisicamente nella Biblioteca Zara di Milano e, in condizioni normali, vengono aperte al pubblico una volta al mese, in occasione degli eventi organizzati da Valeria Foschetti della Fanzinoteca. Le fanzine e i fumetti possono essere consultati liberamente durante l’evento, o anche prendendo un appuntamento scrivendo a noi o a Valeria per accordarsi sulla disponibilità. I titoli di entrambe le collezioni possono essere presi in prestito, previo il tesseramento gratuito alla Fanzinoteca. È possibile consultare l’elenco completo dei fumetti che compongono la Collezione sul nostro sito.Sul vostro sito esiste la sezione “Self 2020”, una sorta di “contenitore” in cui avete inserito le autoproduzioni uscite quest’anno e anche gli eventi legati all’autoproduzione che si sono svolti negli ultimi dodici mesi. Questa catalogazione annuale è tanto utile quanto interessante per un appassionato: come è nata questa esigenza archivistica che per certi aspetti ha delle tangenze con il lavoro fatto dalla Fanzinoteca e contate di andare avanti con un “Self 2021”?
V: Self 2020 nasce come “versione snella” di un’iniziativa che avremmo voluto lanciare quest’anno ma che, per vari motivi, non siamo riusciti a realizzare: una fiera online per dare la possibilità agli artisti che hanno pubblicato quest’anno di presentare e vendere le proprie autoproduzioni (idea che a sua volta si è formata dopo il progetto, per ora rinviato, di una fiera fisica dedicata al fumetto autoprodotto). Abbandonato per ora il progetto della fiera, abbiamo deciso di creare questa pagina-contenitore formata dalle novità del 2020, segnalando anche le live a tema autoproduzione. Da diverso tempo volevamo “mappare” le autoproduzioni in qualche modo e questo anno insolito ci ha dato il giusto slancio. Abbiamo in programma di fare un Self 2021, ma anche un Self 2022, 2023, 2024… L’intenzione c’è e il riscontro positivo con gli autori è una bella spinta per riproporre questo contenitore ogni anno!
M: Un’idea abbozzata di questa sezione l’avevamo già discussa mentre progettavamo il sito ma ci eravamo detti di studiarla meglio più avanti per incastrarla con tutti gli altri contenuti che facciamo. Ovviamente la versione che abbiamo creato adesso è nata più dall’esigenza di dare uno spazio alle novità in un tempo breve. Col tempo spero riusciremo ad integrare il tutto come sognavamo. #iwanttobelieve
Avete deciso di aprire un Patreon per il finanziamento dei vostri progetti su Mecenate Povero. A ormai qualche mese di distanza, quali sono le riflessioni su questo modo di (auto)finanziamento che sempre più autori e realtà critiche stanno abbracciando anche in Italia?
M: Patreon ha tanti pro ma anche diversi contro, proprio a livello di funzionalità. Il modo (forse) più efficace di usarlo sarebbe spostare tutti i nostri contenuti lì, per attirare e invogliare gli eventuali finanziatori, ma questo andrebbe contro quello che volevamo fare in prima battuta con Mecenate Povero. Qui in Italia Patreon è una realtà piuttosto nuova e stiamo ancora imparando a conoscerla, un po’ come fu per i crowdfunding: all’inizio in pochi si fidavano e certe campagne (con goal alti e/o prodotti di nicchia) erano impensabili, oltre all’ansia incredibile che si aveva ogni volta che si sosteneva un progetto. Col tempo arriva anche l’abitudine e a Patreon dobbiamo ancora abituarci. Il grosso ostacolo che vedo in Italia è sicuramente la mentalità del “lo fa già gratis, perché dovrei pagarlo?”, senza dare nessun riconoscimento a chi comunque ci sta offrendo un servizio o comunque qualcosa che ci piace. Siamo ancora bloccati all’idea dello scambio: pago per avere qualcosa, e non “pago per sostenere qualcosa o qualcuno che mi piace”, a prescindere da ciò che ha di speciale da offrirmi. I tier dovrebbero idealmente non promettere nulla, almeno su cifre basse. Si dovrebbe sostenere per essere dei “patron”, dei mecenati, e non per essere degli acquirenti.
V: Al momento Patreon in Italia non funziona moltissimo purtroppo, salvo qualche eccezione, ma ci siamo comunque “lanciati”, non solo per chiedere una mano a finanziare le attività del Mecenate (a cominciare dal sito), ma soprattutto per coinvolgere ancora di più chi ci tiene a sostenerci anche al di fuori di Instagram e degli altri social. Una cosa che implementeremo in futuro, infatti, è proprio il coinvolgimento dei nostri patron nella scelta di fumetti da aggiungere alla Collezione e di temi per le prossime stagioni di Podcast Povero. Stiamo ancora studiando un modo per sfruttare Patreon al meglio, in realtà… è una piattaforma nuova anche per noi!
