Nel mondo di Daniel Clowes: una cronaca da Lucca Comics 2024

Nel mondo di Daniel Clowes: una cronaca da Lucca Comics 2024

Uno dei più importanti ospiti di quest'anno si racconta: il reportage dal Press cafè di Daniel Clowes.

È il 1985 e in coda a Love and Rockets #13, serie dei fratelli Gilbert e Jamie Hernandez pubblicata da Fantagraphics, compare un personaggio nuovo: un detective bizzarro e strampalato che vive avventure abbastanza assurde, circondato da personaggi altrettanto peculiari, realizzato in uno stile che riprende e ironizza quello di grandi strisce anni Cinquanta, su tutti il Dick Tracy di Charles Gould.
Il personaggio, Lloyd Llewellyn, protagonista in seguito di una serie durata solo sei numeri, è stato creato da un ragazzo di ventiquattro anni, che all’epoca aveva già pubblicato fumetti sul magazine umoristico Cracked. Stiamo parlando di Daniel Clowes, autore che nel 1989, grazie alla rivista Eightball – descritta da Clowes stesso nel primo numero come “Un’orgia di rancore, vendetta, disperazione, desolazione e perversione sessuale” – ha rivoluzionato il fumetto statunitense e non solo, indipendente e non solo, imponendosi rapidamente come uno dei fumettisti più influenti della sua generazione grazie a storie crudelmente ironiche e pungenti, allucinate e caricaturali, inquietanti e angoscianti, piene di individui a volte in balia del proprio destino, a volte piccoli e meschini, tragicamente contemporanei.

Daniel Clowes

In occasione della pubblicazione in Italia, da parte di Coconino Press, di The Complete Eightball, tomo che raccoglie i primi diciotto numeri della serie originale, contenente alcune delle opere più celebri poi ripubblicate in volumi singoli, come Ghost World, Pussey!, Come un guanto di velluto forgiato nel fuoco, Daniel Clowes è stato uno degli ospiti principali di Lucca Comics and Games 2024.
Oltre a partecipare a incontri pubblici, tra i quali un colloquio con Igort e Jean-Pierre Dionnet e una tavola rotonda con altri vincitori di premi Eisner, sabato 2 novembre ha preso parte anche a un press cafè moderato da Gianluca de Angelis e tradotto da Giulia Prodiguerra, culminato con la posa delle mani dell’autore nel cemento del Lucca Walk of Fame.

Tra temi, formati e personaggi, il mondo secondo Daniel Clowes

Per esplorare l’opera dell’autore, si è partiti dalla sua capacità di unire nelle sue opere aspetti contrapposti della vita, come ordine e caos, vita e morte, felicità e tristezza.
Non sapevo di fare tutte queste cose, adesso farò più attenzione al mio lavoro!“, esordisce Clowes, dimostrando un sottile ed enigmatico humor, che fa da schermo a una buona dose di umiltà e al tempo stesso a una estrema consapevolezza.
Penso che tutto il mio lavoro consista nel prendere il caos che è la mia vita, ma in generale la vita dell’uomo contemporaneo, e dargli una qualche forma di ordine e di senso. Un po’ come prendere una stanza piena di oggetti e organizzarli in modo che abbiano un equilibrio, un senso. Sono interessato al caos e alle sensazioni che scaturiscono da questo, ma al tempo stesso non voglio nessun caos visivo, tutto deve essere chiaro nelle mie storie“.

Le storie di Daniel Clowes, sia quelle di Eightball che quelle successive alla sua chiusura nel 2004, ovvero le graphic novel Wilson, Patience e la recente Monica, giocano con i personaggi, con lo scorrere del tempo e con lo stesso linguaggio del fumetto e i suoi generi: in Wilson lo stile cambia di pagina in pagina, in Monica il genere cambia in ogni capitolo.
Ci sono fumettisti che non hanno mai cambiato stile per tutta la loro carriera. Un esempio su tutti, Charles Schulz ha sempre disegnato i suoi Peanuts in maniera molto semplice, minimale, non ha mai provato a fare un noir o una storia realistica. Lo stesso vale per la maggior parte dei disegnatori di fumetti di supereroi, disegnano quello che gli piace con uno stile ben preciso. Per me invece la peculiarità e la forza del fumetto sta proprio nel poter usare generi diversi per accentuare parti di una storia, per sottolineare alcune cose. Nei miei fumetti a volte passo da uno stile più realistico a uno più cartoonesco e se uno è veramente coinvolto dalla storia non se ne accorgerà nemmeno. In Wilson ho cambiato stile a ogni pagina e parlando con persone che lo avevano letto, mi dicevano di non essersene accorte. Quindi la storia doveva essere abbastanza buona!“.

