
Il detective di Neo Novena Ari Nassar è pronto al meritato pensionamento, quando all’improvviso viene informato che il killer della Mano ha colpito ancora, con il suo tipico modus operandi. Il problema è che questa eventualità appare impossibile: Nassar ha catturato il killer non una, ma due volte. Contemporaneamente, Johannes Vale, studente di archeologia tormentato dal ricordo e da un dono di suo padre, si risveglia senza ricordare nulla, ma con le mani sporche di sangue e con un dito in più che sta crescendo, risultato di un lavoro pericoloso svolto nella centrale energetica in cui arrotonda lo stipendio. Che sia lui il famigerato killer? Il mistero attorno alla serie di omicidi e ai misteriosi pittogrammi che appaiono sul muro vicino ai cadaveri fatti a pezzi lega indissolubilmente la sorte dei due personaggi ed è l’anello che lega The One Hand, serie scritta da Ram V per i disegni di Laurence Campbell, e The Six Fingers, sceneggiata da Dan Watters per l’arte di Sumit Kumar con i colori in entrambi i volumi di Lee Loughridge (opera vincitrice dell’Eisner Award 2025 nella categoria Migliore graphic novel (riedizione)).
I due autori, amici di lunga data, fondatori del collettivo britannico White Noise (insieme ad Alex Paknadel e Ryan O’Sullivan) e ormai sulla cresta dell’onda del fumetto mainstream statunitense, costruiscono un thriller pieno di suspense e di ritmo, soprattutto nei primi tre capitoli: il meccanismo narrativo, complesso ma perfettamente assemblato, fa vedere gli eventi dalle prospettive del detective e del (presunto) assassino, intersecando continuamente le loro strade e le loro storie, e facendo sì che i due volumi, di fatto, siano inscindibili.
Tra glitch e deja-vù: l’estensione della realtà
Sebbene le premesse e anche lo sviluppo siano quelle del thriller, la ricerca della verità non sta tanto nel trovare chi ha commesso il crimine, ma perché un crimine si ripeta uguale a sé stesso, cambiando non solo nel tempo ma anche nel perpetratore. Il racconto vira così su un piano più filosofico ed esistenziale: attingendo a piene mani a classici del genere fantascientifico, da Matrix a Blade Runner, passando per Dick, Asimov e Clarke, V e Watters si interrogano su cosa sia la realtà e cosa sia la sua percezione, e come queste definiscano l’essere umano.
Il concetto stesso di verità, e conseguentemente di ciò che è giusto, viene costantemente messo in discussione anche grazie ai vari punti di osservazione: in più passaggi diversi personaggi mostrano di riuscire a guardare dietro il velo di Maya che invece sembra nascondere la realtà alla maggior parte degli osservatori. Emblematico è il (primo) killer della Mano che, proprio riferendosi al suo emulo, invita Ari a ricercare la verità, a non farsi annebbiare dalla caccia ma a guardare oltre. Allo stesso modo è sempre il killer della Mano che invita Johannes a scardinare il sistema, continuando ciò che lui ha iniziato, unendo simbolicamente la mano di Johannes con quella di Ari. Percezione e percepito diventano quindi due elementi, due parti di una chiave, necessari e indispensabili l’uno all’altro per poter arrivare al quadro completo.

A ciò si contrappone un sistema allo stesso tempo velatamente invasivo e perfettamente mimetizzato: nel momento in cui ai personaggi si presenta la possibilità di poter, in qualche modo, spostarsi da Neo Novena, avviene qualcosa di apparentemente casuale che impedisce questo spostamento. Anche la presenza dei Cog, androidi umanoidi che appaiono a prima vista indistinguibili dagli uomini, mescola le carte, in particolare nel rapporto tra i due protagonisti. Nasser, un uomo dal carattere duro e con cui è difficile legare, si interessa per la salute e le condizioni di Nemone, Cog programmata per dare piacere e attenzione agli uomini, che viene compromessa nel momento in cui evidenzia una falla nel sistema; Vale invece, nella sua sovrapposizione con il killer della Mano, apprende con il passare della storia i segreti che si nascondono dietro gli androidi, insiti nella città stessa. V e Watters mescolano così umano e non umano, realtà e immaginazione, spostando il confine da una pagina all’altra, a volte esasperando la struttura narrativa e il filo conduttore, rischiando di perdersi per poi ritrovarsi.
Cosa sognano i Cog?

