Cominciamo con una domanda di rito: anche tu sei nato per fare il disegnatore o c’erano altre opzioni? Insomma, perché Raffaele Della Monica ha scelto di fare il disegnatore di fumetti?
Da ragazzino mi piaceva disegnare, cosa comune con la maggior parte degli altri bambini, solo che a me riusciva particolarmente bene. Gratificato dai risultati e, probabilmente, compiaciuto per i complimenti dei parenti ho insistito e sono andato avanti. Un giorno, poi, in quinta elementare, un bambino (che ricordo per l’inusuale cognome) tale Libano, mi prestò un fumetto da leggere, uno Zagor… poi un altro e un altro ancora… Iniziava così la mia passione per i fumetti. Purtroppo, non possedevo albi da far leggere al mio amico e non avevo neppure il coraggio di chiedere i soldi per comprarli al mio papà. Rimuginavo (nella mia testa di bambino):- “già lavora tanto e lo vedo poco, se gli chiedo anche i soldi per i fumetti non torna più a casa!” Allora pensai all’unico modo che avevo di procurarmeli: li avrei disegnati io.
Come ti organizzi per una giornata standard di lavoro?
A metà mattina mi armo di cartoncino patinato tipografico che ho preparato in precedenza tagliato in strisce, riguardo la sceneggiatura, nel caso occorra consulto della documentazione e poi, su un foglio A3 faccio un abbozzo della tavola con le varie vignette, dove cerco di bilanciare il tutto, che poi passo inchiostrandolo direttamente sulle strisce definitive di cartoncino.
Quanto impieghi per realizzare una tavola?
Se non è molto complicata, riesco a farne una in una giornata e mezza. Se non becco un “raffreddore” ho una media di circa 15 tavole al mese.
Nel tuo passato hai avuto un’esperienza da editore, da dove è partita l’idea, come hai affrontato questa avventura e cosa ti ha lasciato?
Ero giovanissimo e l’entusiasmo non mi mancava. Ero strapieno di lavoro, con pochi soldi e pervaso da un grande senso di debito morale verso i miei amici “trumooniani” che ancora non si erano inseriti nel mondo dei fumetti. Proprio loro, così bravi, pieni di talento… In pratica mi sono montato un pò la testa ed ho pensato (da giovane temerario):- Faccio l’editore e li assumo tutti!
Grande pensata, nessuno ha visto un soldo, in compenso io e mio fratello ci siamo indebitati. Il risvolto positivo, comunque, in piccola parte ci fu. Only West Baby andò in edicola vendendo 3000 copie e i giovani autori partecipanti al progetto non passarono inosservati.
Hai creato dei personaggi tuoi e li hai autoprodotti, ma questa dell’autoproduzione è un retaggio che ti ha trasmesso l’esperienza di Trumoon?
Probabilmente si… ma ricordati anche dell’esperienza che ho avuto alle elementari (ben prima dell’avventura trumooniana) e, probabilmente, verrà fuori qualche “gene latente” che per fortuna è ritornato tale…
La carriera artistica ti ha visto indossare i panni di disegnatore, illustratore, editore, pubblicitario, decoratore, pittore… e tanti altri. Come ha inciso questo grande ventaglio di attività sul tuo modo di creare fumetti ?
Beh! Non esageriamo. Molte delle cose elencate sono state solo delle piccole esperienze. Tranne la ceramica, è una cosa che amo molto e come decoratore me la cavo bene. In ogni caso si tratta di “vissuto” e, come tale, ha sicuramente arricchito il baglio creativo anche se non so quantificare “quanto” queste competenze possano aver “contato” per la mia carriera di fumettaro.
Spaziare in tanti campi ti ha portato vantaggi o svantaggi, rispetto ad un disegnatore che si è dedicato solo alla “china” come chi esce da una scuola di fumetto?
In questo non ho dubbi, sicuramente dei vantaggi. “Esplorare” serve sempre: diversificare, inventare, toccare e ampliare la gamma di espressività, spostare i confini delle varie tecniche… In una parola, “sperimentare” è come la molla per l’orologio, senza di essa decine d’ingranaggi sono inutilizzabili. Il nostro è un lavoro ripetitivo che, sebbene mosso dalla passione, alla lunga rischia di cadere nella monotonia della routine; allora c’è un unico rimedio per evitare “l’alienazione alla Charlot in Tempi Moderni”, nutrire la propria passione col mettersi alla prova, sempre.
