Sul difficile esercizio della libertà: Perpendicolare al sole di Valentine Cuny-Le Callet

Sul difficile esercizio della libertà: Perpendicolare al sole di Valentine Cuny-Le Callet

Dalla corrispondenza col detenuto Renaldo McGirth, la fumettista francese dà vita a un'opera ibrida capace di mescolare generi e stili grafici.

Ma Dio mi protegge, non lascerà che mi annienti per così tanto tempo
Perché Dio ha fatto di me un essere umano
E questo non mi verrà mai tolto

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Chiudere gli occhi può essere un efficace esercizio per comprendere i limiti della nostra realtà.

Nel momento in cui le nostre palpebre si chiudono, il nero inghiotte tutto: con quante immagini possiamo popolarlo? Quante, invece, si perdono nel buio? Nel momento in cui chiudiamo gli occhi, ciò che possiamo creare è infinito e nullo allo stesso tempo. La cella in cui si trova Renaldo McGirth, il protagonista del racconto a fumetti di Valentine Cuny-Le Callet, è uno spazio buio inevitabilmente soffocante, che limita la sua realtà fisica e potenzialmente anche quella mentale: perché popolare il buio è un esercizio difficile, costante, impegnativo. Ma necessario, per continuare a vivere.

È proprio questo tentativo che Cuny-Le Callet cerca di raccontare, provando a far entrare il lettore in quello spazio ristretto in cui Renaldo vive, ma anche, attraverso il racconto della sua singolare realtà, provando a restituire il ritratto di una più grande e complessa: quella del sistema penitenziario americano e in particolare quella vissuta dai detenuti nel braccio della morte. Nel 2016 infatti, previa richiesta, inizia la sua corrispondenza con il detenuto afroamericano Renaldo McGirth, nel braccio della morte e in attesa di un nuovo possibile processo che decida le sue sorti: l’ergastolo o la pena capitale.

Prima che ci si chieda quali siano le colpe di Renaldo e se si possa davvero parlare di colpevolezza, è bene sottolineare che il crimine per cui l’uomo è stato processato e le sue conseguenze non sono il vero oggetto della narrazione; un breve frangente è dedicato anche a questo, e all’innocenza costantemente dichiarata da Renaldo, ma non è obiettivo dell’autrice esprimersi al riguardo o indagare a fondo la natura e i dettagli del presunto crimine, così come non è obiettivo della narrazione lasciare indugiare il lettore sulle dinamiche tipiche di un thriller o di un giallo.

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Quello che realmente è fonte di interesse è altrove: non nel passato di Renaldo, ma nel suo presente e anche, nonostante tutto, nel suo futuro. È quindi la vita carceraria, in tutte le sue contraddizioni e profonde privazioni, a essere centrale, e lo sono altrettanto le modalità con cui il protagonista la affronta e commenta, innanzitutto attraverso lo scambio epistolare con Valentine.
Tale interesse finisce talvolta per diventare più grande anche dello stesso Renaldo: abbraccia una storia che ha radici più lontane, una storia fatta di sentenze grottesche, di limitazioni sempre più sottili e anche, inevitabilmente, di razzismo. Attraverso Valentine, Renaldo ha infatti accesso al mondo esterno: grazie alle sue parole, scorge una vita fatta di luce, progetti, libertà; ma attraverso Renaldo, anche Valentine ha accesso a una realtà che suscita il suo interesse da quando ha undici anni e vede la prima foto di un’esecuzione tramite sedia elettrica. Da lì in poi tale interesse si acuisce e amplifica, portando a un’interrogazione costante sul senso della pena di morte, e dando vita anni dopo a un’opera a quattro mani la cui natura non è solo puramente narrativa.

Uno dei tratti più interessanti dell’opera di Cuny-Le Callet è senza dubbio, infatti, la commistione tra narrazione ed esigenza documentaria: per molti aspetti, attraverso la sua personale esperienza e quella di Renaldo, l’autrice riesce infatti a ritrarre in maniera efficace non solo la realtà della vita penitenziaria in America, ma anche a tracciare un percorso storico che restituisca le falle del sistema giudiziario americano, le radici storiche della pena capitale e la storia dei diritti civili. Tutti questi elementi confluiscono nel grande affresco dell’autrice, dando vita a un’opera ambiziosa e di ampio respiro, che nelle sue quattrocentoquaranta pagine alterna in maniera equilibrata le digressioni di carattere storico e documentario alla corrispondenza costante con Renaldo: è evidente il tentativo di mettere il più possibile in comunicazione i due binari, ramificando la narrazione che coinvolge Renaldo, espandendola al di là della sua singolarità.

