La musica unisce. Se la NASA già nel 1977 mise sulla sonda spaziale Voyager 1 un disco d’oro con incisi brani da Chuck Berry a Stravinsky, pensando di poterci così piacevolmente presentare a un’eventuale forma di vita extraterrestre, allo stesso modo si può pensare che anche Oriente e Occidente – a volte così lontani – possano trovare una sinestesia nella musica.
Almeno a livello tecnico, ne è certo Abdallah Kamanja, protagonista del nuovo graphic novel di Zeina Abirached, Il piano orientale. Seguendo le orme di Abdallah Chahine, pianista e accordatore della Beirut anni ’50, l’autrice ci racconta infatti la nascita di un singolare pianoforte: il piano orientale, uno strumento che Kamanja – fez e musica sempre in testa – inventa per riuscire a riprodurre tutti i tipi di musica, quella orientale, che ha la sua tipicità nel piccolo intervallo del “quarto di tono”, e quella occidentale (che utilizza al massimo il semitono).
Con questo espediente narrativo, l’autrice libanese ci riporta a una fase cruciale della sua vita: quella in cui lei per prima si inizia a confrontare con la conoscenza dell’altro, la stessa conoscenza che permette di comprendere meglio se stessi. Con un parallelismo ottimamente giocato, infatti, Abirached incrocia la memoria di viaggio della giovane Zanzoun, “23 anni e 23 chili di bagaglio”- e una passione per il francese – verso la Parigi delle Università con quella più antica del bisnonno verso la Vienna incuriosita dal suo originale piano.
Ed è proprio nel nome evocativo della nave su cui solca i mari l’antenato che, su un piano di lettura altro, emerge il significato del romanzo: la nave “Pietra di rosetta”, infatti, rimanda subito alla stele che permise per la prima volta nella storia la comprensione dei geroglifici. Insomma, a quel primigenio traduttore che riuscì ad avvicinare due lingue e due mondi.
Perché “Insieme alla lingua mi arrivavano le idee”, dice la piccola Zanzoun iniziando a scoprire il piacere della lettura; dall’interpretazione di un segno si apre una nuova visuale, proprio come fa la finestra con cui si apre l’opera. Certo, magari ci vuole un po’ ad abituarsi alle differenze, a imparare ad apprezzarle, ma lei, che anche da adulta ricorda che “fin da bambina, ho intrecciato una lingua fatta di due fili fragili e preziosi”, come il bisnonno non ha paura a creare quel “ponte fra Oriente e Occidente” che unisce nel volume Vienna, Parigi e Beirut.
In un testo tutto giocato su due registri – l’Oriente e l’Occidente, appunto, la Beirut di oggi e di ieri, l’autrice e il suo bisnonno, il francese e l’arabo, i tasti bianchi e neri del pianoforte – sono proprio questi ultimi a dare il “la” alla vicenda.
Kamanja è un personaggio cui ci si affeziona subito, intelligente quanto giocoso, con cui il lettore sviluppa un’immediata empatia anche grazie allo stile dell’autrice, che pur nella linearità di un bianco e nero senza sbavature – di nuovo, bianco e nero come i tasti del pianoforte – pesca a piene mani da certe immagini bizantine, tanto nella frontalità dei volti quanto nella ricchezza degli sfondi, rendendo la narrazione grafica ironica e accattivante. Pur con un certo minimalismo di fondo, Abirached gioca con le forme e costruisce vignette che rimandano subito all’immaginario favolistico del mondo arabo.
Prix Phenix de Litterature nel 2015, Il piano orientale è decisamente una lettura che propone diversi spunti di riflessione e che mostra in modo riuscito la capacità della musica di avvicinare mondi lontani.
Abbiamo parlato di:
Il piano orientale
Zeina Abirached
Traduzione di Roberto Lana
Bao Publishing, gennaio 2017
212 pagine, brossurato, bianco e nero – 21,00€
ISBN: 978-88-6543-826-8