Clowes Wilson 32

Il fumetto di Clowes è anche e soprattutto un fumetto di personaggi (prova ne è il fatto che i titoli di molti suoi lavori, Wilson, Patience, Monica, David Boring, sono nomi di persone): figure umane che si muovono nella società e affrontano, in una maniera al tempo stesso distorta e ironica, problemi che vanno da questioni esistenziali e grandissime, spesso con un senso sotterraneo di fine del mondo, a piccoli problemi quotidiani. Tutti però sono accomunati da un generale senso di solitudine che li accompagna e spesso si trovano da soli ad affrontare le loro avventure e a volte le loro paure. È stato proprio questo il tema di una delle domande: la solitudine, la paura e come affrontarle. “Beh, ho provato molta solitudine in questa grande folla che c’è qui a Lucca, è stato davvero spaventoso (ride). Mi rendo conto che quando ero giovane ero spaventato da tantissime cose: la morte, la malattia, ma anche banalmente l’essere imbarazzato. Per questo mi piaceva guardare film dell’orrore, per sentire quella sensazione di terrore. Negli anni però questa cosa è cambiata: ora ho più paura della burocrazia o di dover pagare le tasse piuttosto che morire in un incendio. Perciò la paura non è più qualcosa che guida i miei personaggi; mi interessa di più il significato della vita, se esiste un senso razionale a quello che ci succede e in quello che facciamo, che possa essere applicato alla vita di ognuno di noi».

Come detto, dopo Eightball, Clowes, pur non abbandonando il formato di storia breve o serializzata, che si rispecchia anche nella struttura dei suoi ultimi lavori, ha iniziato a realizzare graphic novel, un termine che nel recente passato ha criticato in alcune interviste.
Mi è sempre andato bene il termine fumetto, perché non dava il senso che quello che si stesse per leggere fosse un qualcosa di così speciale, avrebbe riportato a qualcosa che si era letto sin da bambini. Adesso, quando uno prende in mano una graphic novel, si aspetta qualcosa di fantastico, poi la apre e si rende conto che è solo un fumetto, che è stato fregato (ride). Per anni ho cercato di resistere a questa evoluzione, ma all’improvviso tutti hanno iniziato a usare questo termine, che alla fine indicava anche quello che facevo io. Se dico di fare fumetti, molti pensano a cose per bambini o supereroi, invece se dico graphic novel tutti hanno una certa idea precisa di cosa si intenda e pensano un altro tipo di fumetto. Sono sempre in imbarazzo nell’usarlo, ma alla fine lo faccio. E se nessuno in tanti anni è riuscito a trovare un termine migliore, ci sarà un motivo, e alla fine per adesso rimaniamo con questo“.