L’immagine dei rami non è casuale: uno dei leitmotiv visivi dell’opera è proprio quella dell’albero, delle piante, del loro ramificarsi e arrampicarsi. I rami e le radici percorrono le tavole, incorniciano le immagini e gli elementi della pagina, come a voler tenere metaforicamente insieme tutti i pezzi, ricordando al lettore di non perdere di vista il filo del racconto, anche nei momenti in cui si fa più frammentario, in cui le digressioni si infittiscono e stratificano. Non solo, le diramazioni floreali e naturalistiche sembrano rappresentare visivamente l’intrusione libera e gentile di Valentine nella vita di Renaldo: i rami germogliano e si infiltrano anche tra le sbarre della sua cella, così come la voce di Valentine riesce a raggiungerlo anche nell’isolamento della sua condizione. “Cosa pianteresti nel tuo giardino?” è infatti una delle domande che la giovane donna pone al suo corrispondente. È una domanda semplice, immediata eppure estremamente potente: spinge Renaldo a ripopolare quel buio, a conferirgli nuovamente vita, seppur nello spazio puramente mentale dell’ipotesi: “Cosa pianterei nel mio giardino? Ma, Valentine, la vera domanda sarebbe: cosa non ci pianterei!”. Nella risposta dell’uomo è raccolta tutta la speranza che egli conserva nonostante tutto: nella scelta di non porsi alcun limite almeno in quello spazio privato e immaginativo in cui può essere libero.

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La corrispondenza, il dialogo costante tra i due è quindi il terreno fertile da cui nasce e si costruisce pian piano la narrazione di Perpendicolare al sole: una narrazione in continuo divenire, che prende forma sotto gli occhi stessi del lettore, alterandosi e trasformandosi a seconda dell’andamento dello scambio, plasmato tanto dall’onda creativa di Valentine quanto da quella di Renaldo.
Non va dimenticato infatti che nonostante il nome in copertina sia uno, Perpendicolare al sole resta un’opera a quattro mani; come sottolinea infatti Cuny-Le Callet all’inizio del racconto, il motivo per cui il nome di Renaldo non compaia è puramente legale: sia negli Stati Uniti che in Francia, infatti, non è possibile per un detenuto guadagnare attraverso il racconto del suo reato. Nonostante questo, i due condivideranno l’idea di dar vita a un graphic novel e Renaldo farà dono a Valentine di tutti i suoi testi e disegni, confluiti nell’opera. Ciò che colpisce maggiormente è, tra le altre cose, il modo il cui le due voci e i due stili grafici si fondano in maniera incredibilmente naturale, dando vita a un’opera che riesce continuamente a mescolare e alternare voci e stili grafici diversi ma anche a presentare una veste grafica unitaria, compatta.

Tale veste grafica è infatti senza dubbio uno dei punti di maggiore forza e originalità, ricordando in parte l’operazione di Emil Farris nel suo La mia cosa preferita sono i mostri, che pure si caratterizzava per l’utilizzo soprattutto di matite, l’alternanza di stili grafici e il pretesto del quaderno scarabocchiato dalla protagonista attraverso il quale il lettore aveva accesso alla storia. 
Nel fumetto di Cuny-Le Callet si moltiplica però anche la presenza di materiale esterno, come ad esempio l’ingombrante documentazione burocratica che la donna deve fronteggiare per comunicare con Renaldo rispettando dettagli e condizioni della prigione di Stato; anche tale freddo e asettico materiale diviene però parte della rielaborazione creativa dell’autrice: la scheda di rifiuto, ad esempio, che riceve dallo stato della Florida per posta non autorizzata, viene istintivamente collegata a Il manuale segreto dei confessori di Monsignor Bouvier, un testo del XIX secolo che indicava tutto ciò che non poteva essere tratto nelle lezioni pubbliche dei seminari perché contro la morale. Oppure, come la riproduzione delle cartoline che a un certo punto i due sono costretti a scambiarsi in luogo delle tradizionali lettere, in cui il colore irrompe momentaneamente nell’opera dominata dal bianco e nero: sprazzi di paesaggi che, seppur nella loro mera raffigurazione, sembrano riflettere un mondo altro, troppo sconfinato e lontano dalle condizioni soffocanti della corrispondenza dei due personaggi, sempre minacciata dalla censura penitenziaria.

La numerosità di fonti di ispirazione grafica, riconosciute ordinatamente in appendice al graphic novel, conferma d’altra parte la ricchezza visiva dell’opera, in continuo dialogo con altri riferimenti grafici, ma anche la già sottolineata tendenza, se non propriamente giornalistica, sicuramente documentaria. Nelle pagine 104 e 105, ad esempio, l’autrice ricalca la tristemente celebre sagoma di Jim Crow, personaggio nato a fine Ottocento ed emblema della discriminazione razziale e degli stereotipi legati alla popolazione afroamericana. Ma ancora, più avanti nel racconto, sono le copertine degli album di Tupac, le pitture rupestri della grotta di Chauvet o anche una fotografia per la pièce teatrale di Beckett, “Finale di partita”, a essere fonte di ispirazione e, soprattutto, rielaborazione: com’è evidente non solo dalla vastità ma anche e soprattutto dalla varietà di tali fonti, Perpendicolare al sole presenta quindi un intertesto notevole, capace di proiettare continuamente la dimensione privata e della corrispondenza tra i due narratori in una più ampia e complessa, che li ingloba e condiziona inevitabilmente: guardando l’opera dall’alto, a emergere nella sua complessità è soprattutto un sistema alimentato fin dalle sue radici da violenze e contraddizioni.