Bignotti: gli appassionati lo ricordano volentieri come autore legato a tantissimi personaggi, hai lavorato con lui come lo ricordi e come lo hai conosciuto?
Franco era una simpaticissima persona. Abitavamo a breve distanza quando mi trasferii a Legnano. Un giorno mi recai da lui per fargli visionare i miei lavori. Mi diede l’indirizzo di Sergio Asteriti che, a sua volta, mi mandò da Gianni Bono. Così iniziò la mia collaborazione con l’Epierre. Successivamente, ho rivisto Bignotti, insieme abbiamo completato un suo lavoro, si trattava di un episodio di Mister No, ho realizzato poche decine di tavole a matita, che poi lui ha ripassato.
Gordon link, un personaggio dalle grandi potenzialità che non è riuscito a sfondare, perché? Cosa suscita in te questo personaggio: coraggio e delusione o incoscienza e amarezza?
Ho un ottimo ricordo di Gordon Link, Casarotti è stato con me e Manfredi un editore gentile e disponibile. Avevamo, io e Gianfranco, delle grosse responsabilità, credevamo in questo progetto. Purtroppo, la ristretta quantità di collaboratori iniziale non ci ha permesso di curare il piano di lavoro come era dovuto e ciò ha penalizzato l’intero prodotto. Ripensandoci, affiorano più coraggio (ci siamo buttati e ci abbiamo comunque provato) e amarezza (per la consapevolezza che con una diversa strategia poteva andare diversamente)… ma quel che è fatto è fatto.
Dopo Ferri sei tra i disegnatori di Zagor uno dei più apprezzati dal pubblico, come vivi questo ruolo?
Troppo buono! ci sono tanti disegnatori su Zagor molto stimati dal pubblico e far parte di questi può far solo piacere. Zagor è entrato nella mia vita ben prima che diventassi un disegnatore professionista (ero un bambino delle elementari come detto in precedenza) per cui, probabilmente, i lettori percepiscono dai miei disegni quel qualcosa che va oltre il normale rapporto tra disegnatore e personaggio che anche inconsapevolmente trasmetto allo Spirito con la scure.
Zagor è un personaggio che per longevità ed interesse di pubblico – anche all’estero – è secondo solo a Tex, questa consapevolezza in qualche modo influenza o ha influenzato il tuo approccio al personaggio?
La parola che fa convergere il lettore e l’autore verso il personaggio è rispetto; il rispetto che merita un protagonista del nostro fumetto. Zagor, e mi ripeto, l’ho amato come lettore e come tale ho ricevuto tanto da lui, ora lo “affronto” come professionista e in questa veste cerco di ricambiare facendo il meglio che posso dando sempre il massimo.
Hai esordito in Bonelli con Mister No, poi sei passato a Martin Mystère quindi a Tex e, infine, sei approdato a Zagor, tracciaci le differenze creative e gli accorgimenti che hai adottato per disegnare ognuno di questi personaggi?
Ognuno di questi eroi ha una sua identità che impone anche dei riferimenti grafici, che per me sono stati per ovvi motivi Alessandrini, Ticci, e Ferri. Invero non ho trovato particolari difficoltà di tratto o di “adattamento” ai personaggi, sono entrato subito in sintonia con ognuno di essi ed è stato molto gratificante lavorare su tutti.
Potrà sorprendere ma il personaggio più difficile da disegnare è proprio Zagor. Questo perché bisogna stare sempre attenti e farlo “muovere” bene, con scioltezza, nelle scene di azione quanto in quelle di routine e ancor più quando interagisce con il “tragicomico” Cico. Un’altra difficoltà è il periodo storico in cui è ambientato, meno ricco di documentazione e più difficoltoso da “inquadrare”, rispetto a Tex o a Martin Mystère. Inoltre, e non è poco, Zagor spazia tra scenari sempre diversi che richiedono continui aggiornamenti di fonti grafiche. Insomma, c’è da divertirsi…
Sei stato incaricato di completare la storia di Tex interrotta dalla morte di Letteri, come è stato questo ritorno ad Aquila della notte, quali emozioni ti ha suscitato e con che risultato hai realizzato il lavoro?
Innanzitutto con tristezza, per la morte di Letteri. Poi, tecnicamente, e’ stato abbastanza difficile: la storia ha un’ambientazione particolare e, soprattutto, collegarsi al lavoro del Maestro dove tutto era già stato definito ha richiesto applicazione e concentrazione.