Proprio partendo dal termine graphic novel e applicandolo all’opera del Clowes post-Eightball, durante il press cafè si è discusso come dal punto di vista narrativo e grafico gli ultimi suoi lavori segnino una evoluzione in una forma ancora diversa: partendo da Wilson, passando per Patience e arrivando a Monica, si traccia un percorso che va verso una forma di vero e proprio romanzo disegnato, nel senso più classico e letterario del termine. “Con Wilson il mio obiettivo iniziale era solo divertirmi e creare comic strips che fossero divertenti. Mi sono seduto al tavolo e ho sentito il personaggio emergere nella mia testa, e mi ha fatto ridere. L’ho disegnato in maniera molto semplice, solo pochi tratti, e partendo da lì ho realizzato un centinaio di storielle, che volevo pubblicare in una raccolta di strisce senza alcuna collegamento fra loro. Poi, piano piano, mi sono accorto che invece c’era una storia che emergeva dalle strisce e così ho fatto una selezione tra le storie, escludendone la gran parte, e le ho pubblicate in un volume unico in forma di storia.È una forma di narrativa occulta, si leggono le strisce e inizialmente non si percepisce la storia che c’è sotto. Volevo che la storia si percepisse come la punta di un iceberg in cui pian piano si scopre la narrazione che c’è sotto.
Con Patience, invece, ho voluto provare a fare una storia di genere. Avevo l’idea di scrivere una storia romantica fantascientifica, con i viaggi nel tempo, un’idea per un grande blockbuster hollywoodiano che non si può produrre a Hollywood, e poi farla girare nella mia personale versione distorta.
Monica, infine, era una storia molto più ambiziosa, volevo raccontare un’intera vita dalla nascita alla morte, cercando di catturare le atmosfere anche della mia vicenda personale. Quindi sì, penso che ci sia una progressione tra queste opere”.

Monica, una non-autobiografia

Monicaclowes

Monica, l’ultimo lavoro di Daniel Clowes, è stato al centro di altre riflessioni, poiché, oltre a essere la sua opera più recente, è anche il fumetto che meglio rappresenta l’intera evoluzione di Clowes fino a oggi: un racconto stratificato, che partendo dalla vita di una donna, parla anche della storia degli Stati Uniti e al tempo stesso omaggia i generi amati dall’autore e ripercorre la sua ricerca stilistica. Quasi un manifesto della carriera di Clowes, la storia parte in realtà non da un episodio ben specifico.
Non ho mai avuto in mente di scrivere il grande romanzo americano, non funziono in questo modo. Di solito parto da un episodio molto piccolo che poi si ingrandisce via via fino a diventare una storia, come una valanga che nasce da una palla di neve.
È un processo molto organico: arrivato a un terzo del libro, mi accorgo dei collegamenti interni alla storia, divento conscio di cose di cui non ero consapevole e quindi torno all’inizio, cambio le cose e ricomincio in maniera più organica. In
Monica sapevo già che avrei voluto scrivere la storia del secondo capitolo, quello sull’infanzia e il rapporto con la madre, e quando stavo pensando a questa ho capito che avevo bisogno di un narratore esterno, che è diventato la bambina, cioè Monica stessa. Quando parti dall’infanzia di un personaggio, vuol dire che lo conosci bene: in quel momento ho capito chi fosse Monica e quindi tutte le storie sulla sua vita che avevo vagamente in mente sono andate al loro posto e da lì tutto ha preso forma“.

Uno dei passaggi più significativi di Monica avviene sul finale, quando la protagonista parla con un personaggio che assomiglia molto a Clowes stesso.
In molte interviste, Clowes ha dichiarato che Monica contiene tanti elementi autobiografici, e questo sembrava essere un momento per lui di riflessione e presa di coscienza di alcune cose della sua stessa vita.
Volevo che la vita di Monica riflettesse in qualche modo, sebbene non esattamente, la mia. Che avesse le stesse complicazioni, gli stessi drammi. La sua infanzia rispecchia molto la mia, e quindi a un certo punto mi sono chiesto se non stessi facendo un’autobiografia. In realtà, ho avuto un’infanzia così complicata che è difficile e anche noioso raccontarla. Ci vorrebbe così tanto tempo e comunque non riuscirei a spiegare chi fosse mia madre.
Lavorando su Monica mi sono reso conto che stavo creando un’amica, una figura che condivideva con me veramente tante cose, e ho pensato che se ci fossimo incontrati avremmo potuto parlare di tantissime cose. Per questo ho deciso di andarla a trovare, letteralmente, nel libro, ed è quello che ho fatto, in maniera molto semplice e lineare”
.

