Abbiamo incontrato lo sceneggiatore e studioso del fumetto Francesco Moriconi, mentre arriva nelle librerie per le Edizioni 001 il suo Leggere Watchmen, monumentale approfondimento critico del romanzo grafico di Alan Moore e David Gibbons, frutto di quasi 25 anni di ricerche.
Ciao Francesco e benvenuto su Lo Spazio Bianco. Alan Moore ha detto di Watchmen: “La mia opera contiene così tanti collegamenti interni, dettagli di fondo e livelli di lettura da impegnare uno studioso universitario per anni”. Che ne pensi?
Per arrivare a scrivere le 600 pagine di Leggere Watchmen ci ho messo quasi circa 25 anni, quindi direi che Moore ha ragione! Ma aggiungo che uno studioso solo non basta perché Watchmen mette in gioco tanti temi e tanti saperi diversi. Io stesso ho potuto approfondire molti aspetti grazie all’aiuto di altre persone e di studi precedenti.
Quando hai letto Watchmen la prima volta?
Nel 1993, all’epoca della pubblicazione in volume da parte di Rizzoli. In realtà, mi era già capitato tra le mani qualcuno dei fascicoli allegati a Corto Maltese, ma era quasi impossibile seguirlo per come l’avevano proposto “spezzettato”.
Che ricordi hai della prima lettura?
Da subito l’ho trovato un racconto meraviglioso. Come fai a non amare la scrittura di Moore? Anche se, come rievoco nell’introduzione al saggio, all’inizio non avevo capito tutto quello c’era dentro, che capolavoro fosse. Inconsapevolmente avevo fatto mio il pregiudizio di chi, non conoscendo i fumetti, pensa che non possano avere una tale ricchezza di chiavi e livelli di lettura.
E quante volte l’hai riletto da allora?
Non saprei come risponderti! È il libro che ho avuto più tra le mani in questi 25 anni, leggendo, rileggendo, spulciando vignetta per vignetta. E non mi sono certo stancato del romanzo grafico. I problemi ce li ho con il mio saggio! Dopo tante rielaborazioni, ho una sorta di nausea, anche se è una bella soddisfazione vederlo ora arrivare in libreria.
Appunto il saggio: quando hai deciso di scriverlo?
Intorno al 1994, lessi un breve saggio di Doug Atkison, tuttora disponibile in rete. Mi resi conto che quelle note coglievano alcuni dei rimandi dell’opera ma solo la punta di un iceberg. Da lì, ho iniziato a macinare pagine su pagine e via, via, che studiavo Watchmen, la complessità e la vastità dei temi toccati, l’incredibile rete di connessioni del romanzo grafico, ho sviluppato la forma del mio saggio.
Com’è articolato Leggere Watchmen?
La prima parte è dedicata al ”linguaggio di Watchmen”, con l’analisi di tutte le componenti espressive dell’opera: regia, montaggio, effetti sonori, colorazione, caratteristiche dei personaggi, simbolismi, copertine, struttura di ciascun capitolo e, per finire, la cronologia (ricostruita) degli avvenimenti narrati.
E la seconda parte?
Come dicevo, via via che il lavoro procedeva, mi sono reso conto che dovevo andare più in profondità, analizzando gli argomenti e i rimandi introdotti dai due autori all’interno di ogni singola vignetta. In Watchmen ogni elemento figurativo ha rimandi ad altri elementi figurativi e la stessa cosa avviene a livello di contenuto. Tutto è collegato. E così è nata la seconda parte, dove metto insieme lo studio di ogni singola inquadratura e il racconto (mediante schede d’approfondimento) di quasi cento anni di storia americana, attraversata dai personaggi del romanzo.
In questa tua ricerca delle fonti e dei filoni culturali che soggiacciono all’opera, uno degli obiettivi d’analisi è stato capire (da autore) come Alan Moore sia arrivato a concepire un’opera così complessa?
Sì. Di recente ho riletto il saggio dedicato a Hitchcock da Claude Chabrol e Eric Rohmer che i due critici/cineasti della Nouvelle Vague francese definiscono un esercizio di “critica creativa”. Chabrol e Rohmer includono nell’analisi tutto quanto gli sembra utile per comprendere l’autore, persino oltre le intenzioni esplicite dello stesso Hitchcock. Sostengono che la coerenza del metodo, la forma dello sguardo, conta perfino di più dell’oggetto d’analisi. E’ così è stato anche per me rispetto ad Alan Moore. Bisogna andare oltre il racconto, considerare l’intero, ricchissimo, universo culturale dello scrittore di Northampton.
Puoi farmi un esempio?
Nel saggio, ho documentato diversi riferimenti a una serie inglese televisiva cult degli anni sessanta, Il prigioniero. Nell’intervista rilasciatami, David Gibbons ribadisce che non conosceva la serie e che Moore non glie ne ha mai parlato. Ma i riferimenti ci sono e sono significativi: posso solo pensare che Moore abbia riversato in Watchmen anche in maniera inconsapevole tante cose diverse che aveva amato.
Quest’anno Watchmen ha compiuto trent’anni. A tuo avviso cosa rappresenta oggi per il fumetto?
Watchmen ha portato i comics, come forma espressiva, a livelli altissimi, perfino superiori – per fare un confronto – a Maus, altra pietra miliare pubblicata sempre nel 1986. Al contrario del romanzo grafico di Spiegelman, però, che ha germinato tanto altro, sul racconto di Moore e Gibbons si è creato un fraintendimento di fondo. Dopo Watchmen abbiamo avuto un proliferare di supereroi e di fumetti sempre più disperati e violenti. Ma non era quella la lezione degli autori. La grandezza di Moore e Gibbons non sta tanto in quello che dicono ma in come lo dicono. La lezione è “Guardate cosa si può fare con il fumetto. Guardate che limiti si possono superare. Guardate, che potenzialità enormi ha questo linguaggio!”
In questo senso, per Watchmen vale la definizione di Calvino dei classici come opere che “non finiscono mai di dire quello che hanno da dire“?
Già, lo ripeto, si tratta di un intero universo narrativo e culturale in cui il lettore si trova immerso, un universo che cambia con noi. In fondo, gli stessi Moore e Gibbons sono cambiati mentre sviluppavano l’opera. C’è uno scarto ad esempio – come ho analizzato nel saggio e come conferma Gibbons nell’intervista – tra il terzo capitolo e i successivi. Arrivati a quel punto, gli autori hanno guardato dentro “il loro abisso”, per citare Nietsche e lo stesso Moore, e hanno scelto di spingersi oltre il già visto, il già detto, il già conosciuto. È per questo che, anche in futuro, un’opera come Watchmen continuerà a dirci moltissimo sul fumetto.
E tu hai detto tutto quello che volevi dire sul racconto di Moore e Gibbons?
Beh, dopo tutto quello che ti ho raccontato, e dopo gli sforzi di questi anni, non posso che risponderti parafrasando quel personaggio del film Magnolia: io ho chiuso con Watchmen ma non so se Watchmen abbia chiuso con me.
Intervista realizzata a Roma il 24 novembre 2016
Abbiamo parlato di:
Leggere Watchmen
Francesco Moriconi
001 Edizioni, 2016
608 pagine, brossurato – 29,00€
ISBN: 978-8899086770