Ho riversato in questo lavoro molta attenzione e cura, cercando anche di vedere Tex da un mio ricercato punto di vista e credo di aver raggiunto un buon risultato. Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda, sono sincero. Ho confrontato questo lavoro con quello di altri miei stimati colleghi, Repetto, Rossi, Bruzzo, Font, Ortiz, Del Vecchio, Cossu ecc… e ritengo di aver prodotto un lavoro che regga il confronto.
Hai iniziato la carriera di fumettaro da giovanissimo entrando tra i professionisti negli anni ottanta con Alan Ford, hai disegnato praticamente di tutto da Topolino e Tiramolla a Tex e Mister no, da Only west baby a Alan ford, da Gordon Link a Magico Vento, dai Masters of universe a Bravestarr… spaziando in lungo e in largo, a 360 gradi, (comico – ironico – realistico); oggi si dice che il mondo delle nuvole disegnate è cambiato, sia da parte del pubblico che da quello tecnico realizzativo degli addetti ai lavori. Tu come lo vedi con l’esperienza di quasi un trentennio di attività?
Lavorando ormai solo per la Bonelli da 17 anni per me ormai il “mondo del fumetto” e’ Zagor …è cambiato il mio punto di vista…
In linea generale posso solo dire che è impossibile impedire il cambiamento: cambia il gusto, cambiano le mode, cambia il modo di parlare e di esternare, d’interagire (questa stessa intervista non molto tempo fa veniva pubblicata sulla carta ora lo è su un sito internet) ed è perfettamente logico e naturale che il fumetto segua e si adatti a questi naturali mutamenti.
Come sia cambiato, come sia evoluto, che direzione abbia preso, e se in meglio o in peggio per il fumetto in generale non lo so, non ne sono più un osservatore privilegiato. Per quel che riguarda Zagor si riesce ancora ad accontentare il vecchio lettore, (nostalgico Nolittiano) del periodo d’oro del personaggio, come pure il lettore dalle esigenze “moderne”, più smaliziato ma ancora legato all’avventura nella sua accezione più ampia.
C’è stato o c’è un personaggio che avresti voluto o che vorresti disegnare tra i personaggi anche a livello internazionale?
Sinceramente no. Mai avuto un “preferito”. Ne ho disegnati tanti di fumetti (anche molto famosi), di ogni tipo e genere e, ogni volta, l’ho fatto con impegno e dedizione, per cui non ho questo desiderio di un personaggio in particolare e, oltretutto, anche volendo oggi non potrei nemmeno farlo, Zagor (a cui sono affezionato e contentissimo di disegnare) mi lascia raramente qualche spiraglio…
In uno di questi “spiragli” hai ritrovato Manfredi disegnando il numero di Magico Vento che in origine doveva chiuderne la serie, come è stato tornare a lavorare con lui e che differenze hai trovato tra la sceneggiatura del vostro Gordon Link e questa di Magico Vento?
E’ stata una bella esperienza, un piacevole intermezzo nella mia produzione zagoriana. Gianfranco e’ diventato ancora più bravo, (la miniserie Volto Nascosto oltre che a Magico Vento lo dimostra) Magico Vento e’ uno splendido personaggio, mi dispiace molto per la chiusura della serie, comunque, Manfredi ha spessore e riuscirà sicuramente a creare ancora cose nuove che gli daranno soddisfazione, glielo auguro sinceramente, se lo merita.
Il mercato del fumetto si è tutto indirizzato verso le miniserie (in Bonelli e fuori) ma, finora, nessuna (in assoluto), ha avuto un successo che si possa definire tale; d’altra parte i serial storici Tex e Zagor viaggiano intorno all’invidiabile traguardo del 600° numero in uno stato di salute invidiabile (come pure DD, MM e NN che pur con qualche difficoltà e la parabola discendente continuano per la loro strada). Ora, se non si producono “nuovi” personaggi seriali, ed è un dato di fatto che l’alternativa delle miniserie non da garanzie di vendite, dov’è la soluzione al problema?