Anche in lavori più consequenziali e meno criptici come Monica, le opere di Clowes sono fatte di non detti, di misteri indecifrabili, di buchi che il lettore è in qualche modo spinto a riempire con proprie interpretazioni, per risolvere quelli che spesso sembrano puzzle narrativi. Una domanda è stata quindi incentrata su come vengano pensati i suoi lavori, anche in relazione al proprio pubblico.
Non penso mai a un pubblico specifico, non penso a scrivere per dover vendere a un grande pubblico o a audience diverse. Penso che quello che importa ai lettori sia una storia autentica e il massimo impegno da un artista, non vogliono essere assecondati. Mi immagino solo un lettore per così dire sofisticato, che riesca a vedere ogni connessione, e che anzi riesca a vederne anche più di quelle che io immagino, perché le cose sono lì ma magari io me ne accorgerò solo rileggendo tra dieci anni, perché le ho inserite in maniera inconscia. Sono cose che succedono quando si è totalmente immersi in un lavoro. L’unica cosa che voglio per il pubblico è che ogni cosa sia quanto più chiara possibile. E se la storia è confusa, è perchè voglio che sia così (ride)“.

Questioni di stile: tra digitale e analogico

Nel corso della sua carriera, Clowes ha mantenuto una sua riconoscibilità stilistica e al tempo stesso l’ha cambiata ad ogni lavoro, arrivando a provare molti approcci diversi in una singola storia, come in Wilson e in Monica. In questi, si mantiene comunque un costante contatto con le influenze iniziali, da Mad Magazine ai fumetti horror della EC Comics, le cui atmosfere da un lato comiche, dall’altro terrificanti, fanno sempre capolino nelle opere dell’autore con risultati sempre nuovi e volutamente stridenti tra loro.
È molto divertente per me dare uno stile retrò ai miei fumetti, voglio che sembrino come quelli con cui sono cresciuto: colori piatti, linee spesse e grosse, perché questo è il linguaggio che capisco e che parlo. Quando ho iniziato Eightball i colori costavano troppo e avevo modo di usarli solo per le copertine, e il processo era assurdo, durava giorni: si ritagliavano le varie parti, si mettevano su una pellicola trasparente e poi si fotografava tutto. Poi il risultato finale, dopo vari processi, era diverso da quello che uno si aspettava, spesso era frustrante, ma a volte era anche migliore di quello che si immaginava. Quando stavo lavorando a David Boring quasi tutti passarono al digitale, così imparai a usarlo in maniera basilare ed è ciò che faccio ancora oggi. Ma questo non vale per i disegni, che faccio ancora a mano con penna, pennello, poi scannerizzo e coloro. A volte è molto lungo e noioso, ma è l’unico modo per ottenere l’effetto che desidero veramente. Insomma, un processo molto poco digitale“.

Eightball Cover3 2 Scaled

Anche il lettering gioca una parte importante nelle opere dell’autore.
Per me il lettering è importante quanto l’opera d’arte. Quando apro un fumetto e vedo che non hanno pensato al lettering o che usano un carattere computerizzato, mi sembra che a parlare sia un robot, che il personaggio abbia una voce non umana.
Tutto il mio lettering è fatto in modo molto preciso, cerco di regolare il tutto e di posizionarlo nello spazio esatto, ma lo faccio anche molto velocemente in modo che abbia una sorta di voce umana, viva. Ho alcune opere originali su cui hanno lavorato vecchi letteristi che ammiro e di cui ho studiato il lavoro anche con la lente d’ingrandimento, per studiare e capire, per esempio, come fanno a fare una T? Ci sono un sacco di cose così che sono davvero interessanti se si pone la giusta attenzione
“.