Uno dei momenti più intensi dell’opera è quello in cui l’indagine sulla pena capitale, che ripercorre attraverso una serie di tavole a matita particolarmente evocative alcuni grotteschi episodi a tal merito, e la riflessione privata dell’autrice convergono: Cuny-Le Callet si rappresenta raccolta su stessa, circondata dai materiali da disegno: “Non riesco a concepire gli orrori per cui sono stati condannati gli uomini che ho visto nel braccio della morte, questa violenza mi supera. Ma quella delle istituzioni contro di loro mi supera allo stesso modo”; così drammaticamente si riassume un corto circuito senza alcuno spiraglio di luce, in cui la violenza diviene non solo causa ma mezzo: diviene regola.

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È in questo contesto che l’atto creativo di Renaldo diventa un esercizio costante di libertà e umanità: all’interno di una cella, privato della prospettiva concreta di un futuro, l’uomo non può far altro che comporre giorno per giorno, ora dopo ora, il solo presente: proprio come crea e compone, nonostante le rigide regole del penitenziario, tutti i suoi disegni, gli schizzi, le bozze, in un’attività che mantiene viva la sua coscienza. Perpendicolare al sole riesce in questo senso a ricordarci quanto anche l’identità sia una sorta di processo di costruzione creativa, e nel momento in cui smettiamo di guardarci e raccontarci, rischiamo di dimenticare i tratti del nostro volto, il suono della nostra voce.

Grazie al dialogo costruito, i due personaggi sono spinti a rappresentarsi costantemente, a scegliere cosa mostrare all’altro, e anche al futuro lettore a cui sarà poi offerto lo scambio: i disegni di Renaldo, più essenziali e istintivi, realizzati con i mezzi più limitati a sua disposizione, rivelano il desiderio di continuare a interrogarsi su se stesso, sullo spazio da lui occupato nel mondo e restituirgli forma, concretezza: com’è evidente dal disegno della sua cella che egli invia a Valentine. In quel microcosmo privo di finestre, in cui l’unica luce proviene da un tubo al neon, Renaldo dà vita al suo racconto: allo stesso modo, la rielaborazione artistica della sua corrispondente trae continuamente nuovi stimoli dalla sua condivisione generosa, in un dialogo che non è quindi solo verbale ma immaginifico: dagli stimoli di Renaldo nascono le rielaborazioni visive di Valentine, le sue tavole capaci di trasformare la testimonianza in metafore spesso d’impatto: come quando il racconto delle sue intense emicranie (poco indagate dal sistema medico penitenziario) si trasfigura in quello di un cervo in trappola, le cui corna finiscono irreparabilmente in un groviglio di filo spinato.

Anche l’immagine finale, con cui il racconto si conclude e da cui trae il titolo, Perpendicolare al sole, è d’invenzione di Renaldo: “Cara Valentine, respiro ancora, un istante alla volta, e sempre perpendicolare al sole“. Non è un caso che siano queste le ultime parole del racconto, prima di una serie di conclusive tavole mute in cui il giardino sognato da Renaldo si fa delicatamente strada nella sua cella grazie alla penna di Valentine: è con tale immagine, quella di un raggio di sole capace di arrivare anche nell’angolo di oscurità più isolato, che Renaldo si congeda dai lettori e dalla stessa Valentine.

Ed è in tale immagine che viene riassunto il cuore di un racconto che non scivola mai in pietismi o eccessiva retorica ma che, in maniera lucida, riesce a crearne uno dal tono saggistico e talvolta quasi corale senza però perdere di vista la singolare personalità di Renaldo, e la sua storia di resistenza: una storia fatta anche, ovviamente, di momenti di smarrimento e profonda disillusione. Non è sempre semplice, infatti, lasciare entrare quel raggio sottile, permettere di raggiungerci anche nel momento più buio: è una scelta quotidiana, che si rinnova ogni giorno, quella a cui Renaldo è sottoposto. È, paradossalmente, una scelta di libertà: grazie alla quale è possibile continuare a considerarsi umani e, nel felice caso di Perpendicolare al sole, anche e nonostante tutto, artisti.

Abbiamo parlato di:
Perpendicolare al sole
Valentine Cuny-Le Callet
Traduzione di Emmanuelle Caillat
Coconino Press
440 pagine, brossurato, bianco e nero e colori – 29,00 €
IBSN: 9788876186523

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