La soluzione del problema è nella testa degli sceneggiatori e dovrà venire fuori, prima o poi. Spero che si riesca a generare un eroe capace di continuare le gesta di quelli che tu hai citato e mi auguro che questo nuovo eroe sia di carattere solare, che riesca anche a strappare un sorriso di tanto in tanto, lasciamo stare per un pò questi eroi tormentati e maledetti. Dal punto di vista strettamente commerciale ed editoriale, in verità, penso che nel futuro occorrerà produrre dei fumetti pensando ad una distribuzione almeno a carattere europeo, ma come lo si potrà fare non so immaginarlo. Non so nemmeno se continueranno ad essere stampati o tutto si digitalizzerà in rete… in ogni caso confido nella Bonelli è sempre riuscita ad interpretare le esigenze del pubblico nell’arco del tempo e lo farà anche stavolta.
Te la cavi benissimo al biliardo che pratichi a livello sportivo, ma, per uno che sta fermo seduto diverse ore al giorno, non ci vorrebbe qualcosa di più “movimentato” per compensare e scaricare la tensione?
Hai perfettamente ragione, da quando non gioco più a pallone sono anche ingrassato di qualche etto. Ci penserò sopra. Magari “suderò” col calcio balilla!
A detta di qualcuno nel racconto per immagini il cinema è l’arte nobile mentre il fumetto resta il fratello povero, sei d’accordo?
Alla fantasia non interessa né la povertà né la ricchezza. Se hai qualcosa da dire, se hai un’idea valida capace di coinvolgere, di trasmettere emozioni, allora farlo con un libro, un film o un fumetto non cambia il risultato. Chi usufruisce di questi media alla fine darà un giudizio in base alla ricchezza o “povertà” di contenuti che ne ha tratto e se è un film o libro o fumetto non cambia le cose. Se ti riferisci alla incomparabile differenza di capitali investiti nell’uno e nell’altro campo allora è un altro discorso e non c’è nulla di “nobile” nel commercio, nella finanza, nel vil danaro…
Nel realizzare i fumetti che tipo d’influenza ricevi da cinema e televisione, c’è una corrispondenza tra le due arti nel risultato finale di una tavola?
Certo, il fumetto prende molto dal cinema, ma anche il cinema prende molto dai fumetti. Ogni film parte da un layout disegnato che non è altro che il film a fumetti.
La televisione ingloba tutto e, naturalmente, siamo tutti condizionati da questi media.
Penso, comunque, che sia giusto così, che tutta l’umanità sia un enorme unico gregge (la globalizzazione) a cui l’unica cosa che interessa è…il pascolo. Caro intervistatore, non farti illusioni, anche tu fai parte del gregge.
Per te che sei da anni al lavoro su uno stesso personaggio è più importante garantire allo stesso la sua identità e continuità anche di segno o evolvere come autore?
Le due cose sono importanti allo stesso modo. Questo problema nel fumetto seriale si pone per tutti, se segui troppo l’autore che lo ha disegnato per primo, rischi di non aggiungere più niente. Se invece pensi solo alla tua evoluzione come Autore, perdi di vista il personaggio.
Non c’e’ che dire, e’ un bel problema e, come in tutte le cose, la soluzione più giusta sta nel mezzo.
Il tuo Zagor ha avuto una parabola evolutiva strana, sei partito avendo come riferimento Ferri per arrivare ad uno Zagor più “tuo” per poi ritornare al modello ferriano ci spieghi cosa è successo?
In parte, ho già risposto a questa domanda…Strana la vita, quando credi di aver trovato la strada ti accorgi che ti sta riportando indietro. Mettendo da parte queste considerazioni e tornando al concreto, ai lettori piace lo Zagor di Ferri, noi dobbiamo cercare di farlo simile.
I tuoi attrezzi da lavoro sono sempre pennello di martora e matita media o hai sperimentato nuovi mezzi?
Sempre gli stessi, carta patinata, pennino, pennarello, pennello.
La passione per la pittura è un’attività parallela o solo uno sfogo?
Una passione. Una passione che, ultimamente, sto trascurando e me ne rammarico.
Per la pittura che tipo di tecniche e materiali preferisci e perché li hai scelti?
Tra le tante possibilità mi piacciono tela e colori ad olio, li preferisco perché mi danno un collegamento con il passato. Una sensazione di calda emotività e allo stesso modo una base di essenzialità naturale …come quando si mangia il pollo con le mani… l’olio e la tela come tali formano un mezzo per racchiudere l’espressività maturata nel corso di secoli e modellarla con lo spirito moderno.
Sei poco incline a partecipare alle convention poi, però, quando vi partecipi ti dai senza risparmio. Che rapporto hai con i lettori e il pubblico in generale?