C’è un prima e un dopo Eightball

Come detto, l’occasione della straordinaria presenza di Daniel Clowes in Italia è stata accompagnata dalla pubblicazione da parte di Coconino della Complete Eightball, la raccolta dei numeri da 1 a 18 della rivista che ha sancito la consacrazione dell’autore nel mondo. Una rivista che all’epoca rappresentò una vera e propria rivoluzione nel fumetto statunitense e mondiale, contribuendo anche al definitivo consolidamento della casa editrice Fantagraphics e diventando una lettura di riferimento per tanti autori e autrici, come Mad Magazine lo era per Clowes. Un’opera che, nel corso del tempo, ha trovato varie incarnazioni fino a quest’ultima forma.
Quando l’ho iniziato non avevo idea che avrei fatto anche solo tre numeri, tanto meno che sarebbe diventato qualcosa di molto più grande di quanto avessi mai immaginato. Si trattava solo di fumetti che uscivano, ne finivo uno ed ero felice di iniziare il successivo, ma non ho mai pensato a una sorta di coesione dell’intera opera all’inizio. Me ne sono reso conto solo più tardi: quando mi è stato proposto di realizzare la Eightball Collection, mi è piaciuta l’idea di questo grande e spesso elenco telefonico di fumetti, perché da bambino adoravo cose del genere, in cui trovavi uno strano libro che non avevi mai visto prima, pieno di vecchi fumetti per i quali probabilmente non avevano pagato nessuno, e potevi passare ore e ore a leggere. Da bambino compravo fumetti e mi sedevo in macchina mentre tornavo a casa dal supermercato e li leggevo tutti prima di arrivare a casa, e poi tornavo a casa e mi chiedevo “E adesso che faccio?”. Quindi mi piaceva l’idea di questo libro denso, di una cosa che potevi leggere nel corso di settimane o mesi, oppure in un unico folle weekend“.

Oltre alle storie in esso contenute, Eightball colpisce ancora oggi per l’inventiva delle sue copertine, che omaggiano non solo il fumetto ma anche il cinema e la pop art.
Sono interessato a molte forme d’arte, e quando vedo un quadro, un post, un frame di un film mi immagino sempre di trasferirlo su carta, che sarebbe un’ottima vignetta. E penso anche che quando lo farò, sarà completamente diverso dall’ispirazione, che nessuno lo riconoscerà, e invece finisce che sia piuttosto simile a quello che ho “copiato” e al tempo stesso tutto diverso e sbagliat (ride). Ma provare a fare cose che non farei mai con il mio stile, questo mi permette di sperimentare seguendo i miei molti interessi. E dato che mi annoio abbastanza presto di questi interessi, di solito compio un viaggio tra questi e ritorno indietro magari dopo tanti anni, trovando cose nuove. È un processo iterativo in cui consumo le cose che amo e le vomito fuori in maniera completamente diversa ogni volta“.

Nuove prospettive e una traccia per il futuro

Daniel Clowes Mani

Prima della conclusione dell’incontro, sancita dalla posa delle mani nel cemento fresco da affidare alla futura Walk of Fame del Museo del fumetto di Lucca, si è parlato del futuro di un artista che, come un archeologo del fumetto, che scava nelle profondità del medium per trovare nuove ispirazioni e provare nuove sperimentazioni.
Sono sempre alla ricerca di ciò che non conosco, spero sempre che ci sia un paese con un’intera storia dei fumetti che non ho mai visto, e che avrò un nuovo modo di guardare il mondo. Ormai succede raramente. Ma per esempio, qui a Lucca c’è un padiglione con i rivenditori di vecchi fumetti. Sono incomprensibili per uno straniero, il che è vero per ogni paese, e a me piace questa cosa, mi piacciono quei personaggi di cui ogni paese è innamorato e che non interessano a nessun altro nel mondo. C’è qualcosa di tragico in questo. Le cose che mi colpiscono di più sono i fumetti sgargianti degli anni Sessanta, come Diabolik. Sono davvero molto affascinanti e noi negli Stati Uniti non abbiamo mai avuto cose così particolari e per così dire “malate“”.

La conclusione di un incontro così denso lascia un senso particolare, simile a quello dei fumetti dell’autore: le tante cose dette e le possibilità non esplorate lasciano un alone di mistero, di fascino indicibile, quello che ci fa ritornare alle sue storie e ai suoi personaggi, scoprendo ogni volta un nuovo significato, una nuova prospettiva: forse è questo uno degli elementi che fanno di Daniel Clowes uno dei più grandi fumettisti del nostro tempo.

Reportage del Press cafè Lucca Comics and Games del 2 novembre 2024.

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