Sempre parlando di struttura narrativa, i due fumetti non solo sono interconnessi, ma sono anche uno il riflesso dell’altro. Non solo si raccontano gli stessi episodi da due prospettive diverse, ma anche i personaggi stessi appaiono come specchiati: entrambi tormentati del passato, ma con età e ruoli diversi, entrambi che corrono verso una verità seguendo traiettorie convergenti. In questo senso, gli autori scelgono anche un elemento grafico per rappresentare simmetrie e cambi di prospettiva: il pendolo in moto perpetuo della terapeuta di Nasser e la punta della freccia del padre di Vale diventano nel finale il medesimo becco di un uccellino basculante di metallo, un tratto di unione che lega i due personaggi e il loro cammino, che nel finale appare come un movimento falsamente perpetuo, un mistero falsamente antico, destinato a risolversi con la fine di una illusione, quella che cela la realtà.
La ricerca del reale dietro a un velo di menzogne diventa, come dicevamo, preponderante con il passare della storia, ponendo in un certo qual modo una cesura forse troppo netta tra la componente thriller e quella più speculativa e metafisica: e se da un lato ci sono elementi certamente didascalici e derivativi delle ispirazioni citate sopra, il momento della risoluzione, soprattutto dal punto di vista visivo e immaginifico, ha un forte impatto. La scoperta da parte di Nasser della scelta degli uomini di vivere in un sogno controllato e la corrispondente rivelazione di Vale, capace di leggere finalmente il codice del mondo, ci pongono davanti a una dolorosa domanda: in un mondo in cui la società equivale a una gabbia dorata ma fasulla, è preferibile accettarne i privilegi e vivere una vita priva di vera libertà, o ricercare una verità profonda, mettendo in discussione la propria essenza e in pericolo la propria stessa esistenza?
Mentre la scelta di Nasser è lasciata all’immaginazione del lettore, confuso quanto il personaggio sul da farsi, il messaggio di Vale che spinge al suicidio di massa i Cog squarcia un velo nella patina di bugie che controllano Neo Novena, e nella della gallerista Ada – altro personaggio importante per la storia, che dà un ulteriore livello di lettura, quel del rapporto tra arte e coscienza – si può fare strada una nuova presa di coscienza . Proprio questa scena finale risulta densa di significati e letture: il suicidio di massa indotto permette effettivamente di raggiungere la libertà o è solo la comprensione che in un mondo senza scopo si è quasi obbligati a disobbedire al sistema? In questa lettura (assimilabile proprio al discorso sullo scopo dell’agente Smith in Matrix) dove “cadono” coloro che non vogliono accettare questa realtà o non hanno i mezzi per affrontarla? Probabilmente in un confortante abbraccio tra sconosciuti che si ritrovano nella medesima situazione, in un finale criptico e opaco, a cui si arriva con alcuni passaggi a vuoto dei due sceneggiatori, ma che è capace anche di inserire un tarlo nella mente di chi legge anche una volta chiusi i volumi.
L’arte è una menzogna che ci avvicina alla verità

Se da un punto di vista narrativo le due vicende, pur su binari diversi, seguono una stessa direttrice, i disegni di Laurence Campbell e Sumit Kumar si differenziano in maniera netta, dando origine ad atmosfere diverse: il tratto del primo è più oscuro e fotorealistico, dando al fumetto un senso di crudezza e di oppressione tipico del fumetto pulp, andando a costruire una Neo Novena che molto deve all’immaginario, ancora una volta, di Blade Runner; il secondo invece ha un tratto più pulito e definito, esaspera le espressioni dei volti e la recitazione dei corpi, in un modo che è funzionale ad accompagnare la discesa nella follia di Vale prima della sua illuminazione, ma meno d’atmosfera nel suo essere troppo chiaro e preciso.
A legare i due volumi ci sono prima di tutto i colori di Lee Loughridge, bravo nel variare la propria palette per assecondare gli stili dei due disegnatori e per definire le atmosfere dei due volumi, più oscura e crime nel primo, più sfumata nel secondo, ma inserendo elementi comuni (in particolare il rosso del sangue e dei “codici” tracciati dalla Mano). Il secondo elemento è la costruzione della tavola: anche in questo caso, pur mantenendo il proprio stile di storytelling, Campbell e Kumar ricorrono in alcuni momenti particolari a costruzioni ora simmetriche (nei confronti tra le versioni di Nasser e di Vale) ora sovrapponibili, quando le vignette definiscono spazi che richiamano il codice del mondo della miniserie, in un interessante gioco metanarrativo. Il terzo e ultimo elemento che lega indissolubilmente i due volumi è dato infine dalle cover dello stesso Sumit Kumar: queste altro non sono che delle splash doppie in cui ogni metà è associata a uno dei protagonisti, rendendo ancora più evidente come le due opere, seppur formalmente autonome, siano in realtà inscindibili e diano il meglio solo se fruite in parallelo.
The one hand e The six fingers rappresentano un interessante esperimento: pur con alcuni difetti, in particolare nel passaggio tra la prima e la seconda parte della storia, tra thriller pulp e pura fantascienza speculativa, la storia di Ram V, Dan Watters, Laurence Campbell e Sumit Kumar affascina per i temi affrontati e per alcuni momenti di pura visionarietà. E una volta concluso, lascia con un tarlo che rode dentro: quanto è simile la gabbia dorata di Neo Novena alla nostra società fatta di illusioni e ipocrisie?
Abbiamo parlato di:
The One Hand
Ram V, Laurence Campbell, Lee Roughridge
Traduzione di Stefano Formiconi
saldaPress, 2025
168 pagine, brossurato, colori – 16,90 €
ISBN: 9791254614754
The Six Fingers
Dan Watters, Sumit Kumar, Lee Roughridge
Traduzione di Stefano Formiconi
saldaPress, 2025
152 pagine, brossurato, colori – 16,90 €
ISBN: 9791254614754
Disponibile anche in cofanetto – 35,00 €
