Agata Matteucci nasce a Ravenna nel 1982. Vive a Bologna, dove lavora come designer creativa, fumettista e illustratrice. Nel 2002 crea le strisce comico-esistenzialiste di Leo & Lou, tavole autoconclusive su una “strana coppia”. Nel 2003 si trasferisce a Los Angeles, dove frequenta la UCLA per uno stage di graphic designer e webmaster. È tra i fumettisti segnalati al Festival Iceberg 2005; negli anni seguenti partecipa a varie iniziative, tra cui 24 Hours Italia Comics, Komikazen e BilBolBul. Nel 2009 pubblica il libro-raccolta Leo & Lou per la casa editrice Il Foglio Letterario e nel 2010 ne trae uno spettacolo teatrale (Leo&Lou – Opposti contrapposti). Nel 2012 coordina un collettivo di 20 artisti che autoproduce il libro 12/24/36 – Reality draws, una raccolta di storie brevi a fumetti. Nel 2013 vince il primo premio Take… Action! 2013, concorso per giovani videomaker indetto da AIL per l’ideazione e realizzazione di uno spot animato di sensibilizzazione sulla lotta alle leucemie. Recentemente ha lanciato sul web una serie di vignette intitolate Le terribili leggende metropolitane che si tramandano i bambini. Il concept di base è già esplicitato nel titolo: una serie di vignette che illustrano i falsi miti a cui si è portati a credere durante l’infanzia.
Quale scopo ti sei prefissata di raggiungere con queste vignette?
Lo scopo principale è naturalmente far divertire, ma anche cercare di riportare alla mente dei lettori quanto suggestivo sia l’universo parallelo dei bambini.
Ho spesso l’impressione che la maggior parte degli adulti si dimentichi la propria infanzia e cosa abbia significato per loro. Questo fumetto vuole, con ironia, aiutare a ricordare quanto distorte, incredibili e a volte perverse siano le realtà che si possono creare grazie a una scatenata fantasia, qualità che ai bambini notoriamente non manca.
Inoltre molte delle verità indiscusse che apprendiamo da bambini – imparate di solito grazie a un sadico adulto o un compagno di scuola a cui l’ha detto “suo cugino” – si sedimentano nella nostra memoria provocando a volte dei veri e propri traumi, dei segreti tabù che ci trasciniamo fino all’età adulta, alimentando le nostre insicurezze e nevrosi personali. Tutto questo da disegnare può essere molto divertente.
In che modo hai realizzato le vignette perché avessero un linguaggio comprensibile a tutte le età? Hai utilizzato qualche riferimento in particolare? Ci sono autori o storie che ti hanno influenzato?
Tra i fumetti che mi hanno ispirato nella creazione delle leggende, ci sono sicuramente, almeno per quanto riguarda il lato naif del lavoro, i Peanuts di Schulz e Calvin & Hobbes di Bill Watterson. Entrambi gli autori, le cui opere ammiro infinitamente, hanno saputo con i loro piccoli e contorti personaggi rappresentare magistralmente le paranoie e le fantasie dell’infanzia. Questo ha sicuramente giocato un’influenza cruciale, per il mio lavoro.
Ma nelle Terribili leggende c’è anche una buona dose di splatter e questo credo derivi in una certa misura dall’influsso di autori di fumetti più underground, come Jhonen Vasquez, Jamie Hewlett e Roman Dirge, le cui produzioni amo moltissimo.
In parte queste “terribili leggende dei bambini” ricordano la strisca “ça pousse“ apparsa tempo fa sulla rivista Animals. In quel caso i dialoghi erano scritti riprendendo parole reali di bambini. Quanto ti sei confrontata con i bambini per realizzare le tue vignette?
In realtà molto poco, dato che da bambini non si riesce a stabilire bene il confine tra ciò che è realtà e quelle che sono invece “terribili leggende”. Ai fini della mia ricerca quindi parlare con i bambini è stato abbastanza superfluo; ho invece trovato moltissima soddisfazione interrogando svariati adulti ancora in ottimi rapporti con il proprio “fanciullino interiore”.
Anche tu, da piccola, credevi a queste “leggende metropolitane”? Hai mai provato a sperimentarle?
Da bambina sono stata profondamente convinta della veridicità di molte delle leggende metropolitane che ho illustrato e che illustrerò. Il fatto è che i bambini sono davvero dei gran creduloni (o almeno io lo ero).
Ad esempio, ancora oggi non mangio la punta della banana (da piccola mi avevano detto che era potenzialmente tossica a causa della puntura di un insetto velenoso) e per anni ho creduto che “fare gli occhi storti” fosse molto dannoso per la vista.
Magari qualche lettore un po’ svampito, sfogliando casualmente le Terribili leggende riuscirà a sfatare dei retaggi della propria infanzia in cui ancora crede con convinzione.
Hai dichiarato di voler far diventare le tue strisce “virali”. Quali caratteristiche ritieni siano necessarie per ottenere una diffusione più ampia possibile?
La speranza con le Terribili leggende è riuscire a coinvolgere il maggior pubblico possibile, contando sul fatto che potenzialmente tutti noi ci riconosciamo in una qualche paura legata all’infanzia e perciò potremmo sentirci direttamente coinvolti in molte delle vignette.
Ma “volere non è potere”, in rete. Sono consapevole che non sia facile e tantomeno scontato far diventare virale qualcosa sul web e che nessuno possiede la bacchetta magica per rendere virale il proprio prodotto. Dipenderà molto dalla capacità che hanno i miei fumetti di parlare al grande pubblico. La mia intenzione è comunque quella di sfruttare il più possibile il potere dei social network: ne ho fatto una pagina Tumblr e una pagina Facebook e condivido ogni nuovo post sul mio profilo Twitter con l’hashtag #terribilileggende, sul mio profilo Facebook e sul mio sito personale (www.agatamatteucci.com).
Realizzerai una versione cartacea con una raccolta delle strisce?
L’intenzione è di pubblicare un libro-raccolta di 100 Terribili leggende, (spero) entro l’anno.
Oltre a queste vignette, hai altri progetti in cantiere attualmente?
Disegnare vignette mi ha sempre divertito ed è per me un’azione quasi spontanea, necessaria e viscerale. Il mio desiderio è però sviluppare storie a fumetti con una trama più strutturata e profonda. Al momento comunque ho deciso di concentrarmi sulla produzione delle Terribili leggende, continuando parallelamente ad annotare storie, idee e nuovi possibili progetti per il prossimo futuro.
Grazie per la disponibilità e a presto.
Intervista condotta via mail nel mese di marzo 2015.