Partecipo poco alle mostre perché fondamentalmente sono un timido e non vi sono abituato, inoltre, a complicare il tutto c’è la difficoltà che ho di viaggiare in quanto non uso l’auto in autostrada a causa di una fobia. Come se non bastasse, poi, non ritenendomi un grande oratore non sono a mio agio davanti ai microfoni. Di tanto in tanto mi reco dove è possibile giungere col viaggio in treno e dove si privilegia un contatto diretto col pubblico e con il disegno. Per me i fan, i lettori, sono importantissimi è grazie a loro se esistiamo. Se mi è consentito, visto che non ci sono telecamere o microfoni… ne approfitto per salutare affettuosamente il mio pubblico scusandomi per non essere così presente quanto vorrei.
A proposito di manifestazioni, sei stato protagonista in quel di Cosenza in diverse occasioni suscitando grande interesse e muovendo tanti appassionati che sono venuti ad incontrarti, hai disegnato per il pubblico e realizzato persino un grande murales. Che tipo di esperienze sono state e quali differenze trovi tra le grandi manifestazioni (Lucca, Napoli, Roma, Milano) e questo tipo di eventi?
A Cosenza mi sono trovato benissimo, le manifestazioni a cui ho partecipato sembravano fatte a misura per il mio carattere. Un “vero contatto” con gli appassionati, senza “maschere”, diretto, immediato e senza ipocrisie. Eventi e incontri legati a filo doppio a manifestazioni culturalmente vitali, ben gestiti dagli organizzatori, nello stesso tempo pieni e impegnativi ma anche piacevoli e rilassanti. Voglio pubblicamente esortare a continuare su questa strada gli organizzatori Cosentini elogiandoli per l’ottimo lavoro svolto e ringraziare loro e tutti i lettori che ho incontrato per la straordinaria e calda accoglienza riservatami.
Infine, c’è un desiderio che vorresti si avverasse?
Si dice che l’uomo sia fatto di desideri… Io prendo in prestito una frase dell’attore romano Insinna che recita più o meno così: “Non ho un desiderio particolare per il mio futuro, ma spero che mi capiti nulla di più, nulla di meno, di quello che merito”.
Biografia
Raffaele Della Monica (Cava De’ Tirreni, 1961) è un artista completo: pittore, illustratore, pubblicitario e disegnatore di fumetti. Come autore di fumetti nasce nei primi anni ottanta, fondando lo studio CAF, insieme ad altri autori di quella che sarà conosciuta poi come “Scuola Grafica Salernitana”, emersi sulla rivista Trumoon. È il primo rappresentante dei trumooniani ad inserirsi come professionista nel mondo delle nuvole disegnate. La sua carriera comincia disegnando fumetto erotico per Edifumetto e Ediperiodici, nell’83 passa a disegnare Alan Ford di cui realizza una ventina di episodi e, trasferitosi a Milano, entra nello Staff di If attraverso il quale collabora a numerosi personaggi e moltissime testate spaziando tra i generi più vari: Cucador, Master of Universe, Intrepido, Topolino, Paperino Mese, l’Enigmistica illustrata…ecc. ecc. alla fine degli anni ottanta dopo aver disegnato Mister No, l’Almanacco del Mistero 1989 di Martin Mystère entra nello staff della Sergio Bonelli Editore realizzando due episodi di Tex. Nel 1990 realizza anche la campagna pubblicitaria di Tringo della Fiat apparsa su quotidiani e tv, poi quella della Mentamela per la Mentadent infine veste i panni di editore e fonda la RC design producendo l’albo “Only West Baby”. Nel 1991 coinvolto da G. Manfredi (autore dei testi) costruisce il progetto grafico, coordina e segue tutta la parte produttiva di Gordon Link per l’editore Dardo. In seguito, per la Vallardi, realizza alcune storie (testi e disegni) di Tiramolla. Nel 1993 passa a disegnare Zagor a cui si dedica da oltre tre lustri a tempo pieno diventandone uno degli autori “colonna” e ideale successore di Ferri nel gusto dei lettori. Uniche “scappatelle” sono un ritorno a Tex nel 2006 dove completa il Maxi Tex lasciato sospeso dall’improvvisa morte di Letteri, la storia di Magico Vento (n. 126) nel 2010 che in origine doveva chiudere la serie. Ancora nel 2010 illustra l’albetto dedicato a Martin Mystère e la leggenda di Alarico realizzato dalla Provincia di Cosenza.