Avete anche di recente, sempre su Patreon, aperto un tier chiamato Il Club dei Mecenati nel quale è previsto un coinvolgimento da parte dei sostenitori nelle attività e nella decisione del Mecenate Povero. Il futuro prevede la partecipazione di nuove persone al progetto? In che termini?
V: Fin dall’inizio non ci piaceva l’idea che Mecenate Povero venisse associato un po’ troppo alle nostre facce. Non perché ce ne vergogniamo (anzi! Personalmente, credo sia la cosa migliore che io sia riuscita a combinare fino ad ora), ma perché non volevamo dare l’idea di essere i “boss” di un progetto. Ci farebbe piacere coinvolgere altre persone, specialmente se hanno idee fresche e nuove da proporre. Il Club dei Mecenati è un nostro primo invito alla collaborazione: il tier, da 10 €, simboleggia i soldini che sia io che Marco mettiamo nei nostri due barattoli dedicati al Mecenate (uno per la Collezione, l’altro per le spese di sito, podcast e altri progetti che verranno in futuro). Ma non è una questione solamente economica: chi vorrà far parte del Club potrà partecipare da remoto alle nostre riunioni mensili e conversare con noi dell’evoluzione di Mecenate Povero. Lo consideriamo un tassello intermedio verso la fondazione dell’Associazione Culturale, che è tra i nostri obiettivi più “corposi”.
M: Esatto, è un primo passo per allargare ad altri la possibilità di far parte del team, con il pro di non dover inserire mille dati sul sito ma di seguire solo le fasi decisionali e di scambio mensili (fortunelli!). In realtà siamo aperti anche ad altri tipi di collaborazioni, per esempio non ci farebbe schifo una mano alla scrittura di recensioni e articoli di approfondimento (oltre che per il data entry di cui sopra ma ci rendiamo conto essere meno appetibile eheh). Sicuramente ci piacerebbe che la realtà del Mecenate Povero avesse uno scambio e un respiro che uscisse dalla bolla mia e di Vanessa che rischia di focalizzarsi troppo sempre sulle stesse cose. Altre voci arricchirebbero sicuramente il Mecenate.
In una recente live, nonché nell’ultima puntata della seconda stagione del podcast, avete annunciato il vostro coinvolgimento nell’organizzazione di un festival dedicato esclusivamente al fumetto indipendente e autoprodotto, Bombetta. Per cause di forza maggiore al momento avete dovuto posticipare l’evento, pensate che potrà vedere la luce nel 2021, pandemia permettendo? Quali sono stati i riscontri da parte di autori e collettivi rispetto a questa proposta?
M: Sicuramente torneremo alla carica nel 2021 anche perché il mondo dell’autoproduzione ha bisogno di essere diffuso e vive soprattutto nelle fiere. Ma soprattutto i (pochi purtroppo) autori che abbiamo contattato erano felicissimi di poter partecipare.
V: Non vedevamo l’ora di poter organizzare un nostro piccolo festival del fumetto autoprodotto e, grazie a persone come Davide Passoni, si sta rivelando possibile. Non appena potremo di nuovo uscire di casa senza correre troppi rischi, saremo pronti con la prima edizione di Bombetta, magari in primavera… Intanto continueremo a tramare nell’ombra per rendere questo festival un po’ speciale!
Se doveste entrambi consigliare un fumetto autoprodotto ai nostri lettori, quale sarebbe?
V: Bella domanda! In questo periodo sto cercando nel fumetto la capacità di farmi evadere un po’ dalla realtà, in modo da prendermi una pausa da queste giornate strane, stressanti e preoccupanti, almeno per la maggior parte di noi. Per questo motivo consiglio I Tre Cani, di Samuel Daveti e Laura Camelli del Collettivo Mammaiuto: una fiaba disegnata magistralmente che (è un cliché, lo so, ma è vero) ti cattura fin dalle prime tavole!
M: Il mio “fumetto-consiglio” di quest’anno è diventato Pangolino, per la sua cura e il suo sguardo ironico, e satirico, a questa pandemia. Ma è ovviamente riduttivo limitarsi ad un volume solo quindi, in generale, consiglio di vedere cosa viene fatto in ambiente autoprodotto, sentire cosa ci attrae e provare a leggerlo.
Grazie per la bella intervista, ragazzi!
Intervista realizzata via email nel mese di Novembre 2020

VANESSA MARAN
Vanessa è nata nel 1991 nel giorno del Tredesin de Marz e da qualche anno lavora come copywriter e grafica per una web agency milanese. Nel tempo libero ordina troppi fumetti in biblioteca, va a caccia di crowdfunding che non potrà mai sostenere e prova a scrivere dei racconti. Il suo futuro è nebuloso, ma ci vede comunque tante autoproduzioni da leggere.
MARCO LA FRATTA
Marco è appassionato di fotografia, animazione e fumetti autoprodotti. Quando non insegna UX Design, passa le sue giornate davanti al computer realizzando video e grafiche (soprattutto per il Mecenate Povero) e si rilassa facendo yoga e prendendosi cura delle poche piante che sopravvivono al suo